... per i meno fortunati ...ci sono gli estremi di un ricorso al TAR?


Concorso - Prove scritte - Regola dell’anonimato - Segni di riconoscimento e/o di identificazione - (TAR ABRUZZO - L’AQUILA - Sentenza 9 giugno 2003 n. 339)

 

Concorso - Valutazione prove dei candidati - Voto espresso con punteggio numerico - Necessità di contestuale indicazione di ulteriori elementi per la ricostruzione ab externo della motivazione del giudizio valutativo


 

Concorso - Prove scritte - Regola dell’anonimato - Segni di riconoscimento e/o di identificazione - (TAR ABRUZZO - L’AQUILA - Sentenza 9 giugno 2003 n. 339)

omissis

per l’annullamento

della determinazione di annullamento della prova scritta, nonché di ogni atto inerente, connesso e presupposto, ivi compresi i criteri di massima adottati dalla Commissione per la correzione e la valutazione della prova scritta.

omissis

Esposizione del fatto

Con ricorso notificato in data 8/6/2000 e depositato il 14/6 successivo la sig.ra Antonella Dxxxxxxxx impugnava la suindicata determinazione di annullamento della prova scritta nel concorso ordinario per esami e per titoli nella scuola materna per segni di riconoscimento riscontrati nell’elaborato e ne chiedeva l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, per violazione o falsa applicazione della normativa di riferimento, carenza dei presupposti, travisamento, illegittima espansione del potere discrezionale, inidoneità della motivazione, eccesso di potere, in quanto i segni riscontrati nel suo elaborato e ritenuti dalla commissione segni di riconoscimento sarebbero del tutto irrilevanti e insieme inidonei al riconoscimento.

Resisteva al ricorso l’amministrazione intimata, che ne chiedeva il rigetto in una con la richiesta misura cautelare.

Con ordinanza collegiale 5/7/2000, n.278 il Tribunale accoglieva la domanda incidentale di sospensione, ai fini dell’ammissione con riserva.

Chiamato una prima volta all’udienza del 27/11/2002 e trattenuto in decisione, il Collegio, anche ai fini di verificare l’attuale interesse alla decisione, riteneva necessario accertare presso l’amministrazione resistente (che avrebbe riferito con apposita nota di chiarimenti) se e quali determinazioni fossero state adottate e quale sviluppo avesse avuto per la ricorrente la controversa procedura concorsuale (a seguito dell’ordinanza collegiale n.278/2000 di accoglimento della domanda di sospensione).

Eseguito l’incombente istruttorio -- (l’amministrazione ha comunicato che la ricorrente, ammessa con riserva, ha superato la prova orale e, con riserva, è stata inclusa nell’elenco provinciale degli abilitati e nell’elenco finale dei candidati che hanno partecipato al concorso sia per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento che per l’accesso ai ruoli del personale docente di scuola materna) -- il ricorso si ripresenta per la decisione.

 

Motivi della decisione

Il ricorso – (che pretende l’annullamento della determinazione con la quale la commissione giudicatrice ha annullato la prova scritta della ricorrente per segni di riconoscimento riscontrati nell’elaborato) – è fondato e va accolto.

Secondo l’insegnamento giurisprudenziale costante (e la ricorrente puntualmente lo ricorda nell’ambito delle censure dedotte) la ratio della norma che vieta l’apposizione di "contrassegni" (cioè di segni di riconoscimento) negli elaborati scritti di un concorso pubblico è quella di garantire l’anonimato dell’elaborato, a salvaguardia della par condicio tra i candidati per cui ciò che rileva non è tanto l’identificabilità dell’autore dell’elaborato attraverso un segno a lui particolarmente riferibile, quanto piuttosto l’astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione; il che ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente ed incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l’autore dell’elaborato scritto (Cons. di Stato, Sez. V, 29/9/1999, n.1208 – nella fattispecie ivi esaminata il candidato aveva scritto otto righe dell’elaborato in caratteri dell’alfabeto greco). Costante è anche l’orientamento giurisprudenziale secondo cui nelle procedure concorsuali la regola dell’anonimato degli elaborati scritti, benché essenziale, non può essere intesa in modo tanto assoluto e tassativo da comportare l’invalidità delle prove ogni volta che sussista un’astratta possibilità di riconoscimento, perché, se così non fosse, sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi con esami scritti, giacché non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca la scrittura di un candidato, benché il relativo elaborato sia formalmente anonimo; pertanto la regola dell’anonimato va intesa nel senso che non deve esserci nell’elaborato alcun segno oggettivamente suscettibile di riconoscibilità , si da far pensare ad una eventuale collusione fra il candidato e la commissione o un membro di essa, con la conseguenza che il rispetto della regola deve ritenersi assicurato ove non sia possibile attribuire con certezza la paternità dell’elaborato scritto ad un certo candidato (Cons. di Stato, Sez. IV, 10/10/1990, n.743).

Alla stregua delle enunciazioni giurisprudenziali sopra richiamate, che il Collegio condivide, si può ragionevolmente escludere che i segni riscontrati nella prova scritta della ricorrente - (prescindendo da concezioni rigorosamente formalistiche, che in teoria sembrano offrire maggiori garanzie di imparzialità, ma concretamente finiscono spesso per essere in molti casi ingiustamente e ingiustificatamente penalizzanti: cfr. TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 5/5/1993, n.306) – siano da considerare idonei segni di riconoscimento da comportare l’annullamento della prova; ciò si dice anzitutto per le cancellature o i segni di matita presenti nel foglio di brutta, le une (cancellature) largamente frequenti per comune esperienza nei fogli di brutta (nella fattispecie peraltro nemmeno particolarmente consistenti); gli altri (segni di matita), peraltro scarsamente visibili, che possono essere considerati annotazioni provvisorie di pensiero successivamente confermate a penna; ma vale anche per i segni presenti in una pagine della brutta (che la commissione ha indicato come "fiorellini-cerchio", ritenendoli segni di riconoscimento) che verosimilmente sono numeri cancellati (e con la cancellatura hanno assunto la forma di un pallino pieno) in un primo momento destinati a indicare (come si espone in ricorso) la sequenza di lettura di un periodo, successivamente abbandonato.

Il che è sufficiente per accogliere il ricorso, annullando l’atto impugnato.

Le spese seguono la soccombenza nella liquidazione che se ne fa in dispositivo.

 

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo - L’Aquila, definitivamente pronunciando sul ricorso sopra indicato, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna l’amministrazione resistente a rifondere alla ricorrente le spese e gli onorari del giudizio, che liquida nella somma complessiva di € 1.000, 00 (mille euro).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in L’Aquila nella camera di consiglio del 30 aprile 2003.



Consiglio di Stato - Sezione Quinta Decisione 18 febbraio - 30 aprile 2003 - 2331/2003

Concorso - Valutazione prove dei candidati - Voto espresso con punteggio numerico - Necessità di contestuale indicazione di ulteriori elementi per la ricostruzione ab externo della motivazione del giudizio valutativo

Sentenza.

Presidente Schinaia - Relatore Santoro

Fatto

In primo grado l’odierna appellata, premesso di aver partecipato al concorso pubblico a cinque posti di ricercatore universitario –Gruppo di discipline E05 (biochimica e biologia applicata) presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Reggio Calabria, ha impugnato il provvedimento con cui la Commissione ha attribuito punti 10 e 14 (in totale 24) alla prima e seconda prova scritta dalla stessa redatte, così non ammettendola alla prova orale.

Ha dedotto, tra l’altro, la ritenuta violazione dell’art. 3, l. n. 241/90, sul rilievo dell’inidoneità della mera indicazione numerica ad assolvere l’obbligo motivazionale.

Avverso la sentenza con cui è stato in prima istanza accolto il ricorso suddetto insorgono le Amministrazioni appellanti sostenendone l’erroneità e chiedendone, quindi, l’annullamento.

All’udienza del 18 febbraio 2003, la causa è stata ritenuta per la decisione.

Diritto

Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con l’unico motivo di appello si contesta l’opzione interpretativa seguita dal primo Giudice in merito alla questione, da tempo al centro di un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale, relativa alla idoneità del solo punteggio numerico a costituire adempimento dell’obbligo motivazionale imposto all’amministrazione dall’art. 3, l. n. 241/1990.

Giova dare atto, al riguardo, dell’esistenza di due contrapposti indirizzi.

Alla stregua del primo, è necessaria una apposita motivazione per la valutazione negativa delle prove di concorso attesa la ritenuta insufficienza della mera valutazione numerica; si tratta di orientamento di frequente sostenuto dalla giurisprudenza amministrativa di primo grado, spesso propensa a rimarcare che il punteggio numerico costituisce esternazione del risultato e non già della motivazione del giudizio valutativo, mostrandosi inadeguato a porre il candidato in condizioni di conoscere i motivi sottesi al giudizio di segno negativo (ex plurimis, T.a.r. Veneto, sez. I, 21 gennaio 2002, n. 137).

Su altro fronte, invece, l’orientamento, prevalentemente seguito dai Giudici amministrativi di seconda istanza, in forza del quale l’onere della motivazione dei giudizi inerenti alle prove scritte e orali è sufficientemente adempiuto con l’attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest’ultimo come formula sintetica, ma non per questo non eloquente, di esternazione della valutazione tecnica compiuta dalla commissione esaminatrice, peraltro asseritamente priva di valenza schiettamente provvedimentale (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 1 febbraio 2001, n. 367; 29 ottobre 2001, n. 5635).

Al primo indirizzo, sia pure stemperato nella concreta portata applicativa, ha aderito il primo Giudice secondo cui la questione relativa alla idoneità del punteggio numerico a soddisfare il requisito della motivazione va risolto, non già in astratto, ma in concreto, “avendo riguardo ad una serie di aspetti, tra cui soprattutto alla tipologia dei criteri di massima fissati dalla Commissione, risultando sufficiente il punteggio soltanto ove i criteri siano predeterminati rigidamente e insufficiente nel caso in cui si risolvano in espressioni generiche”.

Ritiene il Collegio di dover aderire a questo orientamento intermedio anche in considerazione della peculiarità della procedura selettiva cui si riferisce la presente vicenda processuale, connotata dalla evidente necessità di far luogo al raffronto tra le posizioni dei diversi candidati cui va, quindi, assicurata, quanto meno in forma sintetica, l’esternazione delle ragioni sottese alle valutazioni della Commissione.

In difformità da quanto già sostenuto anche da questa Sezione, ritiene il Collegio che, in procedure siffatte, sia imposto alle Commissioni esaminatrici di rendere percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio, se non attraverso diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell’apprezzamento sinteticamente espresso con l’indicazione numerica.

E’ quanto desumibile in primo luogo dall’ineludibile principio di trasparenza cui l’intera attività amministrativa deve conformarsi.

Si consideri, al riguardo, che ai sensi dell’art. 3, comma 1, l. n. 241/1990, “ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti…lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato”: né pare risolutiva la considerazione relativa alla natura non provvedimentale dei giudizi valutativi, atteso che i provvedimenti finali dei procedimenti concorsuali sono motivati con il solo richiamo agli atti del procedimento, sicché escludere l’obbligo di motivazione dei giudizi valutativi equivarrebbe ad espungere la motivazione dall’intero ambito di questi procedimenti, in difformità dalla menzione esplicita dei procedimenti concorsuali che il legislatore ha voluto per evitare incertezze applicative ed interpretative.

Si consideri, inoltre, che a mente dell’art. 12, comma 1, d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, come modificato dall’art. 10 del d.P.R. 30 ottobre 1996, n. 693, “le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove”: orbene, l’obbligo imposto alla Commissione di stabilire i criteri di valutazione delle prove concorsuali, così autolimitando il proprio potere di apprezzamento delle prove concorsuali, non avrebbe ragion d’essere se non fosse parimenti e conseguentemente imposto di motivare, sia pure in modo sintetico, circa le modalità di concreta applicazione dei criteri stessi.

Su altro versante, l’obbligo di far luogo alla motivazione delle valutazioni concorsuali è imposto dalla necessità di tener fede al principio, presidiato sul piano costituzionale, che vuole sempre garantita la possibilità di un sindacato della ragionevolezza, della coerenza e della logicità delle stesse valutazioni concorsuali: controllo difficile da assicurare in presenza del solo punteggio numerico e in assenza, quindi, di una pur sintetica o implicita esternazione delle ragioni che hanno indotto la Commissione alla formulazione di un giudizio di segno negativo.

Al candidato va, infatti, assicurato il diritto di conoscere gli errori, le inesattezze o le lacune in cui la Commissione ritiene sia incorso, sì da poter valutare la fruibilità di un ricorso giurisdizionale.

Il rispetto dei principi suddetti impone, allora - tanto più in seno a procedure aventi le connotazioni illustrate, rispetto alle quali non è peraltro neanche consentito invocare insormontabili ragioni pratiche di speditezza - che al punteggio numerico si accompagnino quanto meno ulteriori elementi sulla scorta dei quali sia consentito ricostruire ab externo la motivazione del giudizio valutativo; tra questi, in specie, in uno alla formulazione dettagliata e puntuale dei criteri di valutazione fissati preliminarmente dalla Commissione, l’apposizione di note a margine dell’elaborato, o, comunque, l’uso di segni grafici che consentano di individuare gli aspetti della prova non valutati positivamente dalla Commissione.

Si tratta di soluzione intermedia che pare coniugare con il rispetto dei principi enunciati le pur importanti ragioni di natura pratica, spesso addotte a sostegno dell’orientamento che considera sufficiente il mero punteggio numerico: ragioni come noto relative alla speditezza delle operazioni concorsuali ed idoneative, spesso connotate dal numero elevato dei partecipanti.

Ed invero, la mera sottolineatura dei brani censurati o l’indicazione succinta delle parti della prova contenenti lacune, inesattezze o errori non pare rappresentare, infatti, anche nelle procedure caratterizzate dall’elevato numero dei candidati, un comportamento inesigibile dai componenti delle commissioni giudicatrici.

Trasponendo le esposte coordinate al caso di specie, va confermato quindi il giudizio espresso dal Giudice di prime cure, attesa, da un lato, la genericità dei criteri di valutazione formulati dalla Commissione di concorso nella seduta del 7 aprile 1997, dall’altro, l’assenza di qualsiasi nota, segno grafico o ulteriore elemento esplicativo, idoneo a consentire una ricostruzione delle ragioni per le quali la Commissione ha escluso dall’ulteriore fase della selezione una candidata alla quale, peraltro, era stata assegnata una elevata votazione in sede di valutazione dei titoli.

Alla stregua delle osservazioni svolte va, dunque, respinto il ricorso.

Sussistono giustificate ragioni per dichiarare compensate tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso.

Spese compensate.


 

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