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La Storia dal 1895 ad oggi

 

La Nazione del 17/01/2001 (Umbria)

 Ufficiali giudiziari  “Basta superlavoro”

 Lavorano anche 60 ore a settimana perché il loro, denunciano, è l’unico contratto pubblico a non prevedere nessun orario.

E così, tra notifiche che scadono e atti giudiziari urgenti e rischio concreto di finire nei guai, stanno per scoppiare. Sono gli ufficiali giudiziari della Corte di Appello di Perugina stanchi di dover fare i conti con organici carenti e una normativa che tarda ad arrivare per ridisegnare mappe, carichi di lavoro e soprattutto orari.

E ora, alle denunce pubbliche hanno preferito le vie legali. Due di loro, Umberto Satolli e Maria Antonietta Di Toro, sono arrivati al punto di ricorrere al giudice del lavoro per il riconoscimento dell’orario.

“Abbiamo dovuto tentare obbligatoriamente la conciliazione presso l’ufficio del lavoro –dicono- nessun esito ma solo la volontà del ministero di procrastinare questa situazione di negazione dei diritti fondamentale del lavoratore”. Quella giudiziaria è quindi “l’ultima risorsa”. Ma si sa, l’attesa della sentenza, se non entrerà prima in vigore una norma, è troppo lunga per continuare a lavorare in condizioni disumane. “Siamo dipendenti pubblici a tutti gli effetti –dice Di Toro- ma nel nostro ordinamento emanato con Regio decreto non si fa riferimento all’orario”. C’è scritto ad esempio “dall’alba al tramonto per le notifiche civili, tutta la giornata per quelle penali”.

“Occorrerebbe che l’ordinamento precedente venisse abrogato e che il ministero sanasse situazioni anomale”; come ad esempio quella che prevede che le notifiche vengano fatte a piedi.

“Ribadisco –dice Di Toro- che come dipendenti pubblici dovremmo lavorare 36 ore alla settimana, ma se non facciamo il nostro lavoro siamo responsabili dei ritardi sia civilmente che penalmente”.

Erika Pontini