Caro Angelo,
ho letto gran parte del materiale informativo e delle appassionate rimostranze e rivendicazioni che hai divulgato sul sito. Ed io credo, come lo credono tutti i vincitori e gli idonei del concorso appena svoltosi, che mai come in questo momento l’unione e la reazione – democratica e pacifica – della categoria degli Ufficiali Giudiziari possa rappresentare lo strumento principale per alzare la propria voce di insoddisfazione e di sdegno di fronte ai comportamenti ed alle azioni che il nostro Governo, primo fra tutti l’Amministrazione giudiziaria, ha posto in essere, proseguendo quel lento ma sottile ed inarrestabile cammino verso la privatizzazione di gran parte dei servizi pubblici.
E non spetta certo a me ricordare e scandire le fasi di un passato non troppo lontano in cui l’affidamento ai concessionari della riscossione delle attività di recupero crediti delle cancellerie (le spese di giudizio iscritte nei campioni penali, civili e fallimentari) e di quelle per conto dell’URAR (i crediti della RAI), l’ingresso dei notai nell’esecuzione immobiliare (e salvo vedere il futuro cosa riserverà ancora per tale protettissima ed insaziabile casta di superprivilegiati), la cartolarizzazione dei crediti previdenziali (con la conseguente cessione dei crediti Inps ai concessionari della riscossione), la possibilità attribuita agli avvocati di procedere alle notificazioni a mezzo posta, ed altro ancora, avrebbero dovuto mettere in guardia la categoria tutta.
Già, proprio così, la categoria tutta: Ufficiali C1 e B3.
Ma, ahimè, gli stessi erano troppo impegnati a difendersi ed a fronteggiarsi in lotte interne, fratricide, per i soliti motivi di protezione delle proprie nicchie lavorative ed economiche, anziché fermarsi a riflettere, serrare le fila, stringersi gli uni agli altri per rivendicare a loro stessi le prerogative e le funzioni che la legge ancora gli riconosceva in via esclusiva.
Non ricordo, nel non breve periodo in cui ho svolto le funzioni di Ufficiale Giudiziario, per la maggior parte quale Dirigente l’Unep di Tribunale, una manifestazione di protesta né tanto meno uno sciopero organizzato per evitare che tutto quello che ho poc’anzi descritto potesse essere evitato o almeno osteggiato con la forza della passione a difesa della propria professionalità.
Chi aveva il potere di farlo, perché a diretto contatto con gli ambienti ministeriali e governativi, se davvero credeva nella valorizzazione del ruolo e della crescita esponenziale delle proprie aspettative di vita lavorativa, al di là delle sigle politiche e/o sindacali, avrebbe dovuto scuotere (in senso fisico) quanti in quei momenti continuavano a curare il proprio orticello incuranti dei cambiamenti che si stavano attuando e scatenare un moto di rivendicazioni ad oltranza talmente serrato da bloccare l’intera attività giudiziaria.
Tutt’altro, ci si batteva per gli aumenti contrattuali, per la vile (tale è considerata negli ambienti giudiziari) seppur necessaria trasferta, per l’autorizzazione all’uso del mezzo proprio, per il mantenimento di ciò che è ormai un ricordo di altri tempi: la “percentuale” (persa, di fatto, a seguito del passaggio ai concessionari del servizio di recupero coattivo dei campioni penali, prima di nostra esclusiva competenza) e cioè per avanzare richieste dirette ad ottenere ciò che spettava di diritto, in base alla legge ed agli accordi contrattuali.
E nemmeno su questo piano la categoria ha saputo farsi valere se è vero che, mentre l’indennità di accesso per i protesti cambiari incassava il suo pur legittimo adeguamento alle scadenze previste (e sappiamo per quale motivo, potenza dei notai!), per l’adeguamento delle trasferte - se non ricordo male - l’ultima variazione risale al 1996 (debolezza degli ufficiali giudiziari!), sebbene un D.P.R. preveda l’adeguamento ogni due anni all’aumento del costo della vita.
Eppure la nostra attività avrebbe dovuto e potuto avere un netto miglioramento sul piano delle rivendicazioni in sede di definizione delle piattaforme contrattuali: l’ingresso del diploma di laurea per accedere al concorso doveva rappresentare l’occasione per rilanciare una funzione unica ed infungibile, un’attività regolata da disposizioni normative da rivedere alla luce dei rapidi, radicali cambiamenti della vita economica e sociale.
Eppure si è assistito al solito, sterile scontro tra i “vecchi” ed i “nuovi” ufficiali, per demonizzare la laurea che nulla poteva fare di fronte all’esperienza degli anziani, preoccupati di perdere la propria professionalità anziché plaudere al giovamento che poteva derivarne anche per loro, proprio allo scopo di non perdere le posizioni già acquisite e per rivendicarne di nuove e più qualificanti.
E se non si voleva o poteva dare seguito a tali richieste, in quanto tutti gli organici degli uffici UNEP (salvo le solite nicchie privilegiate) vivevano le difficoltà dovute ad una forte carenza di personale di fronte al lavoro incalzante, bastava mantenere e far funzionare quello che c’era e che il legislatore ancora non aveva sottratto, tentando di trovare all’interno degli uffici le soluzioni organizzative migliori, attraverso il coinvolgimento di tutte le categorie (dai B2 ai C1) promuovendo una partecipazione corale alle attività di servizio e dando ampio spazio alla rappresentanza di tutti nelle sedi di contrattazione decentrata.
E probabilmente, è stata proprio questa mancanza di affiatamento che ha convinto, oltre agli interessi economici del governo, l’amministrazione giudiziaria a spostare l’asse di attenzione dagli uffici UNEP (divenuti una palla al piede per i troppi problemi creati negli ambienti di lavoro e le insistenti ed assillanti richieste di ampliamento degli organici, di applicazione di personale, per gli svariati quesiti volti a favorire questa o quella interpretazione del contratto o della legge per tutelare interessi di singole categorie o singoli porta bandiera) verso l’esternalizzazione del servizio e del lavoro, con tutto ciò che ne è conseguito e di cui oggi, incredulamente e con la loro complice inerzia, gli Ufficiali Giudiziari hanno l’obbligo morale di riappropriarsi, legittimamente e con grande senso di responsabilità, consapevoli degli errori commessi nel passato.
Questa consapevolezza deve guidare le azioni che oggi si devono intraprendere se davvero si crede in ciò che si dice e si ripete puntualmente nelle varie sedi e nei vari ambienti.
Ed è proprio questa presa di coscienza che mi ha spinto a rifare il concorso per Ufficiale Giudiziario, figura professionale e pubblica funzione nella quale credo fermamente ed oggi ancor di più, dopo le vicissitudini che hanno caratterizzato la mia vita, lavorativa e familiare.
La partita da giocare è davvero importante, e, ritengo, fondamentale per le sorti del futuro della giustizia, affinché questa non sia appannaggio solo di coloro che possono permettersi di pagare un servizio che, privatizzandosi, comporterà maggiori costi per i cittadini ed in relazione al quale, allo stato attuale, solo gli ufficiali giudiziari possono garantire competenza, professionalità, precisione e riservatezza.
Partecipare, uniti, alla protesta promossa per contestare l’ennesimo tentativo di usurpare la funzione oggi più rilevante (soprattutto sotto l’aspetto dell’incidenza sull’attività processuale) degli ufficiali giudiziari, è atto di coraggio, di coscienza e di responsabilità che deve accomunare tutti, non solo il personale UNEP, ma quanti credono ancora che la giustizia possa essere amministrata in nome del popolo e non degli interessi economici di potenti lobbie.
Occorre coinvolgere in questa protesta i Consigli degli Ordini degli Avvocati di tutta Italia, l’associazione dei magistrati, primi fra tutti i capi degli uffici giudiziari.
La posta in gioco è alta: la credibilità dell’intera categoria, il futuro della funzione dell’Ufficiale Giudiziario, la tutela del diritto al lavoro, l’efficienza dell’apparato giudiziario.
Rivendichiamo l’assoluta importanza del servizio pubblico contro ogni tentativo distorto ed interessato di privatizzazione (altra cosa è liberalizzare la funzione dell’Ufficiale Giudiziario, progetto da riprendere seriamente!).
Occorrerebbe sensibilizzare gli organi di stampa su questo punto per sollecitare il controllo dell’opinione pubblica, tanto cara a questo governo: come può il governo giustificare, innanzi tutto alla Corte dei Conti, e poi ai suoi cittadini-contribuenti, di aver sostenuto milioni di euro per garantire lo svolgimento di un concorso pubblico per l’assunzione di 443 figure professionali per sopperire ad una fortissima richiesta della collettività che esige una giustizia più celere, efficiente ed a costi sostenibili? Non lo può certamente giustificare decidendo di assumere solo una parte dei vincitori ed incentivando soluzioni che vanno nel senso di aumentare i costi della giustizia come è stato ben rappresentato.
Il diritto al lavoro rappresenta il campo sul quale, senza strumentalizzazioni politiche e/o sindacali, si può veramente dare avvio ad una nuova stagione dei diritti da tutelare ed attuare.
Assumere tutti i vincitori, contemporaneamente e rifiutando ipotesi di scaglionamenti, è l’imperativo che le sigle sindacali devono gridare a gran voce per dare un futuro dignitoso ai giovani; chiedere un impegno scritto, forte e certo, per l’assorbimento, nei limiti della validità della graduatoria, degli idonei; rilanciare un tavolo di trattative tra le parti sociali per individuare la strada migliore da seguire per l’innovazione e la riqualificazione della figura dell’Ufficiale Giudiziario – che non significa solo passaggio a livelli superiori ma, soprattutto, nuove funzioni e competenze adeguate ai mutati tempi - a partire nell’immediato dalla modifica di quelle norme che possono risolvere il problema della notificazione a mezzo posta degli atti penali e civili, introducendo la facoltà ed eliminando l’obbligo per gli Ufficiali Giudiziari di usare il servizio postale anche fuori del Comune ove ha sede l’ufficio, rendendo così più flessibile le attività di servizio in relazione alle effettive capacità gestionali dei singoli uffici.
Insomma, non spetta a me tracciare le strade da percorrere - anche se sarei ben lieto di potervi partecipare – in quanto sono ben note a coloro che hanno la consapevolezza delle vere problematiche e dei nodi da sciogliere.
Accettare un’assunzione per tempi (154 ufficiali giudiziari nel 2004, e gli altri, forse, tra il 2005 e 2006) significherebbe non solo perdere un’occasione irripetibile per dare forza all’intera categoria, ma avallare una sconfitta sul lato della politica del lavoro, innescando una pericolosa reazione, sul versante giudiziario, da parte di coloro che potrebbero essere esclusi dalle prime assunzioni.
Ritengo che qualunque criterio deciderà di adottare nel caso di assunzioni parziali, il ministero si esporrà a sicuri ricorsi con rischio di bloccare tutte le assunzioni. E’ noto, infatti, che il ministero non può arbitrariamente decidere di assumere su base distrettuale solo una parte dei vincitori considerato che violerebbe i diritti di coloro che sulla base del punteggio ottenuto (su base nazionale) potrebbero vedersi scavalcati da altri che, avendo concorso per un distretto diverso, potrebbero essere assunti in quel distretto con un punteggio inferiore; oppure, ove decidesse di assumere su base nazionale e cioè considerando i punteggi a livello nazionale, violerebbe il bando di concorso che prevede le assunzioni su base distrettuale.
Questo potrebbe essere un ulteriore motivo per ottenere i risultati richiesti.
Non credo che la politica dei piccoli passi possa funzionare con questo governo: bisogna chiedere per ottenere quello che spetta, e, se la risposta è insufficiente o insoddisfacente, continuare a scioperare, a manifestare, a protestare, a ribellarsi.
Insomma: o si assumono tutti i vincitori contemporaneamente nel 2004, oppure si assumono tutti contemporaneamente a gennaio 2005 contando sulla sicura copertura della legge finanziaria.
Non credo che il governo possa rischiare su questo punto.
Mi auguro di esprimere il pensiero di tutti noi vincitori ed idonei del concorso affermando che la nostra voce dovrà avere nella vostra, e cioè di chi può veramente far capire il peso della protesta e delle rivendicazioni in atto, il sostegno incondizionato, appassionato ed illimitato, affinché le richieste avanzate (revoca della convenzione con le poste, assunzione di tutti i vincitori del concorso entro l’anno 2004, avvio di un confronto tra le parti sociali per rilanciare l’intero settore UNEP) possano trovare riscontro concreto, non in promesse, ma in fatti e contratti da rispettare.
Un saluto affettuoso, e speriamo di spuntarla in mone del sacrosanto diritto al lavoro, dell’unità, dell’amore per la professione e del sentimento di giustizia che ancora ci anima.
Un ex Ufficiale Giudiziario Dott. Elio Guadagno