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RELAZIONE ILLUSTRATIVA DEL TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE E REGOLAMENTARI IN MATERIA DI SPESE DI GIUSTIZIA PREMESSE GENERALI
1. OGGETTO DEL TESTO UNICO
Il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
spese di giustizia riunisce e coordina le norme sulle spese del procedimento
giurisdizionale.
Oggetto del testo unico sono le norme relative alle spese in tutte le fasi che
rilevano rispetto al processo. Sono disciplinate: tutte le voci di spesa; le
procedure per il pagamento da parte dell'erario e dei privati; l'annotazione nei
registri; la riscossione.
Il testo unico riunisce e coordina anche le norme in tema di patrocinio a spese
dello Stato, che si sostanziano in una diversa disciplina delle spese del
procedimento.
Infine, il testo unico disciplina la riscossione delle spese di mantenimento in
istituto, delle pene pecuniarie, delle sanzioni amministrative pecuniarie e
delle sanzioni pecuniarie processuali, che è comune a quella delle spese
processuali.
La materia è comune al processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, con differenziazioni di cui si è tenuto conto nel riunire e coordinare le norme.
Oggi, le spese di giustizia sono disciplinate da disposizioni di varia
origine e rango che si sono stratificate nel corso di centocinquantanni.
L'unitarietà – esistente almeno per il processo penale e civile nei R.d. nn.
2700 e 2701 – è andata ben presto perduta con l'emanazione di leggi che, sin
dalla fine dell'ottocento, hanno innovato, il più delle volte senza chiarire i
rapporti con i testi originari e senza abrogare espressamente le corrispondenti
disposizioni.
Qualche esempio può contribuire a chiarire la portata della confusione
normativa. L'elenco delle spese ripetibili nel processo penale rimaneva fermo
alle ultime modifiche apportate nel 1938, mentre attorno cambiavano
nell'ordinamento le voci di spesa, gli istituti, i soggetti. L'elenco delle voci
di spesa, da anticiparsi o prenotarsi per effetto dell'ammissione al gratuito
patrocinio e, poi, del patrocinio a spese dello Stato, rimaneva fermo a quello
previsto nel 1923, mentre attorno altre norme avevano cambiato le voci di spesa.
Rimanevano in vigore le norme sul recupero delle spese e delle pene, da parte
dei cancellieri come agenti della riscossione, e quelle sull'ufficio registro,
come ufficio per l'incasso del riscosso e per il pagamento delle spese
anticipate, mentre con le riforme generali dal 1996 in poi la riscossione e i
pagamenti relativi alle spese di giustizia – uniformate alle altre entrate
patrimoniali dello Stato - venivano attribuiti ai concessionari. Rimanevano
norme primarie per la disciplina delle procedure, mentre le potenzialità
tecniche dell'informatica eliminavano la necessità stessa della procedura.
Il risultato è una confusa frammentazione del quadro normativo, tale da
rendere difficile, a volte addirittura impossibile, all'operatore e
all'interprete la ricostruzione del sistema e l'individuazione della disciplina
applicabile alle singole fattispecie. Si ha di fronte, quindi, una situazione di
disordine normativo che rende indispensabile la sistemazione organica in un
testo unico per garantire la stessa effettività delle innovazioni che il
legislatore ha introdotto via via, seppure in modo frammentario.
Con il testo unico, sono state riunite e coordinate tutte le disposizioni
legislative e regolamentari che, sino all'emanazione, hanno disciplinato la
materia.
2. FONDAMENTO NORMATIVO E NATURA GIURIDICA DEL TESTO UNICO
Il testo unico ha il proprio fondamento nella delega conferita al Governo ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall'art. 1 della legge 24 novembre 2000, n. 340.
Questa norma prevede l'emanazione di testi unici intesi a riordinare, tra le altre, le materie elencate nelle leggi annuali di semplificazioni. La legge 8 marzo 1999, n. 50, all'articolo 1, comma 1, prevede l'emanazione di regolamenti di delegificazione per la disciplina delle materie e dei procedimenti di cui all'allegato 1. L'allegato 1 a quest'ultima legge contiene tre procedimenti che coprono l'intera materia delle spese di giustizia: i nn. 9, 10 e 11. In particolare, il n. 10 richiama il r.d. 23 dicembre 1865, n. 2700 e il r.d. 23 dicembre 1865, n. 2701 (cosiddetti campione civile e penale) che costituivano dei veri e propri testi unici della materia, pur senza averne l'espressa qualificazione. Infatti, erano individuate e disciplinate le spese di giustizia ed erano regolamentate le procedure per il pagamento e per il recupero, anche rispetto all'ammissione al gratuito patrocinio, effettuata con riferimento alla legislazione all'epoca vigente. Il n. 11, poi, annovera il procedimento per l'iscrizione a ruolo e per il rilascio di copie di atti, anche in materia tributaria, richiamando testi normativi di ampia portata nella materia delle spese. Il n. 9, infine, prevede il procedimento di alienazione di beni sequestrati e confiscati, richiamando le norme generali in materia penale.
Quanto alla collocazione del testo unico nel sistema delle fonti, rileva
ancora l'art. 7, comma 2, della legge n. 50 del 1999.
Esso ha previsto un testo unico di norme legislative e regolamentari
armonizzate, che consente la selezione e la riorganizzazione del vigente
quadro normativo e, al tempo stesso, la delegificazione delle norme primarie
concernenti gli aspetti organizzativi e procedimentali, secondo i criteri
fissati dall'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive
modificazioni.
Il testo unico contiene, dunque, norme primarie concernenti il regime
sostanziale (che restano di rango invariato), norme secondarie che delegificano
precedenti norme primarie (quelle procedimentali ed organizzative) e norme
secondarie già in origine tali.
L'articolo 7, comma 2, della legge n. 50 del 1999, come modificato dall'art. 1, comma 6, lett. e) della legge 24 novembre 2000, n. 340, prevede – in conformità alle risoluzioni adottate dalle Camere in sede di parere sulla relazione del Governo al Parlamento sul riordino normativo – che il testo unico comprende sia disposizioni primarie, contenute in un decreto legislativo, sia disposizioni secondarie, contenute in un apposito regolamento di delegificazione.
A tal fine vi sono tre testi distinti (A, B, C): il testo A contiene l'insieme di tutte le disposizioni legislative e regolamentari e consente di apprezzare l'impianto normativo nel suo insieme; il testo B contiene solo le norme di rango legislativo ed è emanato con decreto legislativo; il testo C contiene solo le norme secondarie ed è emanato con d.P.R. ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. In considerazione della caratterizzazione mista del testo unico, nei tre testi è stata evidenziata di volta in volta (con l'uso rispettivamente della lettera L o R ) la natura legislativa o regolamentare dei singoli articoli.
Il sistema di numerazione adottato nello schema di decreto legislativo e nello schema di regolamento – poi trasfusi nel testo unico – si è reso necessario, sul modello anche di analoghe esperienze straniere, per assicurare la corrispondenza tra gli articoli del testo unico, da una parte, e quelli del decreto legislativo o del regolamento, dall'altra; ciò al fine di assicurare la leggibilità dei testi, soprattutto a seguito di eventuali future modificazioni degli stessi.
3. LIMITI DELLA DELEGA
Il mandato assegnato dall'art. 7 della legge n. 50 del 1999 è quello del riordino e dell'armonizzazione delle norme legislative e regolamentari, da compiersi alla luce dei criteri e principi direttivi espressamente menzionati. Con chiarezza il legislatore precisa che il riordino investe anche le disposizioni sostanziali e non si limita a quelle procedimentali. Che si tratta di un testo unico di armonizzazione si desume: dai principi e criteri direttivi fissati; dalla previsione di un termine finale per la emanazione; dalla previsione di una procedura articolata, che evidentemente risulterebbe superflua per la redazione di un testo unico compilativo.
Per i profili sostanziali, il testo unico può operare la selezione e la riorganizzazione del quadro normativo vigente introducendo innovazioni per raggiungere la finalità del riordino. Il riordino normativo – alla luce dei principi e criteri individuati dal legislatore - può consistere nella riconduzione ad unità organica del materiale normativo sparso in modo da armonizzare gli istituti in un sistema unitario ed omogeneo di disciplina sostanziale e procedurale. Il riordino per l'armonizzazione consente un intervento sulle norme preesistenti per rendere la disciplina più coerente nel suo complesso, in sintonia con l'evolversi dei principi generali, con il diritto vivente creato dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, con l'evolversi dei valori complessivi dell'ordinamento (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza generale del 29 marzo 2001, Relazione al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità).
Per i profili procedurali e organizzativi, il testo unico può delegificare riscrivendo l'assetto normativo esistente in modo fortemente innovativo in termini di semplificazione e razionalizzazione: snellire i procedimenti, ridurre i tempi, eliminare fasi inutili, sopprimere organi e fasi endoprocedimentali superflue.
4. RIORDINO NORMATIVO E SEMPLIFICAZIONE DEL LINGUAGGIO
Il testo unico provvede, innanzitutto, alla puntuale individuazione della norme vigenti, prendendo atto delle abrogazioni implicite. Fa chiarezza nell'ordinamento attraverso un lungo elenco di abrogazioni, che comprende le norme già abrogate implicitamente, quelle confluite nel testo unico riscritte e coordinate, quelle incompatibili con l'armonizzazione degli istituti e con le innovazioni procedurali.
La complessità del lavoro emerge dal numero di anni considerati (ben
centocinquanta), dalla vastità della materia (tutte le spese dal loro sorgere
al loro recupero), dal numero molto limitato di precedenti abrogazioni espresse.
Il testo unico abroga 100 testi, di cui 75 di rango primario e 25 di rango
secondario. Un'idea parziale del numero di articoli abrogati si ha se si
considera che il solo r.d. n. 2700 del 1865 ne conteneva ben 481.
Il testo unico evita il più possibile i richiami ad altri testi normativi e li limita alle ipotesi indispensabili. La tecnica del richiamo è stata necessaria per ancorare la disciplina delle spese di giustizia a quella generale delle altre entrate patrimoniali dello Stato, al fine di garantire anche nel futuro la scelta operata dal legislatore di uniformare la disciplina della riscossione, evitando che si realizzasse con il passare del tempo quella diversificazione appena superata. E' stata necessaria tutte le volte che la disciplina, pur attinente alla materia delle spese, aveva già una propria autonoma coerenza sistematica, che occorreva evitare di intaccare, come nel caso delle imposte e delle indennità per i magistrati onorari. E' stata necessaria quando il collegamento con le spese era molto parziale, essendo limitato all'utilizzazione di alcuni istituti sostanziali, come nel caso della disciplina generale relativa ai dipendenti pubblici.
Il testo unico, inoltre, provvede al riordino della materia adeguandola alla disciplina sopravvenuta nel sistema delle fonti. L'emanazione della normativa secondaria, infatti, è armonizzata con la legge n. 400 del 1988 e con la legge n. 13 del 1991. Naturalmente, il riordino tiene conto di principi oramai affermatisi nell'ordinamento, come quello della separazione politica-amministrazione.
Infine, il testo unico attualizza il linguaggio normativo e lo semplifica. L'adeguamento e la semplificazione del linguaggio, indispensabile quando la norma originaria risaliva all'ottocento, è stato necessario anche per la legislazione successiva, sino agli interventi più recenti, tutte le volte che – come da ultimo nella legge n. 134/2001 sul patrocinio a spese dello Stato – sono state riproposte vecchie formulazioni.
5. RIORDINO FINALIZZATO ALLA COERENZA LOGICA E SISTEMATICA DELLA MATERIA
Il riordino e l'armonizzazione della materia con l'obiettivo di raggiungere la coerenza logica e sistematica investe profili numerosi ed articolati.
Innanzitutto il riordino ha tenuto conto di importanti riforme intervenute
nell'ordinamento. La parte relativa alla riscossione ha dovuto fare i
conti con la riforma, avviata nel 1996 e proseguita con adattamenti successivi
fino al 2001, che – attraverso la soppressione degli uffici di cassa
finanziari e l'attribuzione delle competenze ai concessionari – ha uniformato
la disciplina della riscossione delle entrate dello Stato, ricomprendendo tra
queste le spese di giustizia e le pene pecuniarie.
Il testo unico ha dovuto stabilire: dove l'impatto della disciplina generale sul
sistema speciale rendeva necessari raccordi, per consentirne il funzionamento,
ed esplicitare questi raccordi; quali norme speciali sopravvivevano, perché
salvate dalla disciplina generale o perché connaturate alla specificità delle
spese e pene pecuniarie.
La complessità dell'intervento di riordino e armonizzazione effettuato si
spiega tenendo conto della circostanza che la riforma generale aveva del tutto
baipassato la disciplina speciale delle pene pecuniarie, che ha al centro la
conversione in misure restrittive della libertà personale in caso di
insolvibilità ed è ispirata a principi propri, quali l'irrinunciabilità e il
favor per il debitore.
Applicazione di questa tecnica di riordino e armonizzazione si è avuta in
materia di procedure di riscossione dell'adempimento spontaneo e di pagamento
delle spese per conto dello Stato relative ad alcuni reati finanziari (di
difficile individuazione attuale anche secondo l'amministrazione finanziaria).
Il testo unico ha perseguito l'obiettivo di eliminare le specialità non
indispensabili residuate dopo la riforma generale. Così – assecondando
una tendenza all'uniformità della disciplina emersa nell'ordinamento (decreto
legislativo n. 74 del 2000) - è stata superata la disciplina di settore che
attribuiva la riscossione dell'adempimento spontaneo e il pagamento delle spese
per conto dello Stato agli uffici finanziari, nel solo caso di condanna a spese
e pene pecuniarie e solo per alcuni reati. Con l'estensione delle regole
generali non ci saranno più le incertezze collegate alla non inequivocabile
identificazione dei reati per cui scattavano le particolarità; non ci saranno
soggetti diversi per il pagamento delle spese di giustizia; né uffici diversi
per ricevere l'adempimento spontaneo.
La stessa riforma ha inciso sulla parte relativa al pagamento delle spese anticipate dall'erario. La sostituzione degli uffici del registro con i concessionari ha imposto, secondo scelte già chiaramente individuate dal legislatore, nuove norme secondarie per le modalità di pagamento e per le regolazioni contabili.
Altri profili oggetto del riordino e della armonizzazione sistematica sono spesso intrecciati con il riordino finalizzato alla semplificazione procedurale ed organizzativa.
La materia dei diritti di copia è stata incisa dalla soppressione dei diritti di cancelleria, contestuale all'introduzione del contributo unificato nel 1999, e da modifiche legislative intervenute nel 2000. Il testo unico perimetra l'area residua dei diritti di copia. Nel contempo, avendo rimesso allo strumento regolamentare la disciplina a regime dei diritti di copia, in conformità alle possibilità offerte dalla semplificazione procedurale ed organizzativa, la determinazione dell'area residua è fatta a fini transitori.
Inoltre, il testo unico collega strettamente diritti di copia e di certificato prevedendo una disciplina comune, a regime e transitoria, per la fonte e per le modalità di pagamento.
Diritti e indennità di trasferta e spese di spedizione degli ufficiali giudiziari è una materia che, anche secondo gli operatori del settore, è divenuta con gli anni oscura per effetto di interventi non coordinati sul d.P.R. n. 1229/1959, che l'aveva sistematizzata, e di prassi applicative diversificate, non sempre conformi al dettato legislativo, fiorite nel disordine normativo. Per i profili direttamente incidenti sulla materia delle spese di giustizia, il testo unico la riordina sulla base di attenta verifica delle fonti diverse, della giurisprudenza, dei principi generali.
La voce indennità di custodia dei beni sequestrati nel procedimento giurisdizionale costituisce uno degli istituti che registra i più variegati orientamenti applicativi e giurisprudenziali, sia per la determinazione del quantum, sia per la tutela giurisdizionale. Il testo unico riconduce a sistema la materia sulla base dell'orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale e di legittimità; persegue l'uniformità con i compensi relativi ai sequestri amministrativi. Inoltre, utilizzando le possibilità offerte dalla semplificazione procedurale, rimette a strumento regolamentare (analogo a quello previsto per gli ausiliari del magistrato) l'individuazione di tariffe generali; prevede una disciplina transitoria che consente di superare l'attuale diversificazione.
Le spese per la demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi vivono nella giurisprudenza degli ultimi anni sulla base di principi dell'ordinamento, che l'autorità giudiziaria ha applicato in mancanza di una disciplina specifica. Il testo unico recepisce e razionalizza le univoche soluzioni interpretative divenute diritto vivente, le collega esplicitamente ai principi giuridici esistenti e prevede una disciplina a regime e una disciplina transitoria.
In materia di titoli di pagamento delle spese anticipate dallo Stato, il testo unico supera le diversificazioni oggi esistenti. La sola distinzione è quella tra ordine di pagamento (emesso dal funzionario) e decreto di pagamento (emesso dal magistrato), riferita a voci di spesa diverse e fondata sull'indispensabilità dell'attribuzione al magistrato della competenza a provvedere alla quantificazione, quando vengono in questione profili valutativi. In tal modo è eliminata la precedente coesistenza del decreto del magistrato e dell'ordine del funzionario per le stesse spese, che si sostanziava nella duplicazione del titolo di pagamento.
6. RIORDINO FINALIZZATO ALLA SEMPLIFICAZIONE PROCEDURALE ED ORGANIZZATIVA
Anche il riordino e l'armonizzazione della materia finalizzata alla semplificazione procedurale ed organizzativa investe profili numerosi ed articolati.
In generale, il testo unico abbassa il livello della fonte da primaria a secondaria tutte le volte che emergono profili procedurali e organizzativi. Inoltre, estende l'ambito di operatività di strumenti regolamentari, già previsti dal legislatore in modo settoriale, per conseguire il riordino e la razionalizzazione dell'intero sistema delle spese di giustizia.
Diritti di copia e di certificato. Il testo unico rimette allo strumento regolamentare la disciplina dei diritti e l'individuazione degli importi, ancorando questi ultimi ai costi del servizio e ai costi per l'incasso per consentire il rapido adeguamento della disciplina alle innovazioni tecnologiche dei mezzi di riproduzione e al mutamento – collegato alle prime – dei costi. Inoltre, per superare il sistema di pagamento attraverso le marche, conservate in via transitoria, ed ormai incompatibili rispetto al futuro processo informatizzato, rimette alla normativa regolamentare le modalità di pagamento quando, come nel caso di importi minimi, non è conveniente l'estensione delle norme secondarie, previste per il pagamento del contributo unificato.
Nella materia degli onorari degli ausiliari del magistrato, il testo unico elimina la specialità per gli onorari calcolati a tempo con il sistema della vacazioni, prevedendo lo stesso regime per questi e per quelli fissi e variabili. Inoltre, applicando i principi della semplificazione procedurale ed organizzativa, rimette allo strumento regolamentare l'emanazione di tabelle, ottenendo elasticità nel sistema per rispondere ad esigenze della prassi che aveva sottoposto le norme legislative a forzature applicative.
Registri. Il testo unico disciplina tutta la materia dei registri delle spese in norme regolamentari, utilizzando sino in fondo il contesto generale di delegificazione della materia dei registri. Riduce da sei (cui si aggiungevano i c.d. registri di comodo con fonte nella prassi) a tre i registri necessari e li ancora alla necessità della funzione da registrare. In tal modo elimina la duplicazioni di annotazioni, connaturale alla vecchia disciplina, che distingueva sulla base degli uffici preposti all'annotazione e del tipo di procedimenti cui l'annotazione si riferiva; elimina gli ostacoli alle possibilità aperte dall'informatizzazione. Inoltre, in attesa di un contesto informatizzato integrato, disciplina la fase transitoria introducendo un foglio delle notizie utili legato al fascicolo processuale.
In materia di restituzione e vendita di beni oggetto di sequestro nel processo penale, il testo unico ha semplificato e accelerato di molto la procedura di restituzione ed ha abbassato il livello della fonte tutte le volte in cui la disciplina non interferiva con funzioni giurisdizionali. La vecchia procedura, contribuendo ad allungare i tempi di custodia, rendeva ipotetico il recupero delle spese sul ricavato della vendita perché il bene veniva venduto quando ormai privo di valore. Inoltre, il testo unico ha delegificato la materia delle modalità di deposito di somme e valori superando l'arcaico meccanismo dei depositi giudiziari.
7. RIORDINO FINALIZZATO ALL'ARMONIZZAZIONE TRA I DIVERSI PROCESSI
La normativa più antica in tema di spese di giustizia è direttamente
riferita solo al processo penale e civile, i quali costituiscono, ad un tempo, i
processi quantitativamente più rilevanti e i modelli per gli altri processi
che, in modo e per strade diverse, sono diventati tali. L'applicazione
delle norme originarie del processo penale e civile agli altri processi è
avvenuta sulla base di estensioni esplicite, disposte dal legislatore, di questo
o quell'istituto relativo alle spese o al processo, dell'estensione residuale,
sempre disposta dal legislatore, delle regole processuali civili agli altri
processi, nonchè dei principi generali dell'ordinamento.
La normativa più recente relativa alle spese, sempre più spesso, fa esplicito
riferimento anche agli altri processi.
Il testo unico riordina e armonizza la materia rendendo espliciti i collegamenti
già esistenti nell'ordinamento, riferendo gli istituti a tutti o ad alcuni dei
processi, conservando le specialità connaturate alla funzione e struttura e
superando le specialità quando si riconnettevano a profili procedurali ed
organizzativi.
8. DISCIPLINA TRANSITORIA
La disciplina transitoria svolge un ruolo importante nel testo unico e ad essa è dedicata un'intera parte. La ragione di tale estensione è soprattutto nella scelta di effettuare il riordino e l'armonizzazione dell'esistente in via transitoria, tutte le volte che il testo unico, sfruttando le possibilità offerte dalla semplificazione procedurale ed organizzativa e dal riordino sistematico, ha previsto a regime nuovi strumenti regolamentari, estendendo quelli esistenti in modo settoriale.
9. IL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO
In data 21 gennaio 2002 il Consiglio di Stato ha espresso in senso favorevole
il prescritto parere. In generale sono stati recepiti i suggerimenti in esso
contenuti; in particolare, la materia della riscossione è stata raccordata con
le previsioni del d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231 che, nell'introdurre
nell'ordinamento la responsabilità amministrativa degli enti per reati commessi
dai loro rappresentanti, ha equiparato, con delle peculiarità, la riscossione
delle sanzioni amministrative pecuniarie a quella delle pene pecuniarie.
In alcuni casi si è ritenuto di discostarsi dalle osservazioni del Consiglio di
Stato, chiarendone le ragioni nella redazione ai relativi articoli cui si rinvia
(vedi articoli 3, 6, 30, 33, 39 e 60, 48, 55, 65, 68 e 83).
Invece le osservazioni relative al ruolo del pubblico ministero nella procedura
di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sono frutto di un equivoco,
originato dal modo errato in cui la disciplina vigente è riportata nella
raccolta delle Leggi d'Italia, De Martino, edita da De Agostini professionale.
Con riferimento, infine, alla mancanza di una norma di chiusura contenente
disposizioni non inserite nel testo unico che restano in vigore – eccepita dal
Consiglio di Stato - si precisa che nel testo unico sono state inserite o
espressamente richiamate tutte le norme relative alle spese di giustizia e, di
conseguenza, tale norma non è necessaria.
COMMENTO ALL'ARTICOLATO
PARTE I
DISPOSIZIONI GENERALI
TITOLO I
OGGETTO E DEFINIZIONI
Articolo 1 (Oggetto) (L)
La norma specifica che il testo unico disciplina le voci e le procedure di
spesa del processo, il patrocinio a spese dello Stato e la riscossione delle
spese processuali e di mantenimento, delle pene pecuniarie, delle sanzioni
amministrative pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie processuali.
Articolo 2 (Ambito di applicazione) (L)
Tale disposizione stabilisce nei confronti di quali processi trovano
applicazione le norme del testo unico.
Articolo 3 (Definizioni) ( R)
Le definizioni hanno il solo fine di facilitare la stesura delle
disposizioni del testo unico e di evitare dubbi interpretativi. Obiettivo,
quest'ultimo, necessario soprattutto nei casi in cui la terminologia delle norme
originarie non è univoca.
Gli aspetti di maggior rilievo sono i seguenti.
Consapevolmente il testo unico prescinde dalle qualifiche necessarie per lo
svolgimento di determinate funzioni all'interno degli uffici amministrativi. Si
è inteso così superare un problema che la legislazione originaria poneva
rispetto ai mutamenti intervenuti negli ultimi anni, nel sistema delle fonti e
nella disciplina sostanziale, relativi al rapporto di lavoro dei dipendenti
pubblici.
Analogamente, la definizione generica dell'ufficio amministrativo competente,
sia giudiziario che finanziario, prescinde dall'organizzazione degli
stessi, che trova altrove le proprie regole.
Rispetto alle funzioni giudiziarie esercitate dai magistrati, sono state
mantenute nel testo unico le attribuzioni di funzioni tutte le volte in cui la
norma originaria conteneva una precisa attribuzione di competenza; quando le
funzioni risultavano attribuite a giudici e/o pubblici ministeri o erano
generiche si è fatto ricorso alla categoria di magistrato.
Per esigenze collegate alla differenziazione della disciplina positiva rilevante
nella materia trattata si sono distinti i magistrati onorari dagli esperti, pur
nella consapevolezza del dibattito sulla possibilità di ricomprendere o meno i
secondi nella prima categoria.
La definizione di ausiliario del magistrato è funzionale all'individuazione
della categoria ai fini del compenso. Periti, consulenti, interpreti, traduttori
e qualunque altro esperto o persona idonea sono compensati ai sensi della legge
n. 319/1980 (incorporata e innovata nella Parte Voci di spesa). I notai, invece,
quando svolgono funzioni attribuite dal giudice sulla base di previsione
legislativa sono compensati, in generale, sulla base della propria tariffa
professionale (d.m. 30 dicembre 1980) e per le competenze in materia di
espropriazione forzata, sulla base di un adattamento di questa (d.m. 25 maggio
1999, n. 313). Inoltre, la definizione di ausiliario del magistrato serve a
superare le distinzioni terminologiche all'interno della categoria dei
consulenti tecnici tra processo penale e processo civile. Infatti, nel
processo penale, si distingue tra perito (consulente tecnico nominato dal
giudice), consulente tecnico d'ufficio (nominato dal p.m) e consulente tecnico
di parte (nominato dalla parte in occasione della perizia o della consulenza
tecnica d'ufficio o autonomamente). Nel processo civile, si distingue tra
consulente tecnico del giudice e consulente tecnico di parte.
La definizione di notificazione da parte dell'ufficiale giudiziario è utile ai
fini della disciplina delle spettanze degli ufficiali giudiziari. Infatti, già
nella disciplina originaria, ripresa nel testo unico, il termine notificazione
per l'attività compiuta dagli ufficiali giudiziari è usato per ricomprendere
la notificazione e la comunicazione di un atto. Per tale motivo non si è
accolto il suggerimento del Consiglio di Stato di ritenere inutile tale
definizione e comunque, è stata chiarita la finalità della stessa.
TITOLO II
DISPOSIZIONI GENERALI RELATIVE AL PROCESSO PENALE
Articolo 4 (Anticipazione delle spese) (L)
La norma riprende il contenuto dell'art. 691 del codice di procedura penale,
esplicitando il collegamento con la disciplina del patrocinio a spese dello
Stato. L'articolo 694 del codice di procedura penale richiamato prevede che le
spese di pubblicazione della sentenza penale, conseguenti ai reati commessi
mediante pubblicazione in un giornale o periodico (previste al comma 1), sono
anticipate dall'imputato, mentre generalmente sono anticipate dallo Stato,
secondo la regola generale. Anche l'articolo 76 del decreto legislativo n.
231/2001 prevede che le spese per la pubblicazione della sentenza di condanna,
relativa a sanzioni amministrative dipendenti da reato, sono anticipate
dall'ente, in deroga alla regola generale.
Articolo 5 (Spese ripetibili e non ripetibili) (L)
L'originario elenco delle spese ripetibili e non ripetibili, contenuto negli
artt. 1 e 4, r.d. n. 2701/1865, e negli artt. 1 e 2 r.d. n. 1071/1931, come
modificato dal r.d. n. 1493/1938, è stato aggiornato dal punto di vista
terminologico alle voci di spesa quali oggi risultano nell'ordinamento come
ricostruito nel testo unico. Non è mutata la sostanza del precetto.
Per i magistrati professionali dei collegi d'assise, l'originaria non
ripetibilità delle spese per trasferte, che prima trovava la sua ratio
nella logica della corte itinerante, oggi trova ancora giustificazione solo
nell'ipotesi residuale in cui l'intero processo si svolge in luogo diverso da
quello di ordinaria convocazione.
Per la pubblicazione della sentenza di condanna, già la modifica operata con la
legge del 1931 aveva disposto la ripetibilità, in senso contrario alla
previsione del 1865.
La non ripetibilità delle spese per trasferte del giudice di sorveglianza –
secondo gli articoli 1 e 2 del r.d. n.1071/1931 e successive modificazioni del
1938 - non ha valore precettivo attuale. Infatti nel procedimento di
sorveglianza non c'è condanna alle spese e, quindi, manca il presupposto per la
ripetizione. D'altra parte, oggi non c'è ragione di distinguere le spese per
trasferte dei giudici di sorveglianza da quelle per trasferte degli altri
giudici, sulla base dei mutamenti nell'ordinamento giudiziario. La conseguenza
è che se, in futuro, il legislatore introducesse la condanna nel procedimento
di sorveglianza queste spese per trasferte sarebbero ripetibili in quanto
rientranti nella categoria generale di cui alla lett. b) del comma 1.
Con riferimento al comma 3, la norma riprende il principio della prevalenza
delle norme esterne stabilito dall'art. 696 c.p.p. e lo rapporta alla materia
delle spese per evitare dubbi interpretativi in caso di applicabilità delle
norme interne.
Nel caso di rogatorie dall'estero, mancando un processo in Italia non si
dovrebbe proprio porre il problema della ripetibilità non essendo ipotizzabile
la condanna, tuttavia è opportuno precisarlo perché nella prassi sono stati
registrati dubbi applicativi e, pur non essendo mai state recuperate, si è
fatto ricorso all'art. 109 del regio decreto 2701/1865 (spese straordinarie).
Nel caso di estradizione da e per l'estero manca la condanna alle spese, attesa
la natura mista di tale procedimento, anche quando è per l'estero, e quindi non
si dovrebbe porre il problema della ripetibilità. Tuttavia, la precisazione è
opportuna perché la Cassazione, per sostenere la non ripetibilità, le
qualifica spese di amministrazione di giustizia. La non ripetibilità, inoltre,
risulta conforme alla previsione del cap. 1631 del Ministero della giustizia.
Articolo 6 (Remissione del debito) (L)
La norma è riscritta registrando gli interventi della Corte costituzionale
(sentt. n. 342/1991 e n. 271/1998).
La fattispecie incide sulla materia di cui ci si occupa, perché la remissione
estingue il debito per spese processuali e di mantenimento.
La riformulazione tiene conto delle precisazioni apportate con il d.P.R. 30
giugno 2000, n. 230.
Non è disciplinata la trasmissione della notizia, dell'avvenuta presentazione
dell'istanza e della decisione sulla stessa, dal giudice competente all'ufficio
che procede alla riscossione, ai fini della sospensione o dell'estinzione della
procedura di riscossione, perché opera l'art. 106 del decreto del Presidente
della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230.
Contrariamente a quanto suggerito dal Consiglio di Stato, si è ritenuto
opportuno non inserire una definizione di “regolare condotta in libertà”
trattandosi di materia estranea al testo unico. Né si è ritenuto opportuno
inserire un richiamo espresso all'articolo 106 del d.P.R. n.230/2000,
trattandosi di normativa di attuazione secondaria.
Articolo 7 (Rogatorie all'estero) (R)
Nel caso di rogatorie all'estero, se l'Italia - svolgendosi il processo nel
proprio territorio - provvede ad anticipare sulla base delle regole esterne o,
in mancanza, di quelle interne, si applicano tutte le norme del testo unico,
come è pacifico secondo la giurisprudenza della Cassazione.
TITOLO III
DISPOSIZIONI GENERALI RELATIVE AL PROCESSO CIVILE, AMMINISTRATIVO, CONTABILE,
TRIBUTARIO.
Articolo 8 (Onere delle spese) (L)
Tale disposizione riprende l'articolo 90 del codice di procedura civile,
riformulandolo in modo da esplicitare il raccordo con le norme sul patrocinio a
spese dello Stato.
Esplicita, inoltre, il collegamento con gli altri processi, già presente
nell'ordinamento sulla base di espliciti rinvii alle norme generali del processo
civile.
PARTE II
VOCI DI SPESA
TITOLO I
CONTRIBUTO UNIFICATO NEL PROCESSO CIVILE E AMMINISTRATIVO
Articolo 9 (Contributo unificato) (L)
Prevede il contributo unificato di iscrizione a ruolo, per tutti i gradi di
giudizio, nel processo civile e amministrativo, come già disposto dall'art. 9,
comma 2 della legge n. 488 del 1999, modificato dalla legge n. 342 del
2000.
Articolo 10 (Esenzioni) (L)
Indica i procedimenti per i quali non è dovuto il contributo unificato.
La materia delle esenzioni è stata innovata dal decreto legge n.
, convertito nella legge n.
, che ha sostituito il comma 8, dell'art. 9, legge n. 488/1999, ha modificato la
tabella 1 allegata alla stessa legge, ed ha introdotto l'esenzione per i
procedimenti in materia di equa riparazione di cui alla legge n. 89/2001.
Il decreto legge in oggetto ha riformulato il comma 8 originario per eliminare
dubbi interpretativi, nei casi elencati:
- è stata introdotta la “o”; per le voci
richiamate (bollo, ogni altra spesa tassa o diritto) la legge prevede
generalmente un trattamento unitario di esenzione; a volte, però, la prima si
differenzia rispetto a quella più generale, con la conseguenza che un
procedimento può essere esente dal bollo ed essere assoggettato alla seconda
(procedure dinanzi al giudice tutelare). La ratio del legislatore del
‘99 era sicuramente di ricomprendere nelle esenzioni del contributo unificato
anche quei procedimenti che, pur essendo esenti da bollo erano assoggettati ai
diritti perché il contributo unificato ha sostituito anche questi;
- per i procedimenti in materia tavolare
l'esenzione è già il frutto di una modifica legislativa all'art. 9; infatti,
l'art. 56, comma 1, legge n. 342/2000 ha soppresso l'inciso “in materia
tavolare” nel c. 2 originario dell'art. 9 e lo ha lasciato nel c.1 originario,
mirando a non gravare ulteriormente una materia già soggetta al pagamento dei
diritti regionali;
- è stato omesso il rinvio all'art. 454 c.p.c.
perché abrogato dall'art. 110, d.P.R. n. 396/2000, (regolamento di
semplificazione che ha ridisciplinato la procedura mantenendo la competenza in
capo ai tribunali) ed è stato aggiunto l'inciso “procedimento di regolamento
di competenza e di giurisdizione” perchè la loro mancanza nella norma
originaria era frutto di un difetto di coordinamento, in quanto anche questi
sono procedimenti incidentali come quelli cautelari;
- è stato eliminato il riferimento specifico al
processo civile – frutto di un refuso - perché è inequivocabile il
riferimento dell'intera norma anche al processo amministrativo;
- ha eliminato il riferimento all'imposta di
registro ai fini dell'esenzione; infatti, visto che il contributo unificato
sostituisce per alcuni processi l'imposta di bollo, la tassa di iscrizione a
ruolo, i diritti di cancelleria e i diritti di chiamata di causa dell'ufficiale
giudiziario (mentre non sostituisce l'imposta di registro) il collegamento
dell'esenzione con l'imposta di registro poteva ingenerare dubbi per i
procedimenti esenti da bollo, ma non dall'imposta di registro o viceversa.
Lo stesso decreto legge ha apportato le seguenti innovazioni:
- è prevista l'esenzione per i procedimenti
esecutivi di rilascio e consegna (art. 605 e ss. c.p.c.) poichè nel corso degli
stessi l'intervento del giudice è solo eventuale;
- è prevista l'esenzione per i procedimenti in
materia di equa riparazione di cui alla legge n. 89/2001.
Nella norma in commento si è resa necessaria la specificazione relativa al
processo amministrativo. Nel processo amministrativo, contrariamente a quello
civile, la richiesta cautelare può essere presentata solo contestualmente o in
corso di causa. Di conseguenza, se l'esenzione non si riferisse anche alla
richiesta cautelare contestuale, ragioni economiche e non attinenti alla
strategie difensive sarebbero alla base della scelta sul quando innestare il
procedimento cautelare e non appare questa la ratio della norma
legislativa.
Inoltre, nel comma 5 la disciplina è raccordata con la previsione legislativa
che rimette all'avvocato la dichiarazione sul valore della causa, prevedendo
analoga dichiarazione per le esenzioni
Articolo 11 (Prenotazione a debito del contributo unificato) (L)
La norma in commento riprende la ratio della previsione originaria e la
esplicita coordinandola al sistema del testo unico. Infatti lì il termine
“esenzione” è usato in modo atecnico per indicare che non vi è passaggio
di denaro. Quindi, il contributo è dovuto, ma la concreta riscossione si avrà
solo se si verificano i presupposti (condanna alle spese della parte diversa da
quella ammessa e dall'amministrazione) e a tal fine la voce è prenotata a
debito.
Inoltre, riproduce l'ultima parte del comma 4 dell'art. 9, come modificato dal
decreto legge n. ,
convertito nella legge n.
, relativo all'azione civile nel processo penale.
Articolo 12 (Azione civile nel processo penale) (L)
Stabilisce che, in caso di esercizio dell'azione civile nel processo penale
il contributo unificato è dovuto soltanto quando è chiesta la condanna al
pagamento di una somma a titolo di risarcimento e questa è accolta. L'importo
del contributo si calcola in base al valore dell'importo liquidato in sentenza.
Articolo 13 (Importi) (L)
Determina la misura del contributo unificato in relazione al valore dei
processi, già indicato nella tabella 1 allegata alla legge n. 488 del 1999,
come modificata dal decreto legge n.
, converito nella legge n.
, riscrivendo la norma originaria solo per esigenze di maggiore chiarezza.
Articolo 14 (Obbligo di pagamento) (L)
L'articolo individua la parte obbligata al pagamento del contributo
unificato e rimette all'avvocato la determinazione del valore dei procedimenti,
ai sensi del codice di procedura civile, valore che rileva per l'importo dovuto.
Individua le ipotesi in cui il contributo è dovuto nel corso del
procedimento, se c'è l'aumento del valore della causa.
La norma originaria è stata modificata dal decreto legge n.
, convertito nella legge n. , che da
un lato ha eliminato dei dubbi interpretativi, dall'altro ha innovato la
materia.
Il decreto legge in oggetto ha eliminato dubbi interpretativi nei casi elencati:
- è stata soppressa l'espressione “o interviene
nella procedura di esecuzione”; che poteva ingenerare equivoci e non serviva;
infatti, l'interveniente deve pagare il contributo unificato solo se è lui a
fare istanza di vendita o assegnazione, non avendo provveduto a farla il
creditore procedente; ipotesi già compresa nella formula “fa istanza”,
potendo questa essere fatta dal creditore procedente o dall'interveniente;
- è stata soppressa l'espressione: ”salvo il
diritto alla ripetizione dalla parte soccombente”, essendo inutile, poiché
secondo i principi generali, la parte anticipa le spese poste a suo carico della
legge o dal giudice e le recupera quando ne ricorrono i presupposti;
- è stata soppressa l'espressione “ovvero
nell'atto di precetto”, perché frutto di un refuso; non aveva senso il
richiamo al valore del procedimento indicato nell'atto di precetto, visto che è
determinato lo scaglione per i processi esecutivi mobiliari e immobiliari; né
l'indicazione poteva riferirsi ai procedimenti di opposizione a precetto e ai
vari giudizi di opposizione in sede esecutiva, visto che il giudizio di
opposizione è un ordinario giudizio di cognizione che viene introdotto con atto
di citazione.
Lo stesso decreto legge ha apportato importanti innovazioni.
Ha eliminato l'irricevibilità e l'improcedibilità previste dalla norma
originaria per il caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo, che
si esponeva a forti dubbi di legittimità costituzionale. Infatti, secondo il
consolidato orientamento della Consulta (sen. n. 45/1960, nn. 91 e 100/1964, n.
157/1969, n. 61/1970 e da ultimo n. 333/2001) l'esercizio del diritto di azione
(art. 24 cost.) non può essere condizionato al pagamento di un contributo di
tipo fiscale. L'irricevibilità poteva ledere il diritto di azione in molti casi
(es.: opposizione a decreto ingiuntivo, ricorso davanti al giudice
amministrativo). Invece la soluzione adottata, che ha soppresso l'irricevibilità
e improcedibilità e ha previsto la riscossione di quanto dovuto (v. art. 16) è
anche conforme all'indirizzo legislativo (inaugurato con l'art. 19, d.P.R. 26
ottobre 1972, n. 642, come sostituito dall'art. 16, d.P.R. 30 dicembre 1982, n.
955) volto ad eliminare ogni impedimento fiscale al diritto di azione.
Infine, il decreto legge in oggetto ha aumentato il novero dei soggetti tenuti
all'integrazione del contributo in corso di causa. Mentre prima l'ipotesi era
limitata alla modifica della domanda, oggi la fattispecie è estesa alla domanda
in riconvenzione, all'intervento autonomo e alla chiamata in causa, che facciano
scattare lo scaglione superiore previsto in Tabella e nei soli limiti
dell'aumento.
Tale innovazione è più rispondente alla regole generali sulla competenza
dettate dal codice di procedura civile, secondo le quali il valore di una causa
si determina dal valore complessivo delle richieste di ciascuna delle parti (artt.
10 e ss. c.p.c.).
Articolo 15 (Controllo in ordine al pagamento del contributo unificato)
(R)
Esplicita il tipo di verifica che il funzionario effettua, al solo fine di
evitare dubbi interpretativi.
Il controllo non può che essere quello formale di riscontro tra l'importo
pagato (v. parte VI Pagamento, per la ricevuta) e quello previsto nella
legge come corrispondente al valore della causa, quale risulta dalla
dichiarazione resa dall'avvocato. Infatti, la legge è inequivocabile
nell'attribuire la determinazione del valore – sulla base delle regole del
codice di procedura civile – all'avvocato e nel non prevedere alcun controllo
sul valore così determinato.
Invece, un qualunque “contraddittorio” sul valore ai sensi del codice di
procedura civile non può che essere espressamente previsto dal legislatore,
attinendo a criteri che incidono sulla competenza per valore del giudice, la cui
deducibilità è regolata dalle norme di procedura.
I problemi applicativi che il rinvio alle norme del codice di procedura civile
può in concreto determinare, non sono diversi da quelli che l'avvocato deve
affrontare nel momento in cui inizia un procedimento.
Certamente manca il controllo all'origine sull'importo da versare. Il
legislatore ha scelto di fare affidamento sulla dichiarazione dell'avvocato che,
nella sostanza, non è libera, essendo indirettamente collegata con la
competenza per valore. Il che assicura alla base una normale corrispondenza tra
quanto dichiarato e l'effettivo valore. Ne consegue che la dichiarazione
dell'avvocato non può mai mancare, essendo oramai divenuto uno degli elementi
che compongono l'atto che si deposita.
Con riferimento alla natura del controllo, considerazioni analoghe valgono per
le esenzioni; che sono i casi in cui il processo può iniziare senza il
pagamento del contributo.
Articolo 16 bis (Omesso o insufficiente pagamento del contributo
unificato) (L)
La materia è stata innovata dal decreto legge n.
, convertito nella legge n.
, che ha introdotto il comma 5 bis all'art. 9 originario.
Nella norma in commento si rinvia alle norme del testo unico, dove la materia è
trattata per ragioni sistematiche. Infatti il nuovo legislatore ha previsto la
riscossione mediante ruolo – secondo un sistema oramai comune alle entrate
patrimoniali dello Stato – ed ha precisato che scattano gli interessi legali
con l'iscrizione a ruolo.
La norma in commento, con meri fini chiarificatori, precisa la decorrenza
degli interessi.
Articolo 17 (Variazione degli importi) (L)
Individua in un decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'art.
17, comma 2 della legge n. 400 del 1988, su proposta del Ministro della
Giustizia, con il concerto del Ministro dell'economia e delle finanze, l'atto
attraverso il quale apportare le variazioni alla misura del contributo
unificato e degli scaglioni di valore.
Articolo 18 (Non applicabilità dell'imposta di bollo nel processo penale
e nei processi in cui è dovuto il contributo unificato) (L)
La norma originaria è stata modificata e riscritta in funzione del riordino
operato con il testo unico. Le altre voci di spesa per le quali era prevista la
non applicabilità sono quelle che non esistono più nell'ordinamento, perché
abrogate espressamente con il testo unico (tassa di iscrizione a ruolo, diritti
di cancelleria), facendo operare il precetto dell'originario comma 1, che ne
stabiliva la non applicabilità; o quelle disciplinate nel testo unico (diritti
di copia, ricomprendibili concettualmente tra i diritti di cancelleria,
residuati dopo la soppressione di diritti di cancelleria).
Il comma 1 originario ha così perduto il significato che aveva nel contesto in
cui interveniva all'epoca dell'emanazione, quando erano presenti
nell'ordinamento tutte le norme sulle voci di spesa richiamate.
Nel nuovo contesto del testo unico è necessario prevedere solo la non
applicabilità dell'imposta di bollo, disciplinata da norme esterne allo stesso.
In tal modo è rispettata la ratio originaria.
La formulazione originaria, inoltre, aveva creato dei problemi interpretativi
presso gli operatori che, in vista dell'entrata in vigore, avevano posto quesiti
al Ministero della giustizia.
Con l'obiettivo di risolverli, l'originaria previsione “relativi ai” è
stata sostituita con l'espressione “del” (comma 1). E' stata ripresa la
formula della norma impositiva – presente nel d.P.R. n. 642/1972 – più
chiara rispetto agli obiettivi della disposizione originaria che sono quelli di
escludere l'imposta di bollo in tutti gli atti e i provvedimenti del
procedimento giurisdizionale penale e di quello civile e amministrativo, per gli
ultimi dei quali è stato introdotto in sostituzione il contributo unificato.
Per la stessa ragione è stato previsto il comma 2, che delimita in negativo la
stessa categoria “del procedimento” ed ha mero valore ricognitivo.
Naturalmente dagli atti dei procedimenti sono escluse le domande e le istanze
(per esempio quelle per chiedere un certificato o per chiedere la liquidazione
della consulenza, se c'è la norma impositiva, mentre tra gli atti del
procedimento rientra la consulenza). Naturalmente dagli atti dei procedimenti
sono esclusi gli atti stragiudiziali compiuti da organi dell'autorità
giudiziaria (verbali di asseverazione stragiudiziale ecc.), per i quali si è
ripresa la formula della norma impositiva.
TITOLO II
SPESE DI SPEDIZIONE, DIRITTI E indennità DI TRASFERTA DEGLI UFFICIALI
GIUDIZIARI
Nel presente titolo sono individuate tutte le spettanze dovute agli ufficiali
giudiziari quando ad essi si ricorre - sulla base di norme sulle notifiche
estranee al testo unico - nel procedimento giurisdizionale. Nel termine di
“spettanze” sono ricompresse le somme dovute a vario titolo,
quali i diritti per la notifica degli atti a richiesta d'ufficio e delle parti,
le indennità di trasferta, i diritti di esecuzione, le spese di spedizione.
Per le spese postali, alternative all'indennità di trasferta, si è usata la
definizione generica “ spese di spedizione” per non precludere possibilità
future. Naturalmente, oggi, sono le spese postali. Queste, quando sono a carico
dell'erario sono versate direttamente alle Poste, se a carico dei privati,
invece, sono versate all'ufficiale giudiziario.
La prospettiva scelta è quella funzionale al testo unico: conseguentemente, non
ci sono le norme sul riparto tra gli ufficiali giudiziari, né quelle
sull'indennità integrativa.
Il termine “ufficiale giudiziario “ è usato in modo onnicomprensivo
prescindendo dalle qualifiche.
Capo I
Disposizioni generali
Articolo 19 (Spese di spedizione,
diritti e indennità di trasferta degli ufficiali giudiziari) (R)
E' una disposizione di raccordo che individua tutte le spettanze
degli ufficiali giudiziari.
Articolo 20 (Indennità di
trasferta) (L)
Il comma 1 indica quando è dovuta l'indennità di trasferta,
riformulando il dettato precedentemente contenuto negli artt. 142 e 133
dell'Ordinamento degli ufficiali giudiziari (d.P.R. 1229/1959). La norma si
riferisce sia alle notifiche nel processo penale che a quelle nel processo
civile. Infatti, l'articolo 142 richiama il 133 citato.
Le norme originarie recitavano: “a rimborso di ogni spesa” (art. 133); “a
titolo di rimborso spese” (art. 142). La formulazione dell'articolo in
commento: “che rimborsa ogni spesa” tiene conto dell'art. 48, comma 6, d.PR
n. 917/1986, come introdotto dall'art. 3, d. lgs n. 314/1997, che ha previsto la
tassazione di tale indennità nella misura del 50 per cento, risolvendo un lungo
contenzioso sulla natura retributiva e/o risarcitoria della stessa. La
definizione delle situazioni pregresse è stata poi risolta dall'art. 35, legge
n. 342/2000.
Oggi, quindi, l'indennità ha per metà natura retributiva e per metà natura
risarcitoria.
E' eliminato il termine “ritualmente”, e, conseguentemente, le
decurtazioni di cui al sopracitato art. 142, ultimo comma, perché mai applicate
nella prassi, stante la difficoltà di distinguere notificazioni rituali e
irrituali.
Si è precisato che rileva l'ufficio dell'ufficiale giudiziario perché spesso
questo non è ubicato nello stesso stabile dell'ufficio giudiziario.
Il comma 2 prevede che l'indennità di trasferta non è dovuta in caso di
spedizione dell'atto.
Il comma 3 prevede l'adeguamento stabile dell'indennità di trasferta attraverso
decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze, poiché, qualificandosi l'attività in questione
come meramente amministrativa, tale strumento risulta più idoneo rispetto al
decreto del ministro originariamente previsto.
Infatti, la possibilità dell'adeguamento -secondo la previsione originaria –
non si collega alla discrezionalità, ma all'accertamento delle variazioni da
parte dell'ISTAT. In tal senso è stata riformulata la previsione originaria,
qui e in altre parti del testo unico.
Articolo 21 (Calcolo delle distanze) (R)
La disposizione in commento stabilisce che nel calcolo delle distanze si
deve tener conto di quella più breve per raggiungere il luogo in cui l'atto
deve essere eseguito. Le tavole polimetriche per calcolare le distanze, a cui
faceva rinvio la norma originaria, non esistono più e gli uffici non ne
conservano neanche memoria. Oggi le distanze sono calcolate chiedendo
informazioni presso il Comune (che è l'ipotesi più ricorrente in quanto gli
ufficiali giudiziari compiono personalmente le notifiche all'interno del Comune,
mentre normalmente ricorrono alle Poste per le notifiche al di fuori di tale
ambito) ed, eccezionalmente, alle Ferrovie dello Stato s.p.a. e ad altre società
di servizio passeggeri per collegamento su strada nell'ambito regionale.
La norma in commento registra la prassi diffusa sul presupposto che presso il
Comune esistono tavole idonee al calcolo delle distanze e lascia aperta la
possibilità di ricorrere, quando occorre, ad altre tavole note, purchè fondate
su parametri obiettivi e comprovabili.
Articolo 22 (Equiparazioni alla notifica a richiesta d'ufficio) (R)
La norma in commento individua i casi in cui le notifiche sono equiparate a
quelle a richiesta d'ufficio, ai fini delle spettanze degli ufficiali
giudiziari, desumendoli dal sistema legislativo vigente per come è
concretamente vissuto nella prassi applicativa. Per quanto riguarda l'invito al
pagamento si rinvia al commento dell'articolo relativo nella parte riscossione.
Con riferimento alle notifiche chieste dalle amministrazioni pubbliche ammesse
alla prenotazione a debito è indubitabile che, al di là della lettera della
norma originaria (art. 143 D.P.R. n. 1229/59), l'Avvocatura anticipa solo le
spese di spedizione o l'importo delle trasferte e non i diritti, proprio come
nelle notifiche d'ufficio. In sostanza, è pacificamente vissuta
nell'ordinamento come notifica a richiesta d'ufficio quanto al tipo di spettanze
agli ufficiali giudiziari. Infatti, ai sensi dell'art. 6, L. n. 59/1979, sono
anticipate solo le indennità di trasferta o le spese di spedizione e non i
diritti.
Capo II
Notificazioni nel processo penale
Sezione I
Norme generali
Articolo 23 (Diritti) (L)
Stabilisce che per la notificazione degli atti è dovuto il diritto unico,
salvo quanto previsto per la notifica degli atti a richiesta dell'ufficio.
Articolo 24 (Indennità di trasferta) (L)
Prevede che per le notificazioni relative allo stesso procedimento, se i
luoghi in cui la notificazione deve essere eseguita distano tra loro meno di
cinquecento metri, spetta una sola indennità di trasferta.
Sezione II
Notificazioni a richiesta dell'ufficio
Articolo 25 (Importo dei diritti) (L)
L'art. 142, comma 3, del d.PR 1229/1959, non ha mai trovato applicazione. Il
decreto ministeriale con il quale si sarebbe dovuto individuare quanto, sul
recuperato (secondo la forfetizzazione prevista dall'art. 199 delle disposizioni
di attuazione al codice di procedura penale e attuata dal decreto ministeriale
n. 347/89) sarebbe dovuto spettare agli ufficiali giudiziari per diritti, non è
stato mai emanato.
Oggi lo Stato recupera un importo forfettario unitario per diritti e trasferte e
chiamata di causa (oltre le spese postali secondo il dm. n. 347/89); le
trasferte le ha già anticipate con il meccanismo dell'anticipazione postuma, le
spese postali le ha già versate alle Poste (conto di credito), i diritti li
restituisce con un meccanismo farraginoso, in mancanza del decreto previsto
dalla norme originaria.
Dalla somma totale recuperata ex decreto ministeriale n. 347/89 si
sottrae l'importo anticipato per trasferte con il meccanismo dell'anticipazione
postuma (dall'importo forfettizzato per tipo di procedimento, la somma delle
anticipazioni postume di tutte le notifiche effettivamente effettuate); il
risultato, se positivo, viene versato agli ufficiali giudiziari ex art. 138
d.P.R. 1229/1959, insieme alle altre spettanze prenotate a debito. Per
consentire il versamento finale da parte dell'ufficio del registro, l'ufficio
giudiziario faceva emergere la distinzione nei versamenti all'ufficio del
registro. Con la conseguenza che i versamenti delle spettanze agli
ufficiali giudiziari, ai sensi dell'art. 138 d.P.R. 1229/1959, non riguardavano
solo gli importi prenotati a debito (a cui avevano diritto se recuperati), ma
anche questi diritti, a cui allo stesso modo avevano diritto solo se recuperati.
La norma in commento si collega all'art. 204, secondo cui lo stesso decreto
ministeriale che forfettizza tutte le spese per notifiche individua la quota
spettante per diritti sul riscosso come già previsto dall'art.199 att. c.p.p.
Articolo 26 (Indennità di trasferta e spese di spedizione) (L)
Gli importi riportati sono stati aumentati dall' art. 1, co. 2, d. P.R. n.
601/1996, sulla base dell'art. 133 d.P.R. 1229/1959, come sostituito dall'art.
1, legge n. 407/1984, che prevede un meccanismo di adeguamento stabile. Gli
importi sono stati bloccati da leggi finanziarie successive (sino alla legge n.
488/99 per l'anno 2000).
L'art. 142, comma 5, originario, prevedeva la destinazione delle trasferte, se
recuperate, dall'ufficio del registro in conto di eventuali entrate del Tesoro,
previa trasmissione dall'ufficio giudiziario che procedeva al recupero,
all'ufficio del registro. Oggi la disciplina della riscossione, affidata ai
concessionari, regolamenta il versamento del recuperato.
Sezione III
Notificazioni a richiesta delle parti
Articolo 27 (Notificazioni a richiesta delle parti) (L)
Il comma 1 individua che cosa le parti devono anticipare agli ufficiali
giudiziari.
Il comma 2, riproducendo le norme originarie, per la determinazione del diritto
unico e dell'indennità di trasferta rinvia alle disposizioni del testo unico
relative alle notificazioni a richiesta di parte nel processo civile.
Capo III
Notificazioni nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario
Sezione I
Norme generali
Naturalmente, le norme che seguono si applicano agli altri processi nella misura in cui per le notificazioni si ricorre agli ufficiali giudiziari sulla base di norme di legge. Dalla ricognizione normativa emerge che - seppure esistono casi in cui sono previsti altri sistemi di notificazione - in linea generale è possibile, e a volte obbligatorio, ricorrere agli ufficiali giudiziari.
Articolo 28 (Contestualità di trasferte) (L)
Disciplina l'indennità di trasferta nell'ipotesi di contestualità di
trasferte.
Articolo 29 (Diritti) (L)
Prevede che per la notificazione è dovuto un diritto unico, con l'eccezione
delle notificazioni a richiesta d'ufficio.
Sezione II
Notificazioni a richiesta dell'ufficio
Articolo 30 (Anticipazioni forfettarie dai privati all'erario nel processo
civile) (L)
Stabilisce che le spettanze degli ufficiali giudiziari relative alle
notificazioni a richiesta dell'ufficio sono a carico delle parti, mediante
anticipazione all'erario, nella misura indicata nell'allegata tabella, che
risulta dalla riformulazione dell'allegato 2 della legge n. 59 del 1979, sulla
base delle innovazioni introdotte nella materia dall'articolo 9 della legge n.
488 del 1999.
Per le notificazioni a richiesta d'ufficio la legge prevede anticipazioni
forfettarie dai privati all'erario per tutte le voci (diritti, indennità, spese
di spedizione). L'erario, invece, verserà agli ufficiali giudiziari l'importo
pieno (artt. 31 e 35) per trasferte, o verserà direttamente alle Poste
l'importo per spese di spedizione, mentre non verserà nulla per i diritti,
secondo l'originario articolo 6, comma 1, l. n. 59/1979.
La previsione legislativa originaria per le anticipazioni forfettarie è
relativa al solo processo civile. Trattandosi di prestazione patrimoniale
imposta, non può essere estesa al processo amministrativo, come suggerisce il
Consiglio di Stato.
Opera l'esenzione prevista dall'articolo unico della legge n. 319/1958, come
sostituito dall'articolo 10, legge n. 533/1973 per i procedimenti in materia di
lavoro, previdenza e assistenza e per quelli relativi all'azione di risarcimento
del danno cagionato nell'esercizio delle funzioni giudiziarie per i quali
l'articolo citato è applicabile perché espressamente richiamato (art. 15, l.
n. 117/1988).
La norma in commento disciplina, inoltre, una ipotesi particolare: il raddoppio
dell'importo in caso di mancato invio delle marche nell'impugnazione presentata
a mezzo posta. Qui tale previsione è stata raccordata con la nuova disciplina
sulla riscossione perché la norma originaria rinviava alla vecchia normativa
sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato. Nonostante l'esiguità
dell'importo (raddoppiato non raggiunge euro 5,16) con la conseguenza che è
estinto legalmente sulla base delle norme transitorie, si è riportata la
fattispecie per l'ipotesi che il legislatore aumenti l'importo.
Articolo 31 (Indennità di trasferta e spese di spedizione) (L)
Disciplina le spettanze degli ufficiali giudiziari: non spettano i diritti,
pur compresi nel deposito forfetario della parte, ma non corrisposti agli
ufficiali giudiziari, come risulta dall'art. 6 della legge n. 59/1979, nè le
spese postali che sono pagate dall'erario alle Poste, ma solo l'indennità di
trasferta di importo pari a quello previsto per le notificazioni a richiesta di
parte.
Sezione III
Notificazioni a richiesta delle parti
Articolo 32 (Notificazioni a richiesta delle parti) (L)
Stabilisce che le spese di spedizione, i diritti e le indennità di
trasferta, relative a notificazioni di atti a richiesta delle parti, debbono da
queste essere anticipate agli ufficiali giudiziari.
Per effetto dell'esenzione prevista dall'articolo unico della l. n. 319/1958,
come sostituito dall'articolo 10, l. n. 533/1973, le stesse spese sono a carico
dell'erario nei procedimenti in materia di controversie di lavoro, di assistenza
e previdenza e in quelli relativi all'azione di risarcimento del danno cagionato
nell'esercizio delle funzioni giudiziarie. Per questi ultimi, l'art. 10 citato
è richiamato dall'articolo 15, l. n. 117/1988.
Articolo 33 (Trasferte per la notifica e l'esecuzione di atti a richiesta
di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato) (L)
Rispetto alla formulazione di cui all'art. 143 del d.P.R. 1229/1959, si
prescinde dal riferimento agli atti a richiesta del pubblico ministero per le
spettanze degli ufficiali giudiziari, perché l'ipotesi coincide con una forma
particolare di patrocinio a spese dello Stato (interdizione a richiesta del P.M.).
Inoltre, dalla verifica fatta con gli uffici giudiziari, non risultano atti
gratuiti, previsti dalla norma originaria.
La norma in commento si basa sul modo in cui la norma originaria è
concretamente sempre vissuta nell'ordinamento, confortata dall'interpretazione
risultante da circolari e note del Ministero della giustizia e dall'analisi dei
registri, tanto che si può considerare diritto vivente. Di conseguenza se, in
accoglimento del suggerimento del Consiglio di Stato, si escludesse il
meccanismo dell'assorbimento dalla ricostruzione della normativa effettuata con
il testo unico, si apporterebbe un'innovazione di carattere sostanziale nelle
spettanze degli ufficiali giudiziari.
Il precetto previsto nei commi 1 e 2 è l'unico effettivamente operante perché
in concreto gli ufficiali giudiziari procedono contemporaneamente ad atti a
richiesta di parte a pagamento e a richiesta di parte ammessa al patrocinio a
spese dello Stato. Il meccanismo dell'assorbimento non opera in caso di
contestualità di atti a richiesta di parte privata a pagamento e atti a
richiesta d'ufficio, in caso di contestualità di atti a richiesta di
parte privata a pagamento e atti a richiesta dell'Amministrazione, e nel penale.
Nei commi 3 e 4 è riportata la disciplina risultante dalle norme
originarie (art. 143, comma 1, e 135, comma 2, del d.P.R. 1229/1959) riferita
anche agli atti di esecuzione.
Articolo 34 (Importo dei diritti) (L)
Stabilisce in che misura è dovuto il diritto, riproducendo il precetto
della norma originaria, tenendo conto delle successive modifiche.
Articolo 35 (Importo indennità di trasferta (L)
Prevede gli importi dell'indennità di trasferta, riproducendo il precetto
della norma originaria, tenuto conto delle successive modifiche che li hanno
aumentati. L'ultimo aumento è stato disposto dal d.P.R. 17 ottobre 1996, n.
601, poi sono stati bloccati dalle leggi finanziarie successive (sino alla legge
n. 488/1999 per il 2000).
Articolo 36 (Maggiorazioni per l'urgenza) (L)
Tale disposizione disciplina i casi in cui può essere chiesto il compimento
degli atti con urgenza, precisando quando l'atto sia da considerarsi urgente, e
la conseguente maggiorazione delle spettanze. Essa riprende i precetti della
norma originaria, esplicitandoli con chiarezza ed eliminando solo la disciplina
di dettaglio sulle modalità della richiesta. L'espressione originaria “per
espressa disposizione di legge e per volontà delle parti” può essere
interpretata soltanto, e la prassi lo conferma, nel senso disgiuntivo.
Capo IV
Atti di esecuzione nel processo civile
Articolo 37 (Diritto di esecuzione) (L)
Individua i diritti dovuti per le esecuzioni mobiliari ed immobiliari, nonché
per tutti gli atti che comportino la redazione di verbali, riproducendo la norma
originaria.
Articolo 38 (Indennità di trasferta per gli atti di esecuzione) (L)
Stabilisce che per gli atti di esecuzione l'importo dell'indennità di
trasferta è dovuto in misura doppia rispetto a quello dovuto per le
notificazioni civili a richiesta di parte, riproducendo la norma originaria.
TITOLO III
SPESE DI SPEDIZIONE
Articolo 39 (Spese di spedizione) (R)
Oggi le comunicazioni e notificazioni di atti sono effettuate con il
servizio postale e per il tramite degli ufficiali giudiziari (art. 149 c.p.c.).
La trasmissione di documenti avviene sempre per mezzo del servizio postale.
Per la prima ipotesi, quando le comunicazioni o notificazioni sono a richiesta
di parte, l'importo della spesa è anticipato agli ufficiali giudiziari che di
volta in volta versano alle poste. Quando sono a richiesta di ufficio e di parte
ammessa al patrocinio a spese dello Stato, essendo a carico dell'erario, gli
importi, che sono quelli delle tariffe ordinarie, sono versati mensilmente
all'ufficio postale – sulla base di accordi intervenuti agli inizi degli anni
novanta con l'allora Ente Poste e recepiti in circolare – tramite ordini di
pagamento del cancelliere su richiesta dell'ufficiale giudiziario (nel testo
unico, nella parte sulle norme transitorie in materia di pagamento la procedura
è stata innovata attribuendo la competenza degli ordini di pagamento agli
ufficiali giudiziari).
Per la trasmissione di documenti oggi si fa ricorso al servizio postale e il
relativo onere fa capo alle spese di ufficio.
La norma in commento prevede lo strumento della convenzione per perseguire la
riduzione dei costi e perché, anche attraverso la forfetizzazione, si possono
raggiungere accordi che evitino di aggravare l'attività degli uffici con il
calcolo atto per atto.
E' volutamente generica sui soggetti con cui le convenzioni possono essere
stipulate per consentire il massimo della scelta- nell'ambito della compatibilità
con altre norme di legge – tra quelli che operano nell'ordinamento. Oggi, per
esempio, per le comunicazioni e notificazioni di atti, il servizio postale è
una scelta obbligata ai sensi dell'articolo 149 c.p.c.. Comunque, la scelta è
ancorata alla vigente normativa sull'evidenza pubblica. Poiché si tratta di
convenzioni quadro, che non comportano impegni di spesa, si è rimessa
l'approvazione ai Ministeri della giustizia e dell'economia, per tutti i tipi di
processi, non accogliendo il suggerimento del Consiglio di Stato e della Corte
dei conti di approvazioni differenziate per le giurisdizioni speciali.
La norma in commento estende la possibilità di convenzioni anche alla
trasmissione di documenti, che propriamente non rientrano nel sistema spese di
giustizia, per perseguire esigenze di uniformità.
TITOLO IV
DIRITTO DI COPIA E DIRITTO DI CERTIFICATO
Articolo 40 (Determinazione di nuovi supporti e degli importi) (L)
Rimette ad uno strumento regolamentare la disciplina del diritto di copia e
di certificato e l'individuazione degli importi, ancorando questi ultimi ai
costi del servizio e ai costi per l'incasso.
Si tratta di materia in cui è indispensabile introdurre uno strumento elastico
per consentire il rapido adeguamento della disciplina alle innovazioni
tecnologiche in materia di mezzi di riproduzione e ai mutamenti, anche in
collegamento con le innovazioni tecnologiche, dei costi.
Sino ad ora tutto trovava disciplina nella legge (v. Parte norme transitorie) e
ad essa si è dovuto ricorrere ogni qualvolta un nuovo mezzo di riproduzione si
è affermato tra le modalità tecniche. Da ultimo è stato necessario ricorrere
alla legge per il CD-Rom. Presto potrebbe porsi il problema per il DVD.
La scelta del regolamento ai sensi dell'art. 17, comma 2, legge n. 400/1988,
consente di innovare procedendo alla abrogazione delle norme di leggi
preesistenti.
Non costituisce ostacolo la presenza di una riserva relativa di legge con
riferimento agli importi, posto che la legge attributiva della potestà
regolamentare individua con precisione i parametri cui ancorare il mutamento
degli importi.
La legge originaria prevede solo un meccanismo di adeguamento degli importi
(art. 3 bis, legge n. 525/1996, aggiunto dal comma 70, art. 145, legge n.
388/2000, che rimette il generico adeguamento a decreto ministeriale),
evidentemente inadeguato. Sembra, invece, funzionale al raggiungimento
dell'obiettivo l'ancoraggio ai costi del servizio (già previsto, nel contesto
di un diverso sistema per il processo tributario, dall'art. 25, comma 2, d. lgs.
542/92).
Nell'ambito del riordino normativo si è generalizzato questo criterio, in
quanto esso appare uno strumento elastico tale da consentire di calibrare gli
importi ai costi del servizio reso. Poiché nel rapporto costi-benefici non
incidono poco i costi sopportati dallo Stato per incassare tali diritti è stata
inserita anche questa voce.
TITOLO V
TRASFERTE PER IL COMPIMENTO DI ATTI FUORI DALLA SEDE IN CUI SI SVOLGE IL
PROCESSO PENALE E CIVILE
Il presente titolo è riferito solo ai magistrati ordinari perché in tal senso dispongono inequivocabilmente le norme originarie e qualunque estensione comporterebbe un aumento di spesa.
Articolo 41 (Trasferte di magistrati professionali e onorari) (L)
Con l'espressione “magistrati” ci si riferisce naturalmente ai giudici e
ai pubblici ministeri comprendendo tutte le nuove figure: giudici di pace,
giudici onorari aggregati, giudici onorari di tribunale, procuratori onorari;
magistrati professionali di Corte di assise.
Non sono stati compresi i giudici popolari e gli esperti componenti dei collegi.
Infatti, ai giudici popolari e agli esperti nei collegi, insieme al
“compenso”, spettano spese e indennità (variamente individuate) in caso di
servizio prestato fuori dalla residenza; queste sono attribuite anche se lo
spostamento è fra il luogo del processo e il luogo del singolo atto processuale
e non solo in caso di svolgimento del processo fuori dalla residenza (vedi
Titolo XI di questa parte).
In generale, le norme che disciplinano la missione dei dipendenti statali, alle
quali si rinvia in modo elastico, sono oggi costituite dalla legge n. 836/1973,
dal d.P.R. n. 513/1978 e dalla legge n. 417/1978, che individuano l'importo
delle suddette spese e sono suscettibili di modificazioni, anche contrattuali:
per tale motivo si preferisce il rinvio elastico.
Articolo 42 (Trasferte di magistrati professionali di corte di assise) (L)
La vecchia disciplina contenuta nel regio decreto 2701/1865 e nel regio
decreto 1043/1923, che prevedeva sempre le trasferte (non ripetibili) per i
magistrati di corte di assise è incompatibile con la trasformazione delle corti
di assise da vaganti a fisse operata con la riforma del 1951.
Oggi opera nei soli casi residuali (ex art. 7, legge n. 287/1951) in cui
l'intero dibattimento è tenuto in luogo diverso da quello di normale
convocazione della corte, trattandosi di un'ipotesi in cui ritorna la vecchia
logica della corte itinerante (vedi anche elenco delle spese ripetibili e non
ripetibili).
Articolo 43 (Trasferte di appartenenti all'ufficio, di ufficiali ed agenti
di polizia giudiziaria) (L)
La norma in commento riprende le norme originarie, attualizzando il
riferimento alle figure professionali. La precisazione relativa ad ufficiali ed
agenti di polizia giudiziaria si fonda sulla circolare del Ministero della
giustizia n. 2/1998, che ha integrato la circolare dello stesso Dicastero n.
18/1996, dove si fa espresso riferimento alla delega da parte del magistrato,
che può scegliere tra ufficiale ed agente o delegare entrambi e che, in ogni
caso, li deve individuare nella delega.
Articolo 44 (Trasferte degli ufficiali giudiziari) (L)
La norma prevede che all'ufficiale giudiziario che accompagna il magistrato
o l'appartenente all'ufficio per l'assistenza ad atti spetta, oltre all'indennità
di missione e alle spese di viaggio, un diritto il cui importo è parametrato al
tempo impiegato nella redazione degli atti cui assiste.
La disposizione scioglie il rinvio all'art. 32 dello stesso D.P.R. 1229/59,
contenuto nella norma originaria.
TITOLO VI
TESTIMONI NEL PROCESSO PENALE, CIVILE, AMMINISTRATIVO E CONTABILE
I precetti contenuti in tale titolo risultano da una riformulazione di quelli già fissati dal Regio decreto 3 maggio 1923, n. 1043, come modificato ed integrato dalla legge 13 luglio 1965, n. 836. Con le norme contenute in tale titolo si opera il necessario raccordo con le normative collegate sopravvenute.
Articolo 45 (Indennità per testimoni residenti) (L)
Determina la misura delle indennità spettanti ai testimoni residenti, nel
luogo in cui sono esaminati ovvero in un Comune ad una distanza non maggiore di
due chilometri e mezzo.
Articolo 46 (Spese di viaggio e indennità per testimoni non residenti)
(L)
Nello stabilire il quantum del rimborso delle spese di viaggio
spettante ai testimoni non residenti nel caso di utilizzo del mezzo aereo
tiene conto di quanto già avviene nella prassi sulla base della legge 18
dicembre 1973, n. 836 (relativa al trattamento di missione spettante ai
dipendenti civili dello Stato, che consente, se autorizzato, l'uso del mezzo
aereo) applicata per analogia (circ. Min. Giust. AA.CC.IV, n. 4/1767/40.5 del 6
giugno 1976).
Dalla norma originaria è stata espunta la disciplina che prevedeva un'indennità
chilometrica, pari a lire 20 (euro 0,01) a chilometro, per l'ipotesi residuale
di mancanza di servizi di linea, che non trova mai applicazione anche a causa
dell'importo. Per non lasciare del tutto priva di disciplina la fattispecie, e
nell'impossibilità di aumentare l'indennità chilometrica, è stata estesa la
regola generale ancorandola alla località più vicina coperta dal servizio di
linea.
Il comma 3 individua l'indennità spettante ai testimoni non residenti con
riferimento al tempo impiegato per il viaggio ed, eventualmente, al tempo di
soggiorno nel luogo in cui sono esaminati.
Articolo 47 (Testimoni minori e accompagnatori di testimoni minori o
invalidi) (L)
Dopo aver previsto che al testimone minore degli anni quattordici non spetta
alcuna indennità, attribuisce agli accompagnatori - che non siano essi stessi
testimoni - di testimoni minori di anni quattordici e di invalidi gravi, ai
sensi dell'art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, il diritto alle indennità
e rimborso spese che spettano ai testimoni ex artt. 45 e 46 sopra
descritti.
La norma originaria richiama solo le norme sul rimborso spese e sulle indennità
per testimoni non residenti; ma ciò appare frutto di un difetto di
coordinamento in quanto non si comprende il perché chi accompagna, pur nella
stessa residenza, non debba avere diritto all'indennità dell'art.44.
Naturalmente, dato l'importo attuale, la questione rileva solo sotto il profili
della coerenza del sistema e non in pratica.
L'art. 4 del R.D. n. 1043/1923 limita l'accompagno alle forme gravi di invalidità.
La nuova disciplina sull'handicap (legge n. 104/1992 e successive modificazioni)
prevede il diritto di accompagno per gli invalidi gravi, con conseguente
rilascio di un tesserino e di apposita certificazione con l'indicazione
dell'accompagnatore. Tale certificazione può essere usata a molteplici fini.
Articolo 48 (Testimoni dipendenti pubblici) (L)
Sulla base della norma originaria, la norma in commento attribuisce ai
dipendenti pubblici, che siano testimoni per motivi inerenti al proprio
servizio, il rimborso spese e le indennità spettanti ai testi. Coordina questa
disciplina con quella generale in tema di missione di dipendenti pubblici, che
attribuisce l'indennità di missione a chi si sposta per ragioni di servizio,
limitandola all'integrazione, corrisposta dall'amministrazione di appartenenza,
fino a concorrenza dell'ordinario trattamento di missione.
Per un certo periodo, invece, gli ufficiali di P.G. chiedevano solo l'attestato
di presenza e di non aver ricevuto le indennità specifiche e percepivano
l'intero trattamento di missione dall'amministrazione di appartenenza.
Più di recente, invece, la tendenza si è invertita sulla base di indicazioni
ricevute dalle amministrazioni di appartenenza e le due discipline vivono nella
prassi integrandosi, così come recepito nel testo unico. D'altra parte,
dall'art. 5, r.d. n.1043/1923 non scaturisce alcuna preclusione; infatti, il
comma 1, nel prevedere “non è dovuta alcuna indennità” non si riferisce
all'attività di testimone, ma, riferendola alla “guardia campestre”
all'attività ordinaria di polizia giudiziaria, consistente nella trasmissione
di verbali o nella traduzione di detenuti. Per tale motivo ci si è discostati
dal parere del consiglio di Stato.
TITOLO VII
AUSILIARI DEL MAGISTRATO NEL PROCESSO PENALE, CIVILE, AMMINISTRATIVO E
TRIBUTARIO
Nel Titolo VII sono disciplinate le spettanze degli ausiliari del magistrato per le operazioni eseguite su richiesta dell'autorità giudiziaria, sulla base dei precetti risultanti dalla legge 8 luglio 1980, n. 319.
Articolo 49 (Elenco delle spettanze) (L)
Individua le spettanze degli ausiliari del magistrato ed elenca la tipologia
degli onorari.
Articolo 50 (Misura degli onorari) (L)
Rispetto alla formulazione contenuta nella legge n. 319 del 1980, opera due
innovazioni: una tiene conto delle norme sopravvenute in materia di fonti;
l'altra estende le tabelle agli onorari a tempo, essendo venuta meno la ragione
originaria di differenziazione.
La norma originaria prevedeva l'approvazione delle tabelle con d.P.R., su
proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro.
L'innovazione tiene conto delle norme sopravvenute in materia di fonti: la legge
12 gennaio 1991, n. 13, sugli atti da adottarsi nella forma del decreto del
Presidente della Repubblica, e la legge n. 400/1988. Si prevede, pertanto, un
regolamento ministeriale, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, legge n. 400 del
1988, data la natura regolamentare dell'atto richiesto per l'approvazione delle
tabelle.
Per gli onorari a tempo la legge originaria prevedeva il sistema delle
vacazioni.
L'estensione della procedura delle tabelle agli onorari a tempo persegue il fine
di una maggiore elasticità del sistema.
Non c'è ostacolo all'uniformazione del metodo, nell'ambito del riordino; anzi,
gli adattamenti e le forzature nella prassi consigliano un regolamento centrale
elastico che li individui sulla base delle tariffe professionali esistenti.
Oggi, d'altra parte, è venuta meno la ratio dell'ottica originaria del
legislatore.
La previsione di un meccanismo residuale a tempo si fondava sull'ipotesi che vi
fossero materie in cui non era possibile prevedere tabelle basate su tariffe
professionali, mancando tariffe professionali e avendo in mente le tariffe
professionali “pubblicistiche”.
Invece, allo stato, è ipotizzabile la conoscibilità di tariffe per tutte le
materie che, pur senza la veste pubblicistica, siano attendibili e utilizzate a
più fini. In ogni caso l'individuazione e la finalizzazione all'incarico
pubblico è garantita dalla mediazione a livello centrale con il regolamento
ministeriale.
Inoltre, il dettaglio della norma originaria e il richiamo specifico alla
responsabilità del magistrato si spiegano con il fatto che per questo tipo di
compenso era determinato dalla legge solo l'importo della vacazione, senza
alcuna preventiva individuazione della materia, mentre per le altre tipologie di
onorari operavano le tabelle. In realtà la responsabilità vale per tutte le
ipotesi, secondo le regole generali, e sarebbe equivoco lasciare la previsione
solo in questa sede.
(v. Parte VI Pagamento, responsabilità dei magistrati e dei funzionari)
Articolo 51 (Determinazione degli onorari variabili e aumento di quelli
fissi e variabili) (L)
Dispone che nella quantificazione degli onorari variabili si debba tener
conto della difficoltà, della completezza e del pregio della prestazione ed,
inoltre, fissa la misura dell'aumento per quelli fissi e variabili, in caso di
urgenza. Per quelli a tempo, invece, vale la previsione dell'articolo 50, c. 3.
Articolo 52 (Aumento e riduzione degli onorari) (L)
Prevede che gli onorari possono essere aumentati sino al doppio nel caso di
prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà e che
possono essere ridotti se la prestazione non è completata nei termini fissati.
Rispetto all'articolo 8 della legge n. 319/80, non è stato riportato l'inciso
“sono in ogni caso applicabili le sanzioni previste nel codice di procedura
penale e nel codice di procedura civile”, perché ritenuto inutile, essendo
comunque applicabili.
Articolo 53 (Incarichi collegiali) (L)
Disciplina la determinazione del compenso nell'ipotesi di incarichi
attribuiti ad un collegio di ausiliari.
Articolo 54 (Adeguamento periodico degli onorari) (L)
Prevede che all'adeguamento periodico degli onorari si provveda con decreto
dirigenziale del Ministero della giustizia di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze. La norma originaria prevedeva un d.P.R. Il nuovo
strumento è invece in linea con le innovazioni del sistema delle fonti e con il
principio della separazione politica-amministrazione.
Per effetto della legge n.13/1991, relativamente agli atti emanati dal
Presidente della Repubblica, lo strumento può essere solo un decreto
ministeriale: la norma originaria, infatti, è stata già attuata con tale
strumento in data 5.12.1997 per le vacazioni.
Peraltro, oggi, la separazione politica-amministrazione consente e impone un
decreto dirigenziale per gli adeguamenti ISTAT, atteso che la possibilità
dell'adeguamento non si ricollega alla discrezionalità, ma all'accertamento
delle variazioni da parte dell'ISTAT (la stessa scelta è stata operata in altre
parti del testo unico, vedi relazione sub art.20).
Articolo 55 (Indennità e spese di viaggio) (L)
In materia di indennità e spese di viaggio la norma opera un rinvio alla
normativa applicabile ai dipendenti pubblici, con gli adattamenti dovuti
all'esigenza di raccordo con la riforma della dirigenza pubblica.
Il rinvio nella norma originaria al dirigente superiore e al primo dirigente è
stato adeguato alla riforma del sistema dirigenziale (v. d.lgs. n. 29/1993 e
successive modificazioni). Infatti, la precedente tripartizione della dirigenza
(dirigente generale, dirigente superiore, primo dirigente) è ora sostituita da
una bipartizione (dirigente generale e dirigente); la categoria del dirigente
superiore, non trovando più corrispondenza è divenuta un ruolo ad
esaurimento.
L'ausiliario del giudice è stato equiparato al dirigente di seconda fascia,
indipendentemente dal titolo di laurea, perché all'interno della seconda fascia
le differenziazioni economiche sono ora collegate solo al tipo di incarico e al
tipo di amministrazione. Per tale motivo non si è accolto il suggerimento del
Consiglio di Stato di mantenere la distinzione tra l'incaricato laureato e non
laureato.
L'espressione “servizi di linea” è stata utilizzata per uniformità con la
disciplina dei testimoni.
Articolo 56 (Spese per l'adempimento dell'incarico) (L)
Indica le modalità e i criteri per il rimborso delle spese sostenute per
l'adempimento degli incarichi.
Per i collaboratori è stato eliminato il rinvio agli usi locali perché,
sulla base dell'impostazione data agli onorari nel testo unico, tutti i compensi
sono ricavabili dalle tabelle.
Articolo 57 (Equiparazione del commissario ad acta agli ausiliari del
magistrato) (R)
L'equiparazione prevista dalla norma in commento registra la prassi diffusa
di fare ricorso sostanzialmente alle tabelle previste per gli ausiliari del
magistrato, quando si liquidano le spettanze del commissario ad acta.
Tale prassi si è consolidata in mancanza di disciplina espressa, ma in
conformità ai principi dell'ordinamento, e per tale motivo è recepita nel
testo unico nell'ambito del riordino operato nella materia.
L'equiparazione, naturalmente, è limitata ai fini utili per il testo unico, e,
pertanto, non incide sulla controversia relativa alla qualificazione giuridica
del commissario ad acta.
TITOLO VIII
IINDENNITA' DI CUSTODIA NEL PROCESSO PENALE, CIVILE, AMMINISTRATIVO, CONTABILE E
TRIBUTARIO
Articolo 58 (Indennità di custodia) (L)
La norma riformula più articoli del R.D. n. 2701/1865, e per la
determinazione dell'importo, tiene conto dell'articolo 5, legge n. 836/1965,
come risultante dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 230 del 1989.
La disciplina è riferita anche al sequestro negli altri processi, in ordine ai
quali non vi sono norme ad hoc che regolano gli importi, la domanda, ecc.
Nel processo civile, estensibile agli altri processi sulla base di rinvii
esistenti nell'ordinamento, il diritto al compenso è solo un'ipotesi residuale,
sia per il sequestro giudiziario che per quello conservativo (art. 317, comma 3,
c.p.p., 676, 678-679-522-543-546-559 c.p.c.). Di regola sono nominati custodi i
soggetti titolari di un diritto sul bene. Inoltre, se si tratta di custode
terzo, il compenso è corrisposto solo a richiesta.
Naturalmente, “custode” è quello privato, perchè non c'è compenso
se i beni sono custoditi presso la cancelleria.
Oltre che attraverso le tariffe risultanti dalle tabelle (vedi articolo
successivo), l'indennità può essere determinata secondo gli usi locali. E'
un'ipotesi che opererà in via residuale, se qualche ipotesi di custodia non
risulterà dalle tabelle, e consente elasticità.
L'orientamento della cassazione, prevalente da ultimo, è quello di considerare
unitariamente custodia e conservazione, costituendo la seconda un aspetto della
prima. In alcuni casi la cassazione ha riconosciuto il diritto al rimborso di
spese, documentate, necessarie per la conservazione, quando si tratta di beni
che necessitino di conservazione specifica (in tal caso la conservazione
acquista una valenza autonoma). Si tratta, evidentemente, di spese che non si
inseriscono nell'ordinaria gestione d'impresa per la custodia e conservazione;
si pensi, ad esempio, al consumo di acqua ed energia necessarie per la
conservazione di un vivaio sequestrato.
Invece, nell'ottica originaria del r.d. 2701/1865, c'era sicuramente la
distinzione tra custodia e spese di conservazione. Nel testo si è scelto di
prendere atto della giurisprudenza in tema di custodia e conservazione, che
costituisce oramai diritto vivente.
Non è stato sviluppato il tema relativo a chi può essere nominato
custode. Esiste una disciplina collegata ed autonoma: gli articoli 259 e 120
c.p.p.; i magistrati e la polizia giudiziaria (che nomina i custodi a norma
dell'art. 81 comma 3, disp. attuaz.) utilizzano nella prassi gli elenchi dei
depositari per i sequestri amministrativi.
Non è ipotizzabile la formalizzazione della prassi perché si trasformerebbero
gli elenchi in albi, a danno della discrezionalità del giudice. Inoltre la
materia è estranea al testo unico.
Articolo 59 (Tabelle delle tariffe vigenti) (L)
Tale disposizione disciplina il quantum del compenso.
La Corte costituzionale, nella motivazione della pronuncia n. 230 del 1989,
ritiene ontologicamente identica l'attività del custode per il sequestro
disposto dall'autorità giudiziaria (nella fattispecie, penale) e per il
sequestro disposto dall'autorità amministrativa, escludendo un diverso regime.
All'epoca di quella pronuncia vi era, per il penale, l'indennità
giornaliera individuata nella legge, lontanissima dalle tariffe per i sequestri
amministrativi. Oggi, dopo l'intervento della Consulta che fonda il compenso
sulle tariffe vigenti, la conformità alla Costituzione è assicurata ancorando
le tabelle alle tariffe vigenti che sono anche quelle esistenti per i sequestri
amministrativi.
Dopo la sentenza della Corte costituzionale le prassi sono state varie.
Fermo restando il ricorso agli usi nel caso in cui non esistono tariffe
ufficiali, le tariffe ufficiali esistenti sono quelle della prefettura a fini
amministrativi: alcuni giudici le applicano integralmente, altri – anche sulla
base di “direttive” dei capi degli uffici - utilizzano quelle del 1994 con
rivalutazione, altri fanno riferimento all'equità e le riducono.
Alla base dei diversi orientamenti dei giudici vi è l'esigenza di ridurre le
tariffe amministrative dati i tempi lunghissimi dei sequestri penali.
La cassazione, anche di recente, ha legittimato la riduzione con ricorso
all'equità anche quando riferita alle tariffe vigenti e non solo agli usi.
La norma in commento prevede il ricorso ad un regolamento, d.m. ex
art. 17, comma 3, legge n. 400/88, analogo a quello previsto per il compenso
agli ausiliari del magistrato. Nella redazione delle tabelle mediante
regolamento, oltre alle tariffe esistenti per i sequestri amministrativi
potrebbero entrare in gioco quelle presso le camere di commercio ecc.
Nell'ambito del riordino della materia e sulla base della verifica
dell'esistenza di problemi applicativi è stato esteso uno strumento già
previsto dal legislatore per materia analoga.
Il comma 3 tiene conto di un'esigenza emersa nella prassi: l'opportunità di
verifica dello stato del bene al fine di incidere sulla riduzione dell'indennità.
Demandando al regolamento la determinazione delle percentuali di riduzione
dell'indennità, si persegue un obiettivo di uniformità.
TITOLO IX
PUBBLICAZIONE DEI PROVVEDIMENTI DEL MAGISTRATO NEL PROCESSO PENALE E CIVILE
Articolo 60 (Convenzioni per le spese di pubblicazione dei provvedimenti
del magistrato nel processo penale e civile) (R)
Nell'ambito penalistico le spese di pubblicazione sono sempre anticipate
dallo Stato, salvo casi eccezionali (v. art. 4); nel processo civile sono
anticipate dallo Stato solo se il privato ammesso al patrocinio a spese
dello Stato è stato condannato al pagamento delle spese di pubblicazione (nel
caso dell'articolo 120 c.p.c. e artt. 7, 314 e 2600 c.c.).
Oggi per la determinazione dell'importo si tiene conto dei prezzi previsti dai
giornali, dai Comuni, dalla Gazzetta ufficiale.
E' emersa l'esigenza di convenzioni, anche per ottenere condizioni di favore. A
questa esigenza risponde la norma in commento. La formulazione è volutamente
generica e per le modalità di pubblicazione, perché non si vogliono precludere
possibilità che possono aprirsi con i nuovi strumenti di telecomunicazione, e
per i possibili soggetti con cui stipulare convenzioni, per consentire il
massimo della scelta a seconda dei soggetti che via via operano
nell'ordinamento. In generale, si rinvia al commento dell'articolo 39.
La norma è riferita solo al processo penale e civile perché, allo stato della
legislazione, l'obbligo di pubblicazione è stato rinvenuto solo per questi
procedimenti.
TITOLO X
DEMOLIZIONE DI OPERE ABUSIVE E RIDUZIONE IN PRISTINO DEI LUOGHI NEL PROCESSO
PENALE E AMMINISTRATIVO
Il titolo in commento esplicita con norme regolamentari i principi presenti
nell'ordinamento, sulla base dei quali si è formato un diritto vivente guidato
dal giudice di legittimità, e raccorda la materia con l'art. 2, comma 56, legge
n. 662/1992.
La disciplina è idonea anche per la fattispecie analoga nel processo
amministrativo.
Articolo 61 (Esecuzione di sentenze recanti ordine di o aventi ad oggetto
la demolizione di opere abusive e di riduzione in pristino dei luoghi) (R)
Alla base della norma in commento vi è la sentenza della Corte di
cassazione SS.UU. 24.7.1996, n. 15, seguita da numerose altre, secondo cui
l'ordine di demolizione è provvedimento giurisdizionale, ancorché applicativo
di sanzione amministrativa, sottoposto all'esecuzione nelle forme previste dal
codice di procedura penale.
La norma in commento registra il diritto vivente, esplicita il collegamento con
i principi giuridici esistenti nell'ordinamento e richiede al magistrato di
scegliere l'alternativa meno onerosa.
Inoltre, raccorda espressamente la disciplina con il nuovo testo unico in
materia di edilizia, richiamando la norma che - per l'incarico alle imprese
private - consente il ricorso alla trattativa privata in aggiunta alle procedure
di evidenza pubblica.
Il termine “magistrato” è volutamente utilizzato per ricomprendere sia la
figura del pubblico ministero che del giudice, secondo le competenze derivanti
dalla legge.
Articolo 62 (Convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, il Ministero della difesa e il Ministero della giustizia) (R)
La norma in commento stabilisce un raccardo con l'articolo 2, comma 56,
legge 23 dicembre 1996, n. 662.
L'estensione della convenzione oggetto della disposizione in esame al Ministero
della giustizia si spiega con la natura giurisdizionale del provvedimento che si
esegue e, soprattutto, con la circostanza che le spese sono recuperabili nei
confronti del soggetto obbligato, se si tratta del condannato; quindi, sono
annotate ai fini del recupero e poi recuperate con la procedura del recupero
delle spese di giustizia.
La partecipazione del Ministero delle infrastrutture scaturisce dal fatto che i
Provveditorati alle opere pubbliche sono strutture di questo Dicastero sul
territorio per il tramite delle quali viene richiesto l'intervento delle unità
tecnico-operative del Ministero della difesa (si veda art. 2, comma 56, legge 23
dicembre 1996, n. 662).
Presupposto interpretativo, in riferimento all'art. 21, r.d. n. 263/1928, comma
1, richiamato dall'art. 2 cit., è che, al di là della lettera della norma e di
come essa oggi concretamente operi, tra i ministeri è essenziale che vi siano
regolazioni contabili ai fini di bilancio e non passaggi reali di denaro.
I rapporti tra i ministeri per le imputazioni di bilancio sono rimessi alla
convenzione, già prevista dall'art. 2, comma 56, legge n. 662/1996.
Il meccanismo di anticipazione delle spese ex art. 21 del regio decreto 2
febbraio 1928, n. 263 è tuttora formalmente in vigore, tuttavia il r. d.
263/1928 è tra i provvedimenti che saranno abrogati in virtù della delega di
delegificazione e semplificazione contenuta nell'articolo 7 della legge 14
novembre 2000, n. 331, da esercitarsi entro 24 mesi dall'entrata in vigore della
legge e non ancora esercitata. Per tale motivo non si è ritenuto opportuno un
richiamo espresso.
Infine, la determinazione preventiva e successiva delle spese necessarie
consente al magistrato, da un lato di valutare se il ricorso a questa procedura
è conveniente rispetto all'affidamento all'impresa privata, dall'altro di
considerare quanto è effettivamente costato l'intervento delle strutture
tecnico operative del Ministero della difesa.
Articolo 63 (Spese per la demolizione di opere abusive e la riduzione in
pristino dei luoghi) (R)
L'articolo in esame disciplina le modalità di determinazione dell'importo
da corrispondere, con decreto del magistrato (v. art. 169), per l'attività di
demolizione e riduzione in pristino.
Oggi il magistrato, quando ricorre alle imprese private liquida l'importo
secondo equità, quando ricorre alle strutture tecnico-operative del Ministero
della difesa liquida quanto richiesto. La norma in commento riordina e
razionalizza la materia ancorandola a parametri oggettivi e predeterminati,
esistenti nell'ordinamento, in caso di ricorso alle imprese private. Nel caso di
ricorso alle strutture tecnico-operative del Ministero della difesa, rimette la
determinazione dell'importo alle convenzioni, pure previste nell'ordinamento,
che sono in grado di risolvere i problemi procedurali già emersi nella prassi
applicativa.
TITOLO XI
INDENNITA' DEI MAGISTRATI ONORARI, DEI GIUDICI POPOLARI E DEGLI ESPERTI
COMPONENTI DEGLI UFFICI GIUDIZIARI PENALI E CIVILI
Pur nella consapevolezza del dibattito sui giudici onorari e sulla
ricomprensione o meno nel loro ambito degli esperti in alcuni collegi, si è
mantenuta la distinzione tra esperti e giudici onorari per comodità espositiva
collegata alle diversità della disciplina.
Le disposizioni del titolo in questione riguardano sia il penale che il civile,
salvo specifica riferibilità all'uno o l'altro secondo le funzioni
ordinamentali.
Tutte le voci rientrano nelle spese di giustizia non ripetibili perché sono
assimilabili ai costi di funzionamento ordinario. La loro variabilità spiega
perché sono pagate con il sistema delle spese di giustizia (mod. 12) ed è la
ragione del loro inserimento nel testo unico.
Articolo 64 (Indennità dei magistrati onorari) (L)
Si è scelto il rinvio specifico alle norme che disciplinano le indennità e
gli importi, per evitare, da un lato, un rinvio generico alle norme che
prevedono le indennità, dall'altro, il riversamento nel testo unico di norme
che hanno una loro autonomia sistematica nell'ambito della disciplina dei
componenti appartenenti alla magistratura.
Le indennità, che costituiscono un vero e proprio compenso per l'attività
svolta, sono variabili in rapporto al lavoro svolto - con una parte fissa
per i giudici onorari aggregati e per i giudici di pace - e non comprendono
soggiorno e spese in caso di servizio fuori dalla residenza.
Per i giudici di pace sono state considerate anche le indennità spettanti per
reggenza (dalla lettura del combinato disposto dell'articolo 10 bis con
l'articolo 3, comma 2, della legge n. 374/1991, come modificata dalla legge n.
479/1999) e per la funzione di coordinatore dell'ufficio del giudice di pace
(articolo 15, della legge n. 374/1991, come modificata dalla legge n. 479/1999).
Le spese per queste indennità gravano sul cap. 1631 (ex cap. 1589), relativo
alle spese di giustizia; i pagamenti vengono effettuati con il modello 12.
Per i giudici di pace la legge 23.12.1992, n. 501 ha modificato l'intestazione
del capitolo e inserito la voce.
I giudici onorari di tribunale e i vice procuratori onorari gravano sullo stesso
capitolo per effetto dell'assimilazione con i vecchi vicepretori e vice
procuratori onorari per i quali la legge di bilancio 29.12.1990, n. 406 ha
integrato il cap. 1589, dopo che la legge istitutiva, in particolare, l'articolo
4 del decreto legislativo n. 273/1989, aveva espressamente qualificato tali
indennità come spese di giustizia.
Per i giudici onorari aggregati, il decreto del Ministero del tesoro 25.9.97, n.
190/74 ha inserito la voce specifica e modificato la denominazione del capitolo,
in attuazione della legge n. 276/1997 che li istituiva.
Articolo 65 (Indennità dei giudici popolari nei collegi di assise) (L)
La norma in commento riproduce l'art. 36 della l. n. 287/1951, come
sostituito prima dall'art.1 della l. 25 ottobre 1982, n. 795, poi dall'art. 12,
d.lgs. 28 luglio 1989, n. 237, con poche variazioni formali.
Il comma 3 è stato così formulato per ricomprendere gli aumenti dell'indennità
operati non con la tecnica della novella, sul presupposto della natura mobile
del rinvio contenuto nella norma originaria. Il rinvio alla l. n. 27/1981 è
contenuto nella norma originaria, così come successivamente sostituita, ed è
quindi frutto di un equivoco l'osservazione del Consiglio di Stato, secondo cui
l'indennità speciale sarebbe stata introdotta dal testo unico.
Il comma 5 è raccordato terminologicamente con il titolo “Trasferte”.
Articolo 66 (Indennità degli esperti dei tribunali e delle sezioni di
corte di appello per i minori) (L)
La norma è stata riscritta perché la disciplina cui rinviava la norma
originaria è oramai inserita nel testo unico.
Non è richiamato il comma 4 dell'articolo che precede, in quanto disposizione
specifica delle corti d'assise.
Articolo 67 (Indennità degli esperti dei tribunali di sorveglianza) (L)
L'art. 70 della legge n. 354/1975, come risultante dalla sostituzione
operata con l'art. 22 della legge n. 663/1986, equipara i componenti
privati dei collegi di sorveglianza, per il trattamento economico, agli esperti
di cui all'art. 80 della stessa legge.
All'articolo 70 citato si è data attuazione con il d.P.R. 5 dicembre 1988,
n.564 (emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400/1988) che,
oltre a prevedere l'importo, per l'epoca, spettante agli esperti nei collegi di
sorveglianza ha previsto lo strumento del decreto ministeriale ai fini
dell'adeguamento periodico del compenso di questi esperti a quelli
dell'amministrazione penitenziaria.
Nel citato articolo 80 è individuato solo il criterio per determinare
l'importo.
Dal 1998, l'importo è determinato con decreto dirigenziale sia per gli esperti
penitenziari che per gli esperti dei tribunali di sorveglianza; ciò in
applicazione della distinzione politica-amministrazione di cui all'art. 4 del
d.lgs. n. 165/2001.
La norma è stata riformulata tenendo conto della normativa di attuazione e del
modo in cui concretamente ha operato nell'ordinamento.
Il comma 3, in particolare, si adegua al contenuto della circolare del Ministero
della Giustizia n. 8/431/1 del 22/2/1991 che estende agli esperti dei
tribunali di sorveglianza l'indennità di missione prevista per i giudici
popolari di Corte di assise (prima dall'articolo 36 legge n. 287/1951, ora
confluita in questo titolo del testo unico).
Articolo 68 (Indennità degli esperti delle sezioni agrarie) (L)
Oggi queste spese non gravano sul cap. 1631 del Ministero della giustizia,
ma sul cap. 1449 (ex cap. 1131) del Ministero delle politiche agricole e
forestali e non sono pagate con la procedura relativa alle spese di giustizia.
Infatti la spesa è gestita dal Ministero dell'interno, tramite le prefetture.
Tuttavia, poiché la vecchia disciplina risale all'epoca in cui i collegi agrari
non erano sezioni specializzate del tribunale ordinario, si ritiene rispondente
all'armonizzazione del sistema la ricomprensione nel testo unico delle spese di
giustizia.
Si è aggiornata la norma, che correlava l'indennità di missione a quella del
“direttore di divisione”, - figura non più esistente alla luce della
riforma del pubblico impiego – correlando l'indennità a quella che spetta al
dirigente di seconda fascia. Infatti, con la riforma, il direttore di divisione
-le cui funzioni sono svolte dal primo dirigente, ai sensi dell'art.6, d.P.R.
748/1972 - e il primo dirigente rientrano nella seconda fascia della dirigenza
Per tale motivo si è ritenuto di discostarsi dalle osservazioni del Consiglio
di Stato.
Si è interpretato l'originario riferimento all'indennità come comprensivo
delle spese di viaggio che sempre sono dovute.
TITOLO XII
SPESE ESCLUSE E SPESE STRAORDINARIE NEL PROCESSO PENALE
Articolo 69 (Spese escluse) (L)
Indica quali spese non rientrano nelle spese di giustizia, riprendendo e
adeguando l'elencazione contenuta nell'articolo 2 della Tariffa Penale. Nella
norma originaria, all'elencazione delle spese escluse seguiva la loro
disciplina. Ora queste spese sono disciplinate da altre norme dell'ordinamento
con propria autonomia e per tale motivo si è scelto di riportare solo la loro
elencazione.
Le spese di sepoltura dei detenuti sono disciplinate dall'art. 44, legge n.
354/1975 e dall'articolo 92 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230: i detenuti
morti sono a disposizione dei congiunti, in mancanza di questi, si procede a
spese del Comune (d.P.R. n. 285/1990, regolamento di polizia mortuaria).
Per il trasferimento dei detenuti, la disciplina del r.d. 2701 è completamente
sostituita. Oggi le spese sono tutte a carico del Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria, che provvede attraverso la polizia
penitenziaria (art. 42 bis, legge n. 354/1975, aggiunto nel 1992, operativo dal
1996). Nel testo si è sostituito il termine trasferimento dei detenuti (ex art.
125 tariffa penale) con il termine traduzione, in quanto nella legge 354/1975
con il termine “trasferimento” si intende il trasferimento da un istituto ad
un altro, mentre nel testo in commento ci si riferisce alla traduzione ex
art. 42-bis della medesima legge (sono traduzioni tutte le attività
di accompagnamento coattivo, da un luogo ad un altro, di soggetti detenuti,
internati, fermati, arrestati o comunque in condizione di restrizione della
libertà personale).
Le spese di trasporto, custodia e sepoltura di persone decedute nella pubblica
via o in altro luogo pubblico sono di competenza dei Comuni (d.P.R. n. 285/1990,
regolamento di polizia mortuaria), salvo che non siano disposti accertamenti
dall'autorità giudiziaria, nel qual caso esse divengono spese di giustizia e
non occorre previsione specifica.
Per il trasporto degli atti processuali e degli oggetti che servono al processo,
sicuramente non è più attuale la disciplina prevista dal r.d. n. 2701/1865.
Oggi si provvede a mezzo posta, affrontando spese che gravano su quelle
dell'ufficio, o utilizzando per il trasporto personale dipendente o degli uffici
giudiziari o della P.G. Si tratta di spese rientranti tra quelle di ufficio, non
riferibili al singolo processo. L'esigenza di prevedere delle convenzioni con
corrieri privati a fini di celerità, trova risposta nel Titolo III.
Articolo 70 (Spese straordinarie) (L)
Le spese previste come straordinarie nel r.d. n. 2701/1865 (v. artt.
106-110), o rientrano tra quelle sostenute dall'ausiliario del magistrato sulla
base della disciplina successiva (art. 7 l. n. 319/1980), oppure sono tipizzate
come straordinarie ipotesi oramai superate ( per es. riproduzione di copie).
La norma in commento può essere utile come norma di chiusura. In concreto
potrebbe servire, per esempio, per il recupero di navi o aerei in caso di
disastri.
Si è previsto un rinvio ad un'altra ipotesi analoga (Titolo X della parte II) e
per le norme a regime e per quelle transitorie.
TITOLO XIII
DOMANDA DI LIQUIDAZIONE E DECADENZA
Articolo 71 (Domanda di liquidazione e decadenza del diritto per
testimoni, ausiliari del magistrato e aventi titolo alle trasferte) (L)
La norma in commento rielabora gli articoli originari, eliminando delle
ambiguità terminologiche e adeguandoli alle novità normative in tema di
modalità di pagamento.
Le voci di spesa prese in considerazione sono quelle che risultano dalle norme
originarie.
Non sono comprese, pertanto, le indennità dei magistrati onorari, dei giudici
popolari e degli esperti (titolo XI, parte II). Infatti, le indennità dei
giudici onorari e degli esperti (nei collegi dei minori, di sorveglianza ed
agrari) sono state disciplinate successivamente all'articolo 24 originario del
r.d. n. 1043/1923 e la normativa di settore non prevede né richiama la
prescrizione speciale.
Per i giudici popolari di assise, l'articolo 24 citato era, all'epoca
dell'emanazione, sicuramente riferibile anche a loro, essendo questi
disciplinati dall'articolo 23 dello stesso regio decreto; ma successivamente la
materia è stata ridisciplinata senza prevedere né richiamare la prescrizione.
La norma in commento supera l'ambiguità terminologica del doppio termine di
“prescrizione”, previsto dalla norma originaria, anche sulla base delle
osservazioni del Consiglio di Stato.
E' pacifico che il termine previsto per l'incasso dell'importo è di decadenza,
così come è di decadenza quello previsto per la presentazione della domanda.
Infatti, nella norma originaria il termine finale per la presentazione della
domanda coincide con quello qualificato di “prescrizione”;
quindi si tratta di termine di decadenza, operando poi le regole generali per la
prescrizione del diritto.
Il termine di decadenza per l'incasso è stato riferito solo all'ipotesi di
pagamento in contanti. Infatti, la decadenza del diritto del beneficiario, il
quale in precedenza, oltre a chiedere la liquidazione, doveva sempre presentarsi
all'ufficio pagatore, oggi si pone concretamente solo se si sceglie il pagamento
in contanti. Se si sceglie l'accredito, nel momento in cui si richiede il
pagamento all'ufficio che dispone il pagamento stesso, si indicano anche gli
estremi del conto corrente, l'eventuale delega, esaurendosi con ciò l'attività
richiesta al beneficiario.
Il termine “avviso di pagamento” è mutuato dalle norme regolamentari, che
il testo unico prevede nella Parte VI, Titolo II.
Con riferimento ai diversi termini di decadenza, si è ripetuto il precetto
della norma originaria.
Articolo 72 (Domanda di liquidazione di acconti dell'indennità di
custodia) (R)
Con l'articolo in commento si è perseguito l'obiettivo di uniformare la
disciplina a quella relativa al sequestro amministrativo, in coerenza con la
giurisprudenza costituzionale (la sentenza n. 230 del 1989 ritiene
ontologicamente identica l'attività del custode per il sequestro disposto
dall'autorità giudiziaria e per quello disposto dall'autorità amministrativa),
e di superare le incertezze e le diverse interpretazioni registrate nella
prassi, dando rilievo alla giurisprudenza di legittimità più recente.
L'art. 12, del d.P.R. n. 571/1982, relativo ai sequestri amministrativi, prevede
la liquidazione a domanda all'esito della custodia e la possibilità di acconti.
Nella prassi dei sequestri disposti dal giudice, in mancanza di normativa ad
hoc, si è ritenuta necessaria la domanda di acconto, qualificata come atto
interruttivo della prescrizione quinquennale.
La giurisprudenza ha affermato la prescrizione quinquennale ex art.
2948, n. 4, c.c., sulla base della natura del rapporto di deposito, che
esclude la liquidazione alla fine, e secondo cui il credito matura giorno per
giorno e alla base vi era l'esigenza di ridurre gli importi, eccessivi per la
lunga durata del sequestro.
Sentenze di legittimità più recenti hanno affermato la prescrizione decennale,
proprio sulla base della circostanza che il credito si matura solo con la
cessazione dell'incarico.
La norma in commento si ispira al modello nel sequestro amministrativo e,
ponendo esplicitamente la regola della liquidazione alla fine – giustificata
dall'adattamento del contratto di deposito a fini pubblicistici-, vale a
superare i dubbi e le diverse interpretazioni attualmente esistenti sulla durata
della prescrizione.
Per la riduzione dei tempi del sequestro, vedi Parte IV relativa ai procedimenti
particolari.
TITOLO XIV
REGISTRAZIONE DEGLI ATTI GIUDIZIARI NEL PROCESSO CIVILE E AMMINISTRATIVO
Articolo 73 (Procedura per la registrazione degli atti giudiziari) (R)
Oggi, depositata la sentenza, si invia l'originale all'ufficio finanziario
competente che fissa l'importo e la restituisce, se si tratta di casi di
prenotazione a debito o la trattiene sino al pagamento. Questo meccanismo crea
ritardi ed intralci agli uffici giudiziari che, per lungo tempo, non hanno la
disponibilità dell'atto.
In generale si deve considerare che:
- il testo unico
documentazione amministrativa ha disciplinato la trasmissione del documento
informatico;
- l'art. 36, legge
24 novembre 2000, n. 340 ha stabilito che l'obbligo di produrre gli originali,
riferito ai notai e ai pubblici ufficiali depositari di atti pubblici, si
intende adempiuto mediante produzione di copia autentica;
- non ci sono
ragioni imprescindibili che giustifichino la necessità dell'invio
dell'originale;
- è fondamentale
assicurare all'ufficio finanziario la conoscenza dell'atto da sottoporre ad
imposta e la quantificazione della stessa, nonché, che sull'atto venga annotato
l'importo e l'eventuale quietanza.
Di tutto questo si è tenuto conto nella norma in commento e in quella prevista
per la fase transitoria (v. Parte IX, tit. I, cap. VI).
A regime è stata introdotta la trasmissione telematica, prevedendo un decreto
dirigenziale specifico per l'adattamento delle modalità tecniche, nel contesto
generale del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e delle relative norme di
attuazione, che sono espressamente richiamati.
Per la fase transitoria è stata prevista la trasmissione di copia autentica
estendendo espressamente il principio di cui all'art. 36 cit. per superare i
dubbi interpretativi emersi nella prassi in ordine alla applicabilità dello
stesso agli atti giudiziari (quesito AA. CC. giustizia, Prot. 309/2001/U,
23.1.01).
La procedura di cui trattasi è riferita solo a quei procedimenti per i quali,
allo stato della legislazione, è prevista l'imposta di registro.
PARTE III
PATROCINIO A SPESE DELLO STATO
Premessa
Il testo unico riunisce e coordina anche le norme in tema di patrocinio a
spese dello Stato.
La disciplina della materia è stata fortemente innovata dalla legge 29 marzo
2001, n. 134.
Sino a quella data sono esistite nell'ordinamento due discipline generali:
quella del gratuito patrocinio nel processo civile (R.D. n. 3282/1923), alla
quale rinviavano norme relative agli altri processi, e norme di settore per
particolari processi civili; quella del patrocinio a spese dello Stato nel
processo penale (L. n. 217/1990), alla quale rinviavano norme di settore.
Accanto alle discipline generali coesistevano alcune discipline speciali per
determinati processi, che regolamentavano gli effetti dell'ammissione.
La legge n. 134/2001, con la tecnica della novella alla legge n. 217/1990, -
oltre ad alcune modifiche relative al patrocinio nel processo penale - ha
riformato la disciplina della procedura di ammissione e degli effetti del
beneficio nei processi diversi dal penale, dettando la nuova disciplina generale
con decorrenza dal 1° luglio 2002.
Il testo unico riunisce e coordina l'intera materia, tenendo conto di tutte le
modifiche legislative.
La sistemazione organica della materia all'interno del testo unico è imposta
dalla circostanza che si tratta sostanzialmente di una particolare
disciplina delle spese del procedimento; infatti, già il R.D. n. 2700 del 1865
incorporava la regolamentazione delle spese nel caso di gratuito patrocinio,
naturalmente con riferimento alla legislazione all'epoca vigente. E' imposta,
anche, dalla necessità di raccordare, anche terminologicamente, le voci di
spesa con quelle elencate nel testo unico, per evitare problemi interpretativi;
mentre oggi, anche la disciplina più recente utilizza le voci di spesa del R.D.
n. 3282/1923, in un contesto ordinamentale oramai cambiato da altre leggi. E'
consigliata, inoltre, dall'opportunità di poter raccordare in un contesto
unitario le norme di settore che rinviano alla disciplina generale, con indubbi
vantaggi per l'interprete e l'operatore.
Nel rispetto dei limiti imposti dalla delega legislativa, il testo unico ha
proceduto ad un riordino e coordinamento formale, trattandosi di norme di rango
primario non attinenti ad aspetti procedimentali e organizzativi. In
particolare: sono state aggiornate le voci di spesa, in modo da farle risultare
coerenti con le altre norme dell'ordinamento; si è tenuto conto, per
l'autocertificazione, del testo unico sulla documentazione amministrativa; sono
stati eliminati dei refusi attribuibili alla tecnica della novella utilizzata
dalla L. n. 134/2001; si è data alla materia una nuova impostazione sistematica
in modo da distinguere le norme comuni a tutti i processi da quelle particolari,
rispettivamente riferite al solo processo penale o agli altri processi; sono
state raccordate alla disciplina generale alcune fattispecie speciali presenti
nell'ordinamento. Infine, la disciplina prevista dalla legge n. 134/2001 per il
processo civile e amministrativo è stata esplicitamente riferita anche al
processo contabile e tributario, secondo quanto inequivocabilmente emerge dalle
intenzioni del legislatore della riforma, che ha abrogato integralmente la
vecchia disciplina generale (R.D. n. 3282/1923), alla quale rinviavano norme di
settore per questi ultimi processi.
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI SUL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO NEL PROCESSO PENALE,
CIVILE, AMMINISTRATIVO, CONTABILE E TRIBUTARIO
Capo I
Istituzione del patrocinio
Articolo 74 (Istituzione del patrocinio) (L)
Indica coloro che possono usufruire del patrocinio a spese dello Stato nel
processo penale, compreso il penale militare, civile, amministrativo, contabile
e tributario e negli affari di volontaria giurisdizione.
I commi 2 e 4, dell'articolo 1, della legge n. 217/1990, come modificata dalla
legge n. 134/2001, relativi all'azione per il risarcimento del danno e alle
restituzioni derivanti da reato, non sono stati fatti confluire in questo
articolo, in quanto superflui rispetto al sistema, come si ricava dalla
lettura congiunta dell'articolo 1 originario e dell'articolo 15 bis della
medesima legge, che ormai disciplina l'ammissione al patrocinio a spese dello
Stato in tutti i giudizi civili.
Articolo 75 (Ambito di applicabilità) (L)
Specifica l'ambito temporale di validità dell'ammissione al patrocinio.
Nell'articolo 15 octiesdecies della legge n. 217/1990, come modificata
dalla legge n. 134/2001, non era previsto esplicitamente il procedimento di
opposizione di terzo (ordinaria e revocatoria), per un difetto di coordinamento.
Si è ritenuta opportuna l'esplicita previsione per evitare gli equivoci che
potevano essere ingenerati dalla presenza nella norma solo del procedimento di
revocazione. Del resto, l'ampia previsione di cui al comma 1, dell'articolo in
commento, già li ricomprende concettualmente entrambi, trattandosi di mezzi di
impugnazione.
Capo II
Condizioni per l'ammissione al patrocinio
Articolo 76 (Condizioni per l'ammissione) (L)
Specifica le condizioni reddituali in cui deve versare il soggetto per
essere ammesso al patrocinio. L'ultimo periodo del secondo comma dell'articolo
3, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, non è
stato inserito nell'articolo in commento, in quanto il contenuto, relativo alla
elevazione della soglia reddituale in caso di somma dei redditi dei familiari
conviventi, è specifico solo per il diritto penale (v. articolo 91).
La asimmetria tra il civile e il penale, presente nella disciplina della legge
n. 217/1990, come successivamente modificata, può essere spiegata alla luce dei
beni e valori, di rilievo diverso, tutelati nei diversi procedimenti.
Articolo 77 (Adeguamento dei limiti di reddito per l'ammissione) (L)
Alla luce della separazione tra attività di gestione, di competenza
dirigenziale, e di indirizzo politico, di competenza del Ministro, il decreto
interministeriale per l'adeguamento dei limiti di reddito per l'ammissione,
precedentemente previsto dalla legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n.
134/2001, è stato trasformato in un decreto dirigenziale. Si è operata una
scelta uniforme in tutto il testo unico (v. art. 20).
Capo III
Istanza per l'ammissione al patrocinio
Articolo 78 (Istanza per l'ammissione) (L)
Nella formulazione del comma 1 della presente norma, si è optato per il
termine “interessato”, già usato dall'articolo 2 della legge n. 217/1990,
in quanto tale termine ricomprende anche il concetto di “parte”, usato,
invece, dall'art. 15 quater della legge 217/1990, come modificata dalla
legge n. 134/2001.
Al comma 2, si è inserito il riferimento alla nuova disciplina in materia di
documentazione amministrativa (d.P.R. n. 445/2000). La vecchia formulazione,
prevista dall'originario articolo 2, comma 2, della legge n. 217/1990 (“ovvero
dal funzionario che la riceve”) è stata attualizzata, scegliendo, nell'ambito
della disciplina del Testo Unico documentazione amministrativa, la via più
semplice per l'interessato all'ammissione al patrocinio (quella prevista
dall'articolo 38, comma 3, del d.P.R. n. 445/2000 e non quella più complessa
dell'articolo 21, comma 2 dello stesso testo). Infatti, non sembrano sussistere
ragioni per limitare le possibilità di autenticazione per l'utente.
Articolo 79 (Contenuto dell'istanza) (L)
Nell'elencare gli elementi dell'istanza, alla lettera c), del comma 1, il
termine “autocertificazione” previsto originariamente dalla legge n.
217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, è stato sostituito con il
riferimento al testo unico in materia di documentazione amministrativa.
Al comma 2, la dicitura “straniero”, originariamente prevista dagli articoli
5 e 15 quinquies della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n.
134/2001, è stata sostituita con “cittadino di Stato non appartenente
all'Unione europea”, sempre uniformandosi alla disciplina adottata in materia
di documentazione amministrativa. Infatti, l'articolo 3, comma 1, del d.P.R. n.
445/2000 equipara nella materia cittadini italiani e comunitari. Quindi, la
disciplina particolare prevista per gli stranieri riguarda soltanto gli
extracomunitari, non potendosi riferire ai cittadini di paesi appartenenti
all'Unione europea.
Capo IV
Difensori, ausiliari del magistrato e consulenti tecnici di parte
Articolo 80 (Nomina del difensore) (L)
Presso ogni consiglio dell'ordine degli avvocati, che ha base territoriale
circondariale, è istituito un elenco degli avvocati per il patrocinio. Quindi
dall'interpretazione degli articoli 9, comma 1, e 15 duodecies, della
legge n. 217/1990, come modificata dalla legge 134/2001, si desume che l'ammesso
al patrocinio può scegliere uno degli avvocati iscritti negli elenchi di tutti
i consigli dell'ordine del distretto di Corte di appello.
Rispetto alle originarie norme della legge n. 217/1990, la formulazione della
norma nasce dalla scelta di distinguere la disciplina relativa al difensore da
quella relativa agli ausiliari del magistrato e al consulente tecnico di parte.
Scelta che, con riferimento al profilo della liquidazione, consente per questi
ultimi il rinvio alla disciplina comune.
Il comma 2 raccorda la norma con l'art. 126 (L), nella cui formulazione
originaria era disciplinata l'ipotesi del procedimento presso la corte di
cassazione.
Articolo 81 (Elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato)
(L)
Disciplina le condizioni e i requisiti per l'inserimento e la permanenza
negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato.
Articolo 82 (Onorario e spese del difensore) (L)
L'articolo in commento disciplina l'onorario e le spese del difensore
riprendendo le norme originarie.
Articolo 83 (Onorario e spese dell'ausiliario del magistrato e del
consulente tecnico di parte) (L)
Detta norme in ordine alla determinazione dell'onorario e delle spese e
specifica le fasi in cui la liquidazione è effettuata, riprendendo dalla norma
originaria solo le diversità rispetto alla disciplina generale, prima prevista
nella legge n. 319/1980, e poi confluita nel testo unico.
Per ausiliari e consulenti di parte non è previsto il limite massimo perché la
norma originaria (art.12, c.1, l. n. 217/90) lo riferisce solo agli avvocati.
Infatti, il limite dei valori medi delle tariffe professionali relative ad
onorari, diritti ed indennità riguarda le tariffe professionali degli avvocati
e non gli onorari di ausiliari e consulenti, determinati sulla base delle
tabelle ex l. n. 319/80, ora incorporata nel testo unico. Per tale motivo non si
è accolto il suggerimento del Consiglio di Stato.
Si è abrogato l'articolo 15 quattuordecies, comma 4 (ultimo periodo) della
legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, che prevedeva la
trasmissione del decreto di liquidazione dei compensi del consulente tecnico
anche alla Guardia di Finanza. Premesso che tale previsione esisteva solo per il
civile, tale norma rappresenta un difetto di coordinamento del legislatore, in
quanto nel nuovo sistema del patrocinio a spese dello Stato non ha alcun senso
inviare all'amministrazione finanziaria il decreto di liquidazione. Dall'invio,
infatti, non deriva alcun adempimento accertativo per l'amministrazione
finanziaria.
Articolo 84 (Opposizione al decreto di pagamento) (L)
In generale, dalla norma originaria sono riprese solo le diversità rispetto
alla disciplina generale, prima prevista dalla legge n.319/1980, e poi confluita
nel testo unico.
Nella formulazione della norma non si è riportata l'originaria previsione
dell'articolo 12, comma 6, della legge n. 217/1990 (“eccettuati quelli coperti
da segreto”), perché, secondo altra norma (v. parte del testo unico relativa
al Pagamento), fino a che c'è segreto istruttorio, non c'è possibilità di
opposizione.
Articolo 85 (Divieto di percepire compensi o rimborsi) L)
Prevede che il difensore, l'ausiliario del magistrato e il consulente di
parte non possono percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a titolo
diverso da quelli previsti dal testo unico. (Per esempio, l'Ausiliario o il
consulente di parte agiscono direttamente nei confronti della parte ammessa,
vittoriosa o revocata, o dell'altra parte condannata alle spese).
Capo V
Recupero delle somme da parte dello Stato
Articolo 86 (Recupero delle somme da parte dello Stato) (L)
Prevede il diritto da parte dello Stato di recuperare in danno
dell'interessato le somme eventualmente pagate successivamente alla revoca del
provvedimento.
Capo VI
Norme finali
Articolo 87 (Servizio al pubblico in materia di patrocinio a spese dello
Stato) (L)
Il servizio al pubblico, disciplinato dall'articolo 20 della legge n.
134/2001, è comune al patrocinio a spese dello Stato e alla difesa di ufficio.
Pertanto, l'articolo 20, della legge n. 134/2001, non può essere incorporato
nell'ambito del testo unico, ma ci si deve limitare alla presente norma di
raccordo e rinvio.
Articolo 88 (Controlli da parte della Guardia di Finanza) (L)
Tale previsione era originariamente inserita solo per il civile,
nell'articolo 15 decies, comma 5, della legge n. 217/1990, come
modificata dalla legge n. 134/2001. Si è inserita tra le norme comuni perché
chiaramente è norma di sistema, diretta alla Guardia di finanza,
indipendentemente dal tipo di processo.
Tra l'altro, nelle due procedure di ammissione, seppure diverse per altri
profili, la Guardia di Finanza svolge lo stesso ruolo di accertamento e di
verifica.
Articolo 89 (Norme di attuazione) (L)
La norma originaria prevedeva lo strumento regolamentare per le norme di
attuazione.
Nell'elaborare il testo unico incorporando tutta la disciplina del patrocinio a
spese dello Stato non si sono individuate norme di attuazione necessarie.
Tuttavia, si è preferito lasciare nell'ordinamento lo strumento previsto dal
legislatore per l'ipotesi che se ne rinvenisse la necessità in futuro.
TITOLO II
DISPOSIZIONI PARTICOLARI SUL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO NEL PROCESSO PENALE
Capo I
Istituzione del patrocinio
Articolo 90 (Equiparazione dello straniero e dell'apolide) (L)
Il termine “straniero” si riferisce sia al cittadino di Paesi
appartenenti all'Unione europea, sia al cittadino di Paesi non appartenenti
all'Unione europea. Le uniche differenze per quanto attiene la documentazione da
presentare insieme all'istanza sono disciplinate nell'articolo 79.
Capo II
Condizioni per l'ammissione al patrocinio
Articolo 91 (Esclusione dal patrocino) (L)
Prevede le ipotesi in cui è esclusa l'ammissione al patrocinio.
Articolo 92 (Elevazione dei limiti di reddito per l'ammissione) (L)
La asimmetria tra il civile e il penale è presente nella disciplina della
legge n. 217/1990, come successivamente modificata, e può essere spiegata alla
luce dei beni e valori diversi tutelati nei diversi procedimenti.
Capo III
Istanza di ammissione al patrocinio
Articolo 93 (Presentazione dell'istanza al magistrato competente) (L)
Dal combinato disposto del presente articolo, relativo all'individuazione
del giudice competente a ricevere l'istanza, e dell'articolo 78 (L), comma 1,
discende che non occorre una norma specifica, che preveda la possibilità di
presentare l'istanza di ammissione anche durante le indagini preliminari al
magistrato competente. Per questo motivo, il contenuto dell'articolo 7, comma 1,
della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n.134/2001, è interamente
assorbito.
Nel presente articolo (e in tutto il testo in commento) si è sostituito
il termine “cancelleria”, adottato nell'originario articolo 2 della legge n.
217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, con il termine “ufficio”,
sulla base della definizione contenuta nelle norme generali del testo unico,
secondo cui “ufficio” è l'apparato strumentale dell'ufficio giudiziario.
Nell'individuazione del giudice a cui presentare l'istanza, si è scelta
l'espressione “il giudice che procede”, in quanto nel penale non è
possibile immaginare una richiesta di ammissione al patrocinio prima del
coinvolgimento di un giudice (anche nella fase delle indagini preliminari).
Pertanto, non serve mantenere l'espressione “il giudice competente a conoscere
del merito”.
Articolo 94 (Impossibilità a presentare la documentazione necessaria ad
accertare la veridicità) (L)
Il comma 1 prevede che in caso di impossibilità di produrre la
documentazione richiesta dall'art. 79 (L), comma 3, questa possa essere
sostituita con una dichiarazione sostitutiva.
Il comma 2 prevede una dichiarazione sostitutiva della certificazione consolare
sui redditi prodotti all'estero. Tale previsione appare in contrasto con
l'articolo 3, comma 2, del Testo unico documentazione amministrativa (D.P.R. n.
445/2001), che consente al cittadino extracomunitario l'autocertificazione solo
su fatti comprovabili da autorità italiane. D'altro canto, non si può cambiare
tale previsione, perché incide sui diritti di cittadini extracomunitari e
consente loro di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato anche nelle
ipotesi di impossibilità di contattare la loro autorità consolare, magari
accreditata in un altro Paese, oppure nell'ipotesi di una mancata risposta da
parte dell'autorità consolare.
In generale, per i primi due commi, emerge la previsione, che appare
contraddittoria, di una dichiarazione sostitutiva di certificazione che
sostituisce la documentazione integrativa o la certificazione dell'autorità
consolare, entrambe richieste - dopo l'iniziale dichiarazione sostitutiva -
proprio per accertarne la veridicità. La previsione, presente nella normativa
originaria, è mantenuta nel testo unico, perché il mutamento di disciplina
inciderebbe sul diritto all'ammissione e, quindi, non può rientrare nell'ambito
della semplice armonizzazione perseguita.
Quanto al comma 3, emerge la disparità di trattamento, presente nella legge,
per cui al cittadino extracomunitario non detenuto o comunque non privato della
libertà personale è possibile sostituire la certificazione dell'autorità
consolare con un'autocertificazione. Invece, nei confronti del cittadino
extracomunitario detenuto o, comunque, privato della libertà di circolazione,
tale sostituzione non è possibile. L'unica possibilità è un termine ulteriore
di 20 giorni in cui il difensore o i familiari possono presentare la
certificazione. Infatti, in caso di mancata presentazione della documentazione
richiesta, il giudice dispone la revoca dall'ammissione stabilita in attesa
della documentazione (come prevedeva l'originario articolo 10, della legge n.
217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001 e l'attuale articolo 112 (L)
del testo unico).
Articolo 95 (Sanzioni) (L)
La norma in commento riporta la fattispecie penale prevista nella norma
originaria – differente rispetto a quella prevista per i procedimenti diversi
dal penale - e si limita a sciogliere i rinvii interni alla legge raccordandoli
con il Testo unico.
Il termine “autocertificazione” previsto originariamente dalla legge n.
217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, è stato sostituito con
l'espressione contenuta nel testo unico in materia di documentazione
amministrativa “dichiarazione sostitutiva di certificazione”.
Alla previsione della revoca si è aggiunta la precisazione “con efficacia
retroattiva”, per coordinare meglio il testo del presente articolo con la
formulazione dell'art. 112 (L) relativo alla revoca del provvedimento di
ammissione al patrocinio.
Per il resto, se si escludono i necessari coordinamenti formali con il testo
unico, è stata mantenuta la previsione legislativa originaria che presenta
delle differenziazioni nell'individuazione della fattispecie penale tra processo
penale e altri processi [v. art. 125 (L)].
Capo IV
Decisione sull'istanza di ammissione
Articolo 96(Decisione sull'istanza di ammissione al patrocinio) (L)
Disciplina i tempi e gli elementi di valutazione rilevanti per la decisione
del magistrato in ordine alla richiesta di ammissione, secondo le previsioni
delle norme originarie.
Le osservazioni del Consiglio di Stato, relative al ruolo del pubblico ministero
sono il frutto di un equivoco originato dal testo presente nella raccolta delle
Leggi d'Italia, testo vigente, De Martino, edita da De Agostani professionale.
Infatti, l'art. 6, c.1, l. n. 217/1990 è stato modificato dall'articolo 152,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che ha attribuito alcune funzioni al
pubblico ministero; poi, contestualmente alle modifiche operate con la l. n.
134/2001, l'art.152 è stato abrogato dall'art.23, l. n. 134/2001. Invece, nella
raccolta citata le modifiche operate con l'art.152 cit. risultano presenti.
Articolo 97 (Provvedimenti adottabili dal magistrato) (L)
L'articolo in commento riprende la norma originaria relativa ai
provvedimenti adottabili dal magistrato e alla loro conoscibilità.
Articolo 98 (Trasmissione all'ufficio finanziario degli atti relativi
all'ammissione) (L)
Nell'articolo in commento e in quelli successivi, l'espressione
“intendente di finanza” è stata sostituita con “ufficio finanziario”.
Analogamente, negli articoli relativi agli altri processi, l'espressione
“direttore regionale delle entrate” e altre espressioni similari sono state
sostituite con l'espressione “ufficio finanziario”. Ciò, in coerenza con le
definizioni generali adottate per il testo unico e per evitare futuri dubbi
interpretativi, che potrebbero sorgere con le modifiche dell'organizzazione
interna dell'amministrazione finanziaria.
Inoltre, l'espressione “cancelleria del giudice” è stata sostituita con
“ufficio”, per adeguarsi alle definizioni generali adottate nella prima
parte del testo unico.
L'originaria previsione della trasmissione all'amministrazione finanziaria è
stata limitata al caso di decreti di ammissione, perché solo in tal caso
l'amministrazione è interessata.
In caso di rigetto sarà interessata solo se c'è il ricorso dell'interessato
(vedi articolo 99 (L) e potrà avere la documentazione come parte del relativo
procedimento.
E' stato eliminata l'espressione “a mezzo posta” per consentire maggiore
elasticità.
Articolo 99 (Ricorso avverso i provvedimenti di rigetto dell'istanza) (L)
La norma originaria si riferisce solo al penale. La tutela giurisdizionale
è prevista anche in caso di revoca (vedi articolo 113 (L).
Per gli altri processi (vedi articolo 126 (L), ultimo comma), l'interessato che
si sia visto rigettare l'istanza dal consiglio dell'ordine può solo proporla al
giudice.
Nessuna altra tutela è data in caso di revoca.
Con riferimento al comma 1, è stata espressamente prevista la forma monocratica,
ripetendo la scelta già effettuata nella Parte VI. Con l'entrata in vigore
della riforma che ha introdotto il giudice unico, come regola generale se non
derogata da norme ad hoc, il rinvio contenuto nella norma originaria del
1942, che prevedeva la forma collegiale in una procedura semplificata, in un
contesto in cui la forma collegiale era la regola, avrebbe avuto l'effetto di
conservare nell'ordinamento la competenza collegiale per una procedura
semplificata, andando, quindi, in una direzione opposta a quella intrapresa dal
legislatore più recente. Per una applicazione analoga fatta dal
legislatore, vedi relazione alla parte Pagamento.
Anche il ricorso avverso il provvedimento di rigetto pronunciato dal giudice di
pace si presenta al Presidente del tribunale, in quanto il giudice coordinatore
dell'ufficio del giudice di pace svolge mere funzioni amministrative e non
giurisdizionali.
Per le osservazioni del Consiglio di Stato relative alle funzioni del pubblico
ministero, v. relazione all'articolo 96.
Capo V
Difensori, investigatori e consulenti tecnici di parte
Articolo100(Nomina di un secondo difensore) (L)
Prevede, per casi determinati, la possibilità per l'interessato di nominare
un secondo difensore per gli atti che si compiono a distanza.
Articolo 101 (Nomina del sostituto del difensore e dell'investigatore) (L)
Prevede la possibilità per il difensore della persona ammessa al patrocinio
di nominare un sostituto o un investigatore privato autorizzato.
Articolo 102 (Nomina del consulente tecnico di parte) (L)
Disciplina la nomina del consulente tecnico di parte nel processo penale.
Articolo 103 (Informazioni all'interessato in caso di nomina di un
difensore di ufficio) (L)
Stabilisce le informazioni che, nel caso in cui si proceda alla nomina di un
difensore d'ufficio, il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria
devono dare all'interessato.
Articolo 104 (Compenso dell'investigatore privato) (L)
Prevede che il compenso dell'investigatore è determinato e liquidato
dall'autorità giudiziaria e che è ammessa opposizione, come per l'ausiliario
del magistrato.
Articolo 105 (Liquidazione con provvedimento del giudice per le indagini
preliminari) (L)
Il legislatore originario, all'articolo 7, comma 1, della legge n. 217/1990
non aveva previsto l'ipotesi della liquidazione da parte del giudice per le
indagini preliminari dei compensi anche dell'investigatore privato. La norma in
commento comprende anche l'investigatore privato, perchè dal sistema emerge che
l'omissione è un mero difetto di coordinamento.
Per le osservazioni del Consiglio di Stato relative al pubblico ministero, v.
relazione all'articolo 96.
Articolo 106 (Esclusione dalla liquidazione dei compensi al difensore e al
consulente tecnico di parte) (L)
La norma, che prevede la non liquidazione del compenso al difensore nel caso
in cui l'impugnazione è dichiarata inammissibile, riprende il precetto
contenuto nell'art. 12, comma 2 bis, ultimo periodo, della legge n. 217/1990,
come modificata dalla legge n. 134/2001.
Il comma 2, invece, riporta la previsione (dell'art. 4, comma 2, legge citata),
che esclude la liquidazione del compenso al consulente di parte se gli
accertamenti tecnici, all'atto del conferimento dell'incarico, apparivano
irrilevanti ai fini della prova.
La previsione è limitata, su suggerimento del Consiglio di Stato, al compenso
del consulente di parte, apparendo ragionevole un controllo ex post per
verificare, sulla scorta di un giudizio prognostico rapportato al momento del
conferimento, se l'incarico al consulente non apparisse ab origine irrilevante o
superfluo in relazione alla formazione della prova, al fine di evitare abusi ad
opera del soggetto ammesso al patrocinio.
Capo VI
Effetti dell'ammissione al patrocinio
Articolo 107 (Effetti dell'ammissione) (L)
In generale, si rinvia ai commenti all'articolo corrispondente per gli altri
processi (art.131).
Il legislatore nel disciplinare gli effetti non ha distinto tra spese
normalmente anticipate nel processo penale, indipendentemente dal patrocinio a
spese dello Stato, e quelle che sono anticipate solo per effetto dell'ammissione
al patrocinio a spese dello Stato e che gravano ordinariamente sulla parte
privata (vedi come esempio lett. c) e d) della norma originaria, per gli
ausiliari del giudice e per i testimoni).
Non è possibile procedere a tale distinzione. La disciplina del recupero di
tutto in caso di revoca è costruita come “sanzione” e, quindi, prescinde
dal recupero subordinato alla condanna per le spese ordinariamente anticipate e
ripetibili (un revocato, anche se assolto, deve restituire tutto; per un
condannato non revocato tutte le spese rimangono a carico dell'erario, anche
quelle che – se non fosse stato ammesso al patrocinio – sarebbero state
recuperabili nei suoi confronti (vedi art. 111 (L).
Per quanto attiene al comma 3, alla lettera d), i termini “consulenti tecnici
e consulenti tecnici di parte” sono stati sostituiti con la terminologia
“ausiliari del magistrato e consulenti tecnici di parte” sulla base della
definizione di “ausiliario del magistrato”.
Nel nuovo processo penale, periti sono i consulenti tecnici nominati dal
giudice, mentre consulenti tecnici sono quelli nominati dalle parti (p.m. o
parti private). Quindi la terminologia originaria è comunque impropria. Non ci
sono dubbi in ordine alla ricomprensione del consulente tecnico nominato dal
p.m. e del perito del giudice. Infatti, anche per le altre voci di spesa, nelle
norme originarie sono sempre ricomprese tra gli effetti quelle che sono sempre
anticipate dall'erario nel processo in cui non vi è ammissione al patrocinio a
spese dello Stato.
Dalla ricostruzione fatta, nessuna funzione è svolta dai notai nel processo
penale. Per tale motivo non si è riportato il riferimento ad essi previsto
nell'articolo originario.
Sempre per quanto attiene il comma 3, alla lett. e), l'indennità di custodia è
tra le spese sempre anticipate, indipendentemente dall'ammissione (vedi articolo
694 c.p.p).
Con riferimento alle voci di spesa previste alle lett. d) e f), della norma in
commento, va chiarito che “l'annotazione a debito degli onorari dovuti nonché
delle spese e indennità anticipate dallo Stato, ai sensi della lettera c)”,
secondo la formulazione originaria della lettera d) (esistente anche nella
formulazione prima della riforma del 2001) significa inequivocabilmente, sulla
base della prassi applicativa e del collegamento con l'art. 12 della legge
originaria, che tali spese e, in particolare gli onorari di avvocati e
consulenti tecnici, erano annotate per il recupero e sicuramente anticipate
dall'erario e non prenotate a debito. “Annotazione”, usato nell'articolo
originario, si riferisce solo, e per le spese recuperabili per intero,
all'annotazione nel modello ex art. 200 att. c.p.p. – in realtà nella
prassi nel fascicolo - e non all'annotazione nel campione, che si formava solo
nel momento finale.
E' stata eliminata la lettera e) dell'articolo originario poiché le
dichiarazioni sostitutive sono tutte esenti dall'imposta di bollo, secondo
quanto stabilito dall'art. 16, della tabella B, del D.P.R. n. 642/1972, e
secondo l'articolo 37, comma 1, del testo unico documentazione amministrativa:
D.P.R. n. 445/2000.
Articolo 108 (Effetti dell'ammissione relativi all'azione di risarcimento
del danno nel processo penale) (L)
In generale, vedi commenti all'articolo sugli effetti relativo agli altri
processi (art.131).
Dell'originario art. 4, legge n. 217/1990, lett. a), limitatamente alle parole
“di bollo” e “di qualsiasi…natura”, non si è tenuto conto perché
assorbito dall'art. 9, legge n. 488/1999, che ha soppresso il bollo e i diritti
di cancelleria.
Sino ad oggi, pur in assenza di prassi per mancanza di ipotesi concrete -
infatti non ci sono casi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato - la
prenotazione a debito sarebbe dovuta avvenire nel campione civile sulla base
della circolare di Giustizia che ha fatto riferimento alla natura dell'azione.
Infatti, la circolare 30.6.95, relativa alla annotazione della prenotazione a
debito dell'imposta di registro della sentenza di condanna al risarcimento del
danno, prevede il campione civile. Ciò vale anche per la categoria generale dei
giudizi relativi a tale azione nei casi di ammissione al patrocinio a spese
dello Stato, fondandosi l'argomentazione sulla natura dell'azione. E' così
superata la circ. 19.11.90 (annotazione nel campione penale). Oggi il problema
non si pone sulla base del nuovo assetto proposto in materia di registri.
Articolo 109 (Decorrenza degli effetti) (L)
Stabilisce nello specifico da quando decorrono gli effetti dell'ammissione
Articolo 110 (Pagamento in favore dello Stato) (L)
Nel presente articolo è confluito il contenuto dell'articolo 14, della
legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, salvo il comma 4,
che, essendo relativo alle controversie civili, risulta ampiamente superato
dalla disciplina dell'articolo 15 sexiesdecies della legge n. 217/1990,
come modificata dalla legge n. 134/2001.
Articolo 111 (Recupero nei confronti dell'imputato ammesso al patrocinio)
(L)
L'articolo 17, comma 1, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge
n. 134/2001, è stato riformulato nella presente norma in positivo per esigenze
di maggiore chiarezza.
Nella formulazione originaria con l'espressione “nel processo penale”, non
ci si riferiva anche all'azione civile nel processo penale che è l'ipotesi
disciplinata dall'articolo 108 (L) e, in parte, dall'articolo 110 (L).
La formulazione originaria si riferisce solo alla revoca su richiesta
dell'amministrazione finanziaria. Questa previsione è incompatibile con l'altra
(originario articolo 11), secondo cui i casi in cui la revoca ha efficacia
retroattiva sono più ampi perchè ricomprendono anche la revoca per la mancata
certificazione dell'autorità consolare e la revoca disposta dal magistrato
all'esito delle integrazioni richieste alla Guardia di finanza e alla DIA e alla
DNA in caso di imputazione per alcuni delitti.
Per eliminare la discordanza presente nella legge originaria, probabilmente
dovuta ad un difetto di coordinamento, le due ulteriori ipotesi di revoca con
effetto retroattivo sono state accorpate, quanto agli effetti della revoca, alla
fattispecie più vicina per struttura e ratio a quella
espressamente disciplinata dal legislatore. Per cui, la mancata certificazione
ha seguito la disciplina delle altre ipotesi dell'articolo 112 (L) (efficacia a
tempo), mentre la revoca a seguito delle integrazioni chieste alla Guardia di
finanza, alla DIA e alla DNA, ha seguito la disciplina prevista per la revoca su
richiesta dell'amministrazione finanziaria (efficacia retroattiva).
Questo articolo va esaminato in collegamento con gli articoli 112 (L) e 114 (L).
Capo VII
Revoca del decreto di ammissione al patrocinio
Articolo 112 (Revoca del decreto di ammissione) (L)
Degli originari articoli 10 e 11, della legge n. 217/1990, come modificata
dalla legge n. 134/2001, si evince chiaramente come l'uso di diversi termini
“modifica” e “revoca” ha il solo valore precettivo di individuare i
diversi termini di decorrenza degli effetti (vedi articolo 114 (L) del testo
unico). Non si tratta, quindi, di due istituti, ma di un solo istituto, quello
della revoca. Il termine “modifica” si riferisce sempre e soltanto alle
condizioni reddituali. In tal senso, la norma è stata riformulata per esigenze
di chiarezza.
La previsione generale di cui al comma 3, del presente articolo assorbe anche la
previsione specifica relativa al giudice per le indagini preliminari di cui
all'articolo 7, comma 2, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n.
134/2001.
Coerentemente alla scelta operata in altra norma (articolo 98 (L)) è stata
esclusa la comunicazione all'amministrazione finanziaria, che in caso di revoca
non ha interesse.
Per le osservazioni del Consiglio di Stato relative alle funzioni del pubblico
ministero, v. relazione all'articolo 96.
Articolo 113 (Ricorso avverso il decreto di revoca) (L)
L'articolo in questione riguarda solo l'ordinanza che decide la revoca
richiesta dall'amministrazione finanziaria, secondo le modalità dell'articolo
112 (L), comma 1, lett. d), del presente testo unico.
Per le osservazioni del Consiglio di Stato relative alle funzioni del pubblico
ministero, v. relazione all'articolo 96.
Articolo 114 (Effetti della revoca) (L)
In relazione alle ipotesi ivi richiamate, indica il momento dal quale la
revoca del provvedimento di ammissione ha effetto (v. art. 112 (L).
TITOLO III
ESTENSIONE, A LIMITATI EFFETTI, DELLA DISCIPLINA DEL PATROCINIO PREVISTA PER IL
PROCESSO PENALE
Articolo 115 (Liquidazione dell'onorario e delle spese al difensore di
persona ammessa al programma di protezione dei collaboratori di giustizia) (L)
L'articolo 12, comma 2 ter della legge n. 217/1990, come modificata
dalla legge n. 134/2001, che confluisce nel testo Unico, sostituisce,
integrandola, la previsione contenuta nell'articolo 13, comma 6 della legge n.
82/1991.
La scarna previsione di quest'ultimo articolo (provvedimento del giudice su
parere del consiglio dell'Ordine) è, infatti, integrata nell'art. 12, comma 2 ter
citato con il rinvio alle norme e modalità disciplinate per il patrocinio a
spese dello Stato (tariffe professionali, valutazione dell'impegno
professionale, ecc.). Il rinvio non può non ritenersi esteso all'opposizione,
che è parte integrante della disciplina.
La norma nulla prevede in ordine all'estensione della disciplina relativa
all'eventuale recupero della somma. Che l'importo sia anticipato dallo Stato
discende dalla legge n. 82/1991, che ricomprende l'assistenza legale tra le
misure di assistenza economica. Invece, sull'eventuale recupero della somma,
nulla dispone la stessa legge n. 82/1991 e non è sostenibile l'estensione della
disciplina relativa al patrocinio a spese dello Stato, la quale subordina il
recupero alla revoca dell'ammissione basata su profili reddituali e attinenti
alla procedura.
Articolo 116 (Liquidazione dell'onorario e delle spese al difensore di
ufficio) (L)
L'art. 32 disp. att. c.p.p., sostituito dall'art. 17 della legge n. 60/2001,
prevede che, se l'avvocato dimostra di non aver recuperato nulla dal difeso, il
compenso è liquidato dallo Stato, nella misura e con le modalità previste
dalla disciplina per il patrocinio a spese dello Stato, come accade sempre se il
difeso è ammesso al patrocinio. E' un modo per assicurare l'effettività e
l'efficacia della difesa di ufficio, garantendo la retribuzione al difensore, se
il proprio assistito non paga.
Lo Stato ha diritto di ripetere la somma anticipata dal difeso a meno che le
condizioni di quest'ultimo non siano quelle che avrebbero consentito
l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Poiché l'ammissione al patrocinio è sempre costruita nel sistema come
concessione di beneficio a domanda dell'interessato, l'unica interpretazione
possibile del comma 2 dell'articolo originario è nel senso che, emesso il
decreto di liquidazione, si avvia la procedura di recupero (invito al pagamento,
iscrizione a ruolo, riscossione mediante ruolo) a meno che il difeso non fa
istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. In tal caso, la
procedura di recupero si interrompe se l'istante è ammesso e il credito dello
Stato è estinto per insussistenza, essendo venuto meno il presupposto di legge
cui era subordinato il diritto di recupero. La procedura di recupero, invece,
procede indisturbata se l'istanza di ammissione non è presentata o non è
accolta. Questa interpretazione è alla base della riformulazione del comma 2
della norma in commento.
L'espressione “versi nella condizione” non può presupporre una procedura
che vede come parte attiva l'ufficio pubblico sul modello di quella per i
minori. Nella fattispecie proposta per i minori, infatti, c'è una presunzione
di non abbienza del soggetto che non nomina un difensore di fiducia e
un'ammissione officiosa al patrocinio a spese dello Stato, salvo verifiche, che
ha il suo fondamento nel favor minoris del nostro ordinamento.
Non occorre il rinvio alla riscossione, nella norma originaria richiamata
attraverso il d.P.R. n. 602/1973, dato il nuovo contesto del testo unico.
Articolo 117 (Liquidazione dell'onorario e delle spese al difensore di
ufficio di persona irreperibile) (L)
L' articolo 32 bis delle disp. att. c.p.p., introdotto dall'articolo 18
della legge n. 60/2001, prevede che al difensore di ufficio dell'irreperibile è
liquidato dallo Stato il compenso nella misura e con le modalità previste dalla
disciplina per il patrocinio, come accade sempre se il difeso è ammesso al
patrocinio. E' un modo per assicurare l'effettività e l'efficacia della difesa
di ufficio, garantendo la retribuzione al difensore, in caso di irreperibilità
del difeso. Lo Stato recupera (invito al pagamento, iscrizione a ruolo,
riscossione mediante ruolo) quando il difeso diventa reperibile.
L'articolo è stato così riformulato in quanto non ha contenuto precettivo
il richiamo al comma 5, dell'originario articolo 1, della legge n. 217/1990,
come modificata dalla legge n. 134/2001, visto che l'individuazione del soggetto
nei cui confronti lo Stato ha diritto di ripetizione è fatta nell'articolo 32
bis. Quanto alla misura e alle modalità, anche il comma 5, dell'articolo 1,
della legge n. 217/1990 rinviava a quelle previste nel resto della legge, ora in
questa parte del Testo unico. Un significato al richiamo del comma 5 citato, si
può forse rinvenire nell'esigenza di chiarire la differenza con l'ipotesi
disciplinata dall'articolo precedente: mentre lì la liquidazione del difensore
è subordinata all'infruttuosa riscossione nei confronti del difeso, qui –
come nel processo minorile – il difensore è comunque liquidato salvo
recupero.
Articolo 118 (Liquidazione dell'onorario e delle spese al difensore di
ufficio del minore) (L)
Già prima della legge n. 60/2001, che ha innovato la disciplina della
difesa di ufficio e si è posta l'obiettivo di assicurare l'efficacia della
difesa, anche garantendo la retribuzione del difensore (vedi articoli che
precedono), il legislatore era andato in questa direzione per il processo penale
minorile, prevedendo la norma originaria (art. 1, comma 5, l. n. 217/1990) in
esame. In sostanza, limitatamente al compenso del difensore, c'è una ammissione
d'ufficio al patrocinio, senza domanda dell'interessato, purché esistano le
condizioni reddituali richieste in generale.
Quanto alle altre voci di spesa, si deve considerare che nel processo penale
minorile non c'è condanna, sulla base dell'articolo 29 del d.lgs. n. 272/1989,
alle altre spese anticipate, con la conseguenza che sempre, e indipendentemente
dall'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, le spese, che normalmente lo
Stato anticipa e poi recupera nei confronti del condannato, rimangono a carico
dell'erario.
Che l'ammissione di ufficio fosse limitata al compenso al difensore, lo conferma
la circostanza che, nella prassi, non si è posto il problema per l'anticipo da
parte dell'erario di spese, quali la consulenza tecnica di parte o le spese di
notifica di testi a difesa, che, in caso di patrocinio a spese dello Stato, sono
anticipate dall'erario invece che dalla parte.
Relativamente alle modalità di accertamento delle condizioni reddituali ai fini
del recupero, in caso di superamento dei limiti, si è riscontrata
un'applicazione differenziata della norma originaria.
Alcuni uffici procedono all'azione di recupero in mancanza di prove da parte
dell'interessato della sussistenza delle condizioni reddituali. Comunicato il
decreto di liquidazione alla parte privata e invitata a documentare la
sussistenza dei requisiti per il beneficio, anche nel silenzio della parte,
avviano le procedure per il recupero.
Altri uffici, invece, per procedere al recupero, ritengono necessaria la prova
positiva, prodotta dalla parte privata invitata a documentare o accertata
tramite la direzione regionale dell'agenzia delle entrate.
Quest'ultima interpretazione, recepita nell'articolato, appare la più
corretta sulla base di tre ragioni collegate: a) discende coerentemente dalla
costruzione dell'istituto come ammissione di ufficio, che si fonda sulla
presunzione di non abbienza del minore che non abbia nominato un difensore di
fiducia; b) si inserisce nel contesto del favor minoris proprio del
nostro ordinamento minorile; c) impedisce spreco di risorse per riscuotere un
credito che non può essere concretamente recuperato per mancanza di
disponibilità e il cui recupero è stato avviato solo perché l'interessato non
ha risposto alla richiesta di documentazione.
In sostanza, liquidato il compenso e comunicato (secondo le regole generali) al
difensore, alle parti processuali e all'ufficio finanziario, dando termine per
la produzione della documentazione richiesta (in generale) quando si presenta
l'istanza, si procederà al recupero delle somme anticipate (invito al
pagamento, iscrizione al ruolo e riscossione mediante ruolo) se i limiti
di reddito risultano superati sulla base della documentazione prodotta, o degli
accertamenti effettuati dall'ufficio finanziario, anche attraverso la Guardia di
finanza, secondo le regole generali. Se dalla documentazione o dagli
accertamenti risulta la sussistenza dei limiti reddituali richiesti, il credito
è estinto per insussistenza (secondo le regole generali), non essendosi
verificato il presupposto per il suo sorgere.
E' stato previsto il decreto del magistrato – peraltro già nella prassi –
perché si tratta di una ammissione – sia pure di ufficio – al patrocinio.
La prima parte dell'originario comma 5, dell'articolo 1, della legge n. 217/1990
(“Nel processo penale a carico di minorenni, quando l'interessato non vi abbia
provveduto, l'autorità procedente nomina un difensore”) non è riportata
perché costituisce un'inutile ripetizione del principio generale in tema di
difesa di ufficio.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI PARTICOLARI SUL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO NEL PROCESSO CIVILE,
AMMINISTRATIVO, CONTABILE E TRIBUTARIO
Capo I
Istituzione del patrocinio
Articolo 119 (Equiparazione dello straniero e dell'apolide) (L)
Il termine “straniero” si riferisce sia al cittadino di Paesi
appartenenti all'Unione europea, sia al cittadino di Paesi non appartenenti
all'Unione europea. Le uniche differenze per quanto attiene la documentazione da
presentare insieme all'istanza sono disciplinate nell'ambito dell'articolo 79
(L).
Articolo 120 (Ambito di applicabilità) (L)
La norma in commento si collega alla disposizione generale (articolo 75),
che prevede la validità dell'ammissione per ogni grado e fase del processo, ed
esclude dalla limitazione, prevista dall'originario 15 sexies, comma 1, l'azione
di risarcimento del danno nel processo penale, operando un raccordo con
l'originario articolo 1, comma 4.
Questa interpretazione, suggerita dal Consiglio di Stato, trova conferma nella
circostanza che la novella del 2001 ha previsto il 15 sexies ed ha
contemporaneamente soppresso dall'originario c. 4 dell'articolo 1, l'espressione
“qualora risulti vittoriosa”. La ratio del diverso regime è nell'esigenza
di una tutela rafforzata del non abbiente leso da reato.
Capo II
Condizioni per l'ammissione al patrocinio
Articolo 121 (Esclusione dal patrocinio) (L)
Prevede i casi in presenza dei quali è esclusa l'ammissione al patrocinio.
Capo III
Istanza di ammissione al patrocinio
Articolo 122 (Contenuto integrativo dell'istanza) (L)
Prevede il contenuto, a pena di inammissibilità, dell'istanza di ammissione
al patrocinio.
Nel riformulare la norma originaria è stato eliminato un difetto di
coordinamento con altro articolo della stessa legge. Infatti, mentre la
disposizione che istituisce il patrocinio per questi processi prevede che le
ragioni del non abbiente risultino “non manifestamente infondate”, quella
che disciplina il contenuto dell'istanza fa riferimento alla “fondatezza della
pretesa”. Per eliminare il difetto di coordinamento si è data prevalenza alla
norma di principio.
Articolo 123 (Termine per la presentazione o integrazione della
documentazione necessaria ad accertare la veridicità) (L)
Stabilisce che il termine in oggetto non può essere superiore a due mesi.
Articolo 124 (Organo competente a ricevere l'istanza) (L)
Nell'originaria formulazione dell'articolo 15 quater, comma 3, della
legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, non era prevista
l'indicazione dei soggetti che potevano presentare l'istanza. Per esigenze di
uniformità con la disciplina del penale, si è ritenuto di esplicitare anche in
questa norma l'indicazione dei soggetti legittimati alla presentazione
(interessato e difensore).
Inoltre, il principio previsto per la Cassazione è stato esteso ai
corrispondenti organi delle altre giurisdizioni.
Articolo 125 (Sanzioni) (L)
La norma in commento riporta la fattispecie penale prevista nella norma
originaria – differente rispetto a quella prevista per i procedimenti diversi
dal penale - e si limita a sciogliere i rinvii interni alla legge raccordandoli
con il Testo unico.
Il termine “autocertificazione” previsto originariamente dalla legge n.
217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, è stato sostituito con
l'espressione contenuta nel testo unico in materia di documentazione
amministrativa “dichiarazione sostitutiva di certificazione”.
Alla previsione della revoca si è aggiunta la precisazione “con efficacia
retroattiva”, per coordinare meglio il testo del presente articolo con la
formulazione dell'art. 136 (L) relativo alla revoca del provvedimento di
ammissione al patrocinio.
Per il resto, se si escludono i necessari coordinamenti formali con il testo
unico, è stata mantenuta la previsione legislativa originaria, che presenta
delle differenziazioni nell'individuazione della fattispecie penale tra processo
penale e altri processi [v. art. 95 (L)].
Capo IV
Decisione sull'istanza di ammissione al patrocinio
Articolo 126 (Ammissione anticipata da parte del consiglio dell'ordine
degli avvocati) (L)
La differenza tra gli altri procedimenti e il penale è proprio nella
previsione del presente articolo: l'ammissione in via anticipata da parte del
consiglio dell'ordine.
Qui la decisione del giudice ha funzione di “appello” rispetto alla
decisione negativa del consiglio dell'ordine degli avvocati.
Trattandosi di una forma di rimedio, se la decisione è adottata “unitamente
al merito”, come recitava l'articolo originario, si perde la natura di
revisione della decisione del consiglio dell'ordine e viene meno la logica della
norma. Per tale motivo l'articolo in commento è stato riformulato prevedendo
che il giudice decide con decreto, indipendentemente dal merito.
Articolo 127 (Trasmissione all'ufficio finanziario degli atti relativi
all'ammissione al patrocinio) (L)
Al comma 1, la previsione originaria dell'articolo 15 decies, comma 2
della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, è stata
riformulata, nel senso di prevedere la trasmissione all'amministrazione
finanziaria della copia solo del decreto di accoglimento dell'istanza. E'
inutile, infatti, la trasmissione della copia del decreto con cui il consiglio
dell'ordine respinge o dichiara inammissibile l'istanza.
Lo stesso tipo di intervento è stato fatto nelle norme relative al procedimento
penale.
Capo V
Difensori e consulenti tecnici di parte
Articolo 128 (Obbligo a carico del difensore) (L)
Prevede l'obbligo, pena la responsabilità disciplinare, del difensore della
parte ammessa al patrocinio di chiedere la dichiarazione di estinzione del
processo, in caso di cancellazione dal ruolo ex art. 309 c.p.c.
Articolo 129 (Nomina del consulente tecnico di parte) (L)
Disciplina la nomina del consulente tecnico di parte negli altri processi.
Articolo 130 (Compensi del difensore, dell'ausiliario del magistrato e del
consulente tecnico di parte) (L)
Per quanto attiene al presente articolo, in merito ai compensi, si ritiene
che, nonostante l'evidente disparità di trattamento tra gli altri processi ed
il penale, non sia possibile intervenire in sede di testo unico per uniformare
la disciplina.
Capo VI
Effetti dell'ammissione al patrocinio
Articolo 131 (Effetti dell'ammissione al patrocinio) (L)
La riformulazione aggiorna le voci di spesa secondo la ricostruzione fatta
nel testo unico, mentre anche la legge del 2001 usa le categorie del vecchio
r.d. del 1923, che non trovano più corrispondenza.
Relativamente al comma 2, si segnala :
- alla lett. a): la
previsione ha alla base l'interpretazione dell'articolo 9, comma 7, legge n.
488/1999, ( vedi Parte Voci di spesa , titolo sul contributo unificato). La
terminologia del comma 7 originario “sono esentati” è imprecisa, e, alla
luce del comma 8, va interpretata nel senso che non c'è versamento di denaro,
ma, conformemente alla sistematica del patrocinio a spese dello Stato,
prenotazione a debito;
- alla lett. f) : la
formulazione originaria della lett. c) dell'art. 15 sexies, riproduce
letteralmente il n. 3, primo periodo dell'art. 11, r.d. del 1923; “senza
percezione di diritti o altre spese”, da intendersi, come è confermato nella
prassi, non nel senso della gratuità ma nel senso della prenotazione a debito.
Relativamente al comma 3, si segnala :
- in generale,
l'ipotesi della prenotazione a debito successivamente all'infruttuosa escussione
da parte del professionista, appare un'ipotesi di scuola piuttosto che una
concreta possibilità, ma in tal senso è la norma originaria;
- in particolare,
per quanto attiene ai consulenti tecnici: i soli onorari (le spese sostenute per
l'incarico e le spese e indennità di trasferta sono anticipate, v. comma
successivo) sono a domanda prenotati a debito e riscossi con le spese solo dopo
la vana escussione del condannato alle spese non ammesso e dell'ammesso in caso
di revoca dell'ammissione, cui è equiparata la vittoria della causa. Rispetto
al r.d del 1923, la disciplina incorporata nel testo unico è uguale per le
spese, mentre è diversa per gli onorari, perché prima erano automaticamente
prenotati a debito e recuperati nei confronti del condannato non ammesso e
dell'ammesso in caso di revoca o di vittoria a certe condizioni. Oggi, il
consulente tecnico agisce direttamente e, solo se non recupera, chiede
l'annotazione a debito e prova il recupero nelle forme ordinarie delle altre
spese;
- per quanto attiene
ai notai: il riferimento ai notai è espresso nella lett. d) mentre è implicito
nella lett. e) dell'articolo originario, che ripete la norma del r.d. del 1923.
Infatti nella lett. e) si parla di pubblici ufficiali, categoria in cui
sicuramente rientrano i notai. La normativa di riferimento per i notai: ai sensi
dell'articolo 68, comma 2, c.p.c., il giudice può ricorrere al notaio per il
compimento di alcuni atti, quando la legge lo prevede. La legge prevede che si
possa ricorrere al notaio in funzione sostitutiva del giudice (in materia di
espropriazione forzata ai sensi della legge n. 302/1998, e nelle operazioni di
divisione, ai sensi degli articoli 786, 790, 791, c.p.c) o, in alternativa
all'utilizzo di cancellieri o ufficiali giudiziari (artt. 212, 733, 769 c.p.c.);
- per quanto attiene
l'indennità di custodia, il legislatore del 2001 e del 1923 non parla di
custodi. L'ipotesi è del tutto residuale (vedi Parte Voci di spesa, indennità
di custodia) nella prassi, tuttavia, in astratto, non si può escludere la
possibilità che ricorra: se è nominato un custode terzo per il bene sottoposto
a sequestro giudiziario o conservativo e questi ha chiesto di essere compensato
ai sensi del c.p.c. e il giudice ha posto la spesa a carico della parte ammessa
al beneficio. La disciplina in commento si basa sull'estensione della disciplina
prevista per notai e consulenti tecnici, legittimata dalla circostanza che la
norma originaria parla di pubblici ufficiali.
Relativamente al comma 4, si segnala :
- alla lett. a), per
quanto attiene gli avvocati, al momento della liquidazione paga lo Stato, salvo
recupero. Questa previsione, contenuta nella lett. a) dell'articolo originario,
è stata ritenuta prevalente rispetto a quelle, incompatibili, dettate dagli
artt. 15 septies e art. 15 sexiesdecies, comma 4. La presenza di
questi ultimi articoli, ripresi dalla vecchia disciplina, può spiegarsi con il
difetto di coordinamento dei nuovi principi con la disciplina preesistente. Con
il r.d del 1923, l'avvocato poteva agire direttamente – il che sempre faceva
– o domandare l'iscrizione a debito, perché venisse recuperato insieme alle
altre spese (norma desueta). Ora la differenza fondamentale è che è pagato
subito dall'erario.
- alla lett. d): le
originarie lett. f), g) ed h) dell'art. 15 sexies sono state rese più
elastiche, anche in considerazione del regolamento, ex art. 17, co. 2,
legge n. 400/1988, previsto dall'art. 31 legge n. 340/2000. Certamente non è
necessario il rinvio a specifiche norme del c.c. e c.p.c. L'originaria lett. f)
riproduce il n. 5 dell'art. 11, r.d. del 1923, che prevedeva la gratuità, ma è
una previsione che da tempo immemorabile non è applicata. Non si conoscono
giornali di pubblicazioni giudiziarie. Anche a voler considerare il F.A.L. –
oramai soppresso – tra questi, era prevista la prenotazione a debito sulla
base di legge di settore e non la gratuità.
Altre precisazioni: l'originaria lett. d) “i pubblici ufficiali, il cui
ministero sia allo scopo richiesto, i notai e i consulenti tecnici debbono
prestare la loro opera. …e le indennità”, riprende il n. 3, art. 11, r.d.
del 1923.
Nella prassi non sono state riscontrate categorie diverse oltre i consulenti
tecnici, i notai e i pubblici ufficiali elencati tra le spese anticipate; a
queste categorie è riferito il termine indennità. Non è stata prevista
l'indennità di trasferta per i custodi (considerati invece per gli onorari)
perché appare non configurabile astrattamente la possibilità di una loro
trasferta. Per il consulente tecnico non è necessario prevedere che debbono
prestare la loro opera, essendo già previsto altrove, mentre prima la
precisazione era necessaria perché opera gratuita, salvo recupero.
Il comma 5 opera un rinvio alla disciplina prevista nell'articolo 33 per gli
ufficiali giudiziari.
Articolo 132 (Imposta di registro della sentenza e compensazione delle
spese) (R)
La norma in commento riproduce una norma regolamentare già esistente,
riscrivendola in maniera più chiara, e la inserisce nel testo unico per motivi
sistematici. La prima ipotesi si ha quando ha vinto l'ammesso e ha interesse
alla registrazione. La seconda quando ha vinto l'altra parte e ha interesse alla
registrazione, oppure, indipendentemente dalla vittoria, la parte diversa
dall'ammesso ha interesse alla registrazione.
Articolo 133 (Pagamento in favore dello Stato) (L)
Al comma 1, si è scelta la terminologia “pone a carico della parte”
anziché “condanna” per ricomprendere l'ipotesi del processo esecutivo
(articolo 95 c.p.c.).
L'espressione dell'articolo 15 sexiesdecies originario (“Lo Stato cura
direttamente il recupero delle spese di cui al comma 1”) non si è ripetuta
perché non occorre nel contesto del testo unico.
Articolo 134 (Recupero delle spese) (L)
Il comma 2 della norma in commento pone il principio, fissato dall'art. 15-septiesdecies
della legge n. 217/1990, per il quale in caso di estinzione o rinuncia al
giudizio da parte del soggetto ammesso al patrocinio, lo Stato esercita azione
di rivalsa per il recupero delle spese prenotate o anticipate.
Nel processo civile, infatti, l'estinzione consegue ordinariamente, come noto,
oltre che alla rinuncia agli atti del giudizio (art. 306 c.p.c.), all'inattività
delle parti, conseguente alla mancata riassunzione del giudizio a seguito di
cancellazione della causa dal ruolo, e, più in generale, alla mancata
costituzione a seguito di riassunzione, alla mancata rinnovazione della
citazione o prosecuzione del giudizio, ovvero alla mancata integrazione del
contraddittorio nei casi stabiliti dalla legge o dal giudice (art. 307
c.p.c.).
Il comma 4 del presente articolo riformula più chiaramente il precetto di cui
ai commi 4 e 5 dell'articolo 15 septiesdecies, della legge n. 217/1990,
come modificata dalla legge n. 134/2001. Infatti, si completa la disciplina
disponendo (cfr. art. 15 septiesdecies, comma 5) che l'attore ovvero
l'impugnante diverso dalla parte ammessa al beneficio del patrocinio sono
obbligati al pagamento delle spese prenotate a debito quando il giudizio è
estinto o rinunciato. La ratio di tale previsione riposa sulla
circostanza che, essendo, come detto, l'estinzione fenomeno che ordinariamente
consegue alla rinunzia agli atti del giudizio, ovvero all'inattività delle
parti, è parso giusto al legislatore che la parte la quale abbia dato impulso
al giudizio (o al singolo grado di esso) con l'atto introduttivo o con
l'impugnazione, e che successivamente rinunci al giudizio o lo lasci estinguere
per inattività, sopporti per intero le spese prenotate a debito.
L'ultimo comma del presente articolo stabilisce, infine, un principio di
solidarietà tra tutte le parti del giudizio nel quale vi sia stata ammissione
al patrocinio a spese dello Stato per il pagamento delle spese prenotate a
debito nelle ipotesi di mancata comparizione bilaterale all'udienza di cui
all'art. 309 c.p.c. e nei casi di estinzione “diversi da quelli di cui
ai commi precedenti”. In tal modo, si elimina un difetto di coordinamento
presente nella norma originaria. Infatti, così come è scritto il comma 6,
dell'articolo 15 septiesdecies, della legge n. 217/1990, come modificata dalla
legge n. 134/2001, sarebbe in contraddizione con i precetti dei commi 4 e 5
originari. Invero, la disposizione contenuta nell'art. 15-septiesdecies, comma
6, della legge prevede che “in ogni caso tutte le parti sono tenute
solidalmente al pagamento delle spese annotate a debito nelle ipotesi di
estinzione di cui ai commi precedenti”. Tale espressione, letteralmente
intesa, colliderebbe proprio con quanto stabilito dai “commi precedenti”,
che, come si è visto, pongono le spese, in caso di estinzione, non
necessariamente a carico di tutte le parti del giudizio in maniera solidale. Si
è pertanto ritenuto che la legge, in realtà, volesse riferire la previsione di
solidarietà – oltre che alla diserzione bilaterale dell'udienza – ai casi
di estinzione “diversi” da quelli già in precedenza menzionati. Si tratta
di una previsione idonea a coprire le ipotesi di estinzione o, comunque, di
venir meno del giudizio, non direttamente imputabili alla negligenza o alla
deliberata volontà di una delle parti, ad esempio nei casi di cessazione della
materia del contendere derivanti da fatti o circostanze diversi dalla
transazione (si pensi alla morte di uno dei coniugi in pendenza del processo di
divorzio).
La norma in commento non ha riportato la previsione originaria relativa al
patrocinio parzialmente a carico dello Stato perché non esistono ipotesi di
parzialità di accollo nel patrocinio a spese dello Stato e non si individuano
casi di applicazione pratica. Si tratta, quindi, di un refuso da eliminare.
Articolo 135 (Norme particolari per alcuni processi) (L)
Si tratta di procedimenti, in cui manca un provvedimento di condanna. La
formulazione dell'originario articolo 15 sexies, lett. g) e h), già
presente nel r.d. del 1923, è stata generalizzata perché con certezza i
principi richiamati valgono per tutte le spese e non solo per quelle di
pubblicazione del provvedimento, come è confermato dalla prassi.
Sono state eliminate le parti che ripetevano principi generali già affermati
altrove nel testo unico e il riferimento alla pubblicazione della sentenza,
perché rientra nella previsione della lettera d), comma 4, dell'articolo
131 (L), applicabili anche a questi procedimenti.
Capo VII
Revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio
Articolo 136(Revoca del provvedimento di ammissione) (L)
Con riferimento al comma 3, alla previsione originaria dell'articolo 15 terdecies,
si è aggiunta la previsione dell'indicazione del momento dell'accertamento da
parte del giudice, perché nella legge originaria rimane generico e può
generare problemi nella pratica.
Capo VIII
Disposizioni particolari per il patrocinio a spese dello Stato nel processo
tributario
Premesse generali
- L'articolo 23, l. n. 134/2001 ha abrogato, a
partire dal 1° luglio 2002, la disciplina generale del gratuito patrocinio
contenuta nel r.d. n. 3282/1923, relativa al processo civile, nonché,
attraverso rinvii alla stessa contenuti in norme di settore, relativa al
processo tributario, oltre che contabile e amministrativo.
- L'abrogazione è coordinata temporalmente con
l'entrata in vigore della nuova disciplina del patrocinio a spese dello Stato
(prevista dalla l. n. 134/2001 attraverso la tecnica della novella alla l. n.
217/1990, relativa al patrocinio a spese dello Stato nel processo penale), che
ha sostituito la precedente del gratuito patrocinio contenuta nel r.d. del 1923.
- Il legislatore della riforma ha innovato la
disciplina generale di base riferendola espressamente al processo civile e
amministrativo; poiché nel prevedere la nuova disciplina generale ha
espressamente abrogato la precedente disciplina generale, si deve ritenere che
la nuova disciplina è riferibile anche al processo tributario, oltre che
contabile, la cui disciplina di settore si ancorava a quella generale con la
tecnica del rinvio mobile.
- La vecchia e la nuova disciplina
differiscono radicalmente: in sintesi, si passa dal gratuito patrocinio al
patrocinio a spese dello Stato, modellato su quello previsto dalla l. n.
217/1990 per il processo penale.
- In particolare e in estrema sintesi:
Non si può interpretare il rinvio operato dall'articolo 13, d.lgs. n.
546/1992 al r.d. del 1923, come rinvio fisso perché tale ipotesi contrasta con
la lettera della legge che prevede il rinvio, la quale richiama le successive
modificazioni ed integrazioni, nonché con la volontà, seppure implicita, del
legislatore del 2001, di innovare sostanzialmente l'intera materia.
Tuttavia, il legislatore della riforma non ha tenuto conto – per mero difetto
di coordinamento – delle peculiarità relative al processo tributario, quali
emergono dall'articolo 13, d.lgs. n. 546/1992.
In particolare non ha considerato che l'assistenza tecnica è affidata, oltre
che agli avvocati, ad altre categorie professionali, quali risultano dall'art.
12 dello stesso d.lgs., con la conseguenza che la commissione per la concessione
del beneficio è composta anche da rappresentanti di queste ultime categorie.
Il difetto di coordinamento può essere superato recuperando e inserendo nel
T.U. le particolarità esistenti nella legislazione speciale, coordinandole con
la nuova legislazione generale.
Gli articoli del presente capo hanno l'obiettivo di superare il difetto di
coordinamento del legislatore della riforma, dando nel contempo rilievo alle
suddette particolarità.
Articolo 137 (Ambito temporale di applicabilità) (L)
L'efficacia temporale del coordinamento effettuato con il T.U. è limitata:
cessa al momento dell'emanazione di nuove norme particolari emanate dal
legislatore.
Articolo 138 (Commissione del patrocinio a spese dello Stato) (L)
L'articolo in commento riprende testualmente l'articolo 13, comma 2, del
d.lgs. n. 546/1992, proprio perché la composizione mista di questa commissione
- comprensiva di rappresentanti di categorie professionali diverse da quelle
degli avvocati - non consente l'operatività per il processo tributario della
riforma, che invece affida al consiglio dell'ordine, sia pure solo per
l'ammissione anticipata, le funzioni che prima erano svolte dalle commissioni
per il gratuito patrocinio.
Articolo 139 (Funzioni della commissione) (L)
La norma in commento riprende il precetto dell'articolo 13, comma 3, d.lgs.
n. 546/1992 e lo raccorda con il T.U.
In particolare, lo raccorda con le norme del t.u. che riproducono i precetti
della legge di riforma del 2001. Queste attribuiscono al consiglio dell'ordine
degli avvocati la decisione sull'istanza di ammissione al patrocinio in via
anticipata, al magistrato che procede il potere di revoca per mutamento delle
condizioni reddituali, ma anche per difetto originario dei presupposti, nonché
il potere di decidere sull'istanza presentata dopo il rigetto o la dichiarazione
di inammissibilità da parte del consiglio. Inoltre, disciplinano la procedura
decisionale, le comunicazioni, anche all'ufficio finanziario, e i controlli da
parte di quest'ultimo.
Nel processo tributario queste funzioni attribuite, anche in modo ripartito, al
consiglio dell'ordine degli avvocati e al magistrato, sono svolte solo dalla
speciale commissione del patrocinio a spese dello Stato, che rappresenta
magistrati, avvocati e difensori diversi dagli avvocati, e che, quindi, è
l'unica a decidere sull'istanza di ammissione, a verificare le condizioni di
ammissibilità e i presupposti di reddito, originari e sopravvenuti, a
revocare, ad effettuare le comunicazioni, a richiedere la documentazione
integrativa. Di conseguenza non potrà logicamente operare la funzione di
“appello” del magistrato rispetto alla decisione del solo ordine degli
avvocati, prevista dalla legge generale, ma per evitare dubbi interpretativi è
stata espressamente esclusa.
L'articolo in commento, infine, non riprende la parte della norma originaria
secondo cui la commissione pronunzia in unico grado. Infatti, la precisazione
aveva un significato nel vecchio sistema, dove la disciplina generale prevedeva
l'appello alla commissione analoga operante presso il giudice superiore, ma non
ne ha nel nuovo, dove la nuova funzione di appello attribuita al magistrato è
già assorbita dalla natura mista della commissione che decide.
Articolo 140 (Nomina del difensore) (L)
L'abrogazione della vecchia disciplina che prevedeva la designazione del
difensore da parte della commissione che concedeva il beneficio è raccordata
con la nuova, che rimette all'ammesso la scelta nell'ambito di elenchi (quando
si tratta di avvocati) e con la peculiarità del processo tributario, che
consente la difesa tecnica a categorie diverse.
Sino a che il legislatore non effettuerà un miglior raccordo, il coordinamento
può garantirsi consentendo la scelta – per i difensori diversi dagli avvocati
- nell'ambito degli albi ed elenchi nominati nell'art. 12, del d. lgs n.
546/1992.
Articolo 141 (Onorario e spese del difensore) (L)
La nuova disciplina, che prevede la retribuzione a carico dell'erario, sia
pure ridotta della metà, e per la quantificazione richiede il parere del
consiglio dell'ordine degli avvocati, è raccordata con la peculiarità del
processo tributario che, nel prevedere difensori diversi degli avvocati, applica
a tutti questi le tariffe vigenti per i ragionieri (art. 15 , comma 2, del d.lgs
n. 546/1992) e si rimette ai rispettivi consigli dell'ordine il parere
richiesto.
TITOLO V
ESTENSIONE, A LIMITATI EFFETTI, DELLA DISCIPLINA DEL PATROCINIO PREVISTA NEL
TITOLO IV
Articolo 142 (Processo avverso il provvedimento di espulsione del
cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea) (L)
Avverso il provvedimento di espulsione l'articolo 13, d.lgs. n. 286/1998
prevede un ricorso al giudice amministrativo o al giudice ordinario a seconda
che si tratti di espulsione per motivi di ordine pubblico o per altri motivi.
Con riferimento alle spese, l'art. 13 prevede l'ammissione al “gratuito
patrocinio” nel contesto della disciplina della nomina del difensore di
ufficio, laddove il beneficiario fosse sprovvisto di un difensore di fiducia, e
di un interprete, se necessario. Sulla base di questa norma si è provveduto
alla liquidazione degli onorari e delle spese ad avvocati ed interpreti. Non si
sono annotate altre spese; non si sono aperti articoli di campione per il
recupero.
In sostanza, la norma è stata interpretata come ammissione ex lege al
patrocinio a spese dello Stato previsto per i giudizi penali (legge n.
217/1990), senza alcuna verifica, neanche postuma, dei limiti reddituali.
Infatti, il gratuito patrocinio civile all'epoca prevedeva la prenotazione a
debito degli onorari dei consulenti tecnici, degli interpreti, e, su domanda, di
quelli degli avvocati.
Non è stata prevista l'apertura dell'articolo di campione per il recupero,
mancandone i presupposti, anche teorici: in caso di soccombenza dello Stato non
si pone proprio il problema; in caso di soccombenza dell'espellendo non ci
sarebbero state le condizioni per il recupero nei suoi confronti, perché, sia
con riferimento alla disciplina del gratuito patrocinio (civilistica), sia con
riferimento a quella del patrocinio a spese dello Stato (penalistica), per il
recupero vengono in questione profili reddituali che, per queste ipotesi, sono
stati radicalmente esclusi.
Né, in questo giudizio particolare, vengono in questione altre spese, diverse
da quelle a cui ha fatto riferimento il legislatore nel prevedere il “gratuito
patrocinio”.
La norma in commento registra il modo in cui la norma originaria è vissuta
nell'ordinamento e la esplicita. Non occorre la previsione di una disciplina
transitoria. Nulla è detto nella legge n. 134/2001 per questi giudizi, nè la
nuova disciplina del patrocinio a spese dello Stato pone problemi di
interferenza: infatti, quest'ultima disciplina il patrocinio a spese dello Stato
a domanda, mentre quella in esame è un'ammissione di ufficio.
Articolo 143 (Processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, come
modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149) (L)
1. Contesto ordinamentale in cui si inserisce la norma originaria
Per le procedure previste dalla legge n. 184/1983 (esempio: dichiarazione di
adottabilità, affidamento preadottivo, dichiarazione di adozione) sono previste
esenzioni (art. 82).
L'art.75 prevede il patrocinio a spese dello Stato specificando che lo stesso
“comporta l'assistenza legale per le procedure previste dalla legge” e
disciplina la liquidazione di tali compensi. Lo stesso articolo rinvia al
comma 2, dell'art. 14, legge n. 533/1973 (processo del lavoro) che disciplina
l'anticipo a carico dell'erario di spese che coinvolgono terzi, compresi i
consulenti tecnici.
Non è richiamata la procedura di ammissione, né i limiti reddituali, né il
recupero secondo la legislazione allora vigente per il gratuito patrocinio (R.D.
del 1923).
Queste norme non sono state incise dalla novella alla stessa legge operata dalla
legge n. 149/2001.
La nuova legge (n.134/2001) sul patrocinio a spese dello Stato, che ha
introdotto il patrocinio per i processi diversi dal penale, sostituendo (a
decorrere dal 1.7.2002) il gratuito patrocinio di cui al R.D. del 1923, non si
occupa specificamente della materia.
2. Prassi
L'esistenza di pochi casi nella prassi, che riguardano solo il consulente
tecnico, si spiegano con la circostanza che prima della riforma, effettuata con
la legge n. 149/2001, non era prevista l'assistenza legale se non in Cassazione.
Infatti, nel campione civile di Roma, si registrano solo due annotazioni di
consulenza tecnica (risalenti al 1984), entrambi senza provvedimento formale di
ammissione al gratuito patrocinio, annullati per insussistenza “vertendosi in
procedura sorretta da interessi morali”; a Firenze, una sola annotazione di
consulenza tecnica del 1988, ma con ammissione formale al gratuito patrocinio,
annullato per soccombenza del ricorrente.
3. Modifiche della disciplina processuale
Oggi, la novella operata con la legge n. 149/2001, prevede l'assistenza
legale delle parti sin dall'inizio della procedura per la dichiarazione di
adottabilità (art.8).
4. Il decreto-legge n.150/2001
Il decreto-legge n. 150/2001, convertito con modificazioni nella legge 23
giugno 2001, n. 240, mantiene in vita, sino al 30 giugno 2002, la disciplina
processuale preesistente alle modifiche apportate con la legge n. 149/2001, cioè
la non obbligatorietà della difesa tecnica sin dall'inizio del procedimento,
preannunciando una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio.
Presupposto interpretativo di tale intervento normativo è che gli effetti
(assistenza legale, anticipo da parte dello Stato di altre spese), conseguano
all'ammissione al beneficio – previa richiesta e dimostrazione delle
condizioni reddituali – allora disciplinata dal R.D. del 1923 e, dal 1°
luglio 2002, dalla legge n. 134/2001.
Poiché le condizioni reddituali sono lo stato di povertà ai sensi del R.D. del
1923 e il limite di 18 milioni per la nuova legge, il d.l. n. 150/2001
preannuncia norme ad hoc per consentire la difesa di ufficio a carico
dello Stato, al fine di tutelare l'efficacia delle difesa giurisdizionale in
giudizi la cui natura fa ragionevolmente prevedere la non abbienza
(dichiarazioni di adottabilità, dichiarazioni di adozione), e nei quali è
prevalente l'interesse del minore alla famiglia (impugnazione degli adottanti
della sentenza che non dispone l'adozione).
5. La disciplina del Testo Unico.
La norma in commento, nonostante nella prassi vi siano state incertezze
sulla necessità o meno della richiesta di ammissione al beneficio e sulla
conseguente pronuncia di ammissione al fine di farne scaturire gli effetti, fa
propria la tesi, presupposta dal decreto legge n. 150/2001, secondo cui è
necessaria l'ammissione sulla base dei limiti reddituali.
I richiami alla legge base del beneficio (la legge n. 134/2001 incorporata nella
parte III del T.U.) si limitano alla necessità della domanda con la
documentazione dei requisiti di reddito e alle regole procedimentali relative a
tale richiesta.
Infatti, nulla autorizza l'estensione delle norme relative al recupero: né il
dettato legislativo dell'articolo 75 e della legge n. 134/2001 (che al riguardo
non contiene alcun riferimento) né la natura dei giudizi.
L'elenco delle spese anticipate è ricavato dall'art. 75 e dall'articolo
14 della legge del 1973, cui il primo rinvia; naturalmente, quali delle spese
concretamente opereranno per questi procedimenti dipende dalla struttura del
procedimento: le più probabili sul piano fattuale saranno gli onorari di
avvocati e di consulenti tecnici.
Per questi procedimenti il legislatore – sul modello della disciplina prevista
per il processo del lavoro - anticipava la disciplina degli effetti che poi ha
dettato per i processi penali (legge n. 217/90).
Infine, si è tenuto conto del preannuncio, con il decreto-legge n. 150/2001, di
nuove norme sulla difesa d'ufficio a carico dello Stato.
Articolo 144 (Processo in cui è parte un fallimento) (L)
Si tratta dell'ipotesi in cui il fallimento deve agire o resistere in
giudizio, che il R.D. del 1923 disciplinava all'articolo 16, comma 4. Sulla base
di questa norma, la commissione del gratuito patrocinio concedeva tale beneficio
su richiesta del giudice delegato, che attestava l'assenza di denaro, senza
ulteriore verifica.
Nella prassi la "formale” procedura di ammissione da parte della
commissione del gratuito patrocinio è stata superata e si è aperto il campione
civile sulla base del provvedimento del giudice delegato.
Il legislatore della legge n. 134/2001 non ha disciplinato l'ipotesi e non
emergono dagli atti parlamentari ragioni per ritenere che l'omissione sia stata
consapevole.
La norma in commento colma la lacuna riformulando quella originaria sulla base
di come questa è correttamente e concretamente vissuta nell'ordinamento.
Infatti, è corretta se si considera che la procedura di ammissione si riduce a
pura formalità se non possono essere verificati i limiti di reddito.
Peraltro, oggi la procedura di ammissione così come disciplinata dalla legge n.
134/2001(coinvolgimento del consiglio dell'ordine degli avvocati) sarebbe
incompatibile con un provvedimento del giudice delegato che attesta le
condizioni reddituali.
Articolo 145 (Processo di interdizione e inabilitazione ad istanza del
pubblico ministero) (L)
E' un'ipotesi di gratuito patrocinio prevista nel R.D. 2700/1865 e non in
quello del 1923. E' una ipotesi particolare :
a) per effetto della sentenza
Corte Cost. n. 112 del 12 luglio 1967, che ha previsto l'anticipo per gli
onorari dei consulenti tecnici (con il R.D. del 1923 erano solo le spese);
b) è una ammissione di ufficio,
salvo verifica dei limiti reddituali ai fini del recupero.
Per il profilo dell'accertamento dei limiti reddituali, la norma in commento
adotta la stessa soluzione relativa all'ammissione d'ufficio nel processo penale
minorile, con l'obiettivo di risolvere i problemi sorti nella prassi. Dal
riscontro dell'applicazione della norma originaria nella prassi, emerge che
circa l'80% delle sentenze dispongono “nulla per spese”, probabilmente
avendo desunto induttivamente dal processo che l'interdetto o l'inabilitato non
ha beni; il 20% contengono condanna del curatore alle spese. Si procede
all'annullamento del campione: se “nulla per le spese”; se il curatore
dimostra la non abbienza; invece, si avvia il recupero anche nel silenzio del
curatore. In generale è da considerare, infine, che se l'azione è esercitata
dal p.m., si tratta di indigenti, non ci sono parenti, che avrebbero potuto
proporla, nominabili tutori o curatori, con la conseguenza che questi sono di
regola funzionari pubblici (sindaci, ecc.).
Parte IV
PROCESSI PARTICOLARI
TITOLO I
PROCEDURA FALLIMENTARE
Articolo 146 (Prenotazioni a debito, anticipazioni e recupero delle spese)
(L)
In origine, le istruzioni del campione civile (art. 39 decreto ministeriale
del 1866) prevedevano l'anticipo da parte dell'erario delle spese della
procedura fallimentare e richiamavano la disciplina del campione civile per la
liquidazione, il pagamento e il rimborso delle stesse. Successivamente, la legge
sul gratuito patrocinio (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282) ha innovato la
normativa precedente: l'art. 5 ultimo comma del regio decreto ha previsto
l'anticipazione delle spese con decreto del giudice delegato e l'art. 42 n. 5 ha
previsto la prenotazione a debito. La legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, n.
267), poi, ha del tutto superato la normativa preesistente. Le norme di
quest'ultima legge (art. 91, art. 21, comma 3, art. 133, comma 2) sono alla base
della riformulazione contenuta nella disposizione in commento, essendo le altre
norme già abrogate per incompatibilità proprio con la legge del 1942.
Nell'ordinamento, con il passare degli anni, l'originaria bipartizione, prevista
dall'art. 91 della legge fallimentare, tra bollo e registro da un lato
(prenotate) e tutte le altre spese (anticipate), si è andata modificando;
infatti, si è arricchita la categoria delle spese prenotate (a cominciare dai
diritti di cancelleria e di copia che hanno assunto natura di “tasse”) a
scapito di quella delle spese anticipate, nella quale sono confluite solo quelle
elencate nella norma in commento.
Per quanto attiene alle spese prenotate a debito, la riformulazione dell'art. 91
tiene conto dell' art. 9, della legge n. 488/1999, che ha soppresso il bollo e
istituito il contributo unificato. Nella riformulazione, inoltre, è stata
eliminata la previsione dell'apposito decreto del giudice delegato per le
annotazioni delle prenotazioni a debito. Infatti, allo stato, tale decreto, che
non esiste per le spese che derivano direttamente dall'art. 17 della legge
fallimentare, non essendoci ancora il giudice delegato, si traduce in un timbro
sull'atto che dà luogo alla spesa.
Nell'ambito delle spese anticipate, la lettera a), del comma 3, riporta per gli
ufficiali giudiziari l'art. 6, della legge n. 59/1979 (anticipazione delle
trasferte o delle spese di spedizione); infatti, non si applica quella parte
della stessa legge che prevede il deposito forfettizzato delle parti private
anche per queste spese perché è procedura officiosa. La norma in commento si
basa sulla applicazione fatta dalla maggioranza degli uffici, che annotano come
anticipazione queste spese. In pochi altri, invece, le stesse spese sono
prenotate a debito.
Nell'ambito della previsione delle spese anticipate, non è stato previsto
l'anticipo delle spese ai curatori, perché in contrasto con il d.m. 28.7.1992,
n. 570, che, all'art. 4, prevede oltre all'acconto generale solo il rimborso.
La lettera c) del comma 3, con la previsione degli ausiliari del magistrato, fa
riferimento all'ipotesi del consulente per la stima dei beni e del coadiutore
nelle operazioni manuali di inventario.
Infine, per quanto attiene alle spese di pubblicità (lettera d) del comma 3, si
evidenzia che esse non comprendono quelle del FAL, prenotate sulla base di legge
di settore, ed ora soppresso da legge n. 340/2000 senza che scatti la
pubblicazione residuale in Gazzetta Ufficiale.
Nella disposizione è stata eliminata la previsione dell'apposito decreto del
giudice delegato, già superata dalla prassi, perché non occorre, valendo le
regole generali del testo unico per i titoli di pagamento.
Per quanto riguarda il recupero, la norma in commento recepisce le modalità
procedurali con cui l'originario art. 91 del r.d. 16/3/1942, n. 267, è
concretamente vissuto nell'ordinamento: non vi è un prelevamento dall'attivo ad
opera del cancelliere, ma un pagamento dell'importo risultante dai registri
(attualmente campione fallimentare, sulla base del testo unico, si tratterà dei
registri delle spese pagate) da parte del curatore che utilizza - su
autorizzazione del giudice delegato - i fondi o il conto fallimentare.
Quest'ultima è un'attività che non occorre disciplinare, perché esistente
comunque nel sistema fallimentare (art. 34 e art. 111, n. 1 della legge
fallimentare, nonché i principi generali della materia).
La norma in commento non disciplina l'ipotesi del recupero delle spese nei
confronti di falliti persone fisiche, dopo la chiusura della procedura per
mancanza di attivo, perché non occorre in quanto le spese gravano sul
fallimento e la legge non prevede la condanna del fallito persona fisica alle
spese. Se non c'è attivo non si realizza il presupposto per il sorgere del
diritto al recupero. Poiché, sulla base del testo unico (v. Parte sui
registri), il credito si iscrive nel registro dei crediti solo dopo che è
sorto, non si pone il problema dell'annullamento. Invece, la prassi è
differenziata sul territorio. Alcuni uffici, decorsi i 5 anni entro i quali la
procedura può essere riaperta (ex art. 121 della legge fallimentare), avviano
l'azione di recupero facendo ricorso, parzialmente (la nota spese non è resa
esecutiva), all'articolo 43 disp att. c.p.c. Ciò sulla base di una lontana
avvertenza del Ministero della giustizia, in Bollettino 31. 5. 68, n. 10,
secondo cui il credito era annotato a tavola alfabetica per il recupero in caso
di mutamento delle condizioni economiche del debitore. Altri uffici giudiziari,
decorsi i cinque anni, annullano l'articolo di credito stante la mancanza di
attivo nel fallimento.
Il comma 5 non introduce innovazioni. E', infatti, il giudice delegato ad
autorizzare il curatore al prelevamento dei fondi per il pagamento delle spese
prenotate e anticipate e giudice e curatore sono gli unici a sapere se vi sono
somme liquide. Esplicitare il precetto è utile solo al fine di evitare che
l'ufficio che ha annotato spese prenotate e anticipate svolga inutili attività
per verificare se e quando ci sono tali somme.
Articolo 147 (Recupero delle spese in caso di revoca del fallimento) (L)
La riformulazione contenuta nel presente articolo tiene conto della sentenza
della Corte cost. n. 46 del 1975 relativa all'art. 21, comma 3, della legge
fallimentare. Prima dell'intervento della Corte Costituzionale, la
giurisprudenza faceva gravare le spese sul fallito, tutte le volte in cui non
era stato condannato il creditore istante per colpa nella richiesta di
fallimento.
Il secondo periodo del comma 3, dell'articolo 22 originario, non è stato
riportato perché incompatibile con la soppressione del fondo speciale,
finalizzato – tra l'altro – a corrispondere al curatore il pagamento dei
compensi; soppressione operata con il d. lgs. C. p. S. 23 agosto 1946 n.153. E,
infatti, la disposizione non trova più applicazione.
TITOLO II
EREDITA' GIACENTE ATTIVATA D' UFFICIO
Articolo 148 (Prenotazioni a debito, anticipazioni e recupero delle spese)
(L)
L'ipotesi considerata dalla norma è quella in cui il giudice procede
d'ufficio, in mancanza di richiesta di persone interessate, alla nomina del
curatore dell'eredità non accettata. Ad oggi, in assenza di una norma
specifica, tale ipotesi vive, nella prassi e secondo i principi generali del
sistema delle spese, nel seguente modo: le spese di questa procedura sono via
via annotate nel campione civile, come prenotate a debito (bollo, diritti di
cancelleria in relazione alle varie attività: dal decreto di nomina del
curatore, al verbale di giuramento al verbale di inventario; diritti di copia,
spese per la pubblicazione nel FAL) o come anticipate (trasferte o spese di
spedizione per le notifiche a cura degli ufficiali giudiziari).
La norma in commento registra il diritto vivente sulla base dei principi e
individua ciò che si prenota prendendo atto delle voci di spesa rimaste dopo
l'introduzione del contributo unificato e delle soppressioni operate dall'art.
9, della legge n. 488/1999. In particolare, l'ipotesi ricorrente rispetto alla
lett. b) del comma 3, è quella del cancelliere che collabora
nell'attività di inventario.
Nei procedimenti civili in genere non si pone il problema di individuare che
cosa si prenota e che cosa si anticipa. Sulla base delle regole del codice di
procedura civile le spese sono anticipate dalla parte direttamente o sulla base
di provvedimento del giudice; non ci sono prenotazioni a debito (salvo casi
particolari che risultano specificamente).
Nei procedimenti civili in cui vi è ammissione al patrocinio a spese dello
Stato che cosa si prenota o si anticipa risulta dalla legge.
Nel procedimento in questione, invece, è necessario individuare l'elenco perché
non c'è una parte privata, ma è lo Stato – attraverso l'ufficio giudiziario
– che si sostituisce ad essa.
Naturalmente, se l'eredità giacente è a istanza di parte, o di parte ammessa
al patrocinio a spese dello Stato, ritornano le regole generali.
Infine, la norma in commento recepisce l'istituto del recupero delle spese così
come esso vive nell'ordinamento sulla base dei principi generali.
All'esito della procedura (tendente all'inventario, alla gestione, alla
liquidazione dell'eredità), il giudice pone le spese in questione a carico del
curatore, nella qualità; quindi a carico dell'eredità (devoluta allo Stato ai
sensi del 586 c.c.). Se, successivamente alla nomina del curatore dell'eredità
giacente, interviene accettazione dell'eredità, con conseguente cessazione
delle funzioni da parte del curatore, ex art. 532 c.c., il giudice pone
le spese della procedura a carico dell'erede. Questo è il titolo per il
recupero (iscrizione del credito nel registro dei crediti, invito al pagamento,
iscrizione a ruolo ecc.).
TITOLO III
RESTITUZIONE E VENDITA DI BENI SEQUESTRATI E SPESE NELLA PROCEDURA DI VENDITA DI
BENI SEQUESTRATI E DI BENI CONFISCATI NEL PROCESSO PENALE
Premessa
L'inserimento delle norme di questo titolo nel testo unico si spiega in
ragione della loro stretta attinenza con il recupero delle spese di custodia:
l'intervento sull'articolo 264 c.p.p. è necessario ai fini dell'adeguamento con
la nuova disciplina che ha soppresso le funzioni di cassa dell'ufficio del
registro; l'intervento concerne anche l'articolo 265 c.p.p. considerata la sua
stretta attinenza alle spese.
E' stata semplificata e accelerata di molto la procedura di restituzione. La
vecchia procedura, contribuendo ad allungare i tempi di custodia, rendeva
ipotetico il recupero delle spese sul ricavato della vendita perché il bene
veniva venduto quando ormai privo di valore.
Capo I
Restituzione e vendita di beni sequestrati
Articolo 149 (Raccordo) (R)
La norma è stata introdotta per far salve tutte le norme speciali.
Articolo 150 (Restituzione di beni sequestrati) (L)
E' mantenuto il riferimento all'esenzione dal bollo, perché le istanze non
sono comprese negli “atti e nei provvedimenti relativi ai procedimenti” per
i quali l'art. 9, legge n. 488/99, efficace dal 1° marzo 2002, prevede la non
applicabilità dell'imposta di bollo. Pertanto, va riportata la norma di
esenzione.
Per la comunicazione del provvedimento di restituzione, l'art. 84 att. c.p.p. fa
riferimento solo all'avente diritto; ma già la circolare n. 1/98 del Ministero
della Giustizia l'ha ragionevolmente estesa al custode.
Nella norma originaria il pagamento del compenso al custode è posto come
condizione per la restituzione, eccetto in queste tre ipotesi:
a) archiviazione, non luogo a procedere, assoluzione imputato, se avente diritto
alla restituzione è l'imputato;
b) se avente diritto alla restituzione è un terzo;
c) se il sequestro è stato revocato in sede di riesame.
Eliminando questa condizione si riespandono le regole generali.
Questa spesa è anticipata insieme alle altre dall'erario ed è recuperata per
intero, insieme ad altre, se si realizza il presupposto generale di condanna
dell'imputato.
L'esistenza della condizione posta nella norma originaria ha contribuito ad
allungare i tempi della custodia.
Se è vero che nella norma originaria le spese gravano sull'avente diritto a
partire da una certa data (comunicazione della restituzione), è pur vero che
l'imputato per non pagare le spese non chiede la restituzione di un bene che, se
aveva un valore, l'ha perduto con il tempo. Con la conseguenza che scatta la
procedura di vendita per il recupero, il cui ricavato non copre neanche le spese
di custodia (nel frattempo aumentate sino alla vendita).
Svincolando la restituzione del bene dal pagamento delle spese, si incide
fortemente sui tempi di custodia. Conseguentemente, è stato eliminato il
termine a partire dal quale il compenso per la custodia è a carico dell'avente
diritto.
Se, come risulta nell'articolo successivo, scaduto un termine - uguale a quello
originariamente previsto per la decorrenza delle spese a carico dell'avente
diritto - il bene restituito non ritirato si può vendere, la previsione è
inutile.
La norma in commento si collega all'articolo 263 c.p.p.; solo per chiarezza
sistematica, si ribadisce che la restituzione è comunque disposta dall'autorità
giudiziaria quando la sentenza è divenuta inoppugnabile, qualora il magistrato
non vi abbia già provveduto di ufficio o l'interessato non abbia presentato
richiesta.
Articolo 151 (Provvedimenti in caso di mancato ritiro del bene restituito
e vendita in casi particolari) (L)
Il termine iniziale per i provvedimenti del giudice - finalizzato alla
destinazione finale ad altri, previo recupero delle spese - può decorrere in
via esclusiva dalla conoscenza dell'avente diritto del provvedimento di
restituzione, finalizzato al ritiro da parte dello stesso.
Avendo eliminato il pagamento dell'indennità di custodia come condizione per la
restituzione, non può verificarsi l'ipotesi che la richiesta sia stata respinta
dopo l'inoppugnabilità della sentenza.
In questo senso è stato riformulato l'articolo in esame.
Nel comma 2, si è tenuto conto di precisazioni espresse dal Ministero della
giustizia secondo cui è necessario il provvedimento del giudice che individui
il termine iniziale di decorrenza ai fini dell'assegnazione di somme e valori.
E' stata prevista la comunicazione all'avente diritto del provvedimento del
giudice. Non era prevista nella norma originaria. Può essere utile nella nuova
struttura del procedimento che è di molto accelerato. Prima decorrevano due
anni – durante i quali il più delle volte l'avente diritto aveva modo di
sapere che le somme rischiavano di essere destinate ad altri – ora la
destinazione alla cassa delle ammende avviene decorsi soli tre mesi.
L'ultimo comma riprende un'ipotesi, già presente nella norma originaria, che si
collega, ampliandola, a quella prevista dall'articolo 260 comma 3 c.p.p. e
dall'art. 83 delle disposizioni di attuazione al c.p.p.
Mentre lì si tratta di beni deperibili e la vendita o distruzione avviene quasi
contestualmente al sequestro (e la norma non si pone il problema del ricavato),
qui c'è una valutazione di economicità rispetto al costo della custodia e alla
svalutazione del bene (e c'è una destinazione del ricavato).
Articolo 152 (Vendita) (R)
E' stato eliminato il riferimento, contenuto nella norma originaria, alle
pubbliche borse e all'asta pubblica e sostituito con la possibilità di
avvalersi degli istituti di vendite giudiziarie. E' stato recepito il modo in
cui questa norma viene applicata. Infatti, per la vendita di questi beni, si
utilizza la previsione dell'articolo 13 del reg. att. c.p.p. relativo ai beni
confiscati.
In caso di beni di interesse scientifico o artistico, questa connotazione fa
diventare prevalente la destinazione pubblicistica rispetto alla possibilità
degli aventi diritto di richiedere, dopo la vendita, il ricavato, o alla
possibilità della cassa ammende di ricevere il ricavato.
L'ultimo comma è stato inserito per l'impossibilità tecnica di lasciare
nell'ordinamento il comma 3 dell'originario articolo 87 disp. att. c.p.p., che
da solo non avrebbe senso.
Articolo 153 (Modalità di deposito delle somme ricavate dalla vendita e
delle somme e dei valori sequestrati) (R)
La norma è stata formulata tenendo conto delle novità legislative e delle
modalità con cui la norma originaria è stata concretamente applicata.
L'Ufficio di registro, previsto nella norma originaria, non svolge più funzioni
di cassa. Oggi le somme sequestrate sono presso le Poste s.p.a. nella forma del
deposito giudiziario, in base all'art. 11, reg. c.p.p.. Sono versate al
concessionario con il mod. F23 e codice tributo specifico della cassa delle
ammende, quando devono essere assegnate a questa. Nella stessa forma è
depositato il ricavato della vendita. I valori sequestrati sono custoditi
in cancelleria o segreteria ai sensi dello stesso art. 11 reg. c.p.p.
La norma in commento tiene conto della circostanza che oggi
nell'ordinamento i concessionari fungono da uffici cassa: anticipano le spese
per conto dell'erario (insieme alle poste); ricevono i pagamenti spontanei,
effettuano la riscossione coattiva.
Già oggi, valori e somme ricavate - provenienti dalla cancelleria o segreteria
(valori) o dai depositi giudiziari presso le Poste (somme sequestrate e somme
ricavate dalle vendite) – transitano, attraverso i concessionari, cui sono
inviate con il modello F23 per la destinazione alla cassa delle ammende.
E' innegabile che la forma dei depositi giudiziari presso le Poste s.p.a.
(infruttiferi e con spese minime) è arcaica. Per questo motivo, è stato
previsto uno strumento elastico e centralizzato che assicuri la destinazione dei
beni, superando uno strumento inadeguato che aggrava gli uffici (per tutti gli
adempimenti richiesti) ed impone un passaggio ulteriore delle somme, che
dovranno essere comunque inviate al concessionario per la destinazione finale.
Articolo 154 (Destinazione del ricavato della vendita e di somme e valori)
(L)
Il termine di due anni previsto dalla norma originaria è stato ridotto a
tre mesi. Questo appare un termine ragionevole se si considera che si tratta di
aventi diritto che non hanno ritirato il bene, pur avendo avuto conoscenza della
restituzione e del provvedimento che provvede ai fini dell'ulteriore
destinazione ad altri.
Capo II
Spese nella procedura di vendita di beni sequestrati e di beni confiscati
Nelle procedure esecutive ad istanza dell'ufficio, non c'è un creditore
procedente privato, ma è l'ufficio che procede nell'interesse dello Stato a
vendere beni sequestrati non restituiti o beni confiscati.
In entrambi i casi l'annotazione sui registri non è finalizzata al recupero
mediante riscossione, ma assolve alla funzione di mera memoria contabile.
Articolo 155 (Spese nella procedura di vendita di beni sequestrati) (L)
La norma elenca le spese prenotate e quelle anticipate ed è necessaria per
superare molte incertezze, che, nella prassi, hanno generato comportamenti
differenziati.
Ora la prenotazione a debito e l'annotazione delle spese anticipate avviene nel
campione civile con voci differenziate sul territorio, soprattutto per le spese
anticipate; quasi mai risultano le annotazioni per ausiliari del giudice.
La chiarezza è indispensabile se si considera che le spese, prenotate e
anticipate, sono detratte dal ricavato della vendita dall'ufficio che procede
alla vendita prima che l'eventuale residuo venga dato all'avente diritto o,
subordinatamente, alla Cassa delle ammende (v. Capo I).
Nell'elenco mancano l'imposta di registro, ai sensi dell'art. 59, lett. c),
d.P.R. n. 131/1986, l'imposta ipotecaria e l'imposta catastale ai sensi
dell'art. 16, comma 1 lett. e), d.lgs. n. 347/1990, perché sono versate
dall'acquirente.
Per le spettanze degli Ufficiali giudiziari, la situazione nella prassi è
identica a quella descritta per le procedure fallimentari, quindi, variegata sul
territorio, e si è adottata identica soluzione.
Per le spese di pubblicità, si è utilizzata una previsione generale modellata
sulle altre previste nel testo unico; attualmente spesso tali spese non ci sono
perché si provvede alla pubblicazione nell'albo pretorio; ma, in collegamento
con il regolamento da emanare relativo agli strumenti di pubblicità, è
preferibile la scelta effettuata.
Articolo 156 (Spese nella procedura di vendita di beni confiscati) (R)
Anche in questa ipotesi, le spese anticipate sono annotate nei relativi
registri per ragioni contabili. Invece, non ha ragione di essere l'annotazione
delle altre spese come prenotate a debito, perché, trattandosi di beni
dello Stato, il problema del recupero sul ricavato non si pone.
TITOLO IV
SPESE PROCESSUALI DELLA PROCEDURA ESECUTIVA ATTIVATA DAL CONCESSIONARIO PER LA
RISCOSSIONE DELLE ENTRATE ISCRITTE A RUOLO
Articolo 157 (Spese processuali della procedura esecutiva attivata dal
concessionario per la riscossione delle entrate iscritte a ruolo) (R)
Si tratta delle spese processuali (diritti e tasse), da tener distinte dalle
spese della procedura esecutiva affidata ai concessionari (ex art. 17, d.
lgs. n. 112/1999 e decreto ministeriale del 21 novembre 2000) per i procedimenti
giurisdizionali attivati dal concessionario per la riscossione coattiva del
credito principale (pene e spese penali e civili, nonché altri crediti
erariali: tributi ecc.).
1. Stato normativo e fattuale sino all'affidamento della riscossione ai
concessionari.
Credito principale spese civili:
- annotazione come prenotazione delle spese via via maturate nell'articolo
di campione originario come spese suppletive; lo stesso ufficio era parte attiva
del recupero perché dava impulso ai procedimenti di riscossione e provvedeva al
recupero del credito principale e di quelle suppletive.
Credito principale spese e pene penali:
- l'ufficio del campione penale, che era parte attiva nelle procedure di
riscossione coattiva, manteneva in evidenza nel fascicolo, informalmente,
memoria delle spese processuali della procedura esecutiva (sicuramente non si
provvedeva ad aprire corrispondente campione civile) che computava nel recupero,
che seguiva direttamente, del credito principale.
Credito principale Entrate tributarie:
- la riscossione era già a cura del concessionario, prima della riforma del 97,
e l'ufficio giudiziario non compiva alcuna attività di riscossione.
Apertura campione civile sulla base di notizie dell'ufficio giudiziario presso
cui era attivo il procedimento di riscossione coattiva (a volte su registro
analogo a quello del campione ma materialmente diviso).
Chiusura dell'articolo: per notizia ricevuta dal concessionario per avvenuto
recupero anche di queste spese.
In caso di mancata notizia dal concessionario, avuta notizia, dall'ufficio
giudiziario presso cui pende il procedimento, dell'abbandono o della definizione
della causa, invio a Finanze (ora Direzione regionale dell'Agenzia delle
entrate) dell'elenco degli importi iscritti, chiusura degli articoli di campione
per consegna.
2. Stato fattuale dopo l'affidamento della riscossione ai concessionari.
Le spese collegate alla riscossione dei campioni civili e penali sono
scomparse nel nulla, probabilmente perché non si sta procedendo alla
riscossione coattiva dati tutti i problemi collegati alla formazione e all'invio
dei ruoli ai concessionari;
Le spese per la riscossione delle altre entrate: sospese, non è inviata notizia
alla Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate per discussioni sul visto di
esecutorietà del ruolo.
3.La disciplina del T.U.
La norma in commento ha l'obiettivo di semplificare al massimo una procedura
che, già farraginosa quando si trattava solo delle spese processuali dei
procedimenti di riscossione coattiva per i crediti erariali, si è ulteriormente
complicata oggi con l'intervento dei concessionari anche per le spese di
giustizia.
La disposizione evita per tutte le riscossioni molti passaggi di carte;
attribuisce a colui che segue il processo esecutivo, e che con quello deve
recuperarle, di avere memoria delle spese prenotate.
Oggi l'individuazione di quali spese e degli importi relativi si presenta
agevole perché tutto è nel testo unico.
Poiché si tratta di spese che nascono dal processo (diritti e tasse) si prevede
un visto di riscontro da parte dell'ufficio funzionalmente competente. Per
questo non occorreranno passaggi di carte perché può essere tutto verificato
sulla base del riscontro tra richiesta del concessionario e norme di legge.
TITOLO V
PROCESSO IN CUI E' PARTE L'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA
Premessa
La disciplina delle spese nei processi in cui è parte un'amministrazione ha
origini risalenti.
All'inizio era previsto un legame forte tra la disciplina delle spese dei
processi in cui una parte era ammessa al gratuito patrocinio e quella delle
spese in cui era parte un'amministrazione statale. Infatti, le norme attuative
del campione civile (art. 39, d.m. 28 giugno 1866), per i processi in cui era
parte un'amministrazione statale, rinviavano all'elenco delle spese anticipate
per il gratuito patrocinio dell'epoca e ne prevedevano l'annotazione nello
stesso registro (art. 40, d.m. citato).
Il tipo di legame diventa meno forte e sicuramente cambia con il r.d. 3282/1923,
che detta la nuova regolamentazione generale del gratuito patrocinio. Con questa
legge il legame è limitato alle spese prenotate a debito, di cui è
disciplinato il recupero. I processi in cui è parte un'amministrazione dello
Stato sono accomunati a quelli in cui è parte una persona ammessa al gratuito
patrocinio solo per il termine per l'esazione delle spese prenotate a
debito (art. 39 r.d. 3282/1923). E' disciplinato, inoltre, il recupero delle
spese prenotate a debito nei giudizi amministrativi, che è affidato all'ufficio
del registro (art. 36 r.d. citato); mentre per il recupero nel processo civile
vale la precedente norma, che disciplina il recupero attraverso il campione
civile.
Il modo in cui queste norme hanno trovato applicazione nell'ordinamento conferma
quanto sopra precisato.
Con gli anni, alle amministrazioni dello Stato si sono aggiunte le altre
amministrazioni ammesse dalla legge alla prenotazione a debito e nei registri si
sono annotate imposte e tasse, mentre tutti gli altri tipi di spese (dagli
onorari al consulente tecnico, alle indennità ai testimoni) venivano anticipate
direttamente dall'amministrazione.
La nuova legge sul patrocinio a spese dello Stato (l. n. 134/2001) ha reciso il
collegamento tra la disciplina delle spese relativa ai processi in cui è parte
la persona ammessa al beneficio e quella dei processi in cui è parte
un'amministrazione pubblica; infatti non si occupa proprio di questi ultimi.
La conseguenza di questa scissione è, da un lato, che nella materia rilevano
solo le norme che prevedono la prenotazione a debito di alcune imposte quando la
parte è un'amministrazione (per evitare esborsi tra amministrazioni ed erario),
e le norme particolari per le notificazioni compiute dagli ufficiali giudiziari,
dall'altro, che per il resto valgono le regole generali. Quindi, le prenotazioni
sono fatte a meri fini contabili e i relativi importi saranno recuperati - in
presenza del presupposto della condanna - insieme alle altre spese anticipate
dall'amministrazione.
Articolo 158 (Spese nel processo in cui è parte l'amministrazione
pubblica ammessa alla prenotazione a debito e recupero delle stesse) (L)
La norma in commento trae le conseguenze di quanto esposto in premessa.
Il comma 1 è ricognitivo dell'esistente rispetto alle voci di spesa prenotate a
debito; prende atto delle scelte del legislatore di evitare concreti esborsi di
denaro quando dovrebbe anticipare le somme un'amministrazione.
Il comma 2 si collega alla norma che equipara le notifiche a richiesta
dell'amministrazione alle notifiche a richiesta d'ufficio (art. 22 (R), alla cui
relazione si rinvia).
Il comma 3 prende atto della scelta del legislatore, con la L. n. 134/2001, di
svincolare il recupero di queste spese dalle modalità di recupero delle spese
nel caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Così, queste spese
saranno recuperate insieme a quelle ordinariamente anticipate
dall'amministrazione, con il vantaggio di evitare che rispetto allo stesso
processo si sommino due modalità di recupero diverse.
Articolo 159 (Imposta di registro della sentenza e compensazione delle
spese) (R)
La norma in commento riproduce una norma regolamentare già esistente,
riscrivendola in maniera più chiara, e la inserisce nel testo unico per
motivi sistematici.
PARTE V
REGISTRI
Premesse
Prima di analizzare le singole disposizioni dedicate ai registri occorre
premettere una breve sintesi della situazione esistente, anche sotto il
profilo del contesto ordinamentale in materia, e chiarire le scelte operate con
il testo unico.
1.Situazione normativa e fattuale ad oggi
Oggi esistono:
- il registro delle
spese anticipate dall'erario, solo presso gli uffici giudicanti, mod. 12;
- il registro, c.d.
del campione civile (mod. 20), “delle spese concernenti le cause in cui siano
parti persone o enti ammessi alla prenotazione a debito”, presso gli uffici
civili di merito e la Cassazione. Oltre alle spese prenotate a debito, sono
riportate le spese anticipate (già annotate nel mod. 12). Le annotazioni
riguardano le cause civili in cui è parte un'amministrazione, quelle in cui una
parte è ammessa al gratuito patrocinio, l'azione civile nel processo penale.
- il registro delle
spese nelle procedure fallimentari, solo presso la cancelleria fallimentare di
primo grado, dove sono annotate le spese anticipate (già annotate nel mod. 12)
e quelle prenotate a debito;
- il registro del
c.d. campione penale (mod. 29) del Ministero delle Finanze, solo
presso gli uffici di merito della giurisdizione penale, dove sono riportati gli
importi recuperabili e le successive vicende;
- tavola alfabetica,
(mod. 18, che è stato superato nella prassi, dopo che la riscossione è stata
affidata ai concessionari), presso gli uffici giudicanti di merito, dove sono
riportati i crediti di dubbia solvibilità;
- il registro
dei ruoli, collegato al nuovo regime della riscossione, presso tutti gli uffici
giudicanti di merito, unitario per il penale e civile, dove sono annotati gli
importi da recuperare (già risultanti dall'attuale campione civile e campione
penale) e le successive vicende del credito; questo, previsto dal regolamento
(decreto ministeriale 27.03.2000, n. 264) non è ancora operativo, non essendo
stati emanati i modelli.
- alcuni registri di
comodo nati nella prassi e in vario modo ufficializzati dall'amministrazione
centrale.
2. Contesto ordinamentale.
Alle vecchie norme - primarie e secondarie - che istituivano i
registri e regolavano i dettagli (dai due regi decreti n. 2700 - tariffa civile
- e n. 2701-tariffa penale - del 1865, alle relative istruzioni, ai decreti
ministeriali precedenti e successivi ai citati regi decreti, ad alcune norme di
attuazione del codice di procedura civile, a norme collaterali, quali l'art. 2
della legge n.182/1956, attributivo di competenza ai funzionari amministrativi)
si è aggiunta la legislazione del 1989 (per il penale) e la legge n.399/91 (a
carattere generale), ed alcune norme più recenti, quale l'articolo 17, del
decreto legislativo n. 51/1998, sino al regolamento n. 264/2000.
In sintesi, dalla disciplina con fonte primaria si è giunti ad un contesto di
delegificazione della materia, seguendo, però, strade diverse in ambito penale
e in ambito civile.
Con riferimento al penale, i registri sono individuati con decreto ministeriale
sin dal 1989, sulla base dell'art. 206 att. c.p.p. che rinvia al regolamento di
attuazione del codice (della tipologia ex articolo 17, comma 3 legge n. 400/88)
il quale, a sua volta all'articolo 2 prevede l'emanazione di un decreto
ministeriale.
Con riferimento al civile, la legge n. 399/1991 rimette al decreto ministeriale
l'individuazione dei registri, delle modalità di tenuta, anche con riferimento
a quelle automatizzate, e abroga alcune norme di legge, che sono tuttavia,
mantenute in vigore sino all'emanazione dei decreti ministeriali. Non essendo
mai stati emanati i decreti ministeriali per i registri relativi al civile,
l'art. 17, del decreto legislativo n. 51/1998 ripete il rinvio a decreti
ministeriali per i modelli.
Le norme di delegificazione citate non hanno mai fatto espresso riferimento alle
norme originarie istitutive dei registri delle spese, ma piuttosto alle norme di
attuazione del codice di procedura civile, che elencavano anche i registri
relativi alle spese, con l'eccezione del campione penale, di competenza del
Ministero delle finanze.
Con il decreto del Ministro della giustizia del 27 marzo 2000, n. 264
(della tipologia ex articolo 17, comma 3 legge n. 400/88), che assume come fonti
legittimanti la legge del 1991, la legge del 1998 e tutte le norme sulla tenuta
informatizzata, è stato individuato l'elenco dei registri civili (in cui
rientrano tutti quelli disciplinati dal testo unico, con eccezione del campione
penale) ed è fatto rinvio ai decreti ministeriali per i modelli
(prevedibili come operati per il gennaio 2002).
3.La disciplina del T.U.
La scelta innovativa fondamentale è quella di individuare i registri
necessari sulla base della necessità della funzione da registrare.
Le funzioni che rilevano sono tre:
- l'esborso del
denaro da parte dell'erario;
- l'annotazione di
un importo a futura memoria - nei casi in cui per diverse ragioni il legislatore
non ha ritenuto opportuno un passaggio materiale di denaro - per un credito che
potrà sorgere: prenotazione a debito;
- l'importo del
credito ai fini del recupero: quando è sorto nei confronti di soggetti
determinati e le successive vicende.
Proprio perché i registri sono individuati sulla base delle funzioni, che sono
trasversali rispetto alla tipologia dei processi, non è necessario indicare
presso quali uffici sono tenuti i registri, ma è sufficiente individuare
il nesso tra la tenuta del registro e la funzione. Ad esempio, il registro delle
spese pagate, ci sarà laddove il pagamento è disposto (presso l'ufficio
giudicante o requirente, o presso l'ufficio UNEP, non presso la cassazione); il
registro delle spese prenotate a debito sarà previsto laddove nasce la spesa da
prenotarsi (presso l'ufficio giudicante o requirente, presso l'ufficio UNEP,
presso la cassazione); il registro dei crediti ci sarà presso l'ufficio del
giudice dell'esecuzione (presso gli uffici giudicanti di I e II grado, non
presso le procure, non presso la cassazione).
L'obiettivo del testo unico è di semplificare al massimo la materia, riducendo
il numero dei registri e eliminando duplicazioni di annotazioni, di aumentare
l'efficacia e la correttezza della registrazione e di impedire che le norme di
legge siano di ostacolo alle possibilità aperte dall'informatizzazione.
Questa scelta appare idonea al raggiungimento degli obiettivi.
In un contesto informatizzato integrato, l'ufficio che svolge la funzione di
determinare l'importo da recuperare è in grado di estrarre i dati che gli
servono telematicamente, rintracciandoli in un sistema in cui altri hanno
provveduto all'annotazione, così controllando la corrispondenza tra quanto
risulta dai registri e quanto risulta dagli atti processuali contenuti nel
fascicolo in suo possesso.
Articolo 160 (Funzioni sottoposte ad annotazioni) (L)
Prevede l'annotazione nei registri dei pagamenti dell'erario, delle
prenotazioni a debito, dei crediti da recuperare e delle successive vicende.
Nella legge sono indicate solo le funzioni sottoposte ad annotazione. Tutto il
resto, nel contesto di delegificazione chiarito nelle premesse, è previsto in
norme regolamentari.
Articolo 161 (Elenco registri) (R)
Il termine “spese pagate” sembra più corretto perché nella materia
trattata assume rilievo l'esborso di denaro e si prescinde dalla recuperabilità
o meno delle spese.
La vidimazione del Procuratore, presente nelle norme originarie, è già
superata dall'art. 2, legge n. 182/1956, attributivo di competenza ai funzionari
amministrativi.
Articolo 162 (Attività dell' ufficio) (R)
Prevede l'annotazione, da parte dell'ufficio procedente, delle spese pagate
dall'erario, delle spese prenotate a debito, dell'importo del credito
recuperabile e di tutte le vicende successive.
Articolo 163 (Determinazione dei modelli dei registri) (R)
Per più ragioni si è preferito prevedere con norma autonoma lo strumento
di individuazione dei modelli dei registri delle spese, anziché operare un
rinvio diretto alle norme del d.m. n. 264/2000.
Innanzitutto è stato previsto uno strumento più agile, quale è il decreto
dirigenziale dei ministeri competenti, anziché il decreto del Ministro che è
lo strumento con cui sono approvati i modelli degli altri registri rilevanti
nell'attività degli uffici giudiziari. Non c'è dubbio che trattandosi solo di
modalità tecniche, non occorre un decreto del Ministro. La scelta del decreto
del Ministro nel regolamento del 2000, è stata, invece, mutuata dall'art. 17
d.lgs. n. 51/1998 e dalla legge generale di delegificazione dei registri n.
399/1991. Quindi, da un contesto ordinamentale ormai superato. Oggi, infatti, è
ormai affermata la separazione tra politica e amministrazione.
Inoltre, è stato possibile sciogliere il rinvio, presente nella norma
originaria, all'art. 646 del regolamento generale di contabilità. Poiché nella
materia de qua rileva sempre, trattandosi di servizi amministrativi che
hanno attinenza con la contabilità, si è previsto il concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze. Infine, si è eliminato il richiamo alle
norme, contenuto nell'ultimo periodo dell'art.14 del d.m. n. 264/2000. Si tratta
di norme già abrogate espressamente dall'art. 7, legge n. 399/1991 e mantenute
in vigore sino all'emanazione dei decreti ministeriali per i modelli di
registri. Il nuovo richiamo a queste norme, proprio nel contesto della
previsione dei decreti ministeriali, potrebbe far sorgere il dubbio che le norme
stesse rimangano ferme anche a decreti ministeriali emanati.
Articolo 164 (Rinvio) (R)
La tecnica del rinvio è imposta dalla circostanza che si tratta di norme
che non avrebbe senso incorporare nel testo unico perché riferibili a tutti i
registri.
PARTE VI
PAGAMENTO
Premesse generali al Titolo I (Titoli di pagamento delle spese)
In relazione ai soggetti competenti all'emissione del provvedimento con cui
è disposto il pagamento, occorre premettere che oggi esistono due
diversificazioni:
a) l'attribuzione a soggetti diversi - in funzione della diversità dei
beneficiari - dell'emissione dell'ordine di pagamento e della contestuale
quantificazione dell'importo (a funzionari amministrativi per le spese a favore
dei testimoni; a magistrati per le spese a favore di magistrati);
b) l'attribuzione a soggetti diversi della competenza alla quantificazione
dell'importo e della competenza all'emissione dell'ordine di pagamento, per
tutte le altre spese, diverse da quelle a favore dei magistrati e dei testimoni
(il magistrato, con decreto, quantificava l'importo, quindi il funzionario
emetteva l'ordine di pagamento).
Le disposizioni del testo unico eliminano entrambe le suddette diversificazioni,
non essendoci fondate ragioni né per la ripartizione delle competenze in
funzione dei beneficiari, né per una sostanziale duplicazione del titolo di
pagamento.
L'unica distinzione è fondata sull'indispensabilità dell'attribuzione al
magistrato della competenza a provvedere alla quantificazione, quando rilevano
aspetti valutativi: come è nel caso degli onorari agli ausiliari, dell'indennità
di custodia, dell'importo da corrispondere per l'attività di demolizione e
riduzione in pristino dei luoghi.
Pertanto, in base alla nuova disciplina, se la quantificazione è effettuata dal
funzionario è questi ad emettere l'ordine di pagamento, se la quantificazione
è effettuata dal magistrato, è questi ad emettere il decreto di
pagamento.
La disciplina originaria era fondata sull'articolo 7 della legge n. 182/1956,
mentre le norme in commento trovano conferma nell'art. 10 d. lgs. n. 237/97, che
testualmente parla di “ordine o decreto” di pagamento, il cui contenuto
confluisce nel modello di pagamento, trasmesso dall'ufficio che dispone il
pagamento al soggetto abilitato a pagare.
In ordine a quest'ultimo aspetto, non è stato possibile superare la distinzione
tra ordine-decreto di pagamento e modello di pagamento, costituendo il primo il
titolo, da annotare nel registro (ex mod. 12 e sulla base del T.U., registro
delle spese pagate dall'erario), e il secondo uno strumento per far conoscere il
titolo al soggetto concretamente abilitato all'erogazione del denaro.
Capo I
Ordine di pagamento emesso dal funzionario
Articolo 165 (Ordine di pagamento emesso dal funzionario) (L)
Nell'originario art. 7, della legge n. 182/1956 si rinveniva il seguente
schema:
- per le spettanze
ai testi, il funzionario amministrativo quantificava ed emetteva l'ordine di
pagamento;
- per le spettanze a
titolo di trasferta si distingueva a seconda dei beneficiari: se questi erano
magistrati, era un magistrato a quantificare ed emettere ordine di pagamento;
per gli altri la quantificazione spettava ad un magistrato mentre ad emettere
l'ordine di pagamento era un funzionario amministrativo;
- per le spettanze a
titolo di indennità a giudici onorari ed esperti, era un magistrato a
quantificare e ad emettere l'ordine di pagamento.
L'unificazione in capo al funzionario amministrativo della quantificazione e
dell'emissione dell'ordine di pagamento ha finalità di riordino, non essendovi
ragioni ostative all'innovazione di carattere procedurale.
La quantificazione non presenta alcun elemento di discrezionalità, le norme
applicabili sono oramai chiare - proprio per effetto del testo unico -, non vi
sono ragioni per distinguere, anzi non ha senso la distinzione, sulla base dei
beneficiari.
Dato che nel capo che segue, e altrove nel testo unico, risultano i casi in cui
la liquidazione è effettuata dal magistrato, non occorre elencare i casi in cui
la liquidazione è effettuata dal funzionario ed è più opportuno costruire la
norma in generale.
Articolo 166 (Ordine di pagamento anticipato per i testimoni nel processo
penale) (L)
Rispetto alla norma originaria, non sono stati disciplinati nel dettaglio
gli aspetti procedurali in quanto ritenuti superflui.
E' stato eliminato il termine “provvisorio” perché l'ordine non si
differenzia da quello ordinario, è solamente emesso prima della testimonianza.
Si tratta di una norma del tutto desueta, a causa del minimo ammontare delle
indennità previste dalla legislazione vigente; può, però, assumere concreto
rilievo per le rogatorie.
Articolo 167 (Ordine di pagamento dell'indennità di trasferta agli ufficiali
giudiziari) (L)
Le disposizioni contenute nell'originario articolo 6, commi 2 e 3, legge n.
59/1979 sono o inutili (comma 2) o superate (comma 3): inutili, perché la
richiesta da parte dell'ufficiale giudiziario non può non essere fatta sulla
base dell'elenco delle trasferte effettuate per notifiche risultante dal
registro cronologico A bis (d.m. 13 giugno 1979, che lo istituisce); superate,
perché oggi, sulla base delle modifiche introdotte dall'art. 10 d.lgs. n.
237/1997 (v. capo dedicato ai soggetti abilitati al pagamento) al soggetto che
paga per conto dello Stato non si trasmette l'ordine di pagamento ma un modello
contenente i dati dell'ordine.
Nella norma originaria (art. 6 citato), l'emissione del mandato di pagamento era
attribuita al dirigente della cancelleria ed espressamente solo per le notifiche
civili a richiesta d'ufficio.
Tuttavia, questa regola è stata estesa nella prassi anche alle richieste di
notifica delle parti ammesse al gratuito patrocinio o al patrocinio a spese
dello Stato e delle parti esenti a norma di legge.
La norma in commento, oltre a recepire la prassi suddetta, la estende alle
notifiche a richiesta d'ufficio nel processo penale, per le quali (sulla base
della circolare del Dipartimento affari civili, Ufficio V, n. 5/2443/035 del
9.07.80, punto 6), l'ordine di pagamento era emesso da parte del capo
dell'ufficio giudiziario, probabilmente perché era prevista la verifica di
ritualità, mai effettuata in concreto e oggi venuta meno già in forza di
circolare (v. spettanze ufficiali giudiziari).
Inoltre, è innovata la competenza che viene attribuita agli ufficiali
giudiziari.
Nell'articolo in commento non è riportata la parte della norma originaria
relativa al soggetto abilitato al pagamento (oggi concessionario o Poste) perché
sviluppata, unitariamente a tutte le altre spese, nel Titolo II di questa stessa
parte.
Per il procedimento civile e penale, in sostanza, l'innovazione consiste
nell'attribuzione, al funzionario addetto dell'ufficio UNEP, della competenza a
liquidare le spese per notifiche con ordini di pagamento a favore del proprio
ufficio, sostituendo l'originaria competenza frammentata tra cancelliere e capo
dell'ufficio giudiziario. Infatti, alla competenza in capo a questi ultimi non
si accompagnava un controllo, visto che la quantificazione veniva effettuata
sulla base dell'elenco fornito dagli ufficiali giudiziari.
Inoltre, si è estesa la procedura agli altri procedimenti, nel rispetto delle
regole sull'autonomia finanziaria, per perseguire uniformità semplificando la
procedura in essere. Infatti, in questi l'erario seguiva le regole poste per i
privati: pagamento volta per volta all'ufficio UNEP.
Capo II
Decreto di pagamento emesso dal magistrato
Articolo 168 (Decreto di pagamento delle spettanze agli ausiliari del
magistrato e dell'indennità di custodia) (L)
La disciplina è riferibile unitariamente a tutti i processi, eccettuati
alcuni profili che sono riferibili solo al penale (es. segreto istruttorio).
Sotto il profilo terminologico, l'espressione “spettanze” si riferisce
all'onorario, alle spese e indennità di trasferta e alle spese per
l'espletamento dell'incarico; l'espressione “magistrato” sostituisce quella
di giudice e pubblico ministero.
Circa le modalità della comunicazione che, nella norma originaria erano
specificate solo per il processo penale, non si è ritenuto di doverle
specificare, poiché valgono le regole ordinarie.
La norma in commento persegue l'obiettivo di risolvere il problema di come
contemperare il segreto investigativo con l'esigenza di liquidare l'ausiliario
all'esito dell'espletamento dell'incarico.
Nella formulazione della norma originaria questo contemperamento non era
possibile. Infatti, mentre nel processo civile il decreto era provvisoriamente
esecutivo, nel processo penale il decreto diveniva esecutivo (e poteva essere
emesso l'ordine di pagamento) solo all'esito della scadenza dei termini per
l'opposizione e, quindi, solo quando tutte le parti oltre il beneficiario ne
erano venuti a conoscenza ai fini dell'opposizione.
Nella norma in commento è prevista la provvisoria esecutività nel processo
penale solo in caso di segreto istruttorio, con decorrenza dei termini per
l'opposizione per tutti dalla cessazione del segreto.
Così, in assenza di segreto, il decreto diventa esecutivo solo alla scadenza
dei termini per l'opposizione, come oggi. Se c'è il segreto il decreto è
esecutivo per consentire il pagamento all'ausiliario ed è portato a conoscenza
dei possibili opponenti solo dopo, proprio per consentire l'opposizione.
Per quanto riguarda l'indennità di custodia, l'uso del decreto emesso da parte
del magistrato che procede emerge dai principi generali ed è confermato dalla
prassi; invece, nella norma originaria era il capo dell'ufficio giudiziario
competente ad emettere il decreto.
Articolo 169 (Decreto di pagamento delle spese per la demolizione e la
riduzione in pristino dei luoghi) (L)
La norma in commento disciplina solo la fase del pagamento (per l'importo v.
Parte II, titolo X) ed è di raccordo tra l'art.168 e il titolo X della parte
II.
E' stato previsto un articolo autonomo, rispetto all'articolo che precede, perché
nell'ipotesi considerata non può venire in rilievo il segreto istruttorio.
Articolo 170 (Opposizione al decreto di pagamento) (L)
La norma in commento disciplina l'opposizione al decreto di pagamento,
apportando delle innovazioni rispetto alle previsione della norma originaria.
In linea con il mutamento del sistema, a seguito dell'articolo 14 del decreto
legislativo n. 51/1998 (che ha sostituito l'art. 48 dell'ordinamento
giudiziario), la norma prevede la competenza monocratica, peraltro già attuata
dal legislatore con l'art. 50, lett. c) del d. lgs. n. 274/2000. Altrimenti, in
mancanza di previsione espressa, la competenza sarebbe collegiale per una
procedura semplificata fin dall'origine.
Il Presidente del tribunale sarà competente anche per i decreti emessi dal
giudice di pace, trattandosi dell'unica figura di vertice, non potendo tale
funzione giurisdizionale essere attribuita al coordinatore del giudice di pace
che ha solo funzioni amministrative.
Per maggiore elasticità, è stato eliminato il rinvio diretto all'art. 29,
legge n. 794/1942, che disciplina il procedimento speciale, alternativo al
codice di procedura civile.
Inoltre, è stata disposta l'estensione - alle spese per la custodia e alle
spese per la demolizione e riduzione in pristino dei luoghi affidata a imprese
private - della procedura prevista dalla norma originaria solo per le spese di
consulenza e che prevede una tutela giurisdizionale semplificata.
La ratio dell'estensione, per finalità di riordino, è di prevedere una
disciplina uguale di fattispecie analoghe, al fine di superare i contrasti
giurisprudenziali creatisi nel vuoto normativo sull'indennità di
custodia.
La misura del compenso per la custodia e la liquidazione dello stesso erano
disciplinati nel campione penale, dove nulla era detto relativamente
all'impugnazione; pertanto, sullo strumento di impugnazione è sorto un grande
contrasto, anche con riferimento all'applicabilità dell'art. 11, legge n.
319/1980, che ha visto coinvolta anche la Corte costituzionale.
Allo stato questa è la sintesi del diritto vivente.
Per il processo civile: opposizione nelle forme dell'opposizione a decreto
ingiuntivo (ex 645 c.p.c., con contraddittorio pieno), poiché (v. art.
65 c.p.c. e 53 att. c.p.c.) il decreto è titolo esecutivo (la Corte
Costituzionale con la sentenza n. 38/1988 lo ha ritenuto provvedimento speciale
a carattere monitorio, contro cui è esperibile l'opposizione ex 645
c.p.c, con conseguente esclusione dell'illegittimità dell'art. 11, legge
319/1980 nella parte in cui non si riferisce ai custodi).
Per il processo penale: secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente (cfr.
da ultimo Cass. pen. sez. IV, n. 896/1994; Cass. pen. sez. I, n. 548/1998)
atteso il vuoto normativo, avverso il provvedimento di liquidazione del compenso
al custode giudiziario è stata ammessa la richiesta di riesame con il rito di
cui agli artt. 665 e 666 c.p.p., applicabili in via analogica, quindi
l'opposizione al giudice dell'esecuzione, richiamata per le spese dall'art. 695
c.p.p. E' scartata l'ipotesi dell'applicabilità dell'art. 645 c.p.c., è
scartata l'ipotesi che sia applicabile in via analogica l'art. 11, legge n.
319/1980, relativo ai consulenti tecnici; un'unica sentenza (Cass. pen., sez.
VI, n. 1755/1995) ritiene applicabile l'art. 11 citato solo per il civile.
Infine, sempre per perseguire coerenza sistematica, la procedura semplificata è
stata estesa al compenso liquidato alle imprese private per la demolizione e
riduzione in pristino.
Naturalmente, non può essere estesa al caso in cui l'attività è compiuta
dalle strutture tecnico-operative del Ministero della difesa, perché l'importo
è quello che risulta dalla convenzione tra i ministeri interessati.
Articolo 171 (Effetti del decreto di pagamento) (R)
E' una norma finale di raccordo per evitare che nelle ipotesi non
espressamente disciplinate in questo Capo, in cui è l'autorità giudiziaria ad
emettere il decreto di liquidazione della spesa, torni a rivivere la vecchia
duplicazione del titolo (superata nel testo unico sulla base dell'articolo 10
del d. lgs. n.237/1997) e, oltre al decreto del magistrato, si ritenga
necessario un ordine del funzionario addetto all'ufficio: si pensi al decreto di
liquidazione del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello
Stato.
Capo III
Responsabilità
Articolo 172 (Responsabilità) (L)
La norma in commento riproduce l'art. 10, comma 3, del decreto legislativo
n. 237/97 che, a sua volta, riprende testualmente l'art. 455, del r.d. n.
827/1924. In più, solo per esigenze di chiarezza, si è fatto rinvio alla
normativa generale in tema di responsabilità amministrativa. Inoltre, si è
attualizzata la terminologia, riferendo espressamente la responsabilità a
funzionari e magistrati. Infatti, all'epoca della disciplina del 1924, gli
ordini di pagamento erano emessi solo da magistrati e, presumibilmente, solo ad
essi si riferiva la norma; successivamente l'emissione di tali ordini è stata
affidata alla competenza esclusiva di funzionari, o alla competenza esclusiva di
magistrati, o ad entrambi (il decreto più l'ordine).
Nel testo unico alcuni ordini di pagamento sono esclusivi dei funzionari, altri
sono esclusivi dei magistrati: se quantifica il funzionario è questo che emette
l'ordine di pagamento; se quantifica il magistrato (per le ipotesi in cui sono
necessarie valutazioni) è questo che emette il decreto. Ai fini dell'attualizzazione
della terminologia, non osta la natura “giurisdizionale” del decreto di
liquidazione del magistrato. Al di là della discussione, anche
giurisprudenziale, sulla natura giurisdizionale o meno di tale decreto, pur
ammettendo che si tratta di provvedimento giurisdizionale (nell'ambito di una
definizione ampia della funzione giurisdizionale), il legislatore può prevedere
casi e forme di responsabilità per atti giudiziari del tipo in questione atteso
che può prevederli anche per la giurisdizione in senso stretto. Infatti, la
Costituzione non assicura al magistrato lo status di assoluta
irresponsabilità, ma lascia aperto il campo alla discrezionalità del
legislatore, in un contesto di tendenziale generalità della giurisdizione della
Corte dei conti in materia di contabilità pubblica (v. Corte costituzionale
sentenza n. 385/1996).
La norma prevista nel testo unico non introduce una forma di responsabilità
inesistente per i magistrati. Attualizzando il linguaggio, evidenzia ciò che
era stato a lungo oscurato dalla circostanza che da moltissimi anni
(concretamente almeno dal 1956 con la costituzione del Consiglio Superiore della
Magistratura) i magistrati non potevano essere agevolmente ricompresi nella
categoria di “funzionari giudiziari”.
TITOLO II
PAGAMENTO DELLE SPESE PER CONTO DELL'ERARIO
Premessa
Negli articoli che seguono è stato incorporata la normativa secondaria,
elaborata da una commissione mista (Finanze, Giustizia, Tesoro, Poste). Le
disposizioni contenute in tale elaborato sono state coordinate con le
disposizioni dello stesso d.lgs.273/97 e con l'intero sistema del testo unico.
L'espressione “l'ufficio che dispone il pagamento”, è stata preferita a
quella di ”ufficio giudiziario ordinario” in quanto coerente con la
definizione generale di ufficio (come apparato strumentale di quello giudiziario
- v. Parte I Definizioni). Inoltre, il termine che si è preferito utilizzare
tiene conto delle altre giurisdizioni (amministrativa, tributaria, contabile).
Per quanto concerne i “soggetti abilitati al pagamento”, cioè il
concessionario e l'ufficio postale, ferma restando la sussidiarietà
dell'ufficio postale se non esistono sportelli del concessionario, si è
ritenuto preferibile che la scelta spetti al beneficiario, indipendentemente
dall'importo.
Quanto alle modalità di pagamento, la disciplina è stata formulata in modo da
essere in sintonia con quella generale in materia di procedure di spesa,
prevista dal D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367.
Di conseguenza, la modalità di pagamento ordinaria è quella mediante accredito
sul conto corrente bancario o postale, o altro mezzo di pagamento disponibile a
scelta del creditore (art.1 del D.P.R. n. 367/1994). Allo stesso creditore è
data la possibilità di scegliere di ricevere il pagamento in contanti sino
all'importo (oggi di euro 4.131,66) previsto dall'articolo 13 del D.P.R. n.
367/1994, come eventualmente modificato secondo la procedura prevista nello
stesso articolo.
In tal modo il pagamento delle spese di giustizia non si discosterà dalle norme
generali dell'ordinamento.
Con riferimento alla decadenza del diritto del beneficiario di incassare
l'importo, le norme in esame raccordano la fattispecie alla disciplina prevista
in altra parte del testo unico (Parte II, Titolo XIII), dove la decadenza è
prevista solo per l'incasso in contanti. Infatti, la decadenza del diritto del
beneficiario si pone concretamente solo se si sceglie il pagamento in contanti
e, naturalmente è comune alle Poste e al concessionario, dato che è stata
lasciata l'opzione al beneficiario. Se il beneficiario sceglie l'accredito, nel
momento in cui richiede il pagamento, indica gli estremi del conto corrente e
l'eventuale delega e non deve compiere più alcuna attività sottoponibile a
decadenza, mentre prima, si rivolgeva all'ufficio che dispone il pagamento e
doveva presentarsi al soggetto che pagava. Pertanto, solo in caso di richiesta
di pagamento in contanti, si può configurare l'ipotesi di decadenza, e
l'ufficio abilitato al pagamento restituisce il modello di pagamento all'ufficio
che lo ha disposto. Invece, in caso di mancato accredito –per qualunque
motivo- ferma la comunicazione negativa prevista nei prospetti riepilogativi,
l'ufficio abilitato potrà pagare sino al compimento della prescrizione.
Per quanto concerne il controllo da svolgersi sul soggetto abilitato al
pagamento, il testo unico ha scelto la strada più semplice garantendone
l'efficacia. Si tratta del controllo sui concessionari e sulle poste prima
dell'emissione degli ordini di pagamento in loro favore, relativi alle
regolazioni contabili e ai rimborsi.
Il testo unico affida tale controllo ai funzionari delegati, cioè ai soggetti
che emettono gli ordini di pagamento, relativi alle regolazioni contabili e ai
rimborsi, in favore di concessionari e poste. I funzionari delegati effettuano
il controllo sulla base dei modelli di pagamento e dei prospetti riepilogativi,
dove risultano anche i mancati accrediti e i mancati pagamenti in contanti, che
sono stati loro inviati dai concessionari e dalle poste, nonché sulla base
della documentazione allegata ai singoli modelli di pagamento, loro trasmessa
dagli uffici che dispongono il pagamento.
In sostanza, chi è delegato ad emettere gli ordinativi in favore di
concessionari e poste svolge anche la funzione di controllo. Se si attribuisce
tale controllo all'ufficio che dispone il pagamento della spesa anticipata
dall'erario, si allungherebbe la procedura senza garantire maggiore efficacia.
Infatti, questi ultimi uffici non hanno altri documenti rilevanti per il
controllo ed effettuerebbero lo stesso comunque sui modelli di pagamento e sui
prospetti riepilogativi e sulla documentazione allegata.
Capo I
Soggetti abilitati e modalità di pagamento
Articolo 173 (Soggetti abilitati ad eseguire il pagamento delle spese) (L)
La norma in commento riprende quella originaria attualizzandola e
sciogliendo il rinvio in essa contenuto. Il riferimento alle entrate già
riscosse “dallo stesso ufficio del registro”, è stato sciolto richiamando
l'articolo 2 del d.lgs n. 237/97. Ed inoltre, è stato sciolto ed attualizzato
il rinvio all'articolo 454 del r.d. n. 827/1924, attraverso il richiamo alle
entrate disciplinate dal presente testo unico. Infine, rispetto all'originario
art. 454, si deve precisare che le spese relative alle inchieste amministrative
per gli infortuni sul lavoro e per gli infortuni agricoli non ci sono più; non
si fa riferimento a chi paga per i reati finanziari perché nell'ambito del
testo unico è stata soppressa la disciplina particolare (v. Relazione relativa
alla Parte Riscossione).
Il comma 2 riprende la norma originaria, che rimette alla normativa secondaria
l'individuazione dei casi in cui il pagamento è eseguito dall'ufficio postale,
e rinvia alla norma secondaria che li disciplina.
Articolo 174 (Pagamenti eseguibili dall'ufficio postale) (R)
La norma prevede che il pagamento è eseguito dall'ufficio postale, se lo
richiede il beneficiario e, sempre, se nel Comune in cui ha sede l'ufficio che
dispone il pagamento non esistono sportelli del concessionario, ovvero per
ragioni particolari non siano utilizzabili.
Articolo 175 (Ufficio competente ad eseguire il pagamento) (R)
La disposizione individua la competenza territoriale dell'ufficio che esegue
il pagamento.
Naturalmente, l'esigenza di individuare quale è, sul territorio, l'ufficio del
concessionario o delle poste che è competente ad eseguire il pagamento si pone
solo se gli uffici non sono collegati con tecnologie informatiche. Peraltro, in
un contesto non informatizzato in cui la modalità ordinaria di pagamento è
l'accredito sul conto corrente bancario o postale, l'esigenza di privilegiare la
comodità del beneficiario è marginale, mentre è ragionevole privilegiare la
comodità dell'ufficio che dispone il pagamento, che dovrà inviare i modelli di
pagamento al soggetto che lo esegue. Da ciò la formulazione della norma che
individua il criterio della maggior vicinanza tra ufficio che dispone il
pagamento e quello che lo esegue.
Articolo 176 (Modalità di pagamento) (R)
In linea con quanto rappresentato nelle premesse, tale disposizione
individua nell'accredito, o altro mezzo esistente nel circuito bancario e
postale, la modalità di pagamento ordinaria e rimette al creditore la scelta
del pagamento in contanti, sino all'importo risultante dalle norme generali in
materia di procedure di spesa (articolo 13 D.P.R. n. 367/1994).
I commi 2 e 3 disciplinano l'ipotesi di pagamento a soggetto delegato dal
beneficiario.
Capo II
Adempimenti degli uffici che dispongono il pagamento
Articolo 177 (Modello di pagamento) (R)
Tale disposizione indica il contenuto del modello di pagamento e ne prevede
la trasmissione - con tempi certi - al competente concessionario ovvero al
competente ufficio postale, nonché al beneficiario. Prevede, inoltre, la
trasmissione di copia della documentazione relativa ai singoli modelli al
funzionario delegato.
Articolo 178 (Adempimenti preliminari da parte dell'ufficio che dispone il
pagamento) (R)
La norma indica quali sono gli adempimenti preliminari a carico dell'ufficio
che deve disporre il pagamento.
Capo III
Adempimenti dei soggetti che eseguono il pagamento
Articolo 179 (Adempimenti comuni al concessionario e all'ufficio postale)
(R)
La disposizione prevede gli adempimenti a carico dell'ufficio (ufficio
postale o concessionario) che esegue il pagamento, sia nell'ipotesi di pagamento
in contanti, che di accreditamento bancario o postale. Come esplicitato nella
premessa, solo per il pagamento in contanti si può configurare l'ipotesi della
decadenza del diritto del beneficiario.
Articolo 180 (Adempimenti dell'ufficio postale) (R)
Il passaggio tra ufficio postale e filiale è dovuto ad esigenze interne
all'amministrazione delle poste S.p.a.
Articolo 181 (Adempimenti del concessionario) (R)
Stabilisce gli adempimenti a carico del concessionario specificandone al
contempo i tempi e le modalità di esecuzione.
Articolo 182 (Prospetto riepilogativo dei pagamenti) (R)
La norma in commento attua la scelta esposta nelle premesse a proposito del
soggetto deputato al controllo. Si deve considerare che il controllo, teso ad
evitare che gli uffici pagatori chiedano il rimborso di pagamenti fittizi o
meglio atto ad evitare errori, è solo “cartolare”, e non potrebbe essere
diversamente visto che rilevano i prospetti riepilogativi e i modelli di
pagamento.
Inoltre, non ha senso il controllo degli uffici finanziari, che prima della
riforma del 1997 erano coinvolti. Quello era di merito e si collegava alla
circostanza che in linea di massima erano gli uffici del registro a pagare, per
cui lo facevano loro anche quando a pagare erano le poste. Oggi non sarebbe
proponibile.
Ha senso, invece, un controllo formale da parte del soggetto che deve
effettuare la regolazione contabile perché sul proprio bilancio gravano le
spese anticipate.
Capo IV
Controllo sui pagamenti eseguiti e regolazioni contabili
Articolo 183 (Regolazione e rimborso dei pagamenti) (R)
L'emissione degli ordinativi di pagamento su aperture di credito in favore
dei concessionari e delle Poste si collega alla necessità contabile
dell'integrità del bilancio dello Stato. Pur essendo vero che i concessionari
sottraggono quanto pagato a terzi dal riscosso e che gli uffici postali
anticipano le somme indebitandosi con l'amministrazione del Tesoro, l'ordinativo
di pagamento a loro favore per i pagamenti effettuati per le spese è una
necessità per giustificare il minor versamento del riscosso da parte dei
concessionari e per diminuire il debito delle Poste. L'operazione è effettuata
da parte dell'amministrazione cui si riferisce il capitolo di bilancio destinato
alle spese anticipate.
Il comma 5 tiene conto dell'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato e della
Corte dei conti.
Articolo 184 (Versamento di ritenute e di imposte) (R)
I versamenti sono effettuati dal funzionario delegato sulle aperture di
credito. Infatti, il soggetto abilitato al pagamento versa al beneficiario
il netto e questo importo viene detratto dal riscosso che deve essere versato
all'erario. Anche gli ordinativi di pagamento a favore del soggetto abilitato al
pagamento si riferiscono al netto. Di conseguenza gli ordinativi che riguardano
le ritenute, rappresentanti anch'essi una necessità contabile, sono effettuati
dal funzionario delegato.
Articolo 185 (Aperture di credito) (R)
Il comma 1 individua la competenza per le aperture di credito ai funzionari
delegati, tenendo conto che l'operazione è effettuata da parte
dell'amministrazione cui si riferisce il capitolo di bilancio destinato alle
spese anticipate, e nel rispetto delle regole sull'autonomia finanziaria del
Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.
Il comma 2 prevede a carico delle amministrazioni diverse da quelle statali la
comunicazione alla competente Ragioneria provinciale dello Stato dell'importo e
della data di accreditamento dei fondi trasferiti al funzionario delegato
incaricato del rimborso e della regolazione dei pagamenti.
Articolo 186 (Funzionari delegati) (R)
La norma in commento individua lo strumento per la designazione dei
funzionari delegati, nel rispetto dell'autonomia delle amministrazioni cui si
riferisce il capitolo di bilancio destinato alle spese anticipate e delle regole
sull'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti. Per
l'amministrazione della giustizia ordinaria, la disposizione intende evitare
che, nel silenzio, funzionari delegati siano il Procuratore generale e il
Presidente della corte d'appello, sulla base di prassi immemorabile,
probabilmente fondata sulla tematica della c.d. doppia dirigenza.
Articolo 187 (Recupero delle somme indebitamente pagate a terzi) (R)
L'originario comma 4 dell'art. 10 del d.lgs. n. 237/1997 è stato
riformulato e integrato, chiarendone il contenuto precettivo ed è stato
abbassato il livello della fonte sul presupposto che si tratta di norma
procedurale.
La materia disciplinata è il recupero da parte dello Stato delle somme
indebitamente pagate a terzi.
Se l'indebito pagamento è attribuibile ai soggetti abilitati al pagamento (es.:
erronea indicazione del beneficiario e relativo pagamento) lo Stato recupera le
somme (stornandole dagli ordinativi di pagamento successivi, se non ha le già
sottratte rettificando il modello riepilogativo) direttamente dai suoi
intermediari, insieme a quanto aveva pagato per l'opera di intermediazione e
alle sanzioni, e non occorre prevedere che l'intermediario ha diritto di rivalsa
valendo le regole generali.
Se l'indebito pagamento non è attribuibile a questi ma risale a monte
all'ufficio che ha disposto il pagamento (es. errore nell'indicazione del
nominativo nel modello di pagamento) l'indebito è iscritto a ruolo nei
confronti del beneficiario (il funzionario risponde del risarcimento del danno
ai sensi delle norme generali richiamate altrove (Titolo I, capo III di questa
parte) e la somma indebitamente pagata è recuperata direttamente dal
beneficiario.
Capo V
Compensi ai soggetti che eseguono il pagamento
Articolo 188 (Compensi ai concessionari) (L)
Riporta l'articolo 12 del d.lgs. n.237/1997, con scelta diversa rispetto
alla tecnica del rinvio operata per i compensi dei concessionari in fase di
riscossione nella corrispondente parte del presente testo, perché la norma si
riferisce esclusivamente alle spese di giustizia.
Articolo 189 (Compensi a Poste italiane S.p.A.) (R)
La disposizione rimette ad una apposita convenzione – da approvarsi con
decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il
Ministero della giustizia - la determinazione dell'importo del compenso, che può
essere forfettizzato, (come è già sulla base di convenzioni con il Tesoro per
altri servizi svolti per conto dello Stato), la disciplina delle modalità di
pagamento e l'individuazione delle penalità per l'inosservanza degli obblighi.
Si fa riferimento anche ai compensi per i pagamenti effettuati dal 1999, perché
da questa data le Poste sono gli unici uffici che effettuano i pagamenti sulla
base di una norma transitoria. Infatti, dopo la soppressione dell'ufficio
registro come ufficio-cassa e nelle more dell'emanazione delle norme
regolamentari per l'effettuazione del pagamento da parte dei concessionari, sino
ad oggi ha operato solo la norma transitoria.
Capo VI
Pagamenti con modalità telematica
Articolo 190 (Determinazione delle regole tecniche telematiche) (R)
Con la norma in commento è stato esteso ai pagamenti delle spese per conto
dello Stato uno strumento (già previsto nell'ordinamento per il pagamento del
contributo unificato) che consente l'utilizzo di modalità telematiche per tutte
le fasi della procedura, tenendo conto del d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, che
disciplina l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile,
amministrativo e contabile.
TITOLO III
PAGAMENTO DELLE SPESE A CARICO DEI PRIVATI
Capo I
Pagamento del contributo unificato nel processo civile e amministrativo
Articolo 191 (Determinazione delle modalità di pagamento) (L)
L'art. 9, comma 6, legge n. 488/1999, rimetteva ad un regolamento, ai sensi
dell'art. 17, comma 2, legge n. 400/1988, l'individuazione delle modalità di
pagamento del contributo unificato.
Sulla base di questa norma è stato emanato il decreto del Presidente della
Repubblica n. 126/2001, modificato dal decreto del Presidente della Repubblica
11 dicembre 2001, n. 466, le cui disposizioni sono state incorporate, con i
necessari adattamenti e raccordi, nel testo unico.
La norma in commento, accogliendo un suggerimento del Consiglio di Stato, rinvia
alle norme regolamentari e riprende la disposizione originaria per l'eventuale
procedura di modifica perché rilevano autorità proponenti diverse da quelle
competenti per la modifica delle norme regolamentari del testo unico.
Articolo 192 (Modalità di pagamento) (R)
La disposizione prevede le modalità di pagamento del contributo unificato.
Rispetto alla norma originaria è stato eliminato il richiamo al d. lgs. n.
237/1997, perché inutile, sulla base delle definizioni generali e del contesto
nuovo del testo unico.
Per i concessionari incaricati della riscossione, i compensi sono regolati
dall'articolo 4, del d. lgs. n. 237/1997, che rinvia all'art. 61, comma 3,
lettera a), del d.P.R. n. 43/1988, e sono a carico dello Stato.
Articolo 193 (Convenzioni per le rivendite di generi di monopolio) (R)
La norma in commento rinvia ad apposita convenzione – da approvarsi con
decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il
Ministero della giustizia - la definizione dei rapporti con le rivendite di
generi di monopolio e di valori bollati, come disposto dall'art. 2 del d.P.R.
n.126/2001, modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 11 dicembre
2001, n. 466.
Articolo 194 (Ricevuta di versamento) (R)
La norma individua il contenuto della ricevuta di versamento, tenendo conto
delle modifiche apportate con il decreto del Presidente della Repubblica 11
dicembre 2001, n. 466, che ha introdotto il contrassegno rilasciato dalle
rivendite di generi di monopolio e di valori bollati.
Per conferire maggiore elasticità alla norma, sganciandola da eventuali
modifiche delle competenze interne al Ministero dell'economia e delle finanze,
si è rimessa l'approvazione dell'apposito modello a decreto dirigenziale dello
stesso Dicastero, anziché al Direttore dell'Agenzia delle Entrate.
Quando il versamento è effettuato presso le rivendite di generi di monopolio,
la ricevuta è costituita dal contrassegno. Poiché questo contiene solo la
prova dell'avvenuto pagamento dell'importo, deve essere apposto sulla nota di
iscrizione a ruolo, o atto equipollente, o sul modello apposito, i quali
contengono l'ufficio giudiziario adito, le generalità e il codice fiscale
dell'attore o ricorrente, le generalità delle altre parti. Elementi, questi
ultimi, che esistono nella nota di iscrizione a ruolo (v. art. 71 c.p..c. att,
come modificato dal decreto legge n.
, convertito nella legge n.
) e che devono sussistere nell'atto equipollente. Altrimenti il contrassegno è
apposto sull'apposito modello che li contiene.
Il comma 5 riprende il comma 1 dell'articolo 5 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 126/2001, raccordandolo all'introduzione del contrassegno. Il
comma 6 prevede l'annotazione degli estremi del versamento sul relativo registro
del ruolo generale, come rimedio all'eventuale perdita della ricevuta.
Articolo 195 (Determinazione delle regole tecniche telematiche) (R)
In un unico articolo del testo unico sono richiamate tutte le “attività”
per cui devono essere emanate regole tecniche per consentire la trasmissione in
via telematica e per questo sono stati tolti i riferimenti alle modalità
telematiche negli altri articoli.
Il d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, che disciplina l'uso di strumenti
informatici e telematici nel processo civile, amministrativo e contabile, è
solo richiamato; pur trattandosi di regolamento governativo, incorporabile
astrattamente nel testo unico, ne rimane fuori perché l'incidenza è solo
indiretta e l'ambito di intervento più ampio.
Nel modificare l'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n.
126/2001, per adeguarlo alla legge n. 300/1999, il decreto del Presidente della
Repubblica 11 dicembre 2001, n. 466, per mero refuso, non emergendo una diversa
volontà dalla relazione, sostituisce un decreto del Ministero con un decreto
del Ministro. Nel testo unico si è mantenuta la dizione “decreto del
Ministero” conformemente alla scelta operata in altre parti sulla base della
separazione politica-amministrazione.
Capo II
Pagamento del diritto di copia, del diritto di certificato, nonché delle spese
per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile
Articolo 196 (Determinazione delle modalità di pagamento) (L)
La disposizione è stata formulata prendendo a modello l'art. 9, legge
n. 488/1999 per il contributo unificato: così si estende alla fattispecie in
questione uno strumento già previsto dal legislatore per fattispecie analoga.
La forma del regolamento di cui all'art. 17, comma 2, legge n. 400/88 è idonea
all'abrogazione di norme di legge che restano in vigore in via transitoria.
Non è stata possibile l'estensione del regolamento già emanato per il
pagamento del contributo unificato, che, essendo stato predisposto per importi
alti, non appare idoneo ed anzi è controproducente qualora si tratti di importi
minimi.
Capo III
Pagamento delle spese dai privati agli
ufficiali giudiziari
Articolo 197 (Pagamento delle
spettanze degli ufficiali giudiziari relative a notifiche a richiesta di parte
nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario) (L)
La norma in commento disciplina il pagamento delle spettanze agli
ufficiali giudiziari da parte dei privati che richiedono il compimento degli
atti. Essa riprende i precetti di quella originaria e innova solo gli aspetti
procedurali relativi alla fattispecie delle spese per notifica nei casi in cui
non sia possibile la preventiva determinazione delle somme occorrenti.
Secondo la disciplina originaria, trattandosi di somme non esattamente
determinabili preventivamente, la parte mette una “congrua somma” a
disposizione dell'ufficiale giudiziario che la annota nel registro; l'ufficiale
giudiziario prende quanto gli spetta e versa mensilmente in conto corrente
postale quanto residuato e non richiesto dalla parte nei trenta giorni dal
compimento dell'atto; una volta depositate in conto corrente postale, la parte
può chiedere all'ufficiale giudiziario il rimborso entro 6 mesi del deposito;
se non lo chiede, o non lo chiede nei termini, le somme sono devolute allo Stato
che percepisce gli interessi sui depositi.
Tale meccanismo è evidentemente farraginoso.
La norma in commento ha ridotto
notevolmente i tempi della possibilità di richiesta di rimborso, rendendo così
inutile la fase del deposito presso le Poste. Le somme residue passano
direttamente dagli ufficiali giudiziari allo Stato.
Articolo 198 (Determinazione delle regole tecniche telematiche) (R)
La disposizione prevede una ulteriore estensione dello strumento previsto
dall'art. 4, D.P.R. n.126/2001, per il pagamento del contributo unificato e già
applicato ai pagamenti delle spese per conto dello Stato (vedi art. 190).
Capo IV
Pagamento delle spese di viaggio e indennità spettanti a testimoni e consulenti
tecnici citati a richiesta di parte nel processo penale
Articolo 199 (Pagamento delle spese di viaggio e indennità spettanti a
testimoni e consulenti tecnici citati a richiesta di parte nel processo penale)
(L)
La norma in commento semplifica molto la procedura senza intaccare
l'obiettivo della disciplina originaria.
La procedura era regolata dall'art. 22, d.m. n. 334/1989 (reg. di att. c.p.p.)
anche mediante rinvio alla disciplina generale dei depositi giudiziari. La
cancelleria determinava provvisoriamente gli importi delle spese e delle
indennità da anticiparsi dalle parti private, che provvedevano al versamento
mediante apertura di un libretto presso un ufficio postale a titolo di deposito
giudiziario. Il cancelliere, ricevuto in consegna il libretto, attestava
l'avvenuto versamento. Per il versamento degli importi ai beneficiari il
cancelliere disponeva del deposito sul libretto secondo le norme sui depositi
giudiziari. La norma originaria prevedeva, inoltre, che il Presidente del
collegio – a domanda – potesse esonerare l'imputato dall'anticipazione nei
confronti di una o più persone da lui citate.
Questa procedura non ha funzionato in concreto perché farraginosa.
La ratio della norma, introdotta con il nuovo c.p.p., era quella di
garantire le persone citate a richiesta di parte in ordine alla concreta
possibilità di ricevere il rimborso delle spese e le indennità di viaggio e
soggiorno, visto che quelle citate a richiesta del P.M. o d'ufficio ricevono
sicuramente quanto loro spetta mediante il meccanismo dell'anticipo da parte
dello Stato.
Il risultato è raggiunto se la parte versa direttamente al beneficiario gli
importi sulla base di un ordine del funzionario addetto dell'ufficio.
Non ha concreta portata precettiva l'esonero previsto dalla norma originaria, se
si considera che dallo stesso non consegue l'anticipo a carico dello Stato ma le
spese rimangono a carico dei privati, e per tale motivo non è stato ripreso
nella norma in commento.
Comunque, va considerato che si tratta di rapporti tra privati, in cui lo Stato
interviene solo in funzione di garanzia.
Se non si fosse disciplinato nulla e si fossero abrogate le norme esistenti, il
rimborso delle spese sarebbe rimasto nell'ambito dei rapporti tra privati, fermo
il principio che le stesse non sarebbero anticipate dallo Stato.
PARTE VII
RISCOSSIONE
Premessa
L'elaborazione di questa parte del testo unico ha dovuto fare i conti con
una grande riforma: quella, avviata nel 1996 e proseguita con adattamenti
successivi fino al 2001, che – attraverso la soppressione degli uffici di
cassa finanziari e l'attribuzione delle competenze ai concessionari – si è
posta l'obiettivo di uniformare la disciplina della riscossione delle entrate
dello Stato e ha ricompresso tra queste, le spese di giustizia e le pene
pecuniarie.
Il lavoro per il testo unico ha seguito due direttrici fondamentali.
In primo luogo, quella di individuare:
- dove l'impatto
della disciplina generale sul sistema speciale rendeva necessario un
raccordo per consentirne il funzionamento;
- quali norme
speciali sopravvivevano, perché salvate dalla disciplina generale o perché
connaturate alla specificità delle spese e pene pecuniarie.
In secondo luogo, quello di ancorare la riscossione delle spese di giustizia
e delle pene pecuniarie alla disciplina generale per evitare che si riproponesse
col passare del tempo la diversificazione che il legislatore della riforma aveva
voluto superare.
In negativo, l'obiettivo è stato quello di ripulire l'ordinamento dalle vecchie
disposizioni in modo che la certezza dell'abrogazione eliminasse in radice i
dubbi interpretativi sulla compatibilità o meno delle vecchie procedure con le
nuove.
La complessità del lavoro svolto si spiega tenendo conto di due fattori:
Inoltre, nell'ambito del riordino della materia, si è perseguito l'obiettivo
di superare la disciplina specialistica non indispensabile, residuata dopo la
riforma generale.
Per alcuni reati finanziari (allo stato di difficile individuazione anche
secondo l'amministrazione finanziaria) esiste rispetto alla riscossione e il
pagamento delle spese per conto dello Stato una disciplina speciale in caso di
sola condanna a spese e pene pecuniarie, con conseguente ritorno alla
disciplina generale in caso di condanna anche a pene detentive.
Al posto della cancelleria del giudice dell'esecuzione, è un ufficio
finanziario che svolge tutte le attività connesse alla riscossione: dall'avviso
di pagamento in poi, compresa l'iscrizione a ruolo. Al posto dei concessionari
è un ufficio finanziario che riceve il pagamento di spese e pene in caso di
adempimento spontaneo conseguente all'invito al pagamento.
E' ancora un ufficio finanziario, e non le Poste o i concessionari, ad
effettuare i pagamenti ai soggetti creditori per le somme che lo Stato anticipa
a titolo di spese di giustizia.
Queste ultime particolarità discendono dalla circostanza che il decreto
legislativo 9 luglio 1997, n. 237, che ha soppresso gli uffici del registro in
quanto uffici di cassa, non ha soppresso gli uffici di cassa delle dogane e
questi hanno potuto continuare ad operare anche per competenze che, oramai,
erano state attribuite ai concessionari per tutti gli altri reati.
Per il resto, non c'è alcuna differenza per la fase della riscossione mediante
ruolo che inizia con l'iscrizione a ruolo e prosegue con l'esecuzione forzata
successiva al mancato pagamento della cartella di pagamento. Così come non c'è
alcuna differenza per la fase della conversione delle pene pecuniarie.
Al di là delle ragioni sulle quali si è potuta fondare originariamente la
previsione di riscossioni speciali (vedi l'art. 208 della tariffa penale), sulla
quale si sono innestate particolarità nell'anticipo delle spese, non ci sono
oggi ragioni per mantenere tale differenza.
Se la ratio originaria è da rinvenire nella circostanza che la pena
pecuniaria è spesso proporzionale al tributo evaso e che questo è assorbito
dalla pena pecuniaria - ma nel solo caso in cui ci sono in sequestro beni - non
ci sono ragioni imprescindibili per radicare la competenza in capo agli uffici
finanziari. La pena pecuniaria è stabilita dal giudice sulla base dell'importo
del tributo evaso, che risulta dagli atti processuali. Per evitare, poi, che gli
uffici finanziari chiedano il pagamento del tributo evaso quando lo stesso è
assorbito dal sequestro del bene, è sufficiente che l'ufficio di cancelleria
comunichi le vicende del sequestro agli uffici competenti, affinché possano
procedere all'eventuale recupero dei tributi. In ogni caso, la legislazione più
recente ha svincolato la pena pecuniaria dal tributo evaso (legge 19 marzo 2001,
n. 92).
In conclusione, il superamento della disciplina specialistica elimina le
incertezze collegate alla non inequivocabile identificazione dei reati per cui
scatterebbero le particolarità; elimina gli uffici “pagatori” diversi per
l'anticipo a terzi delle spese di giustizia e gli uffici diversi per ricevere
l'adempimento spontaneo, non intaccando, naturalmente, le funzioni degli uffici
cassa delle dogane e dei monopoli rispetto ai tributi.
Infine, su suggerimento del Consiglio di Stato, la materia della riscossione è
stata raccordata con le previsioni del d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che,
nell'introdurre nell'ordinamento la responsabilità amministrativa degli enti
per reati commessi dai loro rappresentanti, ha equiparato – con delle
peculiarità – la riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie a
quella delle pene pecuniarie.
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Capo I
Ambito di applicabilità
Articolo 200 (Applicabilità della procedura nel processo penale) (L)
Stabilisce l'ambito di applicabilità della procedura di riscossione
rispetto al procedimento penale.
Articolo 201 (Applicabilità della procedura nel processo civile,
amministrativo, contabile, tributario) (L)
Stabilisce l'ambito di applicabilità della procedura della riscossione
rispetto a tutti gli altri procedimenti.
Articolo 202 (Applicabilità della procedura alle sanzioni pecuniarie
processuali) (L)
Riformula l'art. 664 del c.p.p. comma 3, prevedendo il recupero delle somme
dovute per sanzioni pecuniarie, o per condanna alla perdita della cauzione, o in
conseguenza della dichiarazione di inammissibilità o di rigetto di una
richiesta sulla base di provvedimenti irrevocabili, ai sensi delle norme
processuali penali e civili. I proventi derivanti dal recupero sono destinati
alla cassa delle ammende.
Rispetto all'art. 664 c.p.p. è stato eliminato il termine “disciplinari”,
che non serve a qualificare le fattispecie di cui sopra e può solo ingenerare
equivoci.
Per le sanzioni pecuniarie nel processo penale i riferimenti normativi sono:
- condanna alla
perdita della cauzione (artt. 259, 262, 319, 320 c.p.p.)
- sanzioni
disciplinari pecuniarie (artt. 133, 147, 231, 694, c.p.p.)
- dichiarazione di
inammissibilità o rigetto (artt. 44, 48, 616, 634 c.p.p.)
Anche nel processo civile, come in quello penale, esistono norme, della
stessa natura di quelle cui si riferisce l'art. 664 c.p.p., che comminano la
sanzione:
- art. 54, 3° co. ,
c.p.c. (pena pecuniaria in conseguenza dell'ordinanza che dichiara inammissibile
o rigetta l'istanza di ricusazione);
- art. 118 c.p.c.
(rifiuto di sottoporsi all'ispezione);
- art. 220 c.p.c.
(pena pecuniaria a carico della parte che ha disconosciuto la scrittura
verificata);
- art. 226 c.p.c.
(pena pecuniaria per la parte querelante in caso di rigetto della querela di
falso);
- art. 255 c.p.c.
anche in correlazione con l'art. 106 disp. att. (pena pecuniaria per il
testimone che non si presenta; possibilità di condanna al pagamento delle spese
per la mancata presentazione);
- art. 408 c.p.c.
(condanna alla pena pecuniaria dell'opponente in caso di dichiarazione di
inammissibilità o improcedibilità della domanda di opposizione);
- art. 476 c.p.c.
(pena pecuniaria a carico del cancelliere, notaio per violazione delle norme
sulla spedizione in forma esecutiva).
Articolo 203 (Esclusione della procedura per alcuni processi) (R)
Trattasi di una norma di raccordo con altre disposizioni del presente testo.
Nei procedimenti richiamati le spese sono recuperate in modo diverso: via via
che c'è disponibilità nell'attivo, per la procedura fallimentare; sul ricavato
della vendita, per i beni sequestrati; nell'ambito di una procedura di
riscossione coattiva già in corso relativa al recupero del credito principale,
per le spese relative alle procedure esecutive attivate dal concessionario;
dall'amministrazione, con le procedure ordinarie, nei procedimenti in cui sono
parti le amministrazioni ammesse alla prenotazione a debito.
Capo II
Principi per il processo penale
Articolo 204 (Recupero delle spese) (R)
Trattasi di una norma di raccordo, oltre che con il codice di procedura
penale e il decreto legislativo n. 231/2001, con altre disposizioni del
testo unico. In particolare essa rinvia alle norme processuali penali (artt.
535, 592, 616 c.p.p.) e all'art. 69, decreto legislativo n. 231/2001, che
disciplinano la condanna alle spese e sono fuori dal testo unico, e le raccorda
con la disciplina in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Il comma 2 è solo ricognitivo dell'esistente e costituisce una disposizione di
raccordo con norme del c.p.p., le quali non prevedono la condanna alle spese per
i procedimenti di prevenzione, di esecuzione e di sorveglianza, salvo che per
l'eventuale giudizio di cassazione. Di conseguenza, se non c'è condanna non è
neppure configurabile la ripetizione delle spese anticipate.
La necessità di tale norma ricognitiva discende dai diversi orientamenti degli
uffici registrati nella prassi. D'altra parte, se è vero che potrebbe essere
ragionevole un recupero delle spese rispetto a questi procedimenti è pur vero
che sarebbe necessario un intervento legislativo che preveda la condanna. E sino
ad ora la Corte costituzionale ha ritenuto ragionevole la scelta del legislatore
(v. sent. n. 45/1997 per il procedimento di esecuzione) sulla base della natura
non strettamente contenziosa della fase diversa da quella in cassazione.
Il comma 3 raccorda il T.U. con gli articoli 445 e 460 c.p.p., prende atto
della giurisprudenza (cfr. Cass. n. 3156/1995, n. 1307/1996 e 2142/1997), alla
quale si è adeguato (mutando il precedente orientamento espresso in circolare
n. 14/1996) il Ministero della Giustizia con circolare Affari civili n. 1
del 2.03.2001.
Prima, infatti, si era ritenuto che le spese per la custodia - essendo spese
inerenti all'iter processuale attinenti a strumenti utilizzati per
l'accertamento della verità - fossero ricomprese nel favor accordato dal
legislatore. La Cassazione, invece, sulla base dell'art. 84 delle
disposizioni di attuazione al codice di procedura penale - che non comprende la
sentenza di patteggiamento tra i casi in cui non sono dovute le spese per la
conservazione e per la custodia delle cose sequestrate- autorizza la
distinzione tra le spese del procedimento strettamente necessarie (comprese nel favor)
e le altre relativamente alle quali sussiste il diritto erariale alla rivalsa.
Naturalmente nel favor non rientrano le spese di mantenimento del
detenuto, che certamente non sono spese del procedimento.
Nella formulazione della norma si è tenuto conto della equiparazione tra
patteggiamento e decreto penale di condanna prevista dall'art. 460, comma 5,
c.p.p., novellato dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479.
Articolo 205 (Recupero per intero e forfettizzato) (L)
Le norme originarie sono state riformulate al fine di tener conto delle
innovazioni legislative.
L'art. 9, legge n. 488/99, ha fortemente inciso sulle voci di spesa da
recuperare in modo forfettizzato. La norma originaria, pertanto, non è più
attuale per gli importi relativi al bollo, ai diritti di cancelleria e di copia
e alla chiamata di causa.
Nella previsione dello strumento secondario si è tenuto conto della circostanza
che l'originaria previsione di un decreto ministeriale, volto a determinare la
misura del recupero si è tradotta nella prassi nell'emanazione di un decreto
ministeriale ex art. 17, commi 3 e 4, legge n. 400/1988.
Inoltre si è raccordata la disciplina dell'originario art. 199 att. c.p.p. con
quella dell'art. 142, comma 3, d.P.R. n. 1229/1959, riferita alla quota per
diritti spettante agli ufficiali giudiziari (v. relazione in Parte II, diritti e
trasferte degli ufficiali giudiziari per i problemi applicativi sorti per
effetto della mancata emanazione del decreto ministeriale previsto dall'art. 142
citato).
Per la piena operatività della riforma introdotta con l'art. 9, legge n. 488/99
è indispensabile che venga emanato un nuovo decreto ministeriale che entri in
vigore contemporaneamente all'effettiva operatività dell'articolo 9 citato.
Infatti, quello esistente (d.m. n. 347 del 1989) risulta profondamente
inciso dall'art. 9, della legge n. 488/99, poiché riporta anche le voci di
spesa oramai soppresse. Né si può procedere ad estrapolazioni perchè diritti
e trasferte degli ufficiali giudiziari sono unitariamente quantificati con la
chiamata di causa, che è soppressa dall'art. 9 citato.
Articolo 206 (Spese di mantenimento dei detenuti definitivi e in stato di
custodia cautelare) (R)
Alcune norme disciplinano l'obbligo di pagare le spese di mantenimento per
la pena detentiva (art. 188 c.p.) e i casi in cui le spese di mantenimento sono
dovute anche per la custodia cautelare (art. 535, c.p.p., art. 692 c.p.p.), il
soddisfacimento dell'obbligo mediante prelievo sulla remunerazione (art. 145 c.p.,
artt. 2 e 24, legge n. 354/1975, art. 56, d.P.R. n. 230/2000). Queste norme sono
di sistema e non rifluiscono nel testo unico
Tanto premesso, la norma di raccordo prevista è utile in quanto stabilisce il
raccordo tra soddisfacimento dell'obbligo mediante prelievo sulla remunerazione
e soddisfacimento dell'obbligo secondo le norme comuni alle altre spese nel caso
in cui la remunerazione non ci sia ovvero per la parte residua.
Sugli internati c'è solo il prelievo sull'eventuale remunerazione; in mancanza
di remunerazione non c'è alcun recupero: articoli 213, comma 4, del codice
penale e 2, della legge n. 354/1974.
Capo III
Principi per il processo civile, amministrativo, contabile, tributario.
Articolo 207 (Recupero delle spese) (R)
Tale disposizione raccorda la disciplina del recupero delle spese
processuali alla disciplina dettata dal testo in commento in caso di ammissione
al patrocinio a spese dello Stato.
Capo IV
Definizioni
Articolo 208 (Ufficio competente) (R)
E' necessaria una norma che individui l'ufficio competente, in applicazione
dell'art. 1 del d. lgs. n. 112/99. L'individuazione della competenza in capo
all'ufficio presso il giudice il cui provvedimento è divenuto definitivo -
competenza, peraltro, già operante - risponde a criteri di funzionalità ed
efficienza. Sulla base delle norme originarie (art. 429 r.d. n.2700/1865 e artt.
42 e 43 d.m. Istruzioni civile del 1866), è stato escluso il recupero da parte
dell'ufficio presso la Cassazione. Inoltre, si deve considerare che, oltre alla
sentenza, anche altri provvedimenti possono fondare l'obbligo, per esempio
quelli che comminano sanzioni pecuniarie.
Poiché vi sono norme – valevoli in generale per queste entrate patrimoniali
ed espressamente richiamate da articoli successivi - che parlano di “ente
creditore” nell'ambito dei rapporti con i concessionari (es. d.lgs. n. 112/99,
riversamento somme riscosse dal concessionario all'ente creditore) volendo
ricomprendere in tale locuzione evidentemente lo Stato e gli enti diversi (per
es. enti previdenziali, regioni, province, comuni) è utile la previsione
contenuta nel comma 2 della norma in commento che specifica che negli
articoli 6, 15, 16, 18, 22, 38, 39, 47, 57 e 59 del d.lgs. n. 112/99 i termini
“ente creditore” e “soggetti creditori” non si riferiscono all'ufficio
specificato nel comma 1 della stessa norma.
Articolo 209 (Ufficio competente per le spese di mantenimento) (R)
La norma definisce l'ufficio competente a recuperare le spese di
mantenimento in carcere. La scelta di attribuire la gestione delle attività
connesse alla riscossione delle spese di mantenimento all'ultimo istituto presso
cui il condannato è stato ristretto, si fonda sulle seguenti considerazioni.
Il recupero delle spese di mantenimento è autonomo rispetto al recupero delle
altre spese. Il primo si avvia quando cessa lo stato di privazione della libertà
personale in istituto, naturalmente dopo che la sentenza è inoppugnabile; il
secondo, appena la sentenza è inoppugnabile. I titoli sono diversi e
strutturalmente sono diversi anche i tempi. Solo accidentalmente può accadere
che per le spese di mantenimento si avvii il recupero quasi o contestualmente al
recupero delle altre spese (rapida sentenza definitiva a breve pena detentiva
coincidente per durata a quella scontata come cautelare). Più frequentemente può
accadere che si avvii il recupero del mantenimento mentre è in corso il
recupero delle altre spese. Ma è un intreccio solo fattuale data l'autonomia
dei due titoli. Per il mantenimento si procederà ad autonomo invito al
pagamento, iscrizione a ruolo, ecc.
Sino ad oggi, essendo competente, anche per le spese di mantenimento, l'ufficio
presso il giudice dell'esecuzione, l'istituto penitenziario inviava a questo
l'importo da recuperare (Mod. 38 in cui sono computati i periodi di detenzione
ed è individuato quanto eventualmente recuperato dalla remunerazione). Con la
conseguenza di frapporre tra l'ufficio (quello dell'istituto) che ha le notizie
e l'inizio dell'attività un ufficio diverso che non aggiunge nulla a livello di
conoscenze e che non ha bisogno di seguire questa fase, con l'effetto,
inevitabile, di allungare i tempi.
Articolo 210 (Discarico automatico) (R)
La disposizione prevede un raccordo, in tema di conseguenze del discarico
automatico del credito iscritto a ruolo, con l'art. 19, co. 3, del d.lgs. n.
112/99 e con l'art. 265, co. 3, del r.d. 23 maggio 1924, n. 827. L'art. 19
citato, nel prevedere il discarico automatico, espressamente chiarisce che
l'effetto è l'eliminazione del credito dalle scritture patrimoniali. Non ci
sono dubbi che, essendo previsto il discarico automatico, non occorre il
provvedimento di annullamento del credito previsto dalla legislazione generale
(art. 265 citato) (in tal senso anche Finanze-Tesoro). Tuttavia, per evitare che
si generino incertezze visto che l'articolo 265 citato rimane nell'ordinamento,
è opportuno prevedere che il discarico tiene luogo dell'annullamento.
TITOLO II
DISPOSIZIONI GENERALI PER SPESE PROCESSUALI , SPESE DI MANTENIMENTO,
PENE PECUNIARIE, SANZIONI AMMINISTRATIVE PECUNIARIE E SANZIONI PECUNIARIE
PROCESSUALI
Capo I
Adempimento spontaneo
Articolo 211 (Quantificazione dell'importo dovuto) (R)
Per la quantificazione dell'importo da recuperare, il funzionario addetto
all'ufficio ricava le spese dagli atti, dai registri, da norme (per alcune spese
forfettizzate penali) e, naturalmente, dal provvedimento giudiziario, se si
tratta di pene e sanzioni.
La specificazione delle varie voci dell'importo complessivo è richiesta dalle
circolari del Ministero delle finanze del 1999.
Articolo 212 (Invito al pagamento) (R)
Tale fase, che già vive nella prassi in seguito alla riforma della
riscossione, è stata ritenuta essenziale. Essa è sempre presente come
fase preliminare quando si tratta di entrate non tributarie di cui il soggetto
debitore non conosce l'importo, ed ha il vantaggio di evitare le spese della
riscossione mediante ruolo. L'inciso “da cui sorge l'obbligo” tiene conto
dei casi in cui non vi è condanna, ma le spese sono poste a carico di qualcuno:
es. patrocinio a spese dello Stato in un'azione esecutiva civile che si chiude
con provvedimento di assegnazione in cui era ammesso al patrocinio l'attore; in
tal caso le spese sono a carico di chi ha subìto l'esecuzione. Poiché
l'articolo ha carattere generale e riguarda anche le pene pecuniarie comminate
con il decreto penale, si utilizza il termine “provvedimento” per
ricomprendere in tale nozione anche il decreto penale, nonostante le spese per
questo siano state escluse.
L'inciso “o divenuto definitivo” vale a ricomprendere titoli che legittimano
la riscossione e non sono suscettibili di passare in giudicato, ma solo di
divenire definitivi.
La materia della notifica dell'invito è oggetto di alcune circolari del
Ministero della giustizia (8/988(u)60/2 del 27.4.99 e quesiti 10.06.99 e
4.7.1999) che hanno fatto fronte alla mancanza di raccordo normativo tra la
nuova disciplina della riscossione e le spese di giustizia.
Le circolari citate prevedono la notifica dell'invito al pagamento mediante
ufficiale giudiziario per il penale e mediante corrispondenza ordinaria per il
civile; fondano tale differenza sulla circostanza che le notifiche d'ufficio
sono ricomprese nella forfettizzazione ai sensi del d.m. n. 347/89, e quindi,
sono recuperate per il penale, mentre per il civile non si può chiedere al
debitore un onere ulteriore, di talchè vanno addebitate a spese postali e
telegrafiche imputate al cap. 6116 (spese dell'ufficio).
Le suddette circolari prevedono altresì la trasmissione al debitore
dell'estratto del titolo esecutivo e della nota di comunicazione della somma
dovuta, la trasmissione del modello F 23 precompilato, l'indicazione degli
uffici presso cui pagare oltre alla richiesta di notizia dell'avvenuto
pagamento, e, infine, rimettono alla cancelleria la decisione sulla fissazione o
meno di un termine per l'adempimento e, nel caso positivo, quale.
Innanzitutto, non si ravvisano ragioni giustificative del mantenimento della
distinzione tra civile e penale al fine della individuazione della
procedura da seguire per le notifiche dell'avviso. Infatti, ferma restando la
qualificazione di notifiche a richiesta d'ufficio, si deve considerare che nel
processo civile le stesse, anticipate dalla parte in misura forfettizzata ai
sensi della legge n. 59/1979, sono prenotate a debito nell'ipotesi di gratuito
patrocinio e di cause in cui è parte l'amministrazione, quindi quando si
tratta di recupero del campione civile.
Oltre all'uniformità tra civile e penale la norma contiene un rinvio alle
disposizioni del codice di procedura civile per la notificazione.
E' pacifico che le notificazioni della fase della riscossione dei campioni
civili e penali - prima relative all'intera procedura esecutiva ed oggi limitate
solo all'avvio con la richiesta di adempimento spontaneo - sono sempre state
fatte ai sensi delle norme processuali civili richiamate. Dubbi sono sorti solo
sulla base delle circolari del 1999, dopo le quali alcuni uffici UNEP avevano
ipotizzato che le notifiche degli avvisi relativi al campione penale si
dovessero fare sulla base delle diverse norme del codice di procedura penale.
Dalla qualificazione di notificazioni a richiesta d'ufficio (che oggi appare
conforme alla dinamica della nuova procedura nella quale la notifica dell'invito
si pone come ultima appendice del processo e non come inizio della fase della
riscossione che coincide con l'iscrizione a ruolo) discende l'applicabilità del
trattamento economico relativo: penale o civile.
Sino ad ora (circ. uff. V, 30.1.81, n. 5/5349/035) per il trattamento economico
delle notifiche nell'ambito della procedura per la riscossione dei campioni
penali e civili si sono applicate le norme relative alle notifiche civili,
trattandosi comunque di notifiche ricadenti nell'ambito del processo esecutivo
civile; in particolare è stato applicato il regime delle notifiche a richiesta
di ammessi al gratuito patrocinio e a richiesta delle amministrazioni ex artt.143
e 135 d.PR 1229/59: riconduzione per estensione, giustificata dall'effettuazione
della riscossione coattiva da parte dell'ufficio giudiziario, secondo le forme
del codice di procedura civile in cui gli ufficiali giudiziari erano coinvolti
per tutte le notifiche.
Oggi la riscossione è effettuata dai concessionari e dagli ufficiali della
riscossione. L'ufficio giudiziario provvede solo all'invio dell'invito al
pagamento spontaneo e all'iscrizione a ruolo a partire dal quale parte la
riscossione esattoriale.
In ordine al trattamento economico, il minor importo delle trasferte per atti
penali rispetto a quelle previste dal civile (mentre prima rilevavano solo gli
importi civili) è compensato dal fatto che dalla nuova configurazione discende
che non sono più atti soggetti all'assorbimento in caso di contestualità con
atti a pagamento a richiesta di parte (assorbimento a cui prima erano soggetti
ai sensi degli artt. 135, e 143, d.PR n. 1229/59).
Poiché l'invito al pagamento presuppone il giudicato del titolo e la conoscenza
legale dello stesso, è stato omesso l'invio dell'estratto del titolo esecutivo
che può ingenerare dubbi sulla forma di tutela giurisdizionale. Invero,
l'invio dell'estratto del titolo esecutivo aveva senso con il contestuale invio
dell'atto di precetto (ex 181 att. per il penale e 4, r.d. n. 25/1922 che aveva
inciso il 426 del r.d.n.2700/1865) dove l'invito al pagamento si accompagnava
all'ingiunzione di pagare sotto comminatoria di esecuzione forzata del titolo di
cui si notificava l'estratto.
Oggi il titolo esecutivo della riscossione esattoriale è il ruolo e la
notificazione della cartella di pagamento corrisponde all'atto di precetto
contenente l'ingiunzione di pagare sotto comminatoria di esecuzione forzata.
L'invito al pagamento serve solo all'adempimento spontaneo di un'obbligazione
che nasce da un provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, che basterà
menzionare nello stesso invito.
Nulla è detto a proposito dei debitori in solido, poiché valgono le regole
generali sulle obbligazioni.
Il modello di pagamento (previsto dall'art. 3, d.lgs. n. 237/1997) è stato
approvato con decreto dirigenziale 9.12.1997 e 17.12.1998 e vale per tutti
i versamenti.
Il comma 1 tiene conto dell'esigenza di raccordo procedurale con il recupero
delle spese di mantenimento in carcere.
Il comma 2 prevede un termine per il pagamento e un termine di 10 giorni entro
cui il debitore deve notiziare l'ufficio dell'eseguito pagamento.
Il termine per l'attivazione da parte dell'ufficio è mutuato dall'art. 181 disp.
att. c.p.p. e dall'art. 39, comma 1, R.D. n. 3282/ 1923 sul gratuito patrocinio.
Il termine per l'adempimento è mutuato dall'art. 24, co. 2, d.lgs. 46/99 sui
contributi previdenziali.
Capo II
Riscossione mediante ruolo
Articolo 213 (Iscrizione a ruolo) (R)
Tale disposizione prevede l'iscrizione a ruolo nel caso di decorso del
termine per l'adempimento computato dalla avvenuta notifica, naturalmente anche
ai sensi degli artt. 140 e 142 c.p.c., naturalmente tenendo conto anche del
termine per notiziare l'ufficio.
Articolo 214 (Trasmissione di notizie) (R)
La norma prevede un raccordo necessario tra l'ufficio giudiziario, che ha le
notizie, e il soggetto incaricato della riscossione.
Articolo 215 (Sospensione amministrativa della riscossione) (R)
Prevede, in applicazione dell'art. 28 del d.lgs. n. 46/1999, che in caso di
impugnazione del ruolo il funzionario addetto all'ufficio può sospendere la
riscossione, sulla base di criteri determinati con decreto dirigenziale del
Ministero della giustizia. Il citato art. 28 parla di “soggetto creditore”:
questo ben può essere l'ufficio incaricato della gestione delle attività
connesse alla riscossione.
Articolo 216 (Rimborso al concessionario delle spese relative alle
procedure esecutive e rimborso delle somme versate al debitore per indebiti
pagamenti) (R)
In attuazione dell'art. 17, comma 6, del d. l.gs. n. 112/99, è stato
emanato il decreto dirigenziale del Ministero delle finanze, 21 novembre 2000
concernente il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive.
Tale decreto contiene le tabelle per il rimborso spese ai concessionari per le
attività compiute direttamente e per le attività compiute da soggetti esterni.
Si tratta, in particolare, del costo per il servizio svolto direttamente o
indirettamente da cui sono escluse le”tasse e i diritti” per le procedure
esecutive previsti dall'art. 48 del d.P.R. n. 602/1973, che sono prenotate a
debito.
L'intero decreto e le relative tabelle, con l'eccezione dell'art. 9, sono
riferibili anche alle spese di giustizia.
L'art. 8 del citato decreto stabilisce un collegamento tra la richiesta di
rimborso e la comunicazione di inesigibilità nel senso della loro contestualità,
con la conseguenza che la richiesta di rimborso è diretta all'ufficio cui si
comunica l'inesigibilità e che provvede al discarico; quindi, secondo la
previsione generale, alla cancelleria del giudice dell'esecuzione. Sono
stabiliti anche i tempi; la scelta appare funzionale considerato che questo
ufficio è l'unico a poter effettuare i riscontri.
Affinché la norma possa concretamente operare per le spese di giustizia è
necessario individuare chi emette gli ordini di pagamento e il meccanismo
per l'apertura di credito sui relativi capitoli di bilancio.
La norma in commento vuole soddisfare questo obiettivo ed è stata formulata sul
modello dell'art. 9 del decreto ministeriale citato e dell'articolo 185 (R), nel
rispetto dell'autonomia delle diverse amministrazioni e dell'autonomia
finanziaria del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.
Con riferimento all'art. 26, d. lgs. 112/99, questo prevede che l'ente creditore
incarica il concessionario di effettuare il rimborso al debitore per l'indebito
pagamento da questi eseguito e rimborsa poi il concessionario per l'anticipo
effettuato.
E' previsto un decreto ministeriale finanze-tesoro per le modalità, ancora
emanato. Nelle more dell'emanazione di tale decreto ministeriale si applica
l'art. 57 bis del d. l.gs. 112/99.
Anche in questo caso, come nell'ipotesi precedente, è necessaria una norma di
raccordo affinché la disposizione in commento possa concretamente operare per
le spese di giustizia.
Capo III
Disposizioni comuni a più fasi della riscossione
Articolo 217 (Dati contenuti nel modello di pagamento e nel ruolo) (R)
Prevede che gli importi prenotati a debito a favore di soggetti diversi
dall'erario devono risultare nel modello di pagamento e nel ruolo al fine di
consentirne il riversamento da parte del concessionario all'esito della
riscossione.
La norma originaria è stata adattata alle novità in materia di riscossione ed
è stata generalizzata perché, oltre agli ufficiali giudiziari originariamente
previsti, vi possono essere altri terzi (per esempio: importi prenotati a debito
a favore di ausiliari del giudice nel patrocinio a spese dello Stato).
Articolo 218 (Dilazione o rateizzazione del credito) (R)
La disposizione prevede che qualora il credito sia rateizzato prima
dell'iscrizione a ruolo la sua iscrizione avviene per l'intero e per il residuo
al primo inadempimento; qualora invece sia dilazionato o rateizzato dopo
l'iscrizione a ruolo, la riscossione mediante ruolo è sospesa e al primo
inadempimento è riavviata per l'intero o per il residuo.
La norma raccorda il principio, presente nella norma originaria, secondo cui al
primo inadempimento si decade dal beneficio, con la nuova procedura della
riscossione.
Capo IV
Annullamento del credito
Articolo 219 (Annullamento per irreperibilità) (R)
Lo stretto collegamento tra inesigibilità, ai sensi dell'art. 265 del regio
decreto n. 827/1924, e irreperibilità, risultante già da una datata circolare
del Ministero delle finanze n. 34 dell' 1.7.54, ad oggi non trova applicazione,
stante la naturale contestualità delle spese con le pene e i problemi legati
alla conversione, all'irrinunciabilità della stessa, nonché agli ulteriori
accertamenti sulla solvibilità demandati all'ufficio ai sensi degli artt.
660 e 693 c.p.p., cui spesso si ricorre in caso di irreperibilità e non,
come sarebbe dovuto essere nell'ottica originaria, per l'accertamento della
solvibilità del debitore già reperito.
Il testo unico esplicita il collegamento tra irreperibilità ed inesigibilità e
semplifica la procedura per l'annullamento del credito, anche per evitare
interferenze con il possibile risorgere del credito.
Il potere di annullamento è attribuito all'ufficio di cancelleria, mentre,
secondo la regola generale dell'articolo 265 del r.d. n. 827/1924, per i crediti
delle amministrazioni diverse da quella finanziaria è necessaria
l'intermediazione di quest'ultima.
La procedura di annullamento del credito prevista dall'art. 265 del regio
decreto n. 827/1924 può comportare problemi pratici: potrebbe accadere che,
mentre si è ancora in attesa dell'annullamento formale, si verifichino le
condizioni per l'iscrizione a ruolo essendo stato rintracciato il soggetto. Per
superarli si attribuisce il potere di annullamento all'ufficio giudiziario, ma
si rispetta il precetto previsto dall'art. 265, del regio decreto n. 827/1924,
del preventivo parere dell'Avvocatura per determinati importi. (Invece, il
parere del Consiglio di Stato è solo facoltativo, secondo le regole generali,
poiché l'articolo 17, comma 26, legge 15 maggio 1997, n. 127, ha abrogato i
pareri obbligatori).
L'eccezione ha una propria ragionevolezza funzionale rispetto ad una categoria
di spese e si collega ad un'altra deroga all'annullamento per inesigibilità.
Infatti, in caso di discarico dei crediti iscritti a ruolo, in
seguito a dichiarazione di inesigibilità (art. 19, comma 3, d. lgs. 112/99), il
discarico tiene luogo dell'annullamento previsto dall'art. 265 del regio decreto
n. 827/1924, secondo l'interpretazione conforme delle Finanze e del Tesoro.
Infine, va precisato che si è esclusa la strada della sospensione del credito
sino al verificarsi delle condizioni che potrebbero farlo risorgere, per evitare
che, in concreto, gli uffici si ritengano obbligati a riprovare la notifica ex
art. 143 c.p.c., per non essere ritenuti responsabili della prescrizione sino al
compimento della quale il credito sarebbe rimasto sospeso in mancanza delle
condizioni per procedere al recupero.
D'altra parte, il legislatore ha previsto l'annullamento per inesigibilità come
ipotesi diversa ed anticipata rispetto all'annullamento per insussistenza in cui
rientra la prescrizione.
La materia, inoltre, si collega a quella della conversione delle pene
pecuniarie. Per questo la norma in commento deve essere letta, in collegamento
con quella, che – nel titolo relativo alle sole pene pecuniarie – prevede la
possibilità che il credito risorga quando (genericamente) il debitore risulta
reperibile (spese e pene pecuniarie) o quando il debitore è rintracciato dal
pubblico ministero che deve eseguire anche la pena detentiva (spese, pene
pecuniarie e pene detentive).
Articolo 220 (Annullamento per insussistenza) (R)
Prevede che in tutti i casi di estinzione legale del credito l'ufficio
provveda direttamente all'annullamento del credito ai sensi dell'art. 267, comma
1, R.D. 827/1924, raccordando la materia con la regola generale e con la
procedura di riscossione.
Il principio posto dal legislatore del discarico automatico (art.19 comma 3,
d.lgs. n.112/1999) è stato qui applicato per i casi di crediti estinti
legalmente, così accelerando la procedura.
Capo V
Comunicazioni per reati finanziari
Articolo 221 (Comunicazioni tra uffici relative a reati finanziari) (R)
Questo articolo presuppone l'esistenza di norme nell'ordinamento che
prevedono l'assorbimento del tributo evaso nella pena pecuniaria in caso di beni
sequestrati e si rende necessario per evitare che gli uffici finanziari chiedano
il pagamento del tributo evaso, nel caso in cui si abbia il sequestro della
merce oggetto del contrabbando (art. 338 d.PR 43/1973). Per tale motivo, gli
uffici finanziari devono essere posti in condizione di conoscere l'esistenza del
provvedimento di sequestro
Capo VI
Rinvio a disposizioni relative ad altre entrate dello Stato
Le norme di questo capo perseguono l'obiettivo di ancorare la disciplina della riscossione di spese e pene a quella generale delle entrate dello Stato, per evitare che si riproponga con il tempo quella diversificazione che il legislatore, che ha riformato la riscossione, ha voluto superare.
Articolo 222 (Adempimento spontaneo) (L)
Si tratta del rinvio a norme, relative alla fase dell'adempimento spontaneo.
Articolo 223 (Riscossione mediante ruolo) (L)
Si tratta di norme, relative alla riscossione mediante ruolo, applicabili ai
sensi dell'art. 18, d.lgs. n. 46/1999, tenuto conto di quanto disposto dagli
articoli successivi al 18 citato.
Il D. Lgs. 32 del 26.01.2001, all'art. 8 ha apportato modifiche agli art. 12 e
25, DPR 602/73: in particolare ha riscritto il comma 3 dell'art. 12, ha aggiunto
il comma 2 bis all'art. 25, e ha aggiunto l'art. 18 bis al D. Lgs. 46/99, dando
atto che le nuove disposizioni si applicano soltanto alle entrate la cui
iscrizione a ruolo è sottoposta a termine di decadenza. Le spese di giustizia
sono pertanto escluse.
Articolo 224 (Riscossione coattiva) (L)
Si tratta del rinvio a norme, relative alla riscossione coattiva,
applicabili ai sensi dell'art. 18, d.lgs. n. 46/1999, tenuto conto di quanto
disposto dagli articoli successivi all'art. 18 citato.
Articolo 225 (Esenzioni) (L)
Si tratta del rinvio a norme, relative alle esenzioni e alla riduzione di
tasse e diritti nelle procedure esecutive.
Articolo 226 (Garanzie giurisdizionali e sospensione amministrativa e
giurisdizionale della riscossione) (L)
Si tratta del rinvio a norme relative alle garanzie giurisdizionali e alla
sospensione della riscossione. Il sistema delle garanzie è così ricostruibile.
Titolo esecutivo per le spese e le pene da recuperare è il ruolo (vedi art. 49,
comma 1, d.P.R. n. 602/1973). La tutela giurisdizionale prevista dall'art. 29 d.
lgs. n. 46/1999 è piena. Nella forma dell'opposizione all'esecuzione saranno
proponibili le questioni attinenti all'esistenza, alla validità, alla
sufficienza del titolo; nella forma dell'opposizione agli atti esecutivi le
questioni attinenti alla procedura. Quindi, dalla quantificazione delle spese,
alla mancata rituale notifica dell'invito al pagamento o della cartella di
pagamento, all'estinzione legale del credito. Dell'ampiezza si ha conferma
nell'art. 39 del d. lgs. n. 112/1999, che prevede la chiamata in causa dell'ente
creditore nelle liti contro il concessionario, che non riguardano esclusivamente
la regolarità degli atti esecutivi. Presupposto di tutto è che la fase del
recupero parte solo quando si è formato il giudicato, anche per il capo
relativo alla condanna alle spese, sul provvedimento giurisdizionale che
contiene la condanna alle stesse. Naturalmente, su questo provvedimento di
condanna passato in giudicato sono esperibili i rimedi ammessi dall'ordinamento,
compreso, per il penale, l'incidente di esecuzione di cui all'art. 670 c.p.p.
Mentre non è autonomamente impugnabile l'invito al pagamento, trattandosi di
atto che non prelude all'esecuzione forzata ma alla riscossione mediante ruolo
esattoriale.
Articolo 227 (Concessionari) (L)
Si tratta del rinvio a norme, relative al rapporto con i concessionari.
TITOLO III
DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER SPESE PROCESSUALI, SPESE DI MANTENIMENTO E SANZIONI
PECUNIARIE PROCESSUALI
Capo I
Estinzione legale
Articolo 228 (Estinzione legale di crediti relativi a spese processuali e
di mantenimento) (L)
Prevede che con regolamento, da emanarsi ai sensi dell'art. 17, comma 2, l.
400/88, si provveda a determinare, per i crediti relativi a spese processuali e
di mantenimento, gli importi sino alla concorrenza dei quali non si procede
all'invito al pagamento e, quindi, il credito è estinto. Lo strumento
regolamentare è stato introdotto di recente dal legislatore, che lo ha riferito
ai crediti del campione penale e civile: quindi, oltre al processo ordinario,
agli altri processi, quando per questi sono applicabili le regole della
riscossione, nei casi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Nel riformulare l'art. 80, legge n. 342/2000, si è raccordata la terminologia
al testo unico; così, “pagamenti diretti” è stato sostituito
dall'“invito al pagamento”. Inoltre, per tenere conto della problematica
sollevata da Finanze, in ordine all'aumento dei costi determinato da notifiche
all'estero, si è fatto specifico riferimento a questa voce di spesa. In realtà,
il criterio dei costi previsto dal legislatore, non renderebbe necessaria alcuna
specificazione.
Non sono richiamate le sanzioni pecuniarie perché il testo originario dell'art.
80 le esclude espressamente, insieme alle pene.
Articolo 229 (Estinzione legale di crediti relativi a sanzioni pecuniarie
processuali) (R)
E' una disposizione di raccordo con la norma generale sui crediti erariali,
che prevede la non iscrizione a ruolo in caso di inadempimento, per gli importi
previsti dall'art. 12 bis del d.P.R. n. 602/1973, oggi pari a euro 16,53, per
effetto dell'aumento disposto con d.P.R. n. 129/1999. Il credito, quindi, si
estingue in caso di inadempimento dell'invito al pagamento, sempre che l'importo
sia quello dall'articolo richiamato. Questa norma è sicuramente riferibile
anche alle spese di giustizia, per effetto del rinvio generale effettuato
dall'art. 18, d. lgs. n. 46/1999. Qui è riferita alle sole sanzioni perché per
le spese opera a regime il più ampio strumento dell'art. 228 (L) e non può
operare per le pene pecuniarie, dato il regime speciale di queste, per cui
all'inadempimento segue la conversione. Per l'operatività dello stesso art. 12
bis citato, per le spese processuali e di mantenimento, sino a che non verrà
emanato il regolamento previsto dall'art. 228 (L), vedi le norme transitorie
(art. 287).
Capo II
Discarico e reiscrizione a ruolo
Articolo 230 (Discarico automatico per inesigibilità di crediti relativi
a spese processuali e di mantenimento) (L)
Per i crediti relativi a spese processuali e di mantenimento, la norma
demanda ad un regolamento, da adottarsi ai sensi dell'art. 17, comma 2, l.
400/88, la determinazione degli importi sino alla concorrenza dei quali il
credito iscritto a ruolo, in caso esito infruttuoso del primo pignoramento, è
discaricato automaticamente.
La norma ha alla base l'art. 1, l. n. 89/1989 e l'art. 80, l. n. 342/2000.
Il primo, nel vecchio contesto della riscossione, prevedeva un importo fisso,
adeguabile secondo ISTAT, al di sotto del quale la riscossione si bloccava in
caso di esito infruttuoso del primo pignoramento e il credito del campione
penale si estingueva. Il secondo prevede uno strumento elastico, ancorato ai
costi, per stabilire l'importo al di sotto del quale non si procede neanche
all'invito al pagamento. Il testo unico, utilizzando le possibilità offerte dal
riordino sistematico, ha collegato questi due strumenti estendendo lo strumento
procedurale del regolamento all'ipotesi, già prevista in modo statico dal
legislatore, in cui non è conveniente proseguire la riscossione dopo il primo
infruttuoso pignoramento. Naturalmente, affinché il regolamento previsto nella
norma in commento e quello previsto dall'art.228 possano efficacemente operare,
è necessario che quello (dell'articolo in commento) che prevede il blocco della
procedura in una fase più avanzata, stabilisca importi più alti rispetto a
quello (dell'art.228) che prevede il blocco subito dopo la quantificazione del
credito. L'applicazione in questa procedura del principio posto dal legislatore
del discarico automatico (art.19. comma 3, del d. lgs. n.112/99) serve ad
evitare che per spese di importo minimo il cui credito è estinto legalmente
scatti la procedura generale per l'eventuale diniego del discarico, prevista
dall'art. 20, d. lgs. n. 112/1999. Per il mantenimento in via transitoria del
precetto dell'art. 1, l. n. 89/1989, vedi Norme transitorie (art. 288).
Articolo 231 (Reiscrizione a ruolo) (R)
La norma, in applicazione della norma originaria che la rimette all'ente
creditore, demanda ad un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia la
fissazione dei criteri eccezionali sulla base dei quali l'ufficio provvede alla
reiscrizione degli articoli di ruolo discaricati ai sensi degli artt. 19 e 20
del d. lgs. 112/99.
La previsione in commento si applica solo per le spese in quanto per le pene
pecuniarie non può operare la reiscrizione. Infatti, la disciplina specifica
prevista per queste, in funzione della conversione, prevede che, accertata
l'insolvibilità del debitore da parte del concessionario non scatta la
procedura che si snoda nella dichiarazione d'inesigibilità, nel discarico,
ecc., ma quella per la conversione; il ruolo rimane sospeso per riprendere su
eventuali nuovi beni rinvenuti dal giudice che opera in tale sede, oppure è
automaticamente discaricato se questi accertamenti sono negativi, operando su un
diverso piano il pagamento o la conversione.
Capo III
Dilazione e rateizzazione
Articolo 232 (Dilazione e rateizzazione del pagamento) (L)
La previsione in commento è comune alla fase dell'adempimento spontaneo e
alla fase della riscossione mediante ruolo, potendo la domanda essere presentata
sino al momento antecedente all'inizio degli atti esecutivi.
La rateizzazione nella fase dell'adempimento spontaneo è sempre prevista dalle
norme di settore per le altre entrate patrimoniali dello Stato, cui dal 1997
sono accomunate le spese di giustizia. Per la rateizzazione dopo l'iscrizione a
ruolo, l'art. 26, d.lgs. n. 46/1999 rinvia alle norme di settore, ponendo il
limite temporale per la presentazione della domanda e la scadenza all'ultimo
giorno del mese per le rate, che la disposizione in commento recepisce.
Le norme di settore che interessano (artt. 237, 238 Tariffa Penale e art. 78,
d.m. 28 giugno 1866, come incisi dall'art. 5, lett. e) r.d. n. 200/1922), che
concernono tutte le fasi, compresa la riscossione coattiva, sono state
utilizzate nella riformulazione della norma in commento e si è limitata
l'operatività all'inizio degli atti esecutivi, per tener conto del limite
temporale dettato dall'art. 26.
Per quanto riguarda il comma 5, relativo agli interessi applicabili, si
evidenzia che l'art. 21, comma 3, concerne le imposte sui redditi. Gli articoli
sono applicabili sulla base dell'art. 18, d. lgs. n. 46/1999, essendo ricompresi
nel capo II del titolo I del d.P.R. n. 602/1973 e non derogati da altra norma di
settore cui rinvia l'art. 26, del d. lgs n. 46/1999.
Articolo 233 (Procedura per la concessione della dilazione e
rateizzazione) (R)
La norma demanda ad un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia
l'individuazione dei criteri e delle modalità della decisione sulla domanda di
dilazione e rateizzazione e delle comunicazioni al concessionario. La materia già
prima era disciplinata in una norma secondaria (art. 79 d.m. 28 giugno 1866).
Capo IV
Spese relative alle procedure esecutive attivate dal concessionario per la
riscossione delle entrate iscritte a ruolo
Articolo 234 (Riscossione delle spese) (R)
La norma, richiama, per ragioni sistematiche l'art. 48 del d.P.R. n.
602/1973, secondo cui le spese delle procedure esecutive relative a tutte le
entrate iscritte a ruolo sono riscosse dal concessionario nel procedimento per
la riscossione coattiva del credito principale. La disposizione si collega
all'art. 157 (R) del testo unico in commento.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER PENE PECUNIARIE
Premessa
In questo titolo sono contenute le norme di raccordo della nuova disciplina
della riscossione – prevista dal legislatore dal 1996 in poi – con le norme
del codice di procedura penale, che prevedono la conversione delle pene
pecuniarie in caso di insolvibilità del condannato.
Il legislatore della riforma non si è interessato del raccordo. Il testo unico,
nell'ambito del riordino e dell'armonizzazione della materia per conseguire la
coerenza sistematica, ha individuato i necessari raccordi tra le due procedure,
nel rispetto dei principi della legge generale di riforma della riscossione e
del codice di procedura penale in tema di pene pecuniarie.
La disciplina contenuta nelle leggi generali sulla riscossione si articola nelle
seguenti scansioni: infruttuoso esperimento delle procedure esecutive,
dichiarazione di inesigibilità del concessionario, discarico del
concessionario, equivalente ad annullamento del credito, che ottiene il rimborso
delle spese da parte dell'ente creditore; possibilità del diniego del discarico
da parte dell'ente creditore, con soddisfacimento di questo sul concessionario
per l'importo non recuperato ed eventuali spese. Questa procedura raggiunge
efficacemente l'obiettivo per i crediti ordinari (ben potendo lo Stato decidere
di rinunciare al recupero dopo aver fatto il possibile e di rivalersi su colui a
cui aveva dato l'incarico di recuperare se l'attività non è stata ben svolta);
non può valere per le pene pecuniarie in ordine alle quali il legislatore, con
il codice di procedura penale, si prefigge altri obiettivi.
Per le pene pecuniarie, infatti, vale l'irrinunciabilità, il favor nei
confronti del debitore, tutte le volte che l'insolvenza non è volontaria ma
dovuta ad effettive difficoltà economiche. La conseguenza è che si consente la
rateizzazione e l'ulteriore dilazione prima di pervenire a misure, che seppure
oramai non detentive, sono comunque restrittive della libertà personale.
Per individuare i raccordi, problema fondamentale è stabilire il momento in cui
le due procedure si innestano, quando si chiude l'una per aprirsi l'altra.
Considerati i principi di entrambe le procedure, il punto di intersezione è
stato individuato nel momento in cui si verifica l'infruttuoso esperimento delle
procedure esecutive, garantendo così parità di trattamento per spese e pene.
La disciplina – quale risulta dagli articoli che seguono – è così
sinteticamente articolata:
1. la procedura è comune a spese e pene sino a
che l'attività compiuta dal concessionario non approda alla verifica
dell'infruttuoso esperimento delle procedure esecutive, identificato con il
primo infruttuoso pignoramento;
2. a questo punto parte la procedura di
conversione, che prevede la ricerca di nuovi beni ad opera del giudice della
conversione, e che può avere:
- esito positivo: termina
la fase della conversione (restituzione atti al P.M.) e riprende l'esecuzione da
parte del concessionario sui nuovi beni e per lo stesso articolo di ruolo, che
è rimasto sospeso in attesa di tale esito; tale fase si chiude con l'esecuzione
forzata su questi ultimi beni;
- esito negativo: il ruolo
del concessionario è automaticamente discaricato (era rimasto sospeso in attesa
del primo o di questo secondo esito); la conversione si svolge completamente,
con possibilità di rateizzazione e doppia dilazione del termine di adempimento;
in mancanza di adempimento scatta la conversione.
Capo I
Recupero delle pene pecuniarie e conversione
Articolo 235 (Annullamento del credito per irreperibilità e possibile
reviviscenza) (L)
Questa disposizione si collega a quella generale [(art. 219 (L)] che prevede
l'annullamento del credito per irreperibilità.
La problematica della irreperibilità e della conversione delle pene pecuniarie
ha come fulcro l'esigenza di conciliare l'irrinunciabilità alla conversione con
quella di evitare l'inutile spreco di risorse.
Nella prassi, prima della riforma del ‘97 sulla riscossione, si è fatto
ricorso all'art. 660 c.p.p. per chiedere la conversione per insolvibilità
quando il debitore non era reperibile (80% dei casi di richiesta di
conversione), con conseguenti continui passaggi di carte e opinioni discordanti.
Il Ministero della giustizia ha cercato di risolvere i problemi nel contesto
della procedura di conversione (circ. n. 11 del 12 giugno 1995, rettificata
dalla circ. n. 15 del 30 agosto 1995), attribuendo al P.M. le ricerche per
irreperibilità, al cui esito negativo era subordinata la richiesta di
annullamento, salvo la reiscrizione nel caso di successivo esito positivo.
La cassazione (sent. 25 ottobre 1995) ha statuito che:
- le indagini sono
di competenza della cancelleria giudice esecuzione e non del p.m., il quale deve
solo attivare la conversione presso il giudice di sorveglianza;
- la reperibilità
è presupposto della conversione perché prima di convertire occorre accertare
l'effettiva insolvibilità, accertamento che non si può compiere se non si
conosce il luogo in cui presumibilmente si devono cercare i beni.
Dopo la riforma, la riscossione delle pene pecuniarie è di fatto bloccata a
causa dell'assoluta mancanza di coordinamento nelle norme di legge.
La disposizione in commento supera i problemi sorti nella prassi, ponendo regole
chiare in conformità ai principi già presenti nell'ordinamento. Innanzitutto,
la conversione per insolvibilità è ancorata al presupposto della reperibilità
del debitore, perché solo se è stato reperito, si può verificare se è o meno
solvibile. In secondo luogo, proprio perché le pene pecuniarie devono essere
convertite in caso di insolvibilità, prevede che il credito risorga (ovviamente
nei limiti della prescrizione), se dopo l'annullamento per irreperibilità, in
qualsiasi modo, il debitore risulti reperibile. In terzo luogo, al fine di
assicurare la reperibilità del debitore, utilizza uno strumento previsto
nell'ordinamento per assicurare la reperibilità di colui che è sottoponibile a
pene detentive e che, proprio per la finalità che lo caratterizza, non può
essere usato se la condanna è solo per spese e pene. L'ipotesi che
risulterà più frequente è quella disciplinata nei commi 2 e 3, dove si
usufruisce dell'attività, prevista e disciplinata nel codice di procedura
penale, per l'esecuzione delle pene detentive.
Residuale è l'ipotesi di cui al comma 1, che è volta ad evitare l'inutile
spreco di risorse, stante l'impossibilità di far scattare la procedura prevista
solo per le pene detentive, quando sono comminate esclusivamente pene
pecuniarie, oltre alle spese.
Articolo 236 (Pene pecuniarie rateizzate) (L)
La disposizione in commento riprende l'art. 181, att. c.p.p., e lo raccorda
con il testo unico.
L'ultimo comma, assente nelle norme specifiche delle pene, è stato ripreso
dalla disciplina relativa alle spese perché originariamente, nell'art. 78 del
d.m. istruzioni del 1866, era riferito a spese e pene ed ancora oggi appare
principio comune.
Articolo 237 (Attivazione della procedura di conversione delle pene
pecuniarie) (L)
Giudice competente alla conversione non è il giudice di sorveglianza, ma il
giudice dell'esecuzione, sempre su richiesta del pubblico ministero.
E' stata estesa, utilizzando le possibilità offerte dal riordino, l'innovazione
introdotta dal legislatore per i procedimenti relativi al giudice di pace (art.
42 del d. lgs. n. 274/2000).
Il riordino è necessario: stante la competenza funzionale ad oggi diversa (al
giudice di sorveglianza per i procedimenti ordinari, al giudice di pace
dell'esecuzione per i reati di competenza di quest'ultimo), in caso di pene
pecuniarie nei confronti dello stesso soggetto emesse da giudici diversi, la
conversione deve svolgersi separatamente non essendo possibile l'attrazione
dell'intera procedura al giudice superiore; si evitano frammentazioni di
competenze tra il giudice dell'esecuzione e di sorveglianza, visto che il primo
è quello la cui cancelleria conosce dell'insolvenza; la competenza del giudice
di sorveglianza non ha più senso perché mai la pena convertita è una pena
detentiva, trattandosi di libertà controllata o lavoro sostitutivo per i
procedimenti ordinari, di permanenza domiciliare o di lavoro di pubblica utilità
per i procedimenti dinanzi al giudice di pace.
Per quanto riguarda la trasmissione delle notizie sullo stato della procedura
esecutiva dal concessionario all'ufficio, si deve considerare che è
disciplinata dagli articoli 19, comma 2, lett. b), dall'art. 36, del d. lgs. n.
112/1999, dal d.m. di attuazione 22 ottobre 1999.
Dal sistema di queste norme risulta che:
- il concessionario è obbligato a trasmettere mensilmente all'ufficio che ha
formato il ruolo le informazioni relative allo svolgimento del servizio e
all'andamento delle riscossioni ( art. 36 citato);
- le informazioni sono riferite alle singole quote comprese nei ruoli (d.m.
citato);
- il concessionario perde il diritto al discarico se non trasmette la prima
informazione entro il diciottesimo mese successivo alla consegna del ruolo e,
successivamente, con cadenza annuale.
Questa disciplina generale soddisfa anche le esigenze della particolare procedura prevista per la conversione delle pene pecuniarie. Poiché spese e pene pecuniarie sono sempre congiunte, il concessionario - che comunque è obbligato ad informazioni mensili - ha interesse a trasmettere le informazioni almeno entro diciotto mesi, per evitare di perdere il diritto al discarico. L'ufficio competente potrà così attivare la procedura speciale per pene pecuniarie in tempo utile per evitare la prescrizione.
Articolo 238 (Conversione delle pene pecuniarie) (L)
L'articolo disciplina la procedura di conversione delle pene pecuniarie, già
contenuta negli artt. 660 c.p.p e 182 delle disposizioni di attuazione al c.p.p.,
effettuando il necessario raccordo con la nuova disciplina della riscossione
tramite ruolo. Si usa il termine “articolo di ruolo”, tenendo conto del d.
m. n. 321/1999, che qualifica come articolo di ruolo ogni componente del
credito. La previsione del discarico automatico è un'esplicitazione
dell'articolo 19, comma 3, del d. lgs. n. 112/99 per riferirla espressamente
alle pene pecuniarie.
Articolo 239 (Comunicazioni) (R)
La disposizione prevede che il magistrato competente per il procedimento di
conversione debba dare comunicazione all'ufficio e al concessionario dell'esito
degli accertamenti sui nuovi beni e restituire gli atti al P.M. in caso di esito
positivo.
TITOLO V
DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER SANZIONI AMMINISTRATIVE PECUNIARIE
Articolo 240 (Dilazione e rateizzazione del pagamento) (L)
La norma in commento riprende il precetto dell'art. 75, comma 2, del decreto
legislativo n. 231/2001 che, per la dilazione e la rateizzazione del pagamento
delle sanzioni amministrative pecuniarie, rinvia alla disciplina prevista per le
entrate tributarie.
Invece, per le spese, le pene pecuniarie e le sanzioni pecuniarie processuali -
pure entrate non tributarie - valgono gli articoli 218, comma 1, 232 e 233 nonché
gli articoli 236 e 238, elaborati nel testo unico sulla base del rinvio
dell'articolo 26, decreto legislativo n. 46/1999 alle disposizioni di settore, e
non l'articolo 19, dPR n. 602/1973.
Non è stato richiamato il 19 bis, dPR n. 602/1973 perché già
applicabile a tutte le entrate del testo unico (vedi art. 226), sulla base
dell'art. 18, decreto legislativo n. 46/1999 e non derogato da altre norme dello
stesso decreto legislativo.
Per evitare dubbi interpretativi, è stata espressamente prevista la non
applicabilità dell'art. 218, comma 1, perché questo è inserito nel Titolo II
contenente disposizioni generali, valevoli anche per le sanzioni amministrative
pecuniarie.
Articolo 241 (Annullamento del credito per irreperibilità e possibile
reviviscenza) (L)
La norma in commento si collega all'art. 219 ed ha come presupposto
l'equiparazione delle sanzioni amministrative pecuniarie alle pene pecuniarie ai
fini dell'esecuzione - equiparazione operata dall'articolo 75, comma 1, decreto
legislativo n. 231/2001 - che, naturalmente, non può essere estesa alla
disciplina della conversione, trattandosi di sanzioni comminate ad enti.
Articolo 242 (Raccordo) (R)
E' una disposizione di mero raccordo, che evita di ripetere nel titolo delle
sanzioni amministrative pecuniarie precetti valevoli anche per queste e già
riportati in altro titolo.
TITOLO VI
RIVERSAMENTO DEL RISCOSSO
Capo I
Riversamento del riscosso dai concessionari a soggetti diversi dall'erario
Articolo 243 (Versamenti di somme agli ufficiali giudiziari) (R)
E' disciplinata con norma secondaria la procedura di versamento degli
importi a favore degli ufficiali giudiziari perché il diritto a tali somme (che
matura solo se le somme sono recuperate) è disciplinato altrove (nella Parte
II, titolo II).
Oggi, il concessionario dispone dei soldi della riscossione (sia spontanea che
coattiva) e dispone delle informazioni utili per individuare che cosa versare
(v. articolo sulle voci del modello di pagamento e del ruolo). Non ha quindi
senso ipotizzare un coinvolgimento degli uffici finanziari, come prima, quando
la procedura faceva capo agli uffici del registro.
Il versamento, prelevato dal riscosso, si riferisce ai diritti e alle indennità
prenotati a debito e all'importo, quantificato con decreto ministeriale,
relativo ai diritti per le notifiche penali a richiesta d'ufficio.
Per rendere la norma più elastica si è rinviata alla fonte secondaria
l'individuazione delle modalità di pagamento, anche telematiche. Trattandosi di
modalità tecniche lo strumento può essere un decreto dirigenziale.
Articolo 244 (Versamenti di somme prenotate a debito ad altri soggetti)
(R)
La norma in commento si riferisce alle altre ipotesi in cui crediti di terzi
sono prenotati a debito, e quindi, versati solo in caso di riscossione. Per
esempio, sono prenotati a debito, a domanda e se è risultata infruttuosa la
riscossione diretta, gli importi dovuti a consulenti tecnici di parte, ad
ausiliari del giudice, a notai, a custodi, sempre che la spesa sia stata posta a
carico della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
Articolo 245 (Privilegi) (L)
La norma in commento ha mantenuto la sostanza del precetto originario.
E' stata eliminata la previsione “nonché le spese postali ad essi
anticipate”, in considerazione del fatto che ora le stesse sono pagate
direttamente alle poste.
E' stata eliminata l'equiparazione degli importi prenotati ai crediti erariali
iscritti a campione ai fini della procedura di riscossione. Oggi, tale
equiparazione non ha più senso alla luce della disciplina contenuta nel testo
unico, nell'ambito del quale questi importi sono disciplinati come voci di
spesa.
Articolo 246 (Versamento agli ufficiali giudiziari della percentuale sul
riscosso) (R)
L'abbassamento della fonte trova giustificazione nel fatto che il
diritto alla percentuale considerata - che rientra tra gli elementi della
retribuzione valevoli per la pensione ordinaria - è disciplinato altrove (art.
122, n. 2, DPR 1229/59). Qui viene in questione solo la procedura di
liquidazione che, in quanto tale, può essere delegificata.
La disposizione in commento si propone di semplificare al massimo la procedura
esistente, che non ha funzionato.
I concessionari sono in grado di pagare direttamente avendo tutte le
informazioni utili: hanno l'evidenza del riscosso, detratte le somme spettanti a
terzi, ed hanno l'evidenza delle somme ricavate dalla vendita dei beni
confiscati, perché nei modelli di versamento dagli uffici giudiziari ai
concessionari c'è un apposito codice tributo 919 T.
La liquidazione della percentuale da parte dei concessionari è più funzionale
e celere. Il modello è quello proposto per i versamenti di somme di cui
all'articolo 243.
Ben diversa e molto più complicata la procedura vigente. Sino a tutto il 1997,
le cancellerie – sulla base delle notizie sul riscosso avute dall'ufficio
registro, alle quali univano le proprie relative alla vendita di corpi reato
(beni confiscati) – facevano una proposta (specchietto) all'ufficio del
registro, che provvedeva a liquidare l'importo agli ufficiali giudiziari sulla
base di un apposito capitolo di bilancio 3585.
Le norme secondarie utilizzate, ai sensi del rinvio alla legge n. 556/1895 del
comma 1 dell'art. 139, erano l'art. 3, r.d. n. 25/1896 (regolamento di
attuazione della legge richiamata), che rinviava all'art. 64 r.d. n. 1103/1882
(regolamento). In sostanza questa liquidazione si era innestata sulla procedura
prevista per la liquidazione del cosiddetto doppio decimo ai cancellieri.
Con l'entrata in vigore della riforma la percentuale non è stata più liquidata
per problemi operativi:
- ritardo nell'invio
delle comunicazioni sul riscosso dai concessionari agli uffici giudiziari ai
fini dello specchietto;
- incompleta-erronea
compilazione del mod. F 23 con difficoltà ad individuare l'ufficio giudiziario
destinatario delle somme e, conseguentemente, quello degli ufficiali giudiziari.
La procedura in questa fase è stata regolata dalla circolare 2.6.1998 della
Direzione centrale per la riscossione, che vedeva coinvolti gli uffici
giudiziari, i concessionari, e più livelli di uffici finanziari, ed
era basata sulle norme regolamentari richiamate (specchietto), aggiornando solo
gli uffici coinvolti.
Il mancato funzionamento è dimostrato dalla circostanza che è stata necessaria
una legge per regolare gli anni 98-99, sulla base di quanto percepito nel 1997
(legge n. 11/2001).
E' usata l'espressione: “beni oggetto di confisca penale” anziché quella
generica “corpi di reato”, perché più corretta. Infatti, il ricavato della
vendita di beni sequestrati non confiscati è devoluto alla cassa ammende,
se non c'è richiesta degli aventi diritto, e quindi non può rientrare tra la
base di calcolo della percentuale in oggetto.
Nella percentuale non sono comprese le “somme confiscate”, l'improprio
riferimento alle quali nel capitolo di bilancio ha creato problemi
interpretativi e ha indotto alcuni giudici a riconoscerne la spettanza
nonostante la diversa interpretazione del Ministero della giustizia, avvalorata
dalla lettera dell'art. 122, d.P.R. 1229/59, che fa esplicito riferimento alle
somme ricavate dalla vendita.
Si è rinviato ad un decreto dirigenziale, trattandosi di modalità tecniche,
l'individuazione delle modalità di pagamento.
TITOLO VII
RISCOSSIONE DEL CONTRIBUTO UNIFICATO
Articolo 247 (Ufficio competente) (R)
Conformemente alla scelta seguita nel testo unico ( V. art. 208) è stato
individuato l'ufficio competente, in applicazione dell'art. 1, del d. lgs. n.
112/99.
Articolo 248 (Invito al pagamento) (R)
La norma originaria (comma 5 bis dell'art. 9, l. n. 488/1999) che ha
previsto l'invito al pagamento – secondo una scelta generalmente presente
nell'ordinamento per evitare i costi della riscossione coattiva favorendo
l'adempimento spontaneo – è stata raccordata con la norma del testo unico (v.
art. 212) che disciplina l'invito in generale.
Articolo 249 (Norme applicabili) (R)
Attraverso il richiamo alle norme del testo unico relative alla riscossione
si esplicita il richiamo effettuato dal legislatore (nell'art. 9, comma 5 bis,
l. n. 488/1999, come modificata dal decreto legge n….., convertito nella legge
n…….) alla riscossione mediante ruolo.
Non sono richiamate le norme relative alla dilazione e rateizzazione del
pagamento perché il legislatore ha previsto la decorrenza degli interessi in
caso di mancato pagamento dopo l'invito, così escludendo in radice la
possibilità di differimento e rateizzazione.
PARTE VIII
DISPOSIZIONI SPECIALI PER IL PROCESSO AMMINISTRATIVO, CONTABILE E TRIBUTARIO
TITOLO I
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PROCESSO AMMINISTRATIVO, CONTABILE E TRIBUTARIO
Articolo 250 (Esclusione del diritto di certificato) (R)
Le norme originarie del diritto di certificato, incorporate nel testo unico,
si riferiscono solo al processo penale e civile. Né sono state rinvenute
nell'ordinamento norme speciali relative agli altri procedimenti. Il riscontro
nella prassi conforta tale conclusione.
TITOLO II
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PROCESSO AMMINISTRATIVO
Capo I
Disposizioni generali
Articolo 251 (Ordine di pagamento emesso dal funzionario) (R)
In tutto il testo unico si prescinde dall'organizzazione interna, con la
conseguenza che “ funzionario addetto” è sempre quello che risulta tale
secondo regole che sono fuori dalla materia disciplinata.
In questo caso si è ritenuto opportuno precisarlo per via dell'esistenza del
regolamento che disciplina l'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato.
Capo II
Diritto di copia
Articolo 252 (Costo per il rilascio di copia conforme in casi particolari)
(L)
L'articolo in commento disciplina un caso particolare, introdotto dalla
recente legge che ha riformato il processo amministrativo, riportando nel testo
unico solo il precetto relativo al costo della copia.
Il legislatore ha collegato il minor costo della copia conforme alla previsione
che atti e documenti prodotti dalle parti non possono essere ritirati prima
della definitività del giudizio, consentendo così di averne copia a condizioni
più vantaggiose. Infatti, ha previsto come dovuto solo il costo materiale di
riproduzione, mentre nei diritti di copia (pacificamente applicati al processo
amministrativo) coesistono anche i costi per l'attività dei funzionari e per le
funzioni di certificazione.
Articolo 253 (Determinazione dell'importo e pagamento) (R)
L'articolo in commento disciplina la determinazione dell'importo dovuto e il
pagamento dello stesso. Il legislatore non affronta l'argomento, ma la norma già
vive nell'ordinamento attraverso un provvedimento del Segretario Generale del
Consiglio di Stato, che determina gli importi e individua nella marca da bollo
la modalità di pagamento.
La norma in commento recepisce tale prassi, perché conforme all'assetto di
poteri quale emerge dal sistema legislativo e regolamentare e, in particolare,
dell'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato. In considerazione delle
deliberazioni del 21 giugno e del 5 luglio 2001 del Consiglio di presidenza
della giustizia amministrativa (Disciplina dell'autonomia finanziaria del
Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali) inserisce le
direttive del consiglio di presidenza.
Inoltre, per l'importo esplicita la ratio della norma originaria e per le
modalità coordina la disciplina con il testo unico per perseguire unitarietà.
TITOLO III
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PROCESSO CONTABILE
Capo I
Disposizioni generali
Articolo 254 (Imposta di bollo) (R)
Nel processo contabile l'imposta di bollo non è stata sostituita dal
contributo unificato, ai sensi dell'articolo 9, l. n. 488/1999. La norma in
commento ha l'unico obiettivo di evitare il sorgere di equivoci interpretativi.
Articolo 255 (Procedura di anticipo e riscossione delle spese) (R)
L'articolo in commento esplicita un principio, presente nell'ordinamento,
relativo all'anticipo da parte dell'erario delle spese disposte dal giudice o
dal pubblico ministero nei giudizi di responsabilità e di conto e lo raccorda
con gli articoli che prevedono la riscossione delle spese, insieme al credito
principale, da parte dell'amministrazione.
Articolo 256 (Ordine di pagamento emesso dal funzionario) (R)
In tutto il testo unico si prescinde dall'organizzazione interna, con la
conseguenza che “ funzionario addetto” è sempre quello che risulta tale
secondo regole che sono fuori dalla materia disciplinata.
In questo caso si è ritenuto opportuno precisarlo per via dell'esistenza del
regolamento che disciplina l'autonomia finanziaria della Corte dei Conti.
Capo II
Tassa fissa
Articolo 257 (Tassa fissa) (L)
L'articolo in commento disciplina la tassa fissa nel processo contabile,
riprendendo il precetto delle norme originarie, così come incise dalla sentenza
della Corte Costituzionale n.103/1976, che ha esteso l'esenzione a tutti i
giudizi in materia di pensioni.
Articolo 258 (Modalità di pagamento) (R)
L'articolo in commento disciplina le modalità di pagamento, innovando la
procedura per perseguire uniformità nel sistema. Oggi, dopo la soppressione
dell'ufficio registro come ufficio cassa, la tassa fissa è pagata presso i
concessionari, che hanno sostituito nel sistema l'ufficio registro.
Nel riordinare la materia, non appare idonea l'estensione delle norme
regolamentari che hanno disciplinato il pagamento del contributo unificato
(recepite nel testo unico), data l'esiguità degli importi, perché il costo per
ricevere il pagamento supererebbe l'importo incassato. Per tale motivo si è
disciplinata la materia in modo analogo ad altre voci di spesa di importo esiguo
(diritti di copia, di certificato) per la disciplina a regime e, in via
transitoria, si sono estese le modalità di pagamento attraverso marche oggi
vigenti per queste.
Capo III
Pubblicazione di provvedimenti del magistrato
Articolo 259 (Pubblicazione gratuita di provvedimenti del magistrato) (L)
L'articolo in commento riprende il precetto della norma originaria, secondo
cui gli avvisi di interruzione per morte nei processi in materia pensionistica
sono pubblicati gratuitamente nella Gazzetta Ufficiale, e lo inserisce nel testo
unico per ragioni sistematiche.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PROCESSO TRIBUTARIO
Capo I
Disposizioni generali
Articolo 260 (Imposta di bollo) (R)
Nel processo tributario l'imposta di bollo non è stata sostituita dal
contributo unificato, ai sensi dell'articolo 9, l. n. 488/1999. La norma in
commento ha l'unico obiettivo di evitare il sorgere di equivoci interpretativi.
Articolo 261 (Spese processuali nel processo tributario dinanzi alla corte
di cassazione) (R)
La fase del ricorso per cassazione avverso le sentenze della commissione
tributaria regionale è costruita nell'ordinamento come quella per il
procedimento civile.
Il procedimento tributario, quindi, si svolge dinnanzi ad un giudice
“speciale” con regole particolari nelle prime due fasi e si unifica con il
procedimento ordinario civile per la fase di legittimità. Questo vale anche per
le spese, come dimostra il riscontro nella prassi. Infatti, i diritti di
cancelleria – inesistenti nel procedimento tributario innanzi alle commissioni
tributarie provinciali e regionali – sono esatti nella fase dinanzi alla
cassazione. I diritti di copia – che hanno una disciplina particolare nel
procedimento tributario innanzi alle commissioni tributarie provinciali e
regionali - sono esatti secondo le regole generali nella fase dinanzi alla
cassazione. La conseguenza è che il contributo unificato -previsto per il
procedimento civile ed amministrativo - si applica anche per il ricorso in
cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale.
Capo II
Diritto di copia
Articolo 262 (Diritto di copia) (L)
Avendo il testo unico previsto un regolamento per disciplinare i diritti di
copia, ancorando l'importo anche al costo del servizio (vedi parte II Titolo
IV), è venuta meno la ragione stessa della specialità. Nell'assetto precedente
delle tabelle previste per il diritto di copia in generale, invece, gli importi
prescindevano dai costi ed erano determinati direttamente dal legislatore. Per
questo motivo si è attribuita efficacia transitoria alla norma perseguendo, al
contempo, l'unitarietà del sistema. Le modalità di determinazione dell'importo
riprendono, infine, il precetto originario. Oggi è vigente il D.M. 1° ottobre
1996.
Articolo 263 (Esenzione) (L)
La norma in commento riproduce il precetto della norma originaria, che
esclude il diritto di copia quando richiedente è l'ente impositore, che è
parte nel relativo procedimento, e lo raccorda con il testo unico anche
incorporandolo in ragione della materia.
Articolo 264 (Modalità di pagamento) (R)
Anche per le modalità di pagamento il testo unico prevede un regolamento
che consente di adeguarle ai collegamenti telematici e per questo si è
raccordata la norma originaria, che prevedeva le marche, al nuovo sistema a
regime, riprendendo per le modalità transitorie quelle generali per esigenze di
uniformità.
PARTE IX
NORME TRANSITORIE
TITOLO I
VOCI DI SPESA
Capo I
Contributo unificato nel processo civile e amministrativo
Articolo 265 (Contributo unificato) (L)
L'articolo riprende la norma transitoria dell'art. 9, comma 11, della legge
488/1999, come sostituito dal decreto legge n.
convertito
nella legge n.
e l'art. 4 dello stesso decreto legge.
Il decreto legge in oggetto, oltre a riprendere per la data di entrata in vigore
del contributo unificato quanto stabilito, da ultimo, con il comma 22,
dell'art.9, l. n. 448/2001, introduce importanti innovazioni.
Per le cause già iscritte a ruolo alla data del 1° marzo 2002 prevede
l'obbligatorietà del nuovo regime in luogo della facoltatività. In tal modo è
eliminata la possibile coesistenza di regimi molto diversi (da un lato il
pagamento di bollo, diritti, ecc, dall'altra il solo contributo) che avrebbe
comportato complicazioni gestionali per gli uffici e per gli utenti.
L'obbligatorietà è temperata con due strumenti. Da un lato, con la previsione
di esenzioni: per i procedimenti iscritti a ruolo prima del 1° gennaio 1992;
per i procedimenti rimessi al collegio o assunti in decisione alla data del 1°
marzo 2002, anche se rimessi sul ruolo successivamente. Dall'altro, per i
procedimenti iscritti a ruolo dal 1° gennaio 1992 al 28 febbraio 2002, con la
graduazione della percentuale del contributo a seconda del tempo di iscrizione a
ruolo. Con le esenzioni e la graduazione del contributo il legislatore ha
bilanciato le opposte esigenze degli uffici e degli utenti, e della parti.
Il comma 3 della norma in commento riprende la norma originaria che elenca le
voci per cui non si può chiedere il rimborso dal vecchio al nuovo regime.
La chiamata di causa dell'ufficiale giudiziario ha un valore solo per periodi
lontani rientrando oramai tra le voci del fondo unico di amministrazione
(Accordo integrativo del contratto collettivo nazionale 1998-2001), la
tassa fissa è relativa ai processi amministrativi, ed è stata abrogata
dall'articolo 57, l. 21 novembre 2000, n. 342.
Il comma 4 disciplina il periodo transitorio tra il 1° e il 12 marzo 2002.
Il decreto legge n.
, è entrato in vigore il 13 marzo 2002.
Il comma 5 effettua un rinvio interno al testo unico perché – come precisato
altrove – la soppressione dei diritti di cancelleria ha inciso poco sui
diritti di copia: sono soppressi, infatti, solo i diritti per le riproduzioni ad
uso d'ufficio pagati in via anticipata al momento dell'iscrizione a ruolo che,
per tale motivo, non rilevano per i processi già in corso. Mentre l'aumento
previsto (dal punto 6, tabella 1, allegata alla l. n. 488/1999) per le copie
autentiche è indipendente dal contributo unificato e, quindi, è dovuto anche
per i processi iscritti prima del 1° marzo 2002.
Capo II
Diritto di copia nel processo penale, civile, amministrativo e contabile
La soppressione dei diritti di cancelleria, effettuata con l'articolo 9, l.
n. 488/1999, non ha molto inciso sui diritti di copia che ne costituiscono una
componente.
Dall'interpretazione sistematica dei recenti interventi legislativi discende
che:
- sono stati soppressi solo i diritti per le riproduzioni ad uso d'ufficio,
quantificati in modo forfettizzato per il recupero dal d.m. n. 347/1989 per il
penale, quantificati in modo forfettizzato per il pagamento anticipato della
parte che si costituisce, per il civile dalla legge n. 59/79;
- sono rimasti invariati i diritti di copia semplice;
- è stato aumentato il costo per l'attività di autenticazione ancorandolo in
modo chiaro all'atto;
- sono stati integrati i diritti per le copie su supporto diverso da quello
cartaceo.
L'incidenza limitata della soppressione dei diritti di cancelleria sui diritti
di copia è fondata su tre argomenti:
a) il legislatore non ne ha fatto cenno espresso nell'art. 9, l. n. 488/1999 e
si è limitato a quantificare il diritto di autenticazione (a sua volta
componente del diritto di copia) nella tabella allegata che contiene le
quantificazioni del contributo unificato;
b) il legislatore successivo (art. 3 bis, legge 525/96 introdotto dalla legge n.
388/2000) ha previsto uno strumento generale di adeguamento degli importi,
riferito a tutti i diritti di copia, sull'evidente presupposto che l'art. 9 non
li aveva soppressi;
c) il legislatore successivo che si è occupato del processo amministrativo
(legge 205/2000) in una norma speciale (art. 1, comma 3, 2° periodo, che ha
novellato l'art. 23 della legge n. 1034/1971) ha soppresso il diritto di copia
in casi particolari, limitandosi a richiedere il costo di riproduzione,
sull'evidente presupposto dell'esistenza nell'ordinamento dei diritti di copia,
sicuramente applicabili anche al giudizio amministrativo.
L'attività di autenticazione svolta dai funzionari è stata inequivocabilmente
collegata all'atto; il costo per questa (individuato dal comma 6 della tabella
allegata all'art. 9) si va a sommare agli altri importi previsti (Tab. A
allegata alla legge n. 99/1989, collegati al numero di pagine) e sostituisce il
corrispondente importo (lire 8.000) previsto per la stessa funzione. La novità
è data, oltre che dall'aumento dell'importo, dalla circostanza che ora è
individuato unitariamente per atto (indipendentemente dal numero di pagine)
mentre nella tabella originaria era, per così dire, accidentalmente unitario,
perché nulla vincolava l'importo all'atto.
Una interpretazione diversa, tendente a ritenere che l'importo, previsto al
punto 6 della Tabella, allegata all'art. 9 della legge n. 488/1999, sostituisce
integralmente la tabella A della Legge n. 99/1989 per le copie conformi, è
incompatibile con la permanenza dei diritti di copia semplice perché le copie
semplici costerebbero di più delle copie autentiche.
Né l'interpretazione sostenuta può essere messa in dubbio dall'espressione
letterale “diritto unico”, perché tante volte il legislatore l'ha
usata impropriamente e perché si può spiegare con il riferimento all'attività
di autenticazione collegata all'atto.
La soppressione dei diritti per la riproduzione ad uso d'ufficio significa che
con la soppressione dei diritti di cancelleria si è inciso sul nucleo di base
dei diritti di copia: gli importi dovuti dalle parti per le riproduzioni fatte
ad uso d'ufficio, mentre, per le ragioni spiegate, non si è inciso sugli
importi richiesti per l'attività dei funzionari, per i costi materiali, per le
funzioni di certificazione (tutti compresi nella quantificazione dei diritti di
copia) quando la copia è richiesta dalle parti.
Normalmente, questi diritti di copia – qui disciplinati per la fase
transitoria – si collegano intrinsecamente all'attività esplicata
dall'ufficio che rilascia copie. La conseguenza è che se, già nelle more
dell'emanazione del regolamento previsto per la disciplina a regime, fossero
introdotti collegamenti telematici con gli uffici in grado di consentire
l'accesso agli atti e ai provvedimenti, con conseguente riproduzione,
mancherebbe in fatto il presupposto stesso per la maturazione di tali diritti.
Articolo 266 (Raccordo) (R)
L'articolo costituisce una disposizione di raccordo che prevede
l'applicazione delle norme di questo capo fino all'emanazione del regolamento
previsto dall'art. 40 (L).
Articolo 267 (Diritto di copia senza certificazione di conformità) (L)
Rinvia per l'individuazione dell'importo del diritto dovuto alla tabella,
allegato n.6 al testo unico, che riproduce la tabella della norma originaria.
Articolo 268 (Diritto di copia autentica) (L)
Stabilisce che gli importi del diritto relativo al rilascio di copie
autentiche sono contenuti nella tabella, allegato n.7 al testo unico, che
riproduce la tabella originaria, come modificata da ultimo dall'allegato alla l.
n. 488/1999.
Per quanto riguarda l'inciso “anche da parte degli ufficiali giudiziari”, si
tratta del diritto per rilascio di copie autentiche di atti espletati
dall'ufficio (richiesta di copia dell'atto notificato per provvedere alla
trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, di copia della
citazione per la convalida di sfratto, ecc.). Quindi, non sono importi
riferibili a spettanze degli ufficiali giudiziari; la conseguenza è che per il
pagamento valgono le regole generali. Cosa diversa era il vecchio diritto di
copia (che si riferiva alla copia degli atti da notificare), poi superato con la
legge n.14/1991, che ha introdotto il diritto unico di notificazione.
Articolo 269 (Diritto di copia su supporto diverso da quello cartaceo) (L)
Stabilisce un diritto forfettizzato nella misura indicata nella tabella,
allegato n.8 al testo unico.
Dalla norma originaria è stato eliminato “senza certificazione di conformità”
perché priva di significato se si considera che non è disciplinata la copia
conforme su supporto diverso da quello cartaceo.
Articolo 270 (Copia urgente su supporto cartaceo) (L)
Triplica il diritto di copia in caso di rilascio entro due giorni. Infatti,
per l'urgenza, che si aggiunge al diritto di copia, la norma originaria prevede
un importo pari al doppio del diritto di copia dovuto.
Articolo 271 (Diritti di copia per i processi innanzi al giudice di pace)
(L)
Stabilisce che per quanto concerne i procedimenti dinanzi al giudice di pace
tutti i diritti di copia sono ridotti alla metà.
Articolo 272 (Diritto di copia ai sensi dell'articolo 164 del decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 271 - norme di attuazione del codice di procedura
penale- e dell'articolo 137 del regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368 -
disposizioni di attuazione del codice di procedura civile) (L)
Riprende l'importo del diritto di copia disciplinato dalle norme originarie.
Queste si riferiscono all'ipotesi in cui la parte impugnante non produce le
copie di atti nella sua disponibilità, richiesti dal codice di procedura. In
tal caso l'ufficio sopperisce facendo le copie necessarie, ma il diritto è
triplicato e posto a carico della parte.
Secondo la norma in commento, il funzionario addetto all'ufficio procede alla
riscossione mediante iscrizione a ruolo, in solido nei confronti dell'impugnate
e del difensore, se il diritto di copia non è pagato spontaneamente
dall'impugnante.
Invece, le norme originarie rinviavano al vecchio testo unico sulla riscossione
delle entrate patrimoniali dello Stato (R.D. n. 639/1910). L'adeguamento al
nuovo regime della riscossione è necessario sulla base della riforma della
riscossione e dell'elaborazione del testo unico sulle spese. All'inadempimento
segue la riscossione mediante ruolo. Infatti il debitore sa quanto deve (gli
importi risultano dalle tabelle) e quindi costituirebbe un'inutile allungamento
della procedura l'invio dell'invito al pagamento.
Peraltro, allo stato, le norme non sono applicate nella prassi. Nelle rare
ipotesi in cui il difensore non produce le copie richieste per procedere alle
impugnazioni, l'ufficio fa le copie ma non richiede nulla all'avvocato.
Capo III
Diritto di certificato nel processo civile e penale
Articolo 273 ( Diritto di certificato) (L)
La norma in commento riproduce la norma originaria e stabilisce che
l'importo dovuto dalle parti che richiedano certificazioni in materia civile e
penale, comprese quelle relative al casellario giudiziale, al casellario dei
carichi pendenti e all'anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da
reato, è di euro 3,10, raddoppiato in caso di richiesta di rilascio immediato
del certificato del casellario, dei carichi pendenti, delle sanzioni
amministrative dipendenti da reato.
La previsione originaria è stata integrata con il certificato delle sanzioni
amministrative dipendenti da reato, sopravvenuto per effetto del decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231, perché il diritto di certificato è previsto
in generale. Quanto al diritto di urgenza, è stata estesa la previsione
nell'ambito del riordino operato con il testo unico rispetto a norme
sopravvenute.
Non occorre fare salva la normativa fiscale perché non intaccata da questa
disciplina e vive altrove: art. 7, legge 29.12.1990, n. 405 (secondo la
circolare del Ministero della Giustizia, AA.CC. Segr. 28/14/8 del 15.1.91 sono
esenti da bollo quelli in materia penale; quelli civili e quelli promiscui -
generale del casellario - sono soggetti. Il bollo sulla domanda segue il bollo
sul certificato).
Capo IV
Disposizioni comuni al diritto di copia e al diritto di certificato
Articolo 274 (Adeguamento periodico degli importi) (L)
Prevede il decreto dirigenziale per l'adeguamento degli importi del diritto
di copia e di certificato alle variazioni accertate dall'Istat. La norma
originaria rimetteva l'adeguamento a decreto ministeriale ed era relativa solo
agli importi concernenti le copie. Lo strumento del decreto dirigenziale è
rispondente alla separazione politica-amministrazione ed è conforme a scelte
operate in altre parti del testo unico (vedi commento all'articolo 20).
Nell'ambito del riordino lo strumento è stato esteso al diritto di certificato.
Capo V
Ausiliari del magistrato
Articolo 275 (Onorari degli ausiliari del magistrato) (R)
Sino all'emanazione della normativa secondaria sulla base del testo unico,
la sola misura degli onorari è rimessa alle tabelle già esistenti e all'art. 4
della legge n. 319/1980, per gli onorari a tempo.
Capo VI
Indennità di custodia
Articolo 276 (Determinazione dell'indennità di custodia) (R)
Per quanto attiene alla norma in commento, nell'ambito delle diverse prassi
seguite oggi dagli uffici giudiziari (vedi relazione relativa alle norme a
regime), si è scelta quella in grado di contemperare, in via transitoria,
l'esigenza di uniformità con i sequestri amministrativi (posta dalla Corte
Costituzionale) con quella di tenere i costi più bassi per i sequestri disposti
dal giudice.
Da considerare, comunque, che, per effetto degli interventi di semplificazione e
accelerazione sulla procedura di restituzione (vedi parte procedimenti
particolari), che entrano subito a regime, i tempi della custodia sono ridotti.
Capo VII
Demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi
Articolo 277 (Importo da corrispondere alle strutture tecnico-operative
del Ministero della difesa) (R)
La norma in commento ha l'obiettivo di risolvere, per il breve periodo e
nelle more della convenzione, i problemi registrati nella prassi in ordine alla
quantificazione. Data la natura pubblica del soggetto che quantifica, ben si può
vincolare il magistrato.
Capo VIII
Registrazione degli atti giudiziari
Articolo 278 (Registrazione degli atti giudiziari nel processo civile e
amministrativo) (R)
Si rinvia alla relazione relativa alla norma a regime (Titolo XIV, parte
II).
TITOLO II
PATROCINIO A SPESE DELLO STATO
Articolo 279 (Ammissione al patrocinio nel processo civile,
amministrativo, contabile e tributario) (L)
La norma transitoria, che riprende il precetto originario dell'art. 15 noniesdecies,
comma 2, della legge n. 217/1990, come modificato dalla legge n. 134/2001, fa
salve le ammissioni al gratuito patrocinio avvenute, sulla base della
legislazione precedente, anteriormente al 1° luglio 2002, data in cui diventano
efficaci le nuove norme sul patrocinio.
TITOLO III
REGISTRI
Articolo 280 (Foglio delle notizie e rubrica alfabetica) (R)
In un contesto non informatizzato, per evitare la richiesta di notizie a più
uffici (ciascuno dei quali ha provveduto all'annotazione via via che se ne
è presentata la necessità) si è ampliato uno strumento già previsto a fini
delimitati: il mod. 25, cioè la distinta delle spese recuperabili per intero
nel processo penale.
E' stato previsto un “foglio delle notizie ai fini del recupero”, che fa
parte del fascicolo processuale, nel quale sono riportate le annotazioni fatte,
rispettivamente, nel registro delle spese pagate e in quello delle spese
prenotate a debito, purchè utili per il recupero (quindi, non tutte le
somme pagate ma solo quelle ripetibili, tutte quelle prenotate a debito, perché
solo in seguito si saprà se ci sono le condizioni per il recupero).
Questo “foglio”, che l'ufficio del giudice dell'esecuzione riceverà con il
fascicolo, servirà per riscontrare la corrispondenza tra quanto risulta dagli
atti processuali e quanto annotato nei registri, senza doverli controllare.
Se è vero che così si impone all'ufficio procedente, per esempio
all'erogazione della spesa, una doppia annotazione, nel contempo si evita che la
determinazione finale del credito sia ritardata dal riscontro delle voci di
spesa presso uffici diversi.
Se, come negli uffici giudiziari di grandi dimensioni, l'ufficio che annota ha
una sua autonomia organizzativa rispetto a quello che ha la disponibilità del
fascicolo (cancelleria del dibattimento e ufficio che tiene il registro delle
spese pagate), l'annotazione fatta dal secondo ufficio sul foglio delle notizie
tenuto dal primo non creerà problemi di attesa perché il fascicolo,
notoriamente, sosta a lungo per ragioni autonome nel primo ufficio.
Nel contesto del testo unico questa disposizione può funzionare effettivamente.
Si deve considerare, infatti, che nel testo unico risultano: le voci di spese,
quali sono pagate dall'erario e quali dai privati; quali, tra quelle pagate
dall'erario, sono ripetibili e quali no, quali sono prenotate a debito e quando
e nei confronti di chi sono recuperabili.
Articolo 281 (Crediti già iscritti nella tavola alfabetica) (R)
E' disciplinata un'ipotesi del tutto marginale nella prassi.
Visto che la tavola alfabetica non è più tenuta nella maggioranza degli
uffici, da quando la riscossione è stata affidata ai concessionari, sarà
improbabile che risultino iscrizioni nella tavola alfabetica.
La norma transitoria in commento vuole evitare che per crediti eventualmente già
inseriti nella tavola alfabetica, la procedura di riscossione parta dall'inizio
con l'invito al pagamento. Se sono già iscritti perché di dubbia solvibilità
è ragionevole che, se non prescritti o estinti sulla base di altre norme
transitorie, si riparta con l'iscrizione a ruolo e non con l'invito al
pagamento.
Articolo 282 (Sopravvivenza delle disposizioni vigenti) (R)
Trattasi di una norma di raccordo con l'emananda normativa secondaria in
materia.
TITOLO IV
PAGAMENTO
Capo I
Ordine di pagamento delle spese postali per notificazioni
Articolo 283 (Ordine di pagamento delle spese postali per notificazioni)
(R)
Nelle more del regolamento previsto a regime, la disciplina transitoria del
pagamento delle spese postali a carico dell'erario estende un meccanismo già
operativo attraverso circolari, e ne semplifica la procedura.
Infatti, le circolari 6 maggio 1992, per il penale, e 27 gennaio 1993 per il
civile, hanno disciplinato il pagamento differito direttamente all'ufficio
postale, superando l'art.142, comma 1, Ord. uff. giud. Queste circolari
prevedevano tale meccanismo espressamente solo per le notifiche penali e civili
a richiesta d'ufficio, ma nella prassi, il meccanismo è stato esteso anche al
caso di gratuito patrocinio e di patrocinio a spese dello Stato.
Il testo unico, inoltre, attribuisce la competenza agli stessi ufficiali
giudiziari, che concretamente curano le notifiche, anche tramite posta; manca,
in effetti, una ragione sostanziale per richiedere che il calcolo dell'importo e
l'ordine di pagamento siano effettuati dal cancelliere; si tratta, comunque,
della stessa amministrazione.
Nè c'è l'esigenza che i cancellieri conoscano l'importo per procedere
all'annotazione ai fini del recupero.
Infatti, per le notifiche a richiesta d'ufficio, nel processo penale il quantum
della spesa è recuperato nella misura forfettizzata indicata con decreto
ministeriale; nel processo civile, la parte le ha già anticipate in misura
forfettizzata (legge del 1979, n. 59); per le notifiche a richiesta della parte
ammessa al patrocinio a spese dello Stato o gratuito patrocinio, i cancellieri
vengono a conoscenza delle spese, per annotarle nei registri, quando, secondo le
regole della procedura penale e civile, la parte ammessa produce la lista testi
notificata.
Infine, con riferimento alle altre amministrazioni interessate, diverse dal
Ministero della giustizia, si è individuata la competenza all'emissione
dell'ordine di pagamento nel rispetto dell'autonomia delle amministrazioni cui
si riferisce il capitolo di bilancio e delle regole dell'autonomia finanziaria
del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.
Capo II
Pagamento del diritto di copia, del diritto di certificato, nonchè delle spese
per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile
Articolo 284(Raccordo) (R)
Raccorda le norme transitorie con la norma che, a regime, prevede
l'emanazione di un regolamento.
Articolo 285 (Modalità di pagamento del diritto di copia, del diritto di
certificato e delle spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel
processo civile) (R)
I diritti di copia residuati sono di importo minimo, spesso sotto euro 5,16;
unica eccezione è il diritto su supporto diverso (cd rom, è pari a euro
258,23); per il certificato è di euro 3,1 più un eventuale raddoppio per
l'urgenza.
Quindi, non è sembrato economico estendere le modalità di pagamento previste
per il contributo unificato, che risulterebbero più costose per l'erario. Si è
preferito per questo lasciare in vita l'attuale meccanismo, attraverso le
marche, pur nella consapevolezza che questa forma arcaica non potrà essere
compatibile con il processo informatizzato.
Per semplificare la fase transitoria, si è consentito solo l'utilizzo del
pagamento attraverso marche, non oneroso per lo Stato e comodo per l'utente,
eliminando la possibilità di scelta del conto corrente postale, originariamente
prevista in alternativa. Ulteriore semplificazione è l'eliminazione delle
marche speciali, con conseguente ricorso alle marche da bollo che esistono in
commercio anche per i tagli minimi, per il pagamento degli importi previsti. Non
c'è infatti una ragione giustificativa della distinzione e già oggi in altri
processi (vedi parte VIII per il processo tributario) si ricorre alle marche da
bollo ordinarie per i diritti di copia. Il vantaggio è indubitabile per lo
Stato, che produce un solo tipo di marche, e per l'utente che non deve ricercare
marche differenziate.
Rispetto alle norme originarie la procedura è stata semplificata al massimo e
ridotta all'essenziale.
E' stato introdotto il timbro a secco per evitare la possibilità di riciclare
le marche.
Articolo 286 (Modalità di pagamento della copia di compact disk) (R)
Per l'unico importo alto si possono, invece, estendere i metodi di pagamento
disciplinati per il pagamento del contributo unificato, che comprende anche il
versamento alla posta.
TITOLO V
RISCOSSIONE
Capo I
Disposizioni su crediti di importo determinato
Articolo 287 (Estinzione legale di crediti relativi a spese processuali e
di mantenimento di un certo importo) (R)
La norma è il frutto del coordinamento tra l'art. 80 legge n. 342/2000
(recepito nell'art. 228 (L) e l'originario art. 12 bis, d. P.R. n. 602/1973.
Il legislatore del 2000 ha previsto uno strumento generale di estinzione ex lege
del credito, elastico rispetto ai costi della riscossione, ed anticipato al
momento immediatamente successivo alla quantificazione.
L'art. 12 bis citato, riferibile alle spese di giustizia sulla base del rinvio
generale contenuto nell'art. 18, d.lgs. n. 46/1999, prevede - per un
importo determinato, aumentabile con regolamento ex art. 17, comma 2, legge n.
400/88 – un meccanismo di estinzione riferito all'iscrizione a ruolo. La nuova
previsione dell'art. 80 assorbe la precedente norma generale per le spese
considerate: da ciò l'operatività transitoria.
Infatti, non è ragionevole che nell'ordinamento esistano, in relazione agli
stessi crediti (spese processuali e di mantenimento), due meccanismi di
estinzione, fondati sull'importo, che operano rispetto a momenti diversi. E'
evidente che quello che estingue il credito in un momento antecedente assorbe
quello che faceva scattare l'estinzione in un momento successivo.
Con riferimento al quantum, attualmente è sino a euro16,53, aumento attuato con
d.P.R. n. 129/99, espressamente riferito ai tributi, ma riferibile alle spese
stante il rinvio mobile e generale di cui all'art. 18 citato.
L'articolo 12 bis citato non è riferibile alle pene pecuniarie, operando per le
pene solo la possibilità di conversione.
Articolo 288 (Discarico automatico per inesigibilità delle spese
processuali e di mantenimento di importo non superiore ad euro 25,82) (L)
La norma originaria, prevista nell'art. 1, legge n. 89/1989, è confluita
nella parte transitoria per tener conto dell'impatto sull'ordinamento del
regolamento introdotto dall'art. 80, legge n. 342/2000 (art.228).
Poiché il regolamento individuerà, tenendo conto dei costi della riscossione,
un certo importo al di sotto del quale non si invia neanche l'invito al
pagamento, perde di funzionalità a regime la previsione dell'articolo 1, della
legge n. 89 del 1989, che prevede, ad un certo punto, il blocco della
procedura di riscossione coattiva valutandone non conveniente la continuazione,
che avrebbe il solo effetto di far aumentare le spese e individuando un importo
fisso (euro 25,82) adeguabile secondo ISTAT. Per questo motivo, le due norme
sono state coordinate nella parte delle norme a regime (art. 230).
La norma originaria è stata mantenuta nella fase transitoria e, nell'ambito del
riordino, è stata estesa a tutte le spese. Inoltre, l'applicazione in questa
procedura del principio posto dal legislatore del discarico automatico (art.19,
c.3, d. lgs. n.112/1999), serve ad evitare che per spese di importo minimo il
cui credito è estinto legalmente scatti la procedura generale, per l'eventuale
diniego del discarico, prevista dall'articolo 20, d. lgs. n.112/1999.
Quanto al comma 2, è previsto un decreto dirigenziale, al posto di quello del
ministro, secondo la scelta in tutto il testo unico di ritenere rientranti
nell'attività di amministrazione le competenze per l'adeguamento ISTAT (v.
commento all'articolo 20).
Capo II
Riversamento del riscosso dall'erario a terzi
Articolo 289 (Percentuale spettante alla cassa di previdenza dei
cancellieri) (L)
La norma in commento riscrive con chiarezza il precetto relativo alla
percentuale spettante, in via transitoria, alla cassa di previdenza dei
cancellieri.
Il diritto, l'entità percentuale e la base di calcolo, risulta dalla
combinazione degli artt.: 13, comma 4, d. lgs. n. 486/1948, come sostituito
dall'art. 4, legge n. 59/1958; 15, comma 2, legge n. 922/1962 (già abrogati
dall'art. 39, legge n. 734/1973); nonché dal comma 1, art. 6, legge n.
734/1973, al quale rinvia il comma 3 dello stesso art. 6, che ha salvato le
norme abrogate con l'art. 39 citato rispetto alle assegnazioni ai fondi di
previdenza.
Con riferimento alla percentuale, l'originario 2% è divenuto 2% su 45% degli
introiti = a 0,9%. Con riferimento alla base di calcolo, il comma 1 dell'art. 6
citato, parla impropriamente di “beni confiscati e corpi di reato”. In realtà
si tratta solo di beni confiscati, essendo destinati i proventi dei beni
sequestrati, non confiscati, alla cassa delle ammenda in mancanza di aventi
diritto.
Oggi la percentuale è sicuramente dovuta in via transitoria come risulta dalla
successione e intersezione delle norme legislative elencate di seguito:
- art. 9, comma 1,
legge n. 537/1993, abrogazione generale; modifica dello stesso comma con
decreto-legge n. 437/1996, convertito in legge n. 556/1996, che ha escluso dalle
abrogazioni la previdenza facendola salva a partire dal 1994;
- art. 55, legge n.
449/1997 che ha abrogato la salvezza a partire dall'1.1.1998;
- art. 26, comma 21,
legge n. 448/1998 che ha rinviato l'effetto abrogativo sino all'introduzione
della previdenza complementare, con norma di interpretazione autentica.
Articolo 290 (Versamenti di somme alla cassa di previdenza dei
cancellieri) (R)
E' disciplinata con norma secondaria la procedura di versamento della somma
alla cassa previdenza, perché il diritto alla percentuale considerata è
disciplinato altrove (articolo che precede).
La norma in commento ha l'obiettivo di semplificare al massimo la procedura,
accettando come vincolante la circostanza che deve pagare l'amministrazione,
necessariamente centrale trattandosi di erogazione alla cassa nazionale, sulla
base dell'art. 6, comma 4, legge n. 734/1973, al quale si collega il capitolo
1544, relativo al Ministero della Giustizia, per memoria.
I concessionari sono in grado di trasmettere le informazioni utili perché hanno
l'evidenza del riscosso, detratte le somme spettanti a terzi, ed hanno
l'evidenza delle somme ricavate dalla vendita dei beni confiscati perché nei
modelli di versamento dagli uffici giudiziari ai concessionari c'è un apposito
codice tributo 919T.
La procedura utilizzata sino ad oggi, che vede comunque al centro il Ministero
della giustizia, è molto complicata e basata su norme regolamentari risalenti
nel tempo.
Sino a tutto il 98, l'ultimo decreto dirigenziale di assegnazione di somme noto
è del 1999, l'assegnazione alla cassa è avvenuta con decreto dirigenziale del
direttore AA.CC., sulla base di un decreto del Ministro del tesoro di
riassegnazione della somma.
Per conoscere l'entità da versare ha operato questa procedura:
- da uffici giudiziari a ufficio registro (per visto di concordanza) invio, con
cadenza bimestrale, di specchietti relativi agli importi riscossi, compilati
sulla base delle informazione avute dagli stessi uffici registro e riscontrate
con la propria documentazione.
- da uffici giudiziari a procure generali di specchietti vistati.
- da procure generali a Ministero, liste riepilogative bimestrali da
trasmettere quadrimestralmente.
Alla base della procedura vi era l'art. 3, r.d. n. 25/1896 (regolamento di
attuazione della legge n. 555/1895), che rinviava all'art. 64 r.d. n. 1103/1882
(regolamento di attuazione legge n. 835/1882), adattati anche alla circostanza
che i pagamenti non venivano più fatti dall'ufficio registro, con circolari
successive.
Articolo 291 (Percentuale spettante alle casse di previdenza degli
accertatori dei reati finanziari) (L)
Per la ricostruzione normativa in base alla quale, sino alla riforma della
previdenza complementare, sono fatte salve le norme che prevedevano spettanze a
favore delle casse previdenza, si rinvia al commento all'articolo 289.
Una norma che individui – sul modello di quella proposta per i cancellieri –
il diritto, con riferimento ai soggetti cui spetta, la base di calcolo e la
misura percentuale, è di difficile formulazione. Si consideri che per i
soggetti, il gruppo delle fattispecie di reati, al cui accertamento si collegano
le spettanze, comprende:
- infrazioni
valutarie (d.P.R. n. 30/1988 che richiama la n. 1511/1947);
- infrazioni
tributarie (n. 168/1951);
- tributarie in
materia di assicurazioni private (n. 1216/1961);
- IVA (n. 633/1972);
- spettacoli (n
640/1972);
- concessioni
governative (n. 641/1972);
- bollo (n.
642/1972);
- imposte sui
redditi (n. 600/1973);
- contrabbando
doganale e dei monopoli (art. 337, d.P.R. n. 43/1973, dogane, cui rinvia l'art.
113 legge 907/1942 su Monopoli ).
Per la base di calcolo e percentuale: non sono mai comprese le spese; in
alcuni casi solo le sanzioni amministrative (641 e 642/1972); in altri solo le
pene pecuniarie (n. 1511/1947, 168/1951, n. 1216/1961, n. 633/1972, 640/1972);
in altri si parla genericamente di sanzioni pecuniarie (600/1973); in altre si
aggiunge alla espressa elencazione di multe e ammende il termine pene pecuniarie
(ricomprendendo le sanzioni amministrative) e le somme ricavate dalla vendita
delle cose confiscate (art. 337, d.P.R. n. 43/1973, dogane, cui rinvia l'art.
113 della legge 907/1942 su Monopoli ).
Per questo motivo, la disposizione del testo unico ha effettuato una
ricognizione, utile perché consente l'aggancio con le innovazioni apportate
alle modalità di versamento.
Inoltre, è stata inserita una norma di salvezza per eventuali omissioni. Il
limite temporale si spiega con l'inizio della vicenda normativa che ha prima
eliminato e poi fatto rinascere questi diritti di natura previdenziale.
Articolo 292 (Versamenti di somme alle casse di previdenza degli
accertatori dei reati finanziari) (R)
Si rinvia al commento della norma relativa ai cancellieri.
PARTE X
DISPOSIZIONI FINALI E ABROGAZIONI
Articolo 293 (Processi davanti al tribunale superiore delle acque
pubbliche e ai tribunali regionali delle acque pubbliche) (L)
Nel contesto del riordino della materia delle spese di giustizia, la norma
raccorda le norme del testo unico anche con i processi davanti al tribunale
superiore delle acque pubbliche e ai tribunali regionali delle acque pubbliche.
L'esigenza si pone poiché la materia – che sino alla legge n. 59 del 1979
aveva avuto una disciplina unitaria – si è poi diversificata senza che alla
base vi fosse una ragione giustificativa; con la conseguenza che, solo per
questi processi si è continuato ad applicare l'articolo 38 disp. att. c.p.c.
Con il comma 3 si rimette ad un decreto ministeriale la disciplina per la
chiusura della contabilità in essere relativa all'articolo 38 disp. att. c.p.c.
Articolo 294 (Relazione al Parlamento sul patrocinio a spese dello Stato)
(L)
La disposizione riproduce quanto contenuto nell'art. 18, legge n. 217/1990,
come modificata dalla legge n. 134/2001, essendo oramai incorporate nel testo
unico le norme relative al patrocinio a spese dello Stato.
Articolo 295 (Rinvio per la copertura finanziaria) (L)
La copertura finanziaria delle norme relative al patrocinio a spese dello
Stato è contenuta in una norma esterna al testo unico (l'art. 22 della legge n.
134/2001). Qui, solo per ragioni di opportunità sistematica, si è richiamata
tale norma, visto che le norme sul patrocinio sono incorporate nel testo unico.
Articolo 296 (Modifiche alle norme esterne ed interne al testo unico) (L)
Il comma 1 ribadisce il principio circa la natura dinamica del rinvio a
norme esterne al testo unico, a meno che il legislatore espressamente non lo
escluda.
Il comma 2 riproduce il principio contenuto nell'art. 7, comma 6, legge 8 marzo
1999, n. 50. Esso non incide sul rango delle norme del testo unico, in quanto
mira a disciplinare e a rendere più consapevole il successivo esercizio del
potere normativo: l'istituto dell'abrogazione implicita non scompare
dall'ordinamento.
Articolo 297 (Non applicabilità di norme) (R)
L'art. 18, del decreto legislativo n. 46/1999, è la norma che estende -
mediante rinvio a norme determinate, anche per sottrazione di quanto previsto
dagli articoli ad esso successivi – il d.P.R. n. 602/1973 alle spese di
cui ci si occupa.
Avendo sciolto il rinvio nel testo unico, l'art. 18 citato – che pure rimane
nell'ordinamento per le altre entrate – non si applica più alle spese di
giustizia.
L'art. 26 rimane nell'ordinamento per le altre entrate. La portata precettiva
riferita alle spese di cui ci si occupa nel testo unico è stata raggiunta con
gli articoli relativi a dilazione e rateizzazione, dove sono state riportate le
norme di settore e si è tenuto conto del limite posto dal 26 citato.
Articolo 298 (Norme che restano abrogate) (L)
Individua le norme che sono già state abrogate in modo espresso prima del
testo unico.
Articolo 299 (Abrogazioni di norme primarie) (L)
Individua le norme primarie abrogate a seguito dell'emanazione del testo
unico.
Articolo 300 (Abrogazioni parziali e riformulazioni conseguenti di norme)
(L)
La norma è stata inserita, su suggerimento del Consiglio di Stato, per
evitare lacune conseguenti ad abrogazioni parziali.
Articolo 301 (Abrogazioni di norme secondarie) (R)
Individua le norme secondarie abrogate a seguito dell'emanazione del testo
unico.
Articolo 302 (Entrata in vigore) (L)
Individua nel 1° luglio 2002 la data di entrata in vigore delle norme del
testo unico per raccordarla con l'entrata in vigore delle disposizioni relative
al patrocinio a spese dello Stato nel giudizio civile, amministrativo, contabile
e tributario, secondo quanto già disposto dall'originario art. 15, comma 1,
legge 30 luglio 1990, n. 217, come modificata dalla legge 29 marzo 2001, n. 134.
RELAZIONE TECNICO-NORMATIVA
Il testo unico è adottato ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge
8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall'art. 1 della legge 24 novembre 2000,
n. 340.
Questa norma prevede l'emanazione di testi unici intesi a riordinare, tra le
altre, le materie elencate nelle leggi annuali di semplificazioni. La legge 8
marzo 1999, n. 50, all'articolo 1, comma 1, prevede l'emanazione di regolamenti
di delegificazione per la disciplina delle materie e dei procedimenti di cui
all'allegato 1. L'allegato 1 a quest'ultima legge contiene tre procedimenti che
coprono l'intera materia delle spese di giustizia: i nn. 9, 10 e 11. In
particolare, il n. 10 richiama il r.d. 23 dicembre 1865, n. 2700 e il r.d. 23
dicembre 1865, n. 2701 (cosiddetti campione civile e penale) che costituivano
dei veri e propri testi unici della materia, pur senza averne l'espressa
qualificazione. Infatti, erano individuate e disciplinate le spese di giustizia
ed erano regolamentate le procedure per il pagamento e per il recupero, anche
rispetto all'ammissione al gratuito patrocinio, effettuata con riferimento alla
legislazione all'epoca vigente. Il n. 11, poi, annovera il procedimento per
l'iscrizione a ruolo e per il rilascio di copie di atti, anche in materia
tributaria, richiamando testi normativi di ampia portata nella materia delle
spese. Il n. 9, infine, prevede il procedimento di alienazione di beni
sequestrati e confiscati, richiamando le norme generali in materia penale.
1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto
A) Analisi dell'impatto delle norme del Testo Unico sulla legislazione vigente.
Aa) In generale.
Il testo unico riunisce e coordina tutte le disposizioni legislative e
regolamentari che, sino all'emanazione, hanno disciplinato la materia. Abroga
100 testi, di cui 75 di rango primario e 25 di rango secondario. Un'idea
parziale del numero di articoli abrogati si ha se si considera che il solo r.d.
n. 2700 del 1865 ne conteneva ben 481.
Il testo unico riordina la materia adeguandola alla disciplina sopravvenuta nel
sistema delle fonti. L'emanazione della normativa secondaria, infatti, è
armonizzata con la legge n. 400 del 1988 e con la legge n. 13 del 1991.
Naturalmente, il riordino tiene conto di principi oramai affermatisi
nell'ordinamento, come quello della separazione politica-amministrazione.
Il testo unico attualizza il linguaggio normativo e lo semplifica.
Ab) Riordino e armonizzazione finalizzato alla coerenza logica e sistematica della materia.
Il riordino ha tenuto conto della riforma, avviata nel 1996 e proseguita con
adattamenti successivi fino al 2001, che ha uniformato la disciplina della
riscossione delle entrate dello Stato e compreso tra queste le spese di
giustizia e le pene pecuniarie.
La parte relativa alla riscossione del testo unico ha stabilito i
necessari raccordi tra la disciplina generale, che prevede la soppressione degli
uffici di cassa finanziari e l'attribuzione delle competenze ai concessionari, e
la disciplina speciale delle pene pecuniarie, che - in caso di
insolvibilità - ha al centro la conversione in misure restrittive della libertà
personale ed è ispirata a principi propri, quali l'irrinunciabilità e il favor
per il debitore.
Questa tecnica di riordino e armonizzazione è stata applicata per le procedure di riscossione dell'adempimento spontaneo e di pagamento delle spese per conto dello Stato relative ad alcuni reati finanziari. Il testo unico ha superato la disciplina di settore che attribuiva la riscossione dell'adempimento spontaneo e il pagamento delle spese per conto dello Stato agli uffici finanziari, nel solo caso di condanna a spese e pene pecuniarie e solo per alcuni reati. Con l'estensione delle regole generali non ci saranno più le incertezze collegate alla non inequivocabile identificazione dei reati per cui scattavano le particolarità; non ci saranno soggetti diversi per il pagamento delle spese di giustizia; né uffici diversi per ricevere l'adempimento spontaneo.
La stessa riforma citata ha inciso sul pagamento delle spese anticipate dall'erario. La sostituzione degli uffici del registro con i concessionari ha reso necessarie nuove norme secondarie, per le modalità di pagamento e per le regolazioni contabili, che sono state emanate con il testo unico nel rispetto dei principi già chiaramente individuati dal legislatore.
Altri profili oggetto di riordino e di armonizzazione sistematica sono spesso intrecciati con la semplificazione procedurale ed organizzativa.
La materia dei diritti di copia è stata parzialmente incisa dalla soppressione dei diritti di cancelleria, contestuale all'introduzione del contributo unificato nel 1999, e da modifiche legislative intervenute nel 2000. Il testo unico perimetra l'area residua dei diritti di copia per la sola fase transitoria, avendo rimesso allo strumento regolamentare la disciplina a regime dei diritti di copia.
Inoltre, il testo unico collega strettamente diritti di copia e di certificato prevedendo una disciplina comune, a regime e transitoria, per la fonte e per le modalità di pagamento.
La materia dei diritti, indennità di trasferta e spese di spedizione degli ufficiali giudiziari è riordinata per i profili direttamente incidenti sul sistema delle spese di giustizia e sono innovati gli aspetti procedurali relativi alle modalità di pagamento.
Il testo unico riconduce a sistema la voce indennità di custodia dei beni sequestrati nel procedimento giurisdizionale, sulla base dell'orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, e persegue l'uniformità con i compensi per i sequestri amministrativi. Inoltre, rimette a strumento regolamentare (analogo a quello previsto per gli ausiliari del magistrato) l'individuazione di tariffe generali; prevede una disciplina transitoria che consente di superare l'attuale diversificazione.
Per le spese relative alla demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi, il testo unico recepisce e razionalizza le univoche soluzioni interpretative divenute diritto vivente, le collega esplicitamente ai principi giuridici esistenti e prevede una disciplina a regime e una disciplina transitoria.
In materia di titoli di pagamento delle spese anticipate dallo Stato, il testo unico supera le diversificazioni oggi esistenti. La sola distinzione è quella tra ordine di pagamento (emesso dal funzionario) e decreto di pagamento (emesso dal magistrato), riferita a voci di spesa diverse, e fondata sull'indispensabilità dell'attribuzione al magistrato della competenza a provvedere alla quantificazione, quando vengono in questione profili valutativi. In tal modo è eliminata la precedente coesistenza del decreto del magistrato e dell'ordine del funzionario per le stesse spese, che si sostanziava nella duplicazione del titolo di pagamento.
Ac) Riordino finalizzato alla semplificazione procedurale ed organizzativa.
In generale, il testo unico abbassa il livello della fonte da primaria a secondaria tutte le volte che profili procedurali e organizzativi emergono nella materia. Inoltre, estende l'ambito di operatività di strumenti regolamentari, già previsti dal legislatore in modo settoriale.
Diritti di copia e di certificato. Il testo unico rimette allo strumento regolamentare la disciplina dei diritti e l'individuazione degli importi, ancorando questi ultimi ai costi del servizio e ai costi per l'incasso, per consentire il rapido adeguamento della disciplina alle innovazioni tecnologiche dei mezzi di riproduzione e al mutamento – collegato alle prime – dei costi. Inoltre - per superare il sistema di pagamento attraverso le marche, conservate in via transitoria, ed oramai incompatibili rispetto al futuro processo informatizzato - rimette alla normativa regolamentare le modalità di pagamento quando, come nel caso di importi minimi, non è conveniente l'estensione delle norme secondarie previste per il pagamento del contributo unificato.
Nella materia degli onorari degli ausiliari del magistrato, il testo unico elimina la specialità per gli onorari calcolati a tempo con il sistema della vacazioni e prevede lo stesso regime per questi e per quelli fissi e variabili. Inoltre, rimette allo strumento regolamentare l'emanazione di tabelle.
Registri. Il testo unico disciplina tutta la materia dei registri delle spese in norme regolamentari. Riduce da sei (cui si aggiungevano i c.d. registri di comodo con fonte nella prassi) a tre i registri necessari e li ancora alla necessità della funzione da registrare. In tal modo elimina la duplicazione di annotazioni e gli ostacoli alle possibilità aperte dall'informatizzazione. Inoltre, nelle more di un contesto informatizzato integrato, disciplina la fase transitoria introducendo un foglio delle notizie utili legato al fascicolo processuale.
In materia di restituzione e vendita di beni oggetto di sequestro nel processo penale, il testo unico semplifica e accelera la procedura di restituzione ed abbassa il livello della fonte tutte le volte in cui la disciplina non interferisce con funzioni giurisdizionali. La vecchia procedura, contribuendo ad allungare i tempi di custodia, rendeva ipotetico il recupero delle spese sul ricavato della vendita perché il bene veniva venduto quando ormai privo di valore. Inoltre, il testo unico delegifica la materia delle modalità di deposito di somme e valori, superando l'arcaico meccanismo dei depositi giudiziari.
Ad) Riordino finalizzato all'armonizzazione tra i diversi processi.
Il testo unico riordina e armonizza la materia rendendo espliciti i collegamenti già esistenti nell'ordinamento, riferendo gli istituti a tutti o ad alcuni dei processi, conservando le specialità connaturate alla funzione e struttura e superando le specialità procedurali ed organizzative.
Ae) Disciplina transitoria.
La disciplina transitoria svolge una parte importante nel testo unico perché è effettuato il riordino e l'armonizzazione dell'esistente in via transitoria tutte le volte che sono introdotti a regime nuovi strumenti regolamentari, estendendo quelli previsti in modo settoriale.
B) Necessità dell'intervento normativo
Oggi le spese di giustizia sono disciplinate da disposizioni di varia origine e rango, stratificate nel corso di centocinquantanni. L'unitarietà – esistente almeno per il processo penale e civile nei R.d. nn. 2700 e 2701 – è andata ben presto perduta con l'emanazione di leggi che, sin dalla fine dell'ottocento, hanno innovato, il più delle volte senza chiarire i rapporti con i testi originari e senza abrogare espressamente le corrispondenti disposizioni.
Qualche esempio può contribuire a chiarire la portata della confusione normativa. L'elenco delle spese ripetibili nel processo penale è rimasto fermo alle modifiche apportate nel 1938, mentre nell'ordinamento sono cambiate le voci di spesa, gli istituti, i soggetti. L'elenco delle voci di spesa, da anticiparsi o prenotarsi per effetto dell'ammissione al gratuito patrocinio e, poi, del patrocinio a spese dello Stato, è rimasto fermo a quello previsto nel 1923, mentre attorno altre norme hanno cambiato le voci di spesa. Sono rimaste in vigore le norme sul recupero delle spese e delle pene, da parte dei cancellieri come agenti della riscossione, e quelle sull'ufficio registro, come ufficio per l'incasso del riscosso e per il pagamento delle spese anticipate, mentre con le riforme generali dal 1996 in poi la riscossione e i pagamenti relativi alle spese di giustizia – uniformate alle altre entrate patrimoniali dello Stato – sono stati attribuiti ai concessionari. Sono in vigore norme primarie per la disciplina delle procedure, mentre le potenzialità tecniche dell'informatica hanno progressivamente eliminato la necessità stessa della procedura.
Il risultato è una confusa frammentazione del quadro normativo, tale da rendere difficile, a volte addirittura impossibile, all'operatore e all'interprete la ricostruzione del sistema e l'individuazione della disciplina applicabile alle singole fattispecie. Si ha di fronte, quindi, una situazione di disordine normativo che rende indispensabile la sistemazione organica in un testo unico per garantire la stessa effettività delle innovazioni che il legislatore, seppure in modo frammentario, ha introdotto nel corso degli anni.
In particolare, si elencano alcuni profili dove emerge l'indispensabilità di un intervento di riordino e armonizzazione.
Il contributo unificato è entrato in vigore il 1° marzo 2002.
Nell'ordinamento sono presenti norme che disciplinano voci di spesa che il
contributo unificato ha assorbito, come i diritti di cancelleria; presenza che
determina non pochi e difficilmente superabili problemi applicativi.
Il Testo Unico abroga esplicitamente le voci di spesa superate ed elenca quelle
residuate dopo l'introduzione del contributo unificato.
Il 1° luglio 2002 sarà efficace la nuova disciplina (l. n. 134/2001) del
patrocinio a spese dello Stato per i giudizi diversi dal penale, che disciplina
gli effetti dell'ammissione utilizzando le voci di spesa presenti nel R.d. del
1923 sul gratuito patrocinio ed opera delle abrogazioni parziali. Non
mancheranno problemi interpretativi per l'operatore e l'interprete.
Il Testo Unico incorpora la nuova disciplina attualizzando le voci di spesa,
scioglie i collegamenti con le forme particolari di patrocinio già esistenti,
completa le abrogazioni.
Oggi le spese anticipate per conto dello Stato sono pagate solo dalle Poste
S.p.a., in un quadro normativo incerto che non ne consente la retribuzione,
mancando le norme procedurali, previste dal legislatore del 1997, che consentono
il pagamento anche da parte dei concessionari della riscossione.
Il Testo Unico contiene la disciplina secondaria per il pagamento delle spese da
parte dei concessionari e delle Poste.
Oggi le procedure di riscossione coattiva delle spese e delle pene pecuniarie
sono di fatto sospese e sono recuperate solo le spese pagate spontaneamente.
Il Testo Unico disciplina il raccordo tra la normativa speciale e la
riforma generale della riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato,
consentendo il superamento della fase di stallo.
I lunghi tempi di custodia dei beni sequestrati costituiscono un pesante
onere per lo Stato.
Il Testo Unico innova la procedura di restituzione e vendita accorciando
notevolmente i tempi di custodia.
C) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento comunitario.
Non sussistono problemi di compatibilità con l'ordinamento comunitario, non rientrando la materia delle spese di giustizia nelle competenze esclusive o concorrenti dell'Unione europea.
D) Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie e a statuto speciale e verifica della coerenza con fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.
Non sussistono problemi di compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie e a statuto speciale, rientrando la materia delle spese di giustizia tra quelle riservate allo Stato, anche dopo la recente riforma operata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
2. Valutazione dell'impatto amministrativo e dell'impatto sugli utenti.
La riconduzione a sistema della materia e la semplificazione procedurale ed organizzativa determinano vantaggi immediati per gli uffici, centrali e periferici, per la collettività, per le entrate patrimoniali dello Stato.
L'attività delle cancellerie e segreterie giudiziarie è accelerata da un quadro normativo certo, nonché dalla soppressione di tutti gli arcaismi procedurali.
L'attività degli uffici dell'amministrazione centrale è alleggerita dalla funzione di perseguimento dell'uniforme interpretazione delle vecchie norme.
La conseguente liberazione di risorse che si determina può essere utilizzata per il perseguimento dei fini istituzionali degli uffici giudiziari.
Tutti gli utenti – dagli avvocati, agli ausiliari del giudice, ai testimoni, agli stessi debitori – conseguono i vantaggi derivanti da un sicuro quadro giuridico di riferimento e dallo snellimento delle procedure.
Uffici e utenti ricevono vantaggi diretti da norme che, non ostacolando l'informatizzazione, ne consentono lo sviluppo sino al massimo delle possibilità tecniche.
Lo Stato si riappropria della funzione di recupero delle spese e di conversione delle pene pecuniarie, cui ha sostanzialmente rinunciato negli ultimi anni.
3. Elementi di drafting normativo.
A) Individuazione di nuove definizione normative introdotte nel testo.
Le definizioni hanno il solo fine di facilitare la stesura delle disposizioni del testo unico e di evitare dubbi interpretativi. Obiettivo necessario quando la terminologia delle norme originarie non è univoca. Per il dettaglio, si rinvia al commento dell'articolato.
B) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi citati con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi.
Il testo unico evita il più possibile i richiami ad altri testi normativi e li limita alle ipotesi indispensabili.
La tecnica del richiamo è stata necessaria per ancorare la disciplina delle
spese di giustizia a quella generale delle altre entrate patrimoniali dello
Stato, al fine di garantire anche nel futuro la scelta operata dal legislatore
di uniformare la disciplina della riscossione, evitando che si realizzasse con
il passare del tempo quella diversificazione appena superata.
E' stata necessaria tutte le volte che la disciplina, pur attinente alla materia
delle spese, aveva già una propria autonoma coerenza sistematica, che occorreva
evitare di intaccare, come nel caso delle imposte e delle indennità per i
magistrati onorari.
E' stata necessaria quando il collegamento con le spese era molto parziale,
essendo limitato all'utilizzazione di alcuni istituti sostanziali, come nel caso
della disciplina generale relativa ai dipendenti pubblici.
I richiami ad altri testi normativi sono stati effettuati tenendo conto delle successive modificazioni ed integrazioni.
C) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti.
Si è evitato il ricorso alla tecnica novellistica predisponendo un testo organico nel quale è riprodotta tutta l'attuale normativa in materia di spese di giustizia. Unica eccezione è l'articolo 300, introdotto per evitare lacune conseguenti ad abrogazioni parziali.
D) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.
Il testo unico provvede alla puntuale individuazione della norme vigenti, prendendo atto delle abrogazioni implicite. Fa chiarezza nell'ordinamento attraverso un lungo elenco di abrogazioni espresse, che comprende le norme già abrogate implicitamente, quelle confluite nel testo unico riscritte e coordinate, quelle incompatibili con l'armonizzazione degli istituti e con le innovazioni procedurali.
E) Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento.
E' all'esame del Parlamento il disegno di legge 12 ottobre 2001 “Modifica della normativa in materia di immigrazione e di asilo” (A.S. 795), che potrebbe avere qualche incidenza sulla disciplina delle spese nel procedimento avverso il provvedimento di espulsione del cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea.
F) Verifica delle linee prevalenti della giurisprudenza costituzionale e di eventuali giudizi di costituzionalità in corso.
Nella redazione del Testo Unico si è preso atto delle sentenze della Corte
costituzionale rilevanti nella materia (si rinvia al Commento dell'articolato).
Attualmente, sono pendenti dinanzi alla Corte Costituzionale delle ordinanze di
remissione che dubitano della legittimità di alcuni articoli, incorporati nel
testo unico. In particolare, si tratta degli artt. 6, 9, 12, 14, 17 e 17 bis,
della legge 30 luglio 1990, come novellata dalla legge 29 marzo 2001, n. 134,
nonché dell'art. 7, comma 2, della legge 8 luglio 1980, n. 319.