UNIONE ITALIANA UFFICIALI GIUDIZIARI & CISL – FPI  GIUSTIZIA

 CONVEGNO NAZIONALE

L’Ufficiale Giudiziario:

   un professionista da riqualificare per una giustizia rapida, efficiente e      trasparente, capace di incidere positivamente anche nell’organizzazione dell’Europa Giudiziaria”.

Limiti e difficoltà nella individuazione dello “status” dell’Ufficiale Giudiziario.

Quando, come oggi, si cercano risposte per definire l’ufficiale giudiziario e il suo ufficio, l’incertezza conduce ad una rivisitazione storica di questo antico soggetto, conosciuto già nel mondo ebraico e pervenuto alla nostra cultura giuridica con l’ordinamento romano che gli attribuiva il compito di portare in esecuzione le sentenze del magistrato.

Durante i secoli, con l’assoggettamento a strutture diverse, la nozione di ufficiale giudiziario è stata confusa con altre apparentemente assimilabili, ma in realtà del tutto estranee, che ne hanno snaturato la collocazione giustinianea consegnandola a noi come un ibrido in perenne ricerca di giuridica, definitiva, qualificazione.

Nei tempi più recenti i tentativi di pervenire ad una definizione univoca dello “status” dell’ufficiale giudiziario e della natura del suo rapporto di lavoro, hanno risentito di una disordinata quanto contraddittoria emanazione di norme tampone che, destinate a chiudere le falle  di un impianto normativo sempre più disarticolato dal complesso sistema giuridico e sociale in cui l’ufficiale giudiziario si trova ad operare, hanno progressivamente reso inconciliabili gli aspetti tipici dell’attività libero professionale presenti nel vigente ordinamento (D.P.R. 15 dicembre 1959 n. 1229), con i tratti caratteristici del pubblico impiego che progressivamente si è cercato di estendergli.

In questo quadro di incertezza, alimentato dal colpevole disinteresse di molti, l’odierno convegno vuole rappresentare un momento di confronto fra operatori, tecnici e responsabili dell’amministazione  e delle istituzioni, nel cammino di una ormai improcrastinabile ristrutturazione dell’istituto dell’ufficiale giudiziario volta a recuperare, per quanto possibile, condizioni di concretezza ed efficienza dell’azione esecutiva.

In tale prospettiva appare necessario sgombrare, fin da subito, il campo da quella errata impostazione metodologica che, a mio avviso, ha pregiudicato nel tempo ogni soluzione, producendo un vizio logico nell'evoluzione professionale di questo operatore del diritto, consistita nel voler dare una qualificazione giuridica alla figura dell'ufficiale giudiziario ancor prima di aver apprestato una univoca, chiara e compiuta regolamentazione della sua attività.

Lo “status” dell’ufficiale giudiziario non può infatti che essere il risultato interpretativo, il punto di arrivo dell’esame della disciplina della sua attività e questa non può che essere, a sua volta, la risposta consapevole e coerente a quella domanda di giustizia concreta, rapida e trasparente che nell’ineliminabile salvaguardia della certezza del diritto deve trovare condizione e presupposto nel recupero di efficienza e tempestività della fase esecutiva.

E’ tempo di interrompere con decisione lo spossessamento che ha interessato, in questi ultimi anni, l’attività dell’ufficiale giudiziario per riaffermare con rinnovato vigore la centralità di questo soggetto nell’esecuzione, anche con l’affidamento ad esso di compiti  che, in un quadro di ricercata deflazione processuale, conducano con un naturale aggiornamento delle procedure, improntato a criteri di celerità, semplificazione e snellimento, all’armonizzazione con la procedura esecutiva  europea.

 

La riforma  dell’attività dell’ufficiale giudiziario nell’ipotesi di disegno di legge ministeriale

All’intento di conferire un nuovo assetto al servizio giustizia, ispirato alla tutela degli interessi del cittadino utente, non può che seguire, perciò, la revisione dei poteri e delle attribuzioni dell’ufficiale giudiziario, non solo nella concreta attuazione dei diritti cui è istituzionalmente demandato con la esecuzione delle decisioni giudiziali, ma anche con l’acquisizione di compiti che costituiscano una risposta moderna alle finalità di effettività dell’esecuzione ed efficienza della fase esecutiva.

In questa ottica sento di esprimere piena adesione alle prospettazioni di riforma contenute nell’ipotesi di disegno di legge delega per la istituzione e la regolamentazione della professione intellettuale di ufficiale giudiziario, presentato alle OO.SS. in data 23/7/98 dall’On.le Corleone, come proposta del Ministro di Grazia e Giustizia.

Il testo, infatti, confermando tutte le attività attribuite per legge all’ufficiale giudiziario, tende a introdurre modificazioni alla disciplina del processo civile di esecuzione in materia di espropriazione forzata mobiliare, in modo da modernizzare e razionalizzare la ricerca delle cose mobili da pignorare, affidare alla competenza dell’ufficiale giudiziario il ricevimento della dichiarazione di terzo di cui all’art. 547 del c.p.c., procedere, su delega del giudice, alla vendita delle cose da pignorare, alla redazione del progetto di distribuzione della somma ricavata ed al pagamento degli aventi diritto.

La prospettazione di coinvolgere l’ufficiale giudiziario nelle operazioni di vendita e di liquidazione del ricavato, che l’attuale sistema riserva al giudice dell’esecuzione, per quanto auspicabile, dovrebbe, però, avere il coraggio di muovere nella direzione di una più incisiva innovazione, in ragione di quella inaccettabile anomalia, che ormai sempre più sistematicamente si verifica, per cui il costo della procedura di esecuzione, se e quando si giunga all’assegnazione del ricavato, risulta maggiore del ricavato stesso, con evidente danno sia del creditore che del debitore.

E ciò muovendo da un effettivo ampliamento dei poteri dell’ufficiale giudiziario a cui dovrebbe riconoscersi la possibilità di scegliere le formalità di vendita, e di determinare forme di pubblicità idonee ad incrementare le offerte anche in relazione alla consistenza e valore dei beni pignorati.

Una specifica previsione normativa dovrebbe ricodificare i criteri di determinazione del prezzo di apertura della vendita, superando, in caso di secondo esperimento, la vendita al miglior offerente senza determinazione del prezzo, che troppo si è prestata e si presta a manovre speculative che attentano indistintamente al diritto dei creditori e agli interessi del debitore e dei terzi.

Le nuove attribuzioni, idonee ad avvicinare il servizio dell’ufficiale giudiziario agli standards degli altri paesi, mirano a restituire, per ora sulla carta, dignità e professionalità all’ufficiale giudiziario italiano a cui, al pari di altri colleghi europei, viene riconosciuta la possibilità di formare titoli esecutivi stragiudiziali e di procede ad atti di constatazione con effetti estintivi dell’esecuzione già iniziata in caso di adempimento della pretesa assistita dal titolo esecutivo ovvero con effetti estintivi o sostitutivi del titolo originario per intervenuta conciliazione tra le parti.

Viene, inoltre, prevista l’esecutività a tutti gli effetti della conciliazione intervenuta tra le parti del processo esecutivo, la cui autenticità sia accertata dall’ufficiale giudiziario.

In verità maggior considerazione meriterebbe l’istituto della constatazione che, molto utilizzato in altri ordinamenti europei, presenta particolari potenzialità applicative proprio nell’attività dell’ufficiale giudiziario.

La constatazione, quale atto che documenta una certa situazione oggettiva e materiale in un determinato momento, per le peculiari caratteristiche di tempestività ed economicità dell’atto, si coniuga, infatti,  perfettamente con la dinamicità operativa dell’ufficiale giudiziario, chiamato a svolgere la sua attività al di fuori dell’ufficio, in contatto diretto e costante con parti pubbliche e private.

Una più coerente applicazione dell’atto di constatazione potrebbe del resto contribuire a realizzare le condizioni per una effettiva deflazione processuale, ove si consideri, ad esempio, che gli effetti probatori che esso può assumere, in mancanza di altro specifico riconoscimento, favorirebbero soluzioni transattive capaci di ridurre sensibilmente il ricorso, altrimenti necessario, al giudice civile.

Il progetto ministeriale, superando le difficoltà interpretative dell’atto di riconoscimento di debito, prevede, che si formi il titolo esecutivo nel caso in cui il debitore, su specifico interpello dell’ufficiale giudiziario, riconosca, anche in parte, il debito.

La riforma prospettata, pur se diretta a disciplinare l’attività dell’ufficiale giudiziario, si coordina con la revisione di importanti articolazioni della fase esecutiva ricercando una equilibrata, concreta tutela degli interessi dei soggetti coinvolti, e apre, come già considerato, a soluzioni anche extraprocessuali la fase successiva al pignoramento, riconoscendo, ad esempio, al debitore, anche dopo la chiusura del verbale, la facoltà di adempiere l’obbligazione versando le somme dovute all’ufficiale giudiziario e a questi di rilasciare quietanza, con effetti estintivi della procedura.

Così ridefinita, l’attività dell’ufficiale giudiziario segna una linea di tendenza coerente con la domanda di concretezza e razionalizzazione della esecuzione e adegua gli ambiti operativi di esso a principi e criteri che, se non ne fanno il protagonista della fase esecutiva, come più adeguatamente prospettano altre proposte di legge sulla materia, certamente ne favoriscono una ricollocazione più attiva nella procedura esecutiva.

 

La coerente individuazione della natura del rapporto di lavoro dell’ufficiale giudiziario.

Dall’analisi delle diverse proposte che muovono verso una revisione dell’ordinamento degli ufficiali giudiziari, anche d’iniziativa parlamentare, proposta di legge dell’On. Saponara presentata alla Camera dei Deputati il 12 dicembre 1997 e dell’On. Parrelli presentata alla Camera dei Deputati il 22 maggio 1998, emerge quale dato significativo la medesima individuazione degli istituti da modificare e un comune indirizzo di intervento per la modernizzazione delle procedure cui fa seguito, in una sorta di naturale, necessitata, convergenza, la collocazione dell’ufficiale giudiziario nell’alveo della libera professione.

Il risultato appare significativo anche in relazione alle premesse metodologiche espresse, evidenziandosi come conseguenza di un percorso logico che, libero da condizionamenti culturali, partendo dalla regolamentazione  dell’attività dell’ufficiale giudiziario e dalle modalità esplicative di essa, ha individuato come più rispondente alle esigenze di funzionalità del sistema, lo “status” di libero professionista per l’ufficiale giudiziario.

Un professionista che, dovendo rispondere all’esigenza di realizzazione del diritto, accertato dal giudice o comunque contenuto nel titolo esecutivo, non esplica la sua attività nel perseguimento di finalità di mero profitto, ma si muove all’interno di un sistema di regole e di controlli che ne assicurano l’esercizio obbligatorio delle funzioni legalmente richiestegli e ne garantiscono rispondenza alle norme,  con qualità e correttezza del servizio prestato.

La risposta, coerente, perciò, con le intrinseche esigenze di autonomia organizzativa e operativa dell’attività dell’ufficiale giudiziario, deve far riflettere, di contro, sui limiti e pregiudizi che una generalizzata gerarcchizzazione di esso produrrebbe, come la recente storia dimostra, sulla qualità ed efficienza del servizio richiesto qualora si optasse per una diversa qualificazione del suo rapporto di lavoro.

La disciplina dell’attività dell’ufficiale giudiziario estranea, infatti, per contenuti e modalità esplicative, alla regolamentazione del lavoro nel pubblico impiego, si è dimostrata incompatibile con la normativa contrattuale e rischia di essere travolta dal processo di generalizzata omogeneizzazione normativa realizzata, al di là di ogni specifica previsione, dal potere di delegificazione attribuito ai contratti dall’art 72 del Decreto Legislativo 3 febbraio 1993 n. 29.

Tale evenienza già denunciata dalla Commissione presieduta dal Prof. Picardi, con la  predisposizione di  apposita proposta di articolato per cui in deroga all’art. 72 del d. lgs 29/93 le norme di cui al D.P.R. 1229/59 continuassero a spiegare efficacia fino all’entrata del nuovo ordinamento degli ufficiali giudiziari, non ha trovato, ad oggi, soluzione.

Appare perciò quanto mai opportuno rilevare come un tale assetto, non pensato e forse non voluto per l’ufficiale giudiziario, non si mostra in grado di dare adeguate risposte a problemi come la ricollocazione del personale, la sopravvivenza dell’ufficio unico e la qualificazione giuridica di esso, la dirigenza, l’orario di lavoro, la retribuzione, la qualificazione giuridica dell’indennità di trasferta e dei proventi, intesi quali compensi per le prestazioni professionali rese o piuttosto come tasse pagate allo Stato dal privato per usufruire di un pubblico servizio, la regolamentazione dell’attività esterna, l’uso del mezzo proprio, le spese per la gestione dell’ufficio, il regime pensionistico, l’età pensionabile.

Pur volendomi limitare, nel rispetto di una doverosa sintesi, semplicemente ad enucleare le questioni esposte, appare chiaro che esse non possono trovare soluzione nella disattenzione che sta governando il trapasso, con il venir meno dell’intera  normativa speciale che disciplina il settore U.N.E.P, sotto la spinta anomala del ricordato potere di delegificazione per cui, a mente del richiamato art. 72 del decreto legislativo 29/93, le disposizioni vigenti in materia di pubblico impiego, siano esse generali o speciali, cessano – in ogni caso – di produrre effetti dal momento, ormai sopraggiunto, della sottoscrizione del secondo contratto nazionale di lavoro.

 La normativa di settore, non attualizzabile contrattualmente, come oggettivamente conferma la previsione  di cui all’art. 1 del nuovo contratto, che sollecita l’emanazione di preventive norme di raccordo con la normativa vigente, conserva, momentaneamente, la sua efficacia, grazie alla clausola di rinvio, voluta e perseguita con ferma determinazione dalla CISL, e perciò inserita nell’art. 36 del contratto da ultimo sottoscritto, per cui, ai sensi dell’art. 72 del decreto legislativo 29/93, le norme contrattuali e di legge che non sono espressamente abrogate, rimangono in vigore fino al 31/12/1999.

 Il necessario ricorso alla legge.

La necessità di interventi di raccordo normativo evidenziata in contratto, realizza, al di là delle interpretazioni di parte che la incerta formulazione consente, un dato certo e incontrovertibile: la concreta difficoltà di estendere all’ufficiale giudiziario molti degli istituti contrattuali.

Non è mai stata, infatti, in discussione, allo stato delle norme, la riferibilità al personale UNEP delle norme contrattuali, ma la concreta possibilità di recuperare alla disciplina pattizia attribuzioni ed istituti regolati dal loro statuto speciale, che ancora oggi garantisce l’attività dell’ufficiale giudiziario e governa l’organizzazione degli uffici NEP, senza comprometterne la funzionalità e l’efficienza del servizio.

La materia sollecita perciò soluzioni di più ampio respiro che, nel precipuo compito di risolvere ogni incertezza sulla individuazione della disciplina applicabile all’attività e al rapporto di lavoro dell’ufficiale giudiziario, coinvolgono interventi di natura legislativa.

Questo deve diventare un punto fermo nella tutela degli interessi dei lavoratore del settore che non possono essere abbandonati, come la storia recente ci insegna, alle infinite, frustranti, vertenze amministrative e giudiziarie per il riconoscimento dei propri diritti.

E’ ora di apprestare una definizione univoca dell’ufficiale giudiziario, restituendogli una propria dignità normativa e superando l’ambiguo processo di identificazione a qualcosa o a qualcuno che ne ha compromesso, nell’ultimo quarto di secolo, autonoma sopravvivenza, evitando, come invece le norme di raccordo sembrano confermare, che l’ufficiale giudiziario continui ad essere indistintamente destinatario da una parte degli svantaggi del pubblico impiego e dall’altra delle conseguenze negative dell’impiego privato.

Nonostante il rinnovato interesse dimostrato sulla materia da operatori e tecnici del diritto e, come è eloquente testimonianza l’occasione odierna, dall’amministrazione, dalle forze politiche e sindacali, facendomi portavoce di un comune sentire, non posso mancare di rappresentare, sul punto, la voce del dissenso e della protesta di molti per la decennale disattenzione dimostrata sugli ufficiali giudiziari con la mancata individuazione, in sede amministrativa prima e contrattuale poi, di una chiara definizione del loro rapporto di lavoro e per il mancato riconoscimento di un adeguato livello funzionale-retributivo per il personale U.N.E.P., collocato in posizione di netto sfavore rispetto ad altre categorie, anche della stessa amministrazione.

La incerta interpretazione della normativa vigente, aggravata dal colpevole silenzio delle autorità amministrative competenti, ha favorito una disomogeneità   comportamentale e organizzativa che, come dimostrano le ultime vicende in materia fiscale, sta esponendo i singoli e gli uffici ad azioni di responsabilità che finiscono per gettare ingiusto, generalizzato, discredito su una intera categoria di lavoratori.

Con altrettanta forza va evidenziato il costante, pregiudizievole, spossessamento di attività e funzioni dell’ufficiale giudiziario, proprio mentre, non senza contraddizione con i buoni propositi di riforma, si teorizza di riqualificare l’ufficiale giudiziario nell’esecuzione.

Si pensi, a titolo esemplicativo, alla compressione dell’attività di pignoramento mobiliare di competenza dell’ufficiale giudiziario devoluto ormai pressochè totalmente al Concessionario del servizio riscossione tributi a cui ad una prima attribuzione dell’esecuzione in materia di crediti erariali (D.P.R, 29 settembre 1973 n.602) si è aggiunta con il decreto legislativo 9 luglio 1997 n.237 la riscossione dei crediti erariali per pene, sanzioni pecuniarie e spese di giustizia oggi estesa, anche ai contributi previdenziali con l’affidamento della riscossione mediante ruolo delle entrate dello Stato, e secondo le ordinarie procedure civilistiche, anche degli enti territoriali, degli enti pubblici e delle società cui partecipano i medesimi enti.

Certo è che ovunque si volga il timone fra attività libero-professionale o rapporto di pubblico impiego, deve restare fermo l’impianto della riforma, unico spiraglio di qualificata sopravvivenza, e la disciplina dell’attività dell’ufficiale giudiziario quale pubblico ufficiale che esercita, con le sue attribuzioni, un alto ruolo di garante nell’attuazione autoritativa della legge e dei provvedimenti giudiziali, in una posizione di equidistanza dalle parti e dai contrapposti interessi di esse.

In attesa della formulazione delle norme transitorie, secondo gli impegni assunti dall’amministrazione, onde procedere ad una più compiuta verifica della tutela accordata al personale attualmente in servizio, mi auguro che l’impegno teorico ceda il passo a solleciti interventi concreti, se davvero, come auspicato, si vuole scrivere una nuova pagina nella storia dell’ufficiale giudiziario e della sua funzione.

Dr. Carmine Tarquini

Ufficiale Giudiziario