Associazione di studio, formazione e informazione per la valorizzazione della figura dell'ufficiale giudiziario


RELAZIONE ILLUSTRATIVA DEL TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE E REGOLAMENTARI IN MATERIA DI SPESE DI GIUSTIZIA PREMESSE GENERALI



1. OGGETTO DEL TESTO UNICO

Il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia riunisce e coordina le norme sulle spese del procedimento giurisdizionale.
Oggetto del testo unico sono le norme relative alle spese in tutte le fasi che rilevano rispetto al processo. Sono disciplinate: tutte le voci di spesa; le procedure per il pagamento da parte dell'erario e dei privati; l'annotazione nei registri; la riscossione.
Il testo unico riunisce e coordina anche le norme in tema di patrocinio a spese dello Stato, che si sostanziano in una diversa disciplina delle spese del procedimento.
Infine, il testo unico disciplina la riscossione delle spese di mantenimento in istituto, delle pene pecuniarie, delle sanzioni amministrative pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie processuali, che è comune a quella delle spese processuali.

La materia è comune al processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, con differenziazioni di cui si è tenuto conto nel riunire e coordinare le norme.

Oggi, le spese di giustizia sono disciplinate da disposizioni di varia origine e rango che si sono stratificate nel corso di centocinquantanni. L'unitarietà – esistente almeno per il processo penale e civile nei R.d. nn. 2700 e 2701 – è andata ben presto perduta con l'emanazione di leggi che, sin dalla fine dell'ottocento, hanno innovato, il più delle volte senza chiarire i rapporti con i testi originari e senza abrogare espressamente le corrispondenti disposizioni.
Qualche esempio può contribuire a chiarire la portata della confusione normativa. L'elenco delle spese ripetibili nel processo penale rimaneva fermo alle ultime modifiche apportate nel 1938, mentre attorno cambiavano nell'ordinamento le voci di spesa, gli istituti, i soggetti. L'elenco delle voci di spesa, da anticiparsi o prenotarsi per effetto dell'ammissione al gratuito patrocinio e, poi, del patrocinio a spese dello Stato, rimaneva fermo a quello previsto nel 1923, mentre attorno altre norme avevano cambiato le voci di spesa. Rimanevano in vigore le norme sul recupero delle spese e delle pene, da parte dei cancellieri come agenti della riscossione, e quelle sull'ufficio registro, come ufficio per l'incasso del riscosso e per il pagamento delle spese anticipate, mentre con le riforme generali dal 1996 in poi la riscossione e i pagamenti relativi alle spese di giustizia – uniformate alle altre entrate patrimoniali dello Stato - venivano attribuiti ai concessionari. Rimanevano norme primarie per la disciplina delle procedure, mentre le potenzialità tecniche dell'informatica eliminavano la necessità stessa della procedura.

Il risultato è una confusa frammentazione del quadro normativo, tale da rendere difficile, a volte addirittura impossibile, all'operatore e all'interprete la ricostruzione del sistema e l'individuazione della disciplina applicabile alle singole fattispecie. Si ha di fronte, quindi, una situazione di disordine normativo che rende indispensabile la sistemazione organica in un testo unico per garantire la stessa effettività delle innovazioni che il legislatore ha introdotto via via, seppure in modo frammentario.
Con il testo unico, sono state riunite e coordinate tutte le disposizioni legislative e regolamentari che, sino all'emanazione, hanno disciplinato la materia.

2. FONDAMENTO NORMATIVO E NATURA GIURIDICA DEL TESTO UNICO

Il testo unico ha il proprio fondamento nella delega conferita al Governo ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall'art. 1 della legge 24 novembre 2000, n. 340.

Questa norma prevede l'emanazione di testi unici intesi a riordinare, tra le altre, le materie elencate nelle leggi annuali di semplificazioni. La legge 8 marzo 1999, n. 50, all'articolo 1, comma 1, prevede l'emanazione di regolamenti di delegificazione per la disciplina delle materie e dei procedimenti di cui all'allegato 1. L'allegato 1 a quest'ultima legge contiene tre procedimenti che coprono l'intera materia delle spese di giustizia: i nn. 9, 10 e 11. In particolare, il n. 10 richiama il r.d. 23 dicembre 1865, n. 2700 e il r.d. 23 dicembre 1865, n. 2701 (cosiddetti campione civile e penale) che costituivano dei veri e propri testi unici della materia, pur senza averne l'espressa qualificazione. Infatti, erano individuate e disciplinate le spese di giustizia ed erano regolamentate le procedure per il pagamento e per il recupero, anche rispetto all'ammissione al gratuito patrocinio, effettuata con riferimento alla legislazione all'epoca vigente. Il n. 11, poi,  annovera il procedimento per l'iscrizione a ruolo e per il rilascio di copie di atti, anche in materia tributaria, richiamando testi normativi di ampia portata nella materia delle spese. Il n. 9, infine, prevede il procedimento di alienazione di beni sequestrati e confiscati, richiamando le norme generali in materia penale.

Quanto alla collocazione del testo unico nel sistema delle fonti, rileva ancora l'art. 7, comma 2, della legge n. 50 del 1999.
Esso ha previsto un testo unico di norme legislative e regolamentari armonizzate,  che consente la selezione e la riorganizzazione del vigente quadro normativo e, al tempo stesso, la delegificazione delle norme primarie concernenti gli aspetti organizzativi e procedimentali, secondo i criteri fissati dall'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni.
Il testo unico contiene, dunque, norme primarie concernenti il regime sostanziale (che restano di rango invariato), norme secondarie che delegificano precedenti norme primarie (quelle procedimentali ed organizzative) e norme secondarie già in origine tali.

L'articolo 7, comma 2, della legge n. 50 del 1999, come modificato dall'art. 1, comma 6, lett. e) della legge 24 novembre 2000, n. 340, prevede – in conformità alle risoluzioni adottate dalle Camere in sede di parere sulla relazione del Governo al Parlamento sul riordino normativo – che il testo unico comprende sia disposizioni primarie, contenute in un decreto legislativo, sia disposizioni secondarie, contenute in un apposito regolamento di delegificazione.

A tal fine vi sono tre testi distinti (A, B, C): il testo A contiene l'insieme di tutte le disposizioni legislative e regolamentari e consente di apprezzare l'impianto normativo nel suo insieme; il testo B contiene solo le norme di rango legislativo ed è emanato con decreto legislativo; il testo C contiene solo le norme secondarie ed è emanato con d.P.R. ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. In considerazione della caratterizzazione mista del testo unico, nei tre testi è stata evidenziata di volta in volta (con l'uso rispettivamente della lettera L o R ) la natura legislativa o regolamentare dei singoli articoli.

Il sistema di numerazione adottato nello schema di decreto legislativo e nello schema di regolamento – poi trasfusi nel testo unico – si è reso necessario, sul modello anche di analoghe esperienze straniere, per assicurare la corrispondenza tra gli articoli del testo unico, da una parte, e quelli del decreto legislativo o del regolamento, dall'altra; ciò al fine di assicurare la leggibilità dei testi, soprattutto a seguito di eventuali future modificazioni degli stessi.

3. LIMITI DELLA DELEGA

Il mandato assegnato dall'art. 7 della legge n. 50 del 1999 è quello del riordino e dell'armonizzazione delle norme legislative e regolamentari, da compiersi alla luce dei criteri e principi direttivi espressamente menzionati. Con chiarezza il legislatore precisa che il riordino investe anche le disposizioni sostanziali e non si limita a quelle procedimentali. Che si tratta di un testo unico di armonizzazione si desume: dai principi e criteri direttivi fissati; dalla previsione di un termine finale per la emanazione; dalla previsione di una procedura articolata, che evidentemente risulterebbe superflua per la redazione di un testo unico compilativo.

Per i profili sostanziali, il testo unico può operare la selezione e la riorganizzazione del quadro normativo vigente introducendo innovazioni per raggiungere la finalità del riordino. Il riordino normativo – alla luce dei principi e criteri individuati dal legislatore - può consistere nella riconduzione ad unità organica del materiale normativo sparso in modo da armonizzare gli istituti in un sistema unitario ed omogeneo di disciplina sostanziale e procedurale. Il riordino per l'armonizzazione consente un intervento sulle norme preesistenti per rendere la disciplina più coerente nel suo complesso, in sintonia con l'evolversi dei principi generali, con il diritto vivente creato dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, con l'evolversi dei valori complessivi dell'ordinamento (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza generale del 29 marzo 2001, Relazione al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità).

Per i profili procedurali e organizzativi, il testo unico può delegificare riscrivendo l'assetto normativo esistente in modo fortemente innovativo in termini di semplificazione e razionalizzazione: snellire i procedimenti, ridurre i tempi, eliminare fasi inutili, sopprimere organi e fasi endoprocedimentali superflue.

4. RIORDINO NORMATIVO E SEMPLIFICAZIONE DEL LINGUAGGIO

Il testo unico provvede, innanzitutto, alla puntuale individuazione della norme vigenti, prendendo atto delle abrogazioni implicite. Fa chiarezza nell'ordinamento attraverso un lungo elenco di abrogazioni, che comprende le norme già abrogate implicitamente, quelle confluite nel testo unico riscritte e coordinate, quelle incompatibili con l'armonizzazione degli istituti e con le innovazioni procedurali.

La complessità del lavoro emerge dal numero di anni considerati (ben centocinquanta), dalla vastità della materia (tutte le spese dal loro sorgere al loro recupero), dal numero molto limitato di precedenti abrogazioni espresse.
Il testo unico abroga 100 testi, di cui 75 di rango primario e 25 di rango secondario. Un'idea parziale del numero di articoli abrogati si ha se si considera che il solo r.d. n. 2700 del 1865 ne conteneva ben 481.

Il testo unico evita il più possibile i richiami ad altri testi normativi e li limita alle ipotesi indispensabili. La tecnica del richiamo è stata necessaria per ancorare la disciplina delle spese di giustizia a quella generale delle altre entrate patrimoniali dello Stato, al fine di garantire anche nel futuro la scelta operata dal legislatore di uniformare la disciplina della riscossione, evitando che si realizzasse con il passare del tempo quella diversificazione appena superata. E' stata necessaria tutte le volte che la disciplina, pur attinente alla materia delle spese, aveva già una propria autonoma coerenza sistematica, che occorreva evitare di intaccare, come nel caso delle imposte e delle indennità per i magistrati onorari. E' stata necessaria quando il collegamento con le spese era molto parziale, essendo limitato all'utilizzazione di alcuni istituti sostanziali, come nel caso della disciplina generale relativa ai dipendenti pubblici.

Il testo unico, inoltre, provvede al riordino della materia adeguandola alla disciplina sopravvenuta nel sistema delle fonti. L'emanazione della normativa secondaria, infatti, è armonizzata con la legge n. 400 del 1988 e con la legge n. 13 del 1991. Naturalmente, il riordino tiene conto di principi oramai affermatisi nell'ordinamento, come quello della separazione politica-amministrazione.

Infine, il testo unico attualizza il linguaggio normativo e lo semplifica. L'adeguamento e la semplificazione del linguaggio, indispensabile quando la norma originaria risaliva all'ottocento, è stato necessario anche per la legislazione successiva, sino agli interventi più recenti, tutte le volte che – come da ultimo nella legge n. 134/2001 sul patrocinio a spese dello Stato – sono state riproposte vecchie formulazioni.

5. RIORDINO FINALIZZATO ALLA COERENZA LOGICA E SISTEMATICA DELLA MATERIA

Il riordino e l'armonizzazione della materia con l'obiettivo di raggiungere la coerenza logica e sistematica investe profili numerosi ed  articolati.

Innanzitutto il riordino ha tenuto conto di importanti riforme intervenute nell'ordinamento. La parte relativa alla riscossione ha dovuto fare i conti con la riforma, avviata nel 1996 e proseguita con adattamenti successivi fino al 2001, che – attraverso la soppressione degli uffici di cassa finanziari e l'attribuzione delle competenze ai concessionari – ha uniformato la disciplina della riscossione delle entrate dello Stato, ricomprendendo tra queste le spese di giustizia e le pene pecuniarie.
Il testo unico ha dovuto stabilire: dove l'impatto della disciplina generale sul sistema speciale rendeva necessari raccordi, per consentirne il funzionamento, ed esplicitare questi raccordi; quali norme speciali sopravvivevano, perché salvate dalla disciplina generale o perché connaturate alla specificità delle spese e pene pecuniarie.
La complessità dell'intervento di riordino e armonizzazione effettuato si spiega tenendo conto della circostanza che la riforma generale aveva del tutto baipassato la disciplina speciale delle pene pecuniarie, che ha al centro la conversione in misure restrittive della libertà personale in caso di insolvibilità ed è ispirata a principi propri, quali l'irrinunciabilità e il favor per il debitore.
Applicazione di questa tecnica di riordino e armonizzazione si è avuta in materia di procedure di riscossione dell'adempimento spontaneo e di pagamento delle spese per conto dello Stato relative ad alcuni reati finanziari (di difficile individuazione attuale anche secondo l'amministrazione finanziaria). Il testo unico ha perseguito l'obiettivo di eliminare le specialità non indispensabili  residuate dopo la riforma generale. Così – assecondando una tendenza all'uniformità della disciplina emersa nell'ordinamento (decreto legislativo n. 74 del 2000) - è stata superata la disciplina di settore che attribuiva la riscossione dell'adempimento spontaneo e il pagamento delle spese per conto dello Stato agli uffici finanziari, nel solo caso di condanna a spese e pene pecuniarie e solo per alcuni reati. Con l'estensione delle regole generali non ci saranno più le incertezze collegate alla non inequivocabile identificazione dei reati per cui scattavano le particolarità; non ci saranno soggetti diversi per il pagamento delle spese di giustizia; né uffici diversi per ricevere l'adempimento spontaneo.

La stessa riforma ha inciso sulla parte relativa al pagamento delle spese anticipate dall'erario. La sostituzione degli uffici del registro con i concessionari ha imposto, secondo scelte già chiaramente individuate dal legislatore, nuove norme secondarie per le modalità di pagamento e per le regolazioni contabili.

Altri profili oggetto del riordino e della armonizzazione sistematica sono spesso intrecciati con il riordino finalizzato alla semplificazione procedurale ed organizzativa.

La materia dei diritti di copia è stata incisa dalla soppressione dei diritti di cancelleria, contestuale all'introduzione del contributo unificato nel 1999, e da modifiche legislative intervenute nel 2000. Il testo unico perimetra l'area residua dei diritti di copia. Nel contempo, avendo rimesso allo strumento regolamentare la disciplina a regime dei diritti di copia, in conformità alle possibilità offerte dalla semplificazione procedurale ed organizzativa, la determinazione dell'area residua è fatta a fini transitori.

Inoltre, il testo unico collega strettamente diritti di copia e di certificato prevedendo una disciplina comune, a regime e transitoria, per la fonte e per le modalità di pagamento.

Diritti e indennità di trasferta e spese di spedizione degli ufficiali giudiziari è una materia che, anche secondo gli operatori del settore, è divenuta con gli anni oscura per effetto di interventi non coordinati sul d.P.R. n. 1229/1959, che l'aveva sistematizzata, e di prassi applicative diversificate, non sempre conformi al dettato legislativo, fiorite nel disordine normativo. Per i profili direttamente incidenti sulla materia delle spese di giustizia, il testo unico la riordina sulla base di attenta verifica delle fonti diverse, della giurisprudenza, dei principi generali.

La voce indennità di custodia dei beni sequestrati nel procedimento giurisdizionale costituisce uno degli istituti che registra i più variegati orientamenti applicativi e giurisprudenziali, sia per la determinazione del quantum, sia per la tutela giurisdizionale. Il testo unico riconduce a sistema la materia sulla base dell'orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale e di legittimità; persegue l'uniformità con i compensi relativi ai sequestri amministrativi. Inoltre, utilizzando le possibilità offerte dalla semplificazione procedurale, rimette a strumento regolamentare (analogo a quello previsto per gli ausiliari del magistrato) l'individuazione di tariffe generali; prevede una disciplina transitoria che consente di superare l'attuale diversificazione.

Le spese per la demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi vivono nella giurisprudenza degli ultimi anni sulla base di principi dell'ordinamento, che l'autorità giudiziaria ha applicato in mancanza di una disciplina specifica. Il testo unico recepisce e razionalizza le univoche soluzioni interpretative divenute diritto vivente, le collega esplicitamente ai principi giuridici esistenti e prevede una disciplina a regime e una disciplina transitoria.

In materia di titoli di pagamento delle spese anticipate dallo Stato, il testo unico supera le diversificazioni oggi esistenti. La sola distinzione è quella tra ordine di pagamento (emesso dal funzionario) e decreto di pagamento (emesso dal magistrato), riferita a voci di spesa diverse e fondata sull'indispensabilità dell'attribuzione al magistrato della competenza a provvedere alla quantificazione, quando vengono in questione profili valutativi. In tal modo è eliminata la precedente coesistenza del decreto del magistrato e dell'ordine del funzionario per le stesse spese, che si sostanziava nella duplicazione del titolo di pagamento.

6. RIORDINO FINALIZZATO ALLA SEMPLIFICAZIONE PROCEDURALE ED ORGANIZZATIVA

Anche il riordino e l'armonizzazione della materia finalizzata alla semplificazione procedurale ed organizzativa investe profili numerosi ed  articolati.

In generale, il testo unico abbassa il livello della fonte da primaria a secondaria tutte le volte che emergono profili procedurali e organizzativi. Inoltre, estende l'ambito di operatività di strumenti regolamentari, già previsti dal legislatore in modo settoriale, per conseguire il riordino e la razionalizzazione dell'intero sistema delle spese di giustizia.

Diritti di copia e di certificato. Il testo unico rimette allo strumento regolamentare la disciplina dei diritti e l'individuazione degli importi, ancorando questi ultimi ai costi del servizio e ai costi per l'incasso per consentire il rapido adeguamento della disciplina alle innovazioni tecnologiche dei mezzi di riproduzione e al mutamento – collegato alle prime – dei costi. Inoltre, per superare il sistema di pagamento attraverso le marche, conservate in via transitoria, ed ormai incompatibili rispetto al futuro processo informatizzato, rimette alla normativa regolamentare le modalità di pagamento quando, come nel caso di importi minimi, non è conveniente l'estensione delle norme secondarie, previste per il pagamento del contributo unificato.

Nella materia degli onorari degli ausiliari del magistrato, il testo unico elimina la specialità per gli onorari calcolati a tempo con il sistema della vacazioni, prevedendo lo stesso regime per questi e per quelli  fissi e variabili. Inoltre, applicando i principi della semplificazione procedurale ed organizzativa, rimette allo strumento regolamentare l'emanazione di tabelle, ottenendo elasticità nel sistema per rispondere ad esigenze della prassi che aveva sottoposto le norme legislative a forzature applicative.

Registri. Il testo unico disciplina tutta la materia dei registri delle spese in norme regolamentari, utilizzando sino in fondo il contesto generale di delegificazione della materia dei registri. Riduce da sei (cui si aggiungevano i c.d. registri di comodo con fonte nella prassi) a tre i registri necessari e li ancora alla necessità della funzione da registrare. In tal modo elimina la duplicazioni di annotazioni, connaturale alla vecchia disciplina, che distingueva sulla base degli uffici preposti all'annotazione e del tipo di procedimenti cui l'annotazione si riferiva; elimina gli ostacoli alle possibilità aperte dall'informatizzazione. Inoltre, in attesa di un contesto informatizzato integrato, disciplina la fase transitoria introducendo un foglio delle notizie utili legato al fascicolo processuale.

In materia di restituzione e vendita di beni oggetto di sequestro nel processo penale, il testo unico ha semplificato e accelerato di molto la procedura di restituzione ed ha abbassato il livello della fonte tutte le volte in cui la disciplina non interferiva con funzioni giurisdizionali. La vecchia procedura, contribuendo ad allungare i tempi di custodia, rendeva ipotetico il recupero delle spese sul ricavato della vendita perché il bene veniva venduto quando ormai privo di valore. Inoltre, il testo unico ha delegificato la materia delle modalità di deposito di somme e valori superando l'arcaico meccanismo dei depositi giudiziari.

7. RIORDINO FINALIZZATO ALL'ARMONIZZAZIONE  TRA I DIVERSI PROCESSI

La normativa più antica in tema di spese di giustizia è direttamente riferita solo al processo penale e civile, i quali costituiscono, ad un tempo, i processi quantitativamente più rilevanti e i modelli per gli altri processi che, in modo e per strade diverse, sono diventati tali. L'applicazione  delle norme originarie del processo penale e civile agli altri processi è avvenuta sulla base di estensioni esplicite, disposte dal legislatore, di questo o quell'istituto relativo alle spese o al processo, dell'estensione residuale, sempre disposta dal legislatore, delle regole processuali civili agli altri processi, nonchè dei principi generali dell'ordinamento.
La normativa più recente relativa alle spese, sempre più spesso, fa esplicito riferimento anche agli altri processi.
Il testo unico riordina e armonizza la materia rendendo espliciti i collegamenti già esistenti nell'ordinamento, riferendo gli istituti a tutti o ad alcuni dei processi, conservando le specialità connaturate alla funzione e struttura e superando le specialità quando si riconnettevano a profili procedurali ed organizzativi.

8. DISCIPLINA TRANSITORIA

La disciplina transitoria svolge un ruolo importante nel testo unico e ad essa è dedicata un'intera parte. La ragione di tale estensione è soprattutto nella scelta di effettuare il riordino e l'armonizzazione dell'esistente in via transitoria, tutte le volte che il testo unico, sfruttando le possibilità offerte dalla semplificazione procedurale ed organizzativa e dal riordino sistematico, ha previsto a regime nuovi strumenti regolamentari, estendendo quelli esistenti in modo settoriale.

9. IL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO

In data 21 gennaio 2002 il Consiglio di Stato ha espresso in senso favorevole il prescritto parere. In generale sono stati recepiti i suggerimenti in esso contenuti; in particolare, la materia della riscossione è stata raccordata con le previsioni del d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231 che, nell'introdurre nell'ordinamento la responsabilità amministrativa degli enti per reati commessi dai loro rappresentanti, ha equiparato, con delle peculiarità, la riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie a quella delle pene pecuniarie.
In alcuni casi si è ritenuto di discostarsi dalle osservazioni del Consiglio di Stato, chiarendone le ragioni nella redazione ai relativi articoli cui si rinvia (vedi articoli 3, 6, 30, 33, 39 e 60, 48, 55, 65, 68 e  83).
Invece le osservazioni relative al ruolo del pubblico ministero nella procedura di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sono frutto di un equivoco, originato dal modo errato in cui la disciplina vigente è riportata nella raccolta delle Leggi d'Italia, De Martino, edita da De Agostini professionale.
Con riferimento, infine, alla mancanza di una norma di chiusura contenente disposizioni non inserite nel testo unico che restano in vigore – eccepita dal Consiglio di Stato - si precisa che nel testo unico sono state inserite o espressamente richiamate tutte le norme relative alle spese di giustizia e, di conseguenza, tale norma non è necessaria.

COMMENTO ALL'ARTICOLATO

PARTE I
DISPOSIZIONI GENERALI

TITOLO I
OGGETTO E DEFINIZIONI

Articolo 1 (Oggetto) (L)
La norma specifica che il testo unico disciplina le voci e le procedure di spesa del processo, il patrocinio a spese dello Stato e la riscossione delle spese processuali e di mantenimento, delle pene pecuniarie, delle sanzioni amministrative pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie processuali.

Articolo 2 (Ambito di applicazione) (L)
Tale disposizione stabilisce nei confronti di quali processi trovano applicazione le norme del testo unico.

Articolo 3 (Definizioni) ( R)
Le definizioni hanno il solo fine di facilitare la stesura delle disposizioni del testo unico e di evitare dubbi interpretativi. Obiettivo, quest'ultimo, necessario soprattutto nei casi in cui la terminologia delle norme originarie non è univoca.
Gli aspetti di maggior rilievo sono i seguenti.
Consapevolmente il testo unico prescinde dalle qualifiche necessarie per lo svolgimento di determinate funzioni all'interno degli uffici amministrativi. Si è inteso così superare un problema che la legislazione originaria poneva rispetto ai mutamenti intervenuti negli ultimi anni, nel sistema delle fonti e nella disciplina sostanziale, relativi al rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici.
Analogamente, la definizione generica dell'ufficio amministrativo competente, sia giudiziario che finanziario,  prescinde dall'organizzazione degli stessi, che trova altrove le proprie regole.
Rispetto alle funzioni giudiziarie esercitate dai magistrati, sono state mantenute nel testo unico le attribuzioni di funzioni tutte le volte in cui la norma originaria conteneva una precisa attribuzione di competenza; quando le funzioni risultavano attribuite a giudici e/o pubblici ministeri o erano generiche si è fatto ricorso alla categoria di magistrato.
Per esigenze collegate alla differenziazione della disciplina positiva rilevante nella materia trattata si sono distinti i magistrati onorari dagli esperti, pur nella consapevolezza del dibattito sulla possibilità di ricomprendere o meno i secondi nella prima categoria.
La definizione di ausiliario del magistrato è funzionale all'individuazione della categoria ai fini del compenso. Periti, consulenti, interpreti, traduttori e qualunque altro esperto o persona idonea sono compensati ai sensi della legge n. 319/1980 (incorporata e innovata nella Parte Voci di spesa). I notai, invece, quando svolgono funzioni attribuite dal giudice sulla base di previsione legislativa sono compensati, in generale, sulla base della propria tariffa professionale (d.m. 30 dicembre 1980) e per le competenze in materia di espropriazione forzata, sulla base di un adattamento di questa (d.m. 25 maggio 1999, n. 313). Inoltre, la definizione di ausiliario del magistrato serve a superare le distinzioni terminologiche all'interno della categoria dei consulenti tecnici tra processo penale e  processo civile. Infatti, nel processo penale, si distingue tra perito (consulente tecnico nominato dal giudice), consulente tecnico d'ufficio (nominato dal p.m) e consulente tecnico di parte (nominato dalla parte in occasione della perizia o della consulenza tecnica d'ufficio o autonomamente). Nel processo civile, si distingue tra consulente tecnico del giudice e consulente tecnico di parte.
La definizione di notificazione da parte dell'ufficiale giudiziario è utile ai fini della disciplina delle spettanze degli ufficiali giudiziari. Infatti, già nella disciplina originaria, ripresa nel testo unico, il termine notificazione per l'attività compiuta dagli ufficiali giudiziari è usato per ricomprendere la notificazione e la comunicazione di un atto. Per tale motivo non si è accolto il suggerimento del Consiglio di Stato di ritenere inutile tale definizione e comunque, è stata chiarita la finalità della stessa.

TITOLO II
DISPOSIZIONI GENERALI RELATIVE AL PROCESSO PENALE

Articolo 4 (Anticipazione delle spese) (L)
La norma riprende il contenuto dell'art. 691 del codice di procedura penale, esplicitando il collegamento con la disciplina del patrocinio a spese dello Stato. L'articolo 694 del codice di procedura penale richiamato prevede che le spese di pubblicazione della sentenza penale, conseguenti ai reati commessi mediante pubblicazione in un giornale o periodico (previste al comma 1), sono anticipate dall'imputato, mentre generalmente sono anticipate dallo Stato, secondo la regola generale. Anche l'articolo 76 del decreto legislativo n. 231/2001 prevede che le spese per la pubblicazione della sentenza di condanna, relativa a  sanzioni amministrative dipendenti da reato, sono anticipate dall'ente, in deroga alla regola generale.

Articolo 5 (Spese ripetibili e non ripetibili) (L)
L'originario elenco delle spese ripetibili e non ripetibili, contenuto negli artt. 1 e 4, r.d. n. 2701/1865, e negli artt. 1 e 2 r.d. n. 1071/1931, come modificato dal r.d. n. 1493/1938, è stato aggiornato dal punto di vista terminologico alle voci di spesa quali oggi risultano nell'ordinamento come ricostruito nel testo unico. Non è mutata la sostanza del precetto.
Per i magistrati professionali dei collegi d'assise, l'originaria non ripetibilità delle spese per trasferte, che  prima  trovava la sua ratio nella logica della corte itinerante, oggi trova ancora giustificazione solo nell'ipotesi residuale in cui l'intero processo si svolge in luogo diverso da quello di ordinaria convocazione.
Per la pubblicazione della sentenza di condanna, già la modifica operata con la legge del 1931 aveva disposto la ripetibilità, in senso contrario alla previsione del 1865.
La non ripetibilità delle spese per trasferte del giudice di sorveglianza – secondo gli articoli 1 e 2 del r.d. n.1071/1931 e successive modificazioni del 1938 - non ha valore precettivo attuale. Infatti nel procedimento di sorveglianza non c'è condanna alle spese e, quindi, manca il presupposto per la ripetizione. D'altra parte, oggi non c'è ragione di distinguere le spese per trasferte dei giudici di sorveglianza da quelle per trasferte degli altri giudici, sulla base dei mutamenti nell'ordinamento giudiziario. La conseguenza è che se, in futuro, il legislatore introducesse la condanna nel procedimento di sorveglianza queste spese per trasferte sarebbero ripetibili in quanto rientranti nella categoria generale di cui alla lett. b) del comma 1.
Con riferimento al comma 3, la norma riprende il principio della prevalenza delle norme esterne stabilito dall'art. 696 c.p.p. e lo rapporta alla materia delle spese per evitare dubbi interpretativi in caso di applicabilità delle norme interne.
Nel caso di rogatorie dall'estero, mancando un processo in Italia non si dovrebbe proprio porre il problema della ripetibilità non essendo ipotizzabile la condanna, tuttavia è opportuno precisarlo perché nella prassi sono stati registrati dubbi applicativi e, pur non essendo mai state recuperate, si è fatto ricorso all'art. 109 del regio decreto 2701/1865 (spese straordinarie).
Nel caso di estradizione da e per l'estero manca la condanna alle spese, attesa la natura mista di tale procedimento, anche quando è per l'estero, e quindi non si dovrebbe porre il problema della ripetibilità. Tuttavia, la precisazione è opportuna perché la Cassazione, per sostenere la non ripetibilità, le qualifica spese di amministrazione di giustizia. La non ripetibilità, inoltre, risulta conforme alla previsione del cap. 1631 del Ministero della giustizia.

Articolo 6 (Remissione del debito) (L)
La norma è riscritta registrando gli interventi della Corte costituzionale (sentt. n. 342/1991 e n. 271/1998).
La fattispecie incide sulla materia di cui ci si occupa, perché la remissione estingue il debito per spese processuali e di mantenimento.
La riformulazione tiene conto delle precisazioni apportate con il d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230.
Non è disciplinata la trasmissione della notizia, dell'avvenuta presentazione dell'istanza e della decisione sulla stessa, dal giudice competente all'ufficio che procede alla riscossione, ai fini della sospensione o dell'estinzione della procedura di riscossione, perché opera l'art. 106 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230.
Contrariamente a quanto suggerito dal Consiglio di Stato, si è ritenuto opportuno non inserire una definizione di “regolare condotta in libertà” trattandosi di materia estranea al testo unico. Né si è ritenuto opportuno inserire un richiamo espresso all'articolo 106 del d.P.R. n.230/2000, trattandosi di normativa di attuazione secondaria.

Articolo 7 (Rogatorie all'estero) (R)
Nel caso di rogatorie all'estero, se l'Italia - svolgendosi il processo nel proprio territorio - provvede ad anticipare sulla base delle regole esterne o, in mancanza, di quelle interne, si applicano tutte le norme del testo unico, come è pacifico secondo la giurisprudenza della Cassazione.

TITOLO III
DISPOSIZIONI GENERALI RELATIVE AL PROCESSO CIVILE, AMMINISTRATIVO, CONTABILE, TRIBUTARIO.

Articolo 8 (Onere delle spese) (L)
Tale disposizione riprende l'articolo 90 del codice di procedura civile, riformulandolo in modo da esplicitare il raccordo con le norme sul patrocinio a spese dello Stato.
Esplicita, inoltre, il collegamento con gli altri processi, già presente nell'ordinamento sulla base di espliciti rinvii alle norme generali del processo civile.

PARTE II
VOCI DI SPESA

TITOLO I
CONTRIBUTO UNIFICATO NEL PROCESSO CIVILE E AMMINISTRATIVO

Articolo 9 (Contributo unificato) (L) 
Prevede il contributo unificato di iscrizione a ruolo, per tutti i gradi di giudizio, nel processo civile e amministrativo, come già disposto dall'art. 9, comma 2 della legge n. 488 del 1999, modificato dalla legge  n. 342 del 2000.

Articolo 10 (Esenzioni) (L)
Indica i procedimenti per i quali non è dovuto il contributo unificato.
La materia delle esenzioni è stata innovata dal decreto legge n.               , convertito nella legge n.                , che ha sostituito il comma 8, dell'art. 9, legge n. 488/1999, ha modificato la tabella 1 allegata alla stessa legge, ed ha introdotto l'esenzione per i procedimenti in materia di equa riparazione di cui alla legge n. 89/2001.
Il decreto legge in oggetto ha riformulato il comma 8 originario per eliminare dubbi interpretativi, nei casi elencati:
-      è stata introdotta la “o”; per le voci richiamate (bollo, ogni altra spesa tassa o diritto) la legge prevede generalmente un trattamento unitario di esenzione; a volte, però, la prima si differenzia rispetto a quella più generale, con la conseguenza che un procedimento può essere esente dal bollo ed essere assoggettato alla seconda (procedure dinanzi al giudice tutelare). La ratio del legislatore del ‘99 era sicuramente di ricomprendere nelle esenzioni del contributo unificato anche quei procedimenti che, pur essendo esenti da bollo erano assoggettati ai diritti perché il contributo unificato ha sostituito anche questi;
-      per i procedimenti in materia tavolare l'esenzione è già il frutto di una modifica legislativa all'art. 9; infatti, l'art. 56, comma 1, legge n. 342/2000 ha soppresso l'inciso “in materia tavolare” nel c. 2 originario dell'art. 9 e lo ha lasciato nel c.1 originario, mirando a non gravare ulteriormente una materia già soggetta al pagamento dei diritti regionali;
-      è stato omesso il rinvio all'art. 454 c.p.c. perché abrogato dall'art. 110, d.P.R. n. 396/2000, (regolamento di semplificazione che ha ridisciplinato la procedura mantenendo la competenza in capo ai tribunali) ed è stato aggiunto l'inciso “procedimento di regolamento di competenza e di giurisdizione” perchè la loro mancanza nella norma originaria era frutto di un difetto di coordinamento, in quanto anche questi sono procedimenti incidentali come quelli cautelari;
-      è stato eliminato il riferimento specifico al processo civile – frutto di un refuso - perché è inequivocabile il riferimento dell'intera norma anche al processo amministrativo;
-      ha eliminato il riferimento all'imposta di registro ai fini dell'esenzione; infatti, visto che il contributo unificato sostituisce per alcuni processi l'imposta di bollo, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria e i diritti di chiamata di causa dell'ufficiale giudiziario (mentre non sostituisce l'imposta di registro) il collegamento dell'esenzione con l'imposta di registro poteva ingenerare dubbi per i procedimenti esenti da bollo, ma non dall'imposta di registro o viceversa.
Lo stesso decreto legge ha apportato le seguenti innovazioni:
-      è prevista l'esenzione per i procedimenti esecutivi di rilascio e consegna (art. 605 e ss. c.p.c.) poichè nel corso degli stessi l'intervento del giudice è solo eventuale;
-      è prevista l'esenzione per i procedimenti in materia di equa riparazione di cui alla legge n. 89/2001.
Nella norma in commento si è resa necessaria la specificazione relativa al processo amministrativo. Nel processo amministrativo, contrariamente a quello civile, la richiesta cautelare può essere presentata solo contestualmente o in corso di causa. Di conseguenza, se l'esenzione non si riferisse anche alla richiesta cautelare contestuale, ragioni economiche e non attinenti alla strategie difensive sarebbero alla base della scelta sul quando innestare il procedimento cautelare e non appare questa  la ratio della norma legislativa.
Inoltre, nel comma 5 la disciplina è raccordata con la previsione legislativa che rimette all'avvocato la dichiarazione sul valore della causa, prevedendo analoga dichiarazione per le esenzioni

Articolo 11  (Prenotazione a debito del contributo unificato) (L)
La norma in commento riprende la ratio della previsione originaria e la esplicita coordinandola al sistema del testo unico. Infatti lì il termine “esenzione” è usato in modo atecnico per indicare che non vi è passaggio di denaro. Quindi, il contributo è dovuto, ma la concreta riscossione si avrà solo se si verificano i presupposti (condanna alle spese della parte diversa da quella ammessa e dall'amministrazione) e a tal fine la voce è prenotata a debito.
Inoltre, riproduce l'ultima parte del comma 4 dell'art. 9, come modificato dal decreto legge n.           , convertito nella legge n.           , relativo all'azione civile nel processo penale.

Articolo 12 (Azione civile nel processo penale) (L)
Stabilisce che, in caso di esercizio dell'azione civile nel processo penale il contributo unificato è dovuto soltanto quando è chiesta la condanna al pagamento di una somma a titolo di risarcimento e questa è accolta. L'importo del contributo si calcola in base al valore dell'importo liquidato in sentenza.

Articolo 13 (Importi) (L)
Determina la misura del contributo unificato in relazione al valore dei processi, già indicato nella tabella 1 allegata alla legge n. 488 del 1999, come modificata dal decreto legge n.            , converito nella legge n.            , riscrivendo la norma originaria solo per esigenze di maggiore chiarezza.

Articolo 14 (Obbligo di pagamento) (L)
L'articolo individua la parte obbligata al pagamento del contributo unificato e rimette all'avvocato la determinazione del valore dei procedimenti, ai sensi del codice di procedura civile, valore che rileva per l'importo dovuto.
Individua le ipotesi in cui il  contributo è dovuto nel corso del procedimento, se c'è l'aumento del valore della causa.
La norma originaria è stata modificata dal decreto legge n.          , convertito nella legge n.        , che da un lato ha eliminato dei dubbi interpretativi, dall'altro ha innovato la materia.
Il decreto legge in oggetto ha eliminato dubbi interpretativi nei casi elencati:
-      è stata soppressa l'espressione “o interviene nella procedura di esecuzione”; che poteva ingenerare equivoci e non serviva; infatti, l'interveniente deve pagare il contributo unificato solo se è lui a fare istanza di vendita o assegnazione, non avendo provveduto a farla il creditore procedente; ipotesi già compresa nella formula “fa istanza”, potendo questa essere fatta dal creditore procedente o dall'interveniente;
-      è stata soppressa l'espressione: ”salvo il diritto alla ripetizione dalla parte soccombente”, essendo inutile, poiché secondo i principi generali, la parte anticipa le spese poste a suo carico della legge o dal giudice e le recupera quando ne ricorrono i presupposti;
-      è stata soppressa l'espressione “ovvero nell'atto di precetto”, perché frutto di un refuso; non aveva senso il richiamo al valore del procedimento indicato nell'atto di precetto, visto che è determinato lo scaglione per i processi esecutivi mobiliari e immobiliari; né l'indicazione poteva riferirsi ai procedimenti di opposizione a precetto e ai vari giudizi di opposizione in sede esecutiva, visto che il giudizio di opposizione è un ordinario giudizio di cognizione che viene introdotto con atto di citazione.
Lo stesso decreto legge ha apportato importanti innovazioni.
Ha eliminato l'irricevibilità e l'improcedibilità previste dalla norma originaria per il caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo, che si esponeva a forti dubbi di legittimità costituzionale. Infatti, secondo il consolidato orientamento della Consulta (sen. n. 45/1960, nn. 91 e 100/1964, n. 157/1969, n. 61/1970 e da ultimo n. 333/2001) l'esercizio del diritto di azione (art. 24 cost.) non può essere condizionato al pagamento di un contributo di tipo fiscale. L'irricevibilità poteva ledere il diritto di azione in molti casi (es.: opposizione a decreto ingiuntivo, ricorso davanti al giudice amministrativo). Invece la soluzione adottata, che ha soppresso l'irricevibilità e improcedibilità e ha previsto la riscossione di quanto dovuto (v. art. 16) è anche conforme all'indirizzo legislativo (inaugurato con l'art. 19, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, come sostituito dall'art. 16, d.P.R. 30 dicembre 1982, n. 955) volto ad eliminare ogni impedimento fiscale al diritto di azione.
Infine, il decreto legge in oggetto ha aumentato il novero dei soggetti tenuti all'integrazione del contributo in corso di causa. Mentre prima l'ipotesi era limitata alla modifica della domanda, oggi la fattispecie è estesa alla domanda in riconvenzione, all'intervento autonomo e alla chiamata in causa, che facciano scattare lo scaglione superiore previsto in Tabella e nei soli limiti dell'aumento.
Tale innovazione è più rispondente alla regole generali sulla competenza dettate dal codice di procedura civile, secondo le quali il valore di una causa si determina dal valore complessivo delle richieste di ciascuna delle parti (artt. 10 e ss. c.p.c.).

Articolo 15 (Controllo in ordine al pagamento del contributo unificato) (R)
Esplicita il tipo di verifica che il funzionario effettua, al solo fine di evitare dubbi interpretativi.
Il controllo non può che essere quello formale di riscontro tra l'importo pagato (v. parte VI  Pagamento, per la ricevuta) e quello previsto nella legge come corrispondente al valore della causa, quale risulta dalla dichiarazione resa dall'avvocato. Infatti, la legge è inequivocabile nell'attribuire la determinazione del valore – sulla base delle regole del codice di procedura civile – all'avvocato e nel non prevedere alcun controllo sul valore così determinato.
Invece, un qualunque “contraddittorio” sul valore ai sensi del codice di procedura civile non può che essere espressamente previsto dal legislatore, attinendo a criteri che incidono sulla competenza per valore del giudice, la cui deducibilità è regolata dalle norme di procedura.
I problemi applicativi che il rinvio alle norme del codice di procedura civile può in concreto determinare, non sono diversi da quelli che l'avvocato deve affrontare nel momento in cui inizia un procedimento.
Certamente manca il controllo all'origine sull'importo da versare. Il legislatore ha scelto di fare affidamento sulla dichiarazione dell'avvocato che, nella sostanza, non è libera, essendo indirettamente collegata con la competenza per valore. Il che assicura alla base una normale corrispondenza tra quanto dichiarato e l'effettivo valore. Ne consegue che la dichiarazione dell'avvocato non può mai mancare, essendo oramai divenuto uno degli elementi che compongono l'atto che si deposita.
Con riferimento alla natura del controllo, considerazioni analoghe valgono per le esenzioni; che sono i casi in cui il processo può iniziare senza il pagamento del contributo.

Articolo 16 bis (Omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato) (L)
La materia è stata innovata dal decreto legge n.              , convertito nella legge n.                     , che ha introdotto il comma 5 bis all'art. 9 originario.
Nella norma in commento si rinvia alle norme del testo unico, dove la materia è trattata per ragioni sistematiche. Infatti il nuovo legislatore ha previsto la riscossione mediante ruolo – secondo un sistema oramai comune alle entrate patrimoniali dello Stato – ed ha precisato che scattano gli interessi legali con l'iscrizione a ruolo.
La norma in  commento, con meri fini chiarificatori, precisa la decorrenza degli interessi.

Articolo 17 (Variazione degli importi) (L)
Individua in un decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'art. 17, comma 2 della legge n. 400 del 1988, su proposta del Ministro della Giustizia, con il concerto del Ministro dell'economia e delle finanze, l'atto attraverso il quale apportare le variazioni  alla misura del contributo unificato e degli scaglioni di valore.

Articolo 18 (Non applicabilità dell'imposta di bollo nel processo penale e nei processi in cui è dovuto il contributo unificato) (L)
La norma originaria è stata modificata e riscritta in funzione del riordino operato con il testo unico. Le altre voci di spesa per le quali era prevista la non applicabilità sono quelle che non esistono più nell'ordinamento, perché abrogate espressamente con il testo unico (tassa di iscrizione a ruolo, diritti di cancelleria), facendo operare il precetto dell'originario comma 1, che ne stabiliva la non applicabilità; o quelle disciplinate nel testo unico (diritti di copia, ricomprendibili concettualmente tra i diritti di cancelleria,  residuati dopo la soppressione di diritti di cancelleria).
Il comma 1 originario ha così perduto il significato che aveva nel contesto in cui interveniva all'epoca dell'emanazione, quando erano presenti nell'ordinamento tutte le norme sulle voci di spesa richiamate.
Nel nuovo contesto del testo unico è necessario prevedere solo la non applicabilità dell'imposta di bollo, disciplinata da norme esterne allo stesso. In tal modo è rispettata la ratio originaria.
La formulazione originaria, inoltre, aveva creato dei problemi interpretativi presso gli operatori che, in vista dell'entrata in vigore, avevano posto quesiti al Ministero della giustizia.
Con l'obiettivo di risolverli, l'originaria previsione “relativi ai” è stata sostituita con l'espressione “del” (comma 1). E' stata ripresa la formula della norma impositiva – presente nel d.P.R. n. 642/1972 – più chiara rispetto agli obiettivi della disposizione originaria che sono quelli di escludere l'imposta di bollo in tutti gli atti e i provvedimenti del procedimento giurisdizionale penale e di quello civile e amministrativo, per gli ultimi dei quali è stato introdotto in sostituzione il contributo unificato.
Per la stessa ragione è stato previsto il comma 2, che delimita in negativo la stessa categoria “del procedimento” ed ha mero valore ricognitivo. Naturalmente dagli atti dei procedimenti sono escluse le domande e le istanze (per esempio quelle per chiedere un certificato o per chiedere la liquidazione della consulenza, se c'è la norma impositiva, mentre tra gli atti del procedimento rientra la consulenza). Naturalmente dagli atti dei procedimenti sono esclusi gli atti stragiudiziali compiuti da organi dell'autorità giudiziaria (verbali di asseverazione stragiudiziale ecc.), per i quali si è ripresa la formula della norma impositiva.

TITOLO II
SPESE DI SPEDIZIONE, DIRITTI E indennità DI TRASFERTA DEGLI UFFICIALI GIUDIZIARI

Nel presente titolo sono individuate tutte le spettanze dovute agli ufficiali giudiziari quando ad essi si ricorre - sulla base di norme sulle notifiche estranee al testo unico - nel procedimento giurisdizionale. Nel termine di “spettanze” sono ricompresse le  somme dovute a vario titolo, quali i diritti per la notifica degli atti a richiesta d'ufficio e delle parti, le indennità di trasferta, i diritti di esecuzione, le spese di spedizione.
Per le spese postali, alternative all'indennità di trasferta, si è usata la definizione generica “ spese di spedizione” per non precludere possibilità future. Naturalmente, oggi, sono le spese postali. Queste, quando sono a carico dell'erario sono versate direttamente alle Poste, se a carico dei privati, invece, sono versate all'ufficiale giudiziario.
La prospettiva scelta è quella funzionale al testo unico: conseguentemente, non ci sono le norme sul riparto tra gli ufficiali giudiziari, né quelle sull'indennità integrativa.
Il termineufficiale giudiziario “ è usato in modo onnicomprensivo prescindendo dalle qualifiche.

Capo I
Disposizioni generali

Articolo 19 (Spese di spedizione, diritti e indennità di trasferta degli ufficiali giudiziari) (R)
E' una disposizione di raccordo che individua tutte le spettanze degli ufficiali giudiziari.

Articolo 20 (Indennità di trasferta) (L)
Il comma 1 indica quando è dovuta l'indennità di trasferta, riformulando il dettato precedentemente contenuto negli artt. 142 e 133 dell'Ordinamento degli ufficiali giudiziari (d.P.R. 1229/1959). La norma si riferisce sia alle notifiche nel processo penale che a quelle nel processo civile. Infatti, l'articolo 142 richiama il 133 citato.
Le norme originarie recitavano: “a rimborso di ogni spesa” (art. 133); “a titolo di rimborso spese” (art. 142). La formulazione dell'articolo in commento: “che rimborsa ogni spesa” tiene conto dell'art. 48, comma 6, d.PR n. 917/1986, come introdotto dall'art. 3, d. lgs n. 314/1997, che ha previsto la tassazione di tale indennità nella misura del 50 per cento, risolvendo un lungo contenzioso sulla natura retributiva e/o risarcitoria della stessa. La definizione delle situazioni pregresse è stata poi risolta dall'art. 35, legge n. 342/2000.
Oggi, quindi, l'indennità ha per metà natura retributiva e per metà natura risarcitoria.
 E' eliminato il termine “ritualmente”, e, conseguentemente, le decurtazioni di cui al sopracitato art. 142, ultimo comma, perché mai applicate nella prassi, stante la difficoltà di distinguere notificazioni rituali e irrituali.
Si è precisato che rileva l'ufficio dell'ufficiale giudiziario perché spesso questo non è ubicato nello stesso stabile dell'ufficio giudiziario.
Il comma 2 prevede che l'indennità di trasferta non è dovuta in caso di spedizione dell'atto.
Il comma 3 prevede l'adeguamento stabile dell'indennità di trasferta attraverso decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, poiché, qualificandosi l'attività in questione come meramente amministrativa, tale strumento risulta più idoneo rispetto al decreto del ministro originariamente previsto.
Infatti, la possibilità dell'adeguamento -secondo la previsione originaria – non si collega alla discrezionalità, ma all'accertamento delle variazioni da parte dell'ISTAT. In tal senso è stata riformulata la previsione originaria, qui e in altre parti del testo unico.

Articolo 21 (Calcolo delle distanze) (R)
La disposizione in commento stabilisce che nel calcolo delle distanze si deve tener conto di quella più breve per raggiungere il luogo in cui l'atto deve essere eseguito. Le tavole polimetriche per calcolare le distanze, a cui faceva rinvio la norma originaria, non esistono più e gli uffici non ne conservano neanche memoria. Oggi le distanze sono calcolate chiedendo informazioni presso il Comune (che è l'ipotesi più ricorrente in quanto gli ufficiali giudiziari compiono personalmente le notifiche all'interno del Comune, mentre normalmente ricorrono alle Poste per le notifiche al di fuori di tale ambito) ed, eccezionalmente, alle Ferrovie dello Stato s.p.a. e ad altre società di servizio passeggeri per collegamento su strada nell'ambito regionale.
La norma in commento registra la prassi diffusa sul presupposto che presso il Comune esistono tavole idonee al calcolo delle distanze e lascia aperta la possibilità di ricorrere, quando occorre, ad altre tavole note, purchè fondate su parametri obiettivi e comprovabili.

Articolo 22 (Equiparazioni alla notifica a richiesta d'ufficio) (R)
La norma in commento individua i casi in cui le notifiche sono equiparate a quelle a richiesta d'ufficio, ai fini delle spettanze degli ufficiali giudiziari, desumendoli dal sistema legislativo vigente per come è concretamente vissuto nella prassi applicativa. Per quanto riguarda l'invito al pagamento si rinvia al commento dell'articolo relativo nella parte riscossione. Con riferimento alle notifiche chieste dalle amministrazioni pubbliche ammesse alla prenotazione a debito è indubitabile che, al di là della lettera della norma originaria (art. 143 D.P.R. n. 1229/59), l'Avvocatura anticipa solo le spese di spedizione o l'importo delle trasferte e non i diritti, proprio come nelle notifiche d'ufficio. In sostanza, è pacificamente vissuta nell'ordinamento come notifica a richiesta d'ufficio quanto al tipo di spettanze agli ufficiali giudiziari. Infatti, ai sensi dell'art. 6, L. n. 59/1979, sono anticipate solo le indennità di trasferta o le spese di spedizione e non i diritti.

Capo II
Notificazioni nel processo penale

Sezione I
Norme generali

Articolo 23 (Diritti) (L)
Stabilisce che per la notificazione degli atti è dovuto il diritto unico, salvo quanto previsto per la notifica degli atti a richiesta dell'ufficio.

Articolo 24 (Indennità di trasferta) (L)
Prevede che per le notificazioni relative allo stesso procedimento, se i luoghi in cui la notificazione deve essere eseguita distano tra loro meno di cinquecento metri, spetta una sola indennità di trasferta.

Sezione II
Notificazioni a richiesta dell'ufficio

Articolo 25 (Importo dei diritti) (L)
L'art. 142, comma 3, del d.PR 1229/1959, non ha mai trovato applicazione. Il decreto ministeriale con il quale si sarebbe dovuto individuare quanto, sul recuperato (secondo la forfetizzazione prevista dall'art. 199 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale e attuata dal decreto ministeriale n. 347/89) sarebbe dovuto spettare agli ufficiali giudiziari per diritti, non è stato mai emanato.
Oggi lo Stato recupera un importo forfettario unitario per diritti e trasferte e chiamata di causa (oltre le spese postali secondo il dm. n. 347/89); le trasferte le ha già anticipate con il meccanismo dell'anticipazione postuma, le spese postali le ha già versate alle Poste (conto di credito), i diritti li restituisce con un meccanismo farraginoso, in mancanza del decreto previsto dalla norme originaria.
Dalla somma totale recuperata ex decreto ministeriale n. 347/89 si sottrae l'importo anticipato per trasferte con il meccanismo dell'anticipazione postuma (dall'importo forfettizzato per tipo di procedimento, la somma delle anticipazioni postume di tutte le notifiche effettivamente effettuate); il risultato, se positivo, viene versato agli ufficiali giudiziari ex art. 138 d.P.R. 1229/1959, insieme alle altre spettanze prenotate a debito. Per consentire il versamento finale da parte dell'ufficio del registro, l'ufficio giudiziario faceva emergere la distinzione nei versamenti all'ufficio del registro. Con la conseguenza che i versamenti delle spettanze agli ufficiali giudiziari, ai sensi dell'art. 138 d.P.R. 1229/1959, non riguardavano solo gli importi prenotati a debito (a cui avevano diritto se recuperati), ma anche questi diritti, a cui allo stesso modo avevano diritto solo se recuperati.
La norma in commento si collega all'art. 204, secondo cui lo stesso decreto ministeriale che forfettizza tutte le spese per notifiche individua la quota spettante per diritti sul riscosso come già previsto dall'art.199 att. c.p.p.

Articolo 26 (Indennità di trasferta e spese di spedizione) (L)
Gli importi riportati sono stati aumentati dall' art. 1, co. 2, d. P.R. n. 601/1996, sulla base dell'art. 133 d.P.R. 1229/1959, come sostituito dall'art. 1, legge n. 407/1984, che prevede un meccanismo di adeguamento stabile. Gli importi sono stati bloccati da leggi finanziarie successive (sino alla legge n. 488/99 per l'anno 2000).
L'art. 142, comma 5, originario, prevedeva la destinazione delle trasferte, se recuperate, dall'ufficio del registro in conto di eventuali entrate del Tesoro, previa trasmissione dall'ufficio giudiziario che procedeva al recupero, all'ufficio del registro. Oggi la disciplina della riscossione, affidata ai concessionari, regolamenta il versamento del recuperato.

Sezione III
Notificazioni a richiesta delle parti

Articolo 27 (Notificazioni a richiesta delle parti)  (L)
Il comma 1 individua che cosa le parti devono anticipare agli ufficiali giudiziari.
Il comma 2, riproducendo le norme originarie, per la determinazione del diritto unico e dell'indennità di trasferta rinvia alle disposizioni del testo unico relative alle notificazioni a richiesta di parte nel processo civile.

Capo III
Notificazioni nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario

Sezione I
Norme generali

Naturalmente, le norme che seguono si applicano agli altri processi nella misura in cui per le notificazioni si ricorre agli ufficiali giudiziari sulla base di norme di legge. Dalla ricognizione normativa emerge che - seppure esistono casi in cui sono previsti altri sistemi di notificazione - in linea generale è possibile, e a volte obbligatorio, ricorrere agli ufficiali giudiziari.

Articolo 28 (Contestualità di trasferte) (L)
Disciplina l'indennità di trasferta nell'ipotesi di contestualità di trasferte.

Articolo 29 (Diritti)  (L)
Prevede che per la notificazione è dovuto un diritto unico, con l'eccezione delle notificazioni a richiesta d'ufficio.

Sezione II
Notificazioni a richiesta dell'ufficio

Articolo 30 (Anticipazioni forfettarie dai privati all'erario nel processo civile) (L)
Stabilisce che le spettanze degli ufficiali giudiziari relative alle notificazioni a richiesta dell'ufficio sono a carico delle parti, mediante anticipazione all'erario, nella misura indicata  nell'allegata tabella, che risulta dalla riformulazione dell'allegato 2 della legge n. 59 del 1979, sulla base delle innovazioni introdotte nella materia dall'articolo 9 della legge n. 488 del 1999.
Per le notificazioni a richiesta d'ufficio la legge prevede anticipazioni forfettarie dai privati all'erario per tutte le voci (diritti, indennità, spese di spedizione). L'erario, invece, verserà agli ufficiali giudiziari l'importo pieno (artt. 31 e 35) per trasferte, o verserà direttamente alle Poste l'importo per spese di spedizione, mentre non verserà nulla per i diritti, secondo l'originario articolo 6, comma 1, l. n. 59/1979.
La previsione legislativa originaria per le anticipazioni forfettarie è relativa al solo processo civile. Trattandosi di prestazione patrimoniale imposta, non può essere estesa al processo amministrativo, come suggerisce il Consiglio di Stato.
Opera l'esenzione prevista dall'articolo unico della legge n. 319/1958, come sostituito dall'articolo 10, legge n. 533/1973 per i procedimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza e per quelli relativi all'azione di risarcimento del danno cagionato nell'esercizio delle funzioni giudiziarie per i quali l'articolo citato è applicabile perché espressamente richiamato (art. 15, l. n. 117/1988).
La norma in commento disciplina, inoltre, una ipotesi particolare: il raddoppio dell'importo in caso di mancato invio delle marche nell'impugnazione presentata a mezzo posta. Qui tale previsione è stata raccordata con la nuova disciplina sulla riscossione perché la norma originaria rinviava alla vecchia normativa sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato. Nonostante l'esiguità dell'importo (raddoppiato non raggiunge euro 5,16) con la conseguenza che è estinto legalmente sulla base delle norme transitorie, si è riportata la fattispecie per l'ipotesi che il legislatore aumenti l'importo.

Articolo 31 (Indennità di trasferta e spese di spedizione) (L)
Disciplina le spettanze degli ufficiali giudiziari: non spettano i diritti, pur compresi nel deposito forfetario della parte, ma non corrisposti agli ufficiali giudiziari, come risulta dall'art. 6 della legge n. 59/1979, nè le spese postali che sono pagate dall'erario alle Poste, ma solo l'indennità di trasferta di importo pari a quello previsto per le notificazioni a richiesta di parte.

Sezione III
Notificazioni a richiesta delle parti

Articolo 32 (Notificazioni a richiesta delle parti) (L)
Stabilisce che le spese di spedizione, i diritti e le indennità di trasferta, relative a notificazioni di atti a richiesta delle parti, debbono da queste essere anticipate agli ufficiali giudiziari.
Per effetto dell'esenzione prevista dall'articolo unico della l. n. 319/1958, come sostituito dall'articolo 10, l. n. 533/1973, le stesse spese sono a carico dell'erario nei procedimenti in materia di controversie di lavoro, di assistenza e previdenza e in quelli relativi all'azione di risarcimento del danno cagionato nell'esercizio delle funzioni giudiziarie. Per questi ultimi, l'art. 10 citato è richiamato dall'articolo 15, l. n. 117/1988.

Articolo 33 (Trasferte per la notifica e l'esecuzione di atti a richiesta di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato) (L)
Rispetto alla formulazione di cui all'art. 143 del d.P.R. 1229/1959, si prescinde dal riferimento agli atti a richiesta del pubblico ministero per le spettanze degli ufficiali giudiziari, perché l'ipotesi coincide con una forma particolare di patrocinio a spese dello Stato (interdizione a richiesta del P.M.). Inoltre, dalla verifica fatta con gli uffici giudiziari, non risultano atti gratuiti, previsti dalla norma originaria.
La norma in commento si basa sul modo in cui la norma originaria è concretamente sempre vissuta nell'ordinamento, confortata dall'interpretazione risultante da circolari e note del Ministero della giustizia e dall'analisi dei registri, tanto che si può considerare diritto vivente. Di conseguenza se, in accoglimento del suggerimento del Consiglio di Stato, si escludesse il meccanismo dell'assorbimento dalla ricostruzione della normativa effettuata con il testo unico, si apporterebbe un'innovazione di carattere sostanziale nelle spettanze degli ufficiali giudiziari.
Il precetto previsto nei commi 1 e 2 è l'unico effettivamente operante perché in concreto gli ufficiali giudiziari procedono contemporaneamente ad atti a richiesta di parte a pagamento e a richiesta di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Il meccanismo dell'assorbimento non opera in caso di contestualità di atti a richiesta di parte privata a pagamento e atti a richiesta d'ufficio,  in caso di contestualità di atti a richiesta di parte privata a pagamento e atti a richiesta dell'Amministrazione, e nel penale.
Nei commi  3 e 4 è riportata la disciplina risultante dalle norme originarie (art. 143, comma 1, e 135, comma 2, del d.P.R. 1229/1959) riferita anche agli atti di esecuzione.

Articolo 34 (Importo dei diritti) (L)
Stabilisce in che misura è dovuto il diritto, riproducendo il precetto della norma originaria, tenendo conto delle successive modifiche.

Articolo 35 (Importo indennità di trasferta (L) 
Prevede gli importi dell'indennità di trasferta, riproducendo il precetto della norma originaria, tenuto conto delle successive modifiche che li hanno aumentati. L'ultimo aumento è stato disposto dal d.P.R. 17 ottobre 1996, n. 601, poi sono stati bloccati dalle leggi finanziarie successive (sino alla legge n. 488/1999 per il 2000).

Articolo 36 (Maggiorazioni per l'urgenza) (L)
Tale disposizione disciplina i casi in cui può essere chiesto il compimento  degli atti con urgenza, precisando quando l'atto sia da considerarsi urgente, e la conseguente maggiorazione delle spettanze. Essa riprende i precetti della norma originaria, esplicitandoli con chiarezza ed eliminando solo la disciplina di dettaglio sulle modalità della richiesta. L'espressione originaria “per espressa disposizione di legge e per volontà delle parti” può essere interpretata soltanto, e la prassi lo conferma, nel senso disgiuntivo.

Capo IV
Atti di esecuzione nel processo civile

Articolo 37 (Diritto di esecuzione) (L)
Individua i diritti dovuti per le esecuzioni mobiliari ed immobiliari, nonché per tutti gli atti che comportino la redazione di verbali, riproducendo la norma originaria.

Articolo 38 (Indennità di trasferta per gli atti di esecuzione) (L)
Stabilisce che per gli atti di esecuzione l'importo dell'indennità di trasferta è dovuto in misura doppia rispetto a quello dovuto per le notificazioni civili a richiesta di parte, riproducendo la norma originaria.

TITOLO III
SPESE DI SPEDIZIONE

Articolo 39 (Spese di spedizione) (R)
Oggi le comunicazioni e notificazioni di atti sono effettuate con il servizio postale e per il tramite degli ufficiali giudiziari (art. 149 c.p.c.). La trasmissione di documenti avviene sempre per mezzo del servizio postale.
Per la prima ipotesi, quando le comunicazioni o notificazioni sono a richiesta di parte, l'importo della spesa è anticipato agli ufficiali giudiziari che di volta in volta versano alle poste. Quando sono a richiesta di ufficio e di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, essendo a carico dell'erario, gli importi, che sono quelli delle tariffe ordinarie, sono versati mensilmente all'ufficio postale – sulla base di accordi intervenuti agli inizi degli anni novanta con l'allora Ente Poste e recepiti in circolare – tramite ordini di pagamento del cancelliere su richiesta dell'ufficiale giudiziario (nel testo unico, nella parte sulle norme transitorie in materia di pagamento la procedura è stata innovata attribuendo la competenza degli ordini di pagamento agli ufficiali giudiziari).
Per la trasmissione di documenti oggi si fa ricorso al servizio postale e il relativo onere fa capo alle spese di ufficio.
La norma in commento prevede lo strumento della convenzione per perseguire la riduzione dei costi e perché, anche attraverso la forfetizzazione, si possono raggiungere accordi che evitino di aggravare l'attività degli uffici con il calcolo atto per atto.
E' volutamente generica sui soggetti con cui le convenzioni possono essere stipulate per consentire il massimo della scelta- nell'ambito della compatibilità con altre norme di legge – tra quelli che operano nell'ordinamento. Oggi, per esempio, per le comunicazioni e notificazioni di atti, il servizio postale è una scelta obbligata ai sensi dell'articolo 149 c.p.c.. Comunque, la scelta è ancorata alla vigente normativa sull'evidenza pubblica. Poiché si tratta di convenzioni quadro, che non comportano impegni di spesa, si è rimessa l'approvazione ai Ministeri della giustizia e dell'economia, per tutti i tipi di processi, non accogliendo il suggerimento del Consiglio di Stato e della Corte dei conti di approvazioni differenziate per le giurisdizioni speciali.
La norma in commento estende la possibilità di convenzioni anche alla trasmissione di documenti, che propriamente non rientrano nel sistema spese di giustizia, per perseguire esigenze di uniformità.

TITOLO IV
DIRITTO DI COPIA E DIRITTO DI CERTIFICATO

Articolo 40 (Determinazione di nuovi supporti e degli importi) (L)
Rimette ad uno strumento regolamentare la disciplina del diritto di copia e di certificato e l'individuazione degli importi, ancorando questi ultimi ai costi del servizio e ai costi per l'incasso.
Si tratta di materia in cui è indispensabile introdurre uno strumento elastico per consentire il rapido adeguamento della disciplina alle innovazioni tecnologiche in materia di mezzi di riproduzione e ai mutamenti, anche in collegamento con le innovazioni tecnologiche, dei costi.
Sino ad ora tutto trovava disciplina nella legge (v. Parte norme transitorie) e ad essa si è dovuto ricorrere ogni qualvolta un nuovo mezzo di riproduzione si è affermato tra le modalità tecniche. Da ultimo è stato necessario ricorrere alla legge per il CD-Rom. Presto potrebbe porsi il problema per il DVD.
La scelta del regolamento ai sensi dell'art. 17, comma 2, legge n. 400/1988, consente di innovare procedendo alla abrogazione delle norme di leggi preesistenti.
Non costituisce ostacolo la presenza di una riserva relativa di legge con riferimento agli importi, posto che la legge attributiva della potestà regolamentare individua con precisione i parametri cui ancorare il mutamento degli importi.
La legge originaria prevede solo un meccanismo di adeguamento degli importi (art. 3 bis, legge n. 525/1996, aggiunto dal comma 70, art. 145, legge n. 388/2000, che rimette il generico adeguamento a decreto ministeriale), evidentemente inadeguato. Sembra, invece,  funzionale al raggiungimento dell'obiettivo l'ancoraggio ai costi del servizio (già previsto, nel contesto di un diverso sistema per il processo tributario, dall'art. 25, comma 2, d. lgs. 542/92).
Nell'ambito del riordino normativo si è generalizzato questo criterio, in quanto esso appare uno strumento elastico tale da consentire di calibrare gli importi ai costi del servizio reso. Poiché nel rapporto costi-benefici non incidono poco i costi sopportati dallo Stato per incassare tali diritti è stata  inserita anche questa voce.

TITOLO V
TRASFERTE PER IL COMPIMENTO DI ATTI FUORI DALLA SEDE IN CUI SI SVOLGE IL PROCESSO PENALE E CIVILE

Il presente titolo è riferito solo ai magistrati ordinari perché in tal senso dispongono inequivocabilmente le norme originarie e qualunque estensione comporterebbe un aumento di spesa.

Articolo 41 (Trasferte di magistrati professionali e onorari) (L)
Con l'espressione “magistrati” ci si riferisce naturalmente ai giudici e ai pubblici ministeri comprendendo tutte le nuove figure: giudici di pace, giudici onorari aggregati, giudici onorari di tribunale, procuratori onorari; magistrati professionali di Corte di assise.
Non sono stati compresi i giudici popolari e gli esperti componenti dei collegi.
Infatti, ai giudici popolari e agli esperti nei collegi, insieme al “compenso”, spettano spese e indennità (variamente individuate) in caso di servizio prestato fuori dalla residenza; queste sono attribuite anche se lo spostamento è fra il luogo del processo e il luogo del singolo atto processuale e non solo in caso di svolgimento del processo fuori dalla residenza (vedi Titolo XI di questa parte).
In generale, le norme che disciplinano la missione dei dipendenti statali, alle quali si rinvia in modo elastico, sono oggi costituite dalla legge n. 836/1973, dal d.P.R. n. 513/1978 e dalla legge n. 417/1978, che individuano l'importo delle suddette spese e sono suscettibili di modificazioni, anche contrattuali: per tale motivo si preferisce il rinvio elastico.

Articolo 42 (Trasferte di magistrati professionali di corte di assise) (L)
La vecchia disciplina contenuta nel regio decreto 2701/1865 e nel regio decreto 1043/1923, che prevedeva sempre le trasferte (non ripetibili) per i magistrati di corte di assise è incompatibile con la trasformazione delle corti di assise da vaganti a fisse operata con la riforma del 1951.
Oggi opera nei soli casi residuali (ex art. 7, legge n. 287/1951) in cui l'intero dibattimento è tenuto in luogo diverso da quello di normale convocazione della corte, trattandosi di un'ipotesi in cui ritorna la vecchia logica della corte itinerante (vedi anche elenco delle spese ripetibili e non ripetibili).

Articolo 43 (Trasferte di appartenenti all'ufficio, di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria) (L)
La norma in commento riprende le norme originarie, attualizzando il riferimento alle figure professionali. La precisazione relativa ad ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria si fonda sulla circolare del Ministero della giustizia n. 2/1998, che ha integrato la circolare dello stesso Dicastero n. 18/1996, dove si fa espresso riferimento alla delega da parte del magistrato, che può scegliere tra ufficiale ed agente o delegare entrambi e che, in ogni caso, li deve individuare nella delega.

Articolo 44 (Trasferte degli ufficiali giudiziari) (L)
La norma prevede che all'ufficiale giudiziario che accompagna il magistrato o l'appartenente all'ufficio per l'assistenza ad atti spetta, oltre all'indennità di missione e alle spese di viaggio, un diritto il cui importo è parametrato al tempo impiegato nella redazione degli atti cui assiste.
La disposizione scioglie il rinvio all'art. 32 dello stesso D.P.R. 1229/59, contenuto nella norma originaria.

TITOLO VI
TESTIMONI NEL PROCESSO PENALE, CIVILE, AMMINISTRATIVO E CONTABILE

I precetti contenuti in tale titolo risultano da una riformulazione di quelli già fissati dal Regio decreto 3 maggio 1923, n. 1043, come modificato ed integrato dalla legge 13 luglio 1965, n. 836. Con le norme contenute in tale titolo si opera il necessario raccordo con le normative collegate sopravvenute.

Articolo 45 (Indennità per testimoni residenti) (L)
Determina la misura delle indennità spettanti ai testimoni residenti, nel luogo in cui sono esaminati ovvero in un Comune ad una distanza non maggiore di due chilometri e mezzo.

Articolo 46 (Spese di viaggio e indennità per testimoni non residenti) (L)
Nello stabilire il quantum del rimborso delle spese di viaggio spettante ai testimoni non residenti nel caso di utilizzo del mezzo aereo  tiene conto di quanto già avviene nella prassi sulla base della legge 18 dicembre 1973, n. 836 (relativa al trattamento di missione spettante ai dipendenti civili dello Stato, che consente, se autorizzato, l'uso del mezzo aereo) applicata per analogia (circ. Min. Giust. AA.CC.IV, n. 4/1767/40.5 del 6 giugno 1976).
Dalla norma originaria è stata espunta la disciplina che prevedeva un'indennità chilometrica, pari a lire 20 (euro 0,01) a chilometro, per l'ipotesi residuale di mancanza di servizi di linea, che non trova mai applicazione anche a causa dell'importo. Per non lasciare del tutto priva di disciplina la fattispecie, e nell'impossibilità di aumentare l'indennità chilometrica, è stata estesa la regola generale ancorandola alla località più vicina coperta dal servizio di linea.
Il comma 3 individua l'indennità spettante ai testimoni non residenti con riferimento al tempo impiegato per il viaggio ed, eventualmente, al tempo di soggiorno nel luogo in cui sono esaminati.

Articolo 47 (Testimoni minori e accompagnatori di testimoni minori o invalidi) (L)
Dopo aver previsto che al testimone minore degli anni quattordici non spetta alcuna indennità, attribuisce agli accompagnatori - che non siano essi stessi testimoni - di testimoni minori di anni quattordici e di invalidi gravi, ai sensi dell'art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, il diritto alle indennità e rimborso spese che spettano ai testimoni ex artt. 45 e 46 sopra descritti.
La norma originaria richiama solo le norme sul rimborso spese e sulle indennità per testimoni non residenti; ma ciò appare frutto di un difetto di coordinamento in quanto non si comprende il perché chi accompagna, pur nella stessa residenza, non debba avere diritto all'indennità dell'art.44. Naturalmente, dato l'importo attuale, la questione rileva solo sotto il profili della coerenza del sistema e non in pratica.
L'art. 4 del R.D. n. 1043/1923 limita l'accompagno alle forme gravi di invalidità. La nuova disciplina sull'handicap (legge n. 104/1992 e successive modificazioni) prevede il diritto di accompagno per gli invalidi gravi, con conseguente rilascio di un tesserino e di apposita certificazione con l'indicazione dell'accompagnatore. Tale certificazione può essere usata a molteplici fini.

Articolo 48 (Testimoni dipendenti pubblici) (L)
Sulla base della norma originaria, la norma in commento attribuisce ai dipendenti pubblici, che siano testimoni per motivi inerenti al proprio servizio, il rimborso spese e le indennità spettanti ai testi. Coordina questa disciplina con quella generale in tema di missione di dipendenti pubblici, che attribuisce l'indennità di missione a chi si sposta per ragioni di servizio, limitandola all'integrazione, corrisposta dall'amministrazione di appartenenza, fino a concorrenza dell'ordinario trattamento di missione.
Per un certo periodo, invece, gli ufficiali di P.G. chiedevano solo l'attestato di presenza e di non aver ricevuto le indennità specifiche e percepivano l'intero trattamento di missione dall'amministrazione di appartenenza.
Più di recente, invece, la tendenza si è invertita sulla base di indicazioni ricevute dalle amministrazioni di appartenenza e le due discipline vivono nella prassi integrandosi, così come recepito nel testo unico. D'altra parte, dall'art. 5, r.d. n.1043/1923 non scaturisce alcuna preclusione; infatti, il comma 1, nel prevedere “non è dovuta alcuna indennità” non si riferisce all'attività di testimone, ma, riferendola alla “guardia campestre” all'attività ordinaria di polizia giudiziaria, consistente nella trasmissione di verbali o nella traduzione di detenuti. Per tale motivo ci si è discostati dal parere del consiglio di Stato.

TITOLO VII
AUSILIARI DEL MAGISTRATO NEL PROCESSO PENALE, CIVILE, AMMINISTRATIVO E TRIBUTARIO

Nel Titolo VII sono disciplinate le spettanze degli ausiliari del magistrato per le operazioni eseguite su richiesta dell'autorità giudiziaria, sulla base dei precetti risultanti dalla legge 8 luglio 1980, n. 319.

Articolo 49 (Elenco delle spettanze) (L)
Individua le spettanze degli ausiliari del magistrato ed elenca la tipologia degli onorari.

Articolo 50 (Misura degli onorari) (L)
Rispetto alla formulazione contenuta nella legge n. 319 del 1980, opera due innovazioni: una tiene conto delle norme sopravvenute in materia di fonti; l'altra estende le tabelle agli onorari a tempo, essendo venuta meno la ragione originaria di differenziazione.
La norma originaria prevedeva l'approvazione delle tabelle con d.P.R., su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro.
L'innovazione tiene conto delle norme sopravvenute in materia di fonti: la legge 12 gennaio 1991, n. 13, sugli atti da adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica, e la legge n. 400/1988. Si prevede, pertanto, un regolamento ministeriale, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, legge n. 400 del 1988, data la natura regolamentare dell'atto richiesto per l'approvazione delle tabelle.
Per gli onorari a tempo la legge originaria prevedeva il sistema delle vacazioni.
L'estensione della procedura delle tabelle agli onorari a tempo persegue il fine di una maggiore elasticità del sistema.
Non c'è ostacolo all'uniformazione del metodo, nell'ambito del riordino; anzi, gli adattamenti e le forzature nella prassi consigliano un regolamento centrale elastico che li individui sulla base delle tariffe professionali esistenti.
Oggi, d'altra parte, è venuta meno la ratio dell'ottica originaria del legislatore.
La previsione di un meccanismo residuale a tempo si fondava sull'ipotesi che vi fossero materie in cui non era possibile prevedere tabelle basate su tariffe professionali, mancando tariffe professionali e avendo in mente le tariffe professionali “pubblicistiche”.
Invece, allo stato, è ipotizzabile la conoscibilità di tariffe per tutte le materie che, pur senza la veste pubblicistica, siano attendibili e utilizzate a più fini. In ogni caso l'individuazione e la finalizzazione all'incarico pubblico è garantita dalla mediazione a livello centrale con il regolamento ministeriale.
Inoltre, il dettaglio della norma originaria e il richiamo specifico alla responsabilità del magistrato si spiegano con il fatto che per questo tipo di compenso era determinato dalla legge solo l'importo della vacazione, senza alcuna preventiva individuazione della materia, mentre per le altre tipologie di onorari operavano le tabelle. In realtà la responsabilità vale per tutte le ipotesi, secondo le regole generali, e sarebbe equivoco lasciare la previsione solo in questa sede.
(v. Parte VI  Pagamento, responsabilità dei magistrati e dei funzionari)

Articolo 51 (Determinazione degli onorari variabili e aumento di quelli fissi e variabili) (L)
Dispone che nella quantificazione degli onorari variabili si debba tener conto della difficoltà, della completezza e del pregio della prestazione ed, inoltre, fissa la misura dell'aumento per quelli fissi e variabili, in caso di urgenza. Per quelli a tempo, invece, vale la previsione dell'articolo 50, c. 3.

Articolo 52 (Aumento e riduzione degli onorari) (L)
Prevede che gli onorari possono essere aumentati sino al doppio nel caso di prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà  e che possono essere ridotti se la prestazione non è completata nei termini fissati. Rispetto all'articolo 8 della legge n. 319/80, non è stato riportato l'inciso “sono in ogni caso applicabili le sanzioni previste nel codice di procedura penale e nel codice di procedura civile”, perché ritenuto inutile, essendo comunque applicabili.

Articolo 53 (Incarichi collegiali) (L)
Disciplina la determinazione del compenso nell'ipotesi di incarichi attribuiti ad un collegio di ausiliari.

Articolo 54 (Adeguamento periodico degli onorari) (L)
Prevede che all'adeguamento periodico degli onorari si provveda con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. La norma originaria prevedeva un d.P.R. Il nuovo strumento è invece in linea con le innovazioni del sistema delle fonti e con il principio della separazione politica-amministrazione.
Per effetto della legge n.13/1991, relativamente agli atti emanati dal Presidente della Repubblica, lo strumento può essere solo un decreto ministeriale: la norma originaria, infatti, è stata già attuata con tale strumento in data  5.12.1997 per le vacazioni.
Peraltro, oggi, la separazione politica-amministrazione consente e impone un decreto dirigenziale per gli adeguamenti ISTAT, atteso che la possibilità dell'adeguamento non si ricollega alla discrezionalità, ma all'accertamento delle variazioni da parte dell'ISTAT (la stessa scelta è stata operata in altre parti del testo unico, vedi relazione sub art.20).

Articolo 55 (Indennità e spese di viaggio) (L)
In materia di indennità e spese di viaggio la norma opera un rinvio alla normativa applicabile ai dipendenti pubblici, con gli adattamenti dovuti all'esigenza di raccordo con la riforma della dirigenza pubblica.
Il rinvio nella norma originaria al dirigente superiore e al primo dirigente è stato adeguato alla riforma del sistema dirigenziale (v. d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni). Infatti, la precedente tripartizione della dirigenza (dirigente generale, dirigente superiore, primo dirigente) è ora sostituita da una bipartizione (dirigente generale e dirigente); la categoria del dirigente superiore, non trovando più corrispondenza  è divenuta un ruolo ad esaurimento.
L'ausiliario del giudice è stato equiparato al dirigente di seconda fascia, indipendentemente dal titolo di laurea, perché all'interno della seconda fascia le differenziazioni economiche sono ora collegate solo al tipo di incarico e al tipo di amministrazione. Per tale motivo non si è accolto il suggerimento del Consiglio di Stato di mantenere la distinzione tra l'incaricato laureato e non laureato.
L'espressione “servizi di linea” è stata utilizzata per uniformità con la disciplina dei testimoni.

Articolo 56 (Spese per l'adempimento dell'incarico) (L)
Indica le modalità e i criteri per il rimborso delle spese sostenute per l'adempimento degli incarichi.
Per i collaboratori è stato eliminato il rinvio agli usi locali  perché, sulla base dell'impostazione data agli onorari nel testo unico, tutti i compensi sono ricavabili dalle tabelle.

Articolo 57 (Equiparazione del commissario ad acta agli ausiliari del magistrato) (R)
L'equiparazione prevista dalla norma in commento registra la prassi diffusa di fare ricorso sostanzialmente alle tabelle previste per gli ausiliari del magistrato, quando si liquidano le spettanze del commissario ad acta.
Tale prassi si è consolidata in mancanza di disciplina espressa, ma in conformità ai principi dell'ordinamento, e per tale motivo è recepita nel testo unico nell'ambito del riordino operato nella materia.
L'equiparazione, naturalmente, è limitata ai fini utili per il testo unico, e, pertanto, non incide sulla controversia relativa alla qualificazione giuridica del commissario ad acta.

TITOLO VIII
IINDENNITA' DI CUSTODIA NEL PROCESSO PENALE, CIVILE, AMMINISTRATIVO, CONTABILE E TRIBUTARIO

Articolo 58 (Indennità di custodia) (L)
La norma riformula più articoli del R.D. n. 2701/1865, e per la determinazione dell'importo, tiene conto dell'articolo 5, legge n. 836/1965, come risultante dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 230 del 1989.
La disciplina è riferita anche al sequestro negli altri processi, in ordine ai quali non vi sono norme ad hoc che regolano gli importi, la domanda, ecc. Nel processo civile, estensibile agli altri processi sulla base di rinvii esistenti nell'ordinamento, il diritto al compenso è solo un'ipotesi residuale, sia per il sequestro giudiziario che per quello conservativo (art. 317, comma 3, c.p.p., 676, 678-679-522-543-546-559 c.p.c.). Di regola sono nominati custodi i soggetti titolari di un diritto sul bene. Inoltre, se si tratta di custode terzo, il compenso è corrisposto solo a richiesta.
Naturalmente,  “custode” è quello privato, perchè non c'è compenso se i beni sono custoditi presso la cancelleria.
Oltre che attraverso le tariffe risultanti dalle tabelle (vedi articolo successivo), l'indennità può essere determinata secondo gli usi locali. E' un'ipotesi che opererà in via residuale, se qualche ipotesi di custodia non risulterà dalle tabelle, e consente elasticità.
L'orientamento della cassazione, prevalente da ultimo, è quello di considerare unitariamente custodia e conservazione, costituendo la seconda un aspetto della prima. In alcuni casi la cassazione ha riconosciuto il diritto al rimborso di spese, documentate, necessarie per la conservazione, quando si tratta di beni che necessitino di conservazione specifica (in tal caso la conservazione acquista una valenza autonoma). Si tratta, evidentemente, di spese che non si inseriscono nell'ordinaria gestione d'impresa per la custodia e conservazione;  si pensi, ad esempio, al consumo di acqua ed energia necessarie per la conservazione di un vivaio sequestrato.
Invece, nell'ottica originaria del r.d. 2701/1865, c'era sicuramente la distinzione tra custodia e spese di conservazione. Nel testo si è scelto di prendere atto della giurisprudenza in tema di custodia e conservazione, che costituisce oramai diritto vivente.
Non è stato sviluppato il tema relativo a chi può essere  nominato custode. Esiste una disciplina collegata ed autonoma: gli articoli 259 e 120 c.p.p.; i magistrati e la polizia giudiziaria (che nomina i custodi a norma dell'art. 81 comma 3, disp. attuaz.) utilizzano nella prassi gli elenchi dei depositari per i sequestri amministrativi.
Non è ipotizzabile la formalizzazione della prassi perché si trasformerebbero gli elenchi in albi, a danno della discrezionalità del giudice. Inoltre la materia è estranea al testo unico.

Articolo 59 (Tabelle delle tariffe vigenti) (L)
Tale disposizione disciplina il quantum del compenso.
La Corte costituzionale, nella motivazione della pronuncia n. 230 del 1989, ritiene ontologicamente identica l'attività del custode per il sequestro disposto dall'autorità giudiziaria (nella fattispecie, penale) e per il sequestro disposto dall'autorità amministrativa, escludendo un diverso regime. All'epoca di quella pronuncia vi era, per il penale,  l'indennità giornaliera individuata nella legge, lontanissima dalle tariffe per i sequestri amministrativi. Oggi, dopo l'intervento della Consulta che fonda il compenso sulle tariffe vigenti, la conformità alla Costituzione è assicurata ancorando le tabelle alle tariffe vigenti che sono anche quelle esistenti per i sequestri amministrativi.
Dopo la sentenza della Corte costituzionale le prassi sono state varie.
Fermo restando il ricorso agli usi nel caso in cui non esistono tariffe ufficiali, le tariffe ufficiali esistenti sono quelle della prefettura a fini amministrativi: alcuni giudici le applicano integralmente, altri – anche sulla base di “direttive” dei capi degli uffici - utilizzano quelle del 1994 con rivalutazione, altri fanno riferimento all'equità e le riducono.
Alla base dei diversi orientamenti dei giudici vi è l'esigenza di ridurre le tariffe amministrative dati i tempi lunghissimi dei sequestri penali.
La cassazione, anche di recente, ha legittimato la riduzione con ricorso all'equità anche quando riferita alle tariffe vigenti e non solo agli usi.
La norma in commento prevede il ricorso ad un regolamento, d.m.  ex art. 17, comma 3, legge n. 400/88, analogo a quello previsto per il compenso agli ausiliari del magistrato. Nella redazione delle tabelle mediante regolamento, oltre alle tariffe esistenti per i sequestri amministrativi potrebbero entrare in gioco quelle presso le camere di commercio ecc.
Nell'ambito del riordino della materia e sulla base della verifica dell'esistenza di problemi applicativi è stato esteso uno strumento già previsto dal legislatore per materia analoga.
Il comma 3 tiene conto di un'esigenza emersa nella prassi: l'opportunità di verifica dello stato del bene al fine di incidere sulla riduzione dell'indennità.
Demandando al regolamento la determinazione delle percentuali di riduzione dell'indennità, si persegue un obiettivo di uniformità.

TITOLO IX
PUBBLICAZIONE DEI PROVVEDIMENTI DEL MAGISTRATO NEL PROCESSO PENALE E CIVILE

Articolo 60 (Convenzioni per le spese di pubblicazione dei provvedimenti del magistrato nel processo penale e civile) (R)
Nell'ambito penalistico le spese di pubblicazione sono sempre anticipate dallo Stato, salvo casi eccezionali (v. art. 4); nel processo civile sono anticipate dallo Stato  solo se il privato ammesso al patrocinio a spese dello Stato è stato condannato al pagamento delle spese di pubblicazione (nel caso dell'articolo 120 c.p.c. e artt. 7, 314 e 2600 c.c.).
Oggi per la determinazione dell'importo si tiene conto dei prezzi previsti dai giornali, dai Comuni, dalla Gazzetta ufficiale.
E' emersa l'esigenza di convenzioni, anche per ottenere condizioni di favore. A questa esigenza risponde la norma in commento. La formulazione è volutamente generica e per le modalità di pubblicazione, perché non si vogliono precludere possibilità che possono aprirsi con i nuovi strumenti di telecomunicazione, e per i possibili soggetti con cui stipulare convenzioni, per consentire il massimo della scelta a seconda dei soggetti che via via operano nell'ordinamento. In generale, si rinvia al commento dell'articolo 39.
La norma è riferita solo al processo penale e civile perché, allo stato della legislazione, l'obbligo di pubblicazione è stato rinvenuto solo per questi procedimenti.

TITOLO X
DEMOLIZIONE DI OPERE ABUSIVE E RIDUZIONE IN PRISTINO DEI LUOGHI NEL PROCESSO PENALE E AMMINISTRATIVO

Il titolo in commento esplicita con norme regolamentari i principi presenti nell'ordinamento, sulla base dei quali si è formato un diritto vivente guidato dal giudice di legittimità, e raccorda la materia con l'art. 2, comma 56, legge n. 662/1992.
La disciplina è idonea anche per la fattispecie analoga nel processo amministrativo.

Articolo 61 (Esecuzione di sentenze recanti ordine di o aventi ad oggetto la demolizione di opere abusive e di riduzione in pristino dei luoghi) (R)
Alla base della norma in commento vi è la sentenza della Corte di cassazione SS.UU. 24.7.1996, n. 15, seguita da numerose altre, secondo cui l'ordine di demolizione è provvedimento giurisdizionale, ancorché applicativo di sanzione amministrativa, sottoposto all'esecuzione nelle forme previste dal codice di procedura penale.
La norma in commento registra il diritto vivente, esplicita il collegamento con i principi giuridici esistenti nell'ordinamento e richiede al magistrato di scegliere l'alternativa meno onerosa.
Inoltre, raccorda espressamente la disciplina con il nuovo testo unico in materia di edilizia, richiamando la norma che - per l'incarico alle imprese private - consente il ricorso alla trattativa privata in aggiunta alle procedure di evidenza pubblica.
Il termine “magistrato” è volutamente utilizzato per ricomprendere sia la figura del pubblico ministero che del giudice, secondo le competenze derivanti dalla legge.

Articolo 62 (Convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della difesa e il Ministero della giustizia) (R)
La norma in commento stabilisce un raccardo con l'articolo 2, comma 56, legge 23 dicembre 1996, n. 662.
L'estensione della convenzione oggetto della disposizione in esame al Ministero della giustizia si spiega con la natura giurisdizionale del provvedimento che si esegue e, soprattutto, con la circostanza che le spese sono recuperabili nei confronti del soggetto obbligato, se si tratta del condannato; quindi, sono annotate ai fini del recupero e poi recuperate con la procedura del recupero delle spese di giustizia.
La partecipazione del Ministero delle infrastrutture scaturisce dal fatto che i Provveditorati alle opere pubbliche sono strutture di questo Dicastero sul territorio per il tramite delle quali viene richiesto l'intervento delle unità tecnico-operative del Ministero della difesa (si veda art. 2, comma 56, legge 23 dicembre 1996, n. 662).
Presupposto interpretativo, in riferimento all'art. 21, r.d. n. 263/1928, comma 1, richiamato dall'art. 2 cit., è che, al di là della lettera della norma e di come essa oggi concretamente operi, tra i ministeri è essenziale che vi siano regolazioni contabili ai fini di bilancio e non passaggi reali di denaro.
I rapporti tra i ministeri per le imputazioni di bilancio sono rimessi alla convenzione, già prevista dall'art. 2, comma 56, legge n. 662/1996.
Il meccanismo di anticipazione delle spese ex art. 21 del regio decreto 2 febbraio 1928, n. 263 è tuttora formalmente in vigore, tuttavia il r. d. 263/1928 è tra i provvedimenti che saranno abrogati in virtù della delega di delegificazione e semplificazione contenuta nell'articolo 7 della legge 14 novembre 2000, n. 331, da esercitarsi entro 24 mesi dall'entrata in vigore della legge e non ancora esercitata. Per tale motivo non si è ritenuto opportuno un richiamo espresso.
Infine, la determinazione preventiva e successiva delle spese necessarie consente al magistrato, da un lato di valutare se il ricorso a questa procedura è conveniente rispetto all'affidamento all'impresa privata, dall'altro di considerare quanto è effettivamente costato l'intervento delle strutture tecnico operative del Ministero della difesa.

Articolo 63 (Spese per la demolizione di opere abusive e la riduzione in pristino dei luoghi) (R)
L'articolo in esame disciplina le modalità di determinazione dell'importo da corrispondere, con decreto del magistrato (v. art. 169), per l'attività di demolizione e riduzione in pristino.
Oggi il magistrato, quando ricorre alle imprese private liquida l'importo secondo equità, quando ricorre alle strutture tecnico-operative del Ministero della difesa liquida quanto richiesto. La norma in commento riordina e razionalizza la materia ancorandola a parametri oggettivi e predeterminati, esistenti nell'ordinamento, in caso di ricorso alle imprese private. Nel caso di ricorso alle strutture tecnico-operative del Ministero della difesa, rimette la determinazione dell'importo alle convenzioni, pure previste nell'ordinamento, che sono in grado di risolvere i problemi procedurali già emersi nella prassi applicativa.

TITOLO XI
INDENNITA' DEI MAGISTRATI ONORARI, DEI GIUDICI POPOLARI E DEGLI ESPERTI COMPONENTI DEGLI UFFICI GIUDIZIARI PENALI E CIVILI

Pur nella consapevolezza del dibattito sui giudici onorari e sulla ricomprensione o meno nel loro ambito degli esperti in alcuni collegi, si è mantenuta la distinzione tra esperti e giudici onorari per comodità espositiva collegata alle diversità della disciplina.
Le disposizioni del titolo in questione riguardano sia il penale che il civile, salvo specifica riferibilità all'uno o l'altro secondo le funzioni ordinamentali.
Tutte le voci rientrano nelle spese di giustizia non ripetibili perché sono assimilabili ai costi di funzionamento ordinario. La loro variabilità spiega perché sono pagate con il sistema delle spese di giustizia (mod. 12) ed è la ragione del loro inserimento nel testo unico.

Articolo 64 (Indennità dei magistrati onorari) (L)
Si è scelto il rinvio specifico alle norme che disciplinano le indennità e gli importi, per evitare, da un lato, un rinvio generico alle norme che prevedono le indennità, dall'altro, il riversamento nel testo unico di norme che hanno una loro autonomia sistematica nell'ambito della disciplina dei componenti appartenenti alla magistratura.
 Le indennità, che costituiscono un vero e proprio compenso per l'attività svolta, sono variabili  in rapporto al lavoro svolto - con una parte fissa per i giudici onorari aggregati e per i giudici di pace - e non comprendono soggiorno e spese in caso di servizio fuori dalla residenza.
Per i giudici di pace sono state considerate anche le indennità spettanti per reggenza (dalla lettura del combinato disposto dell'articolo 10 bis con l'articolo 3, comma 2, della legge n. 374/1991, come modificata dalla legge n. 479/1999) e per la funzione di coordinatore dell'ufficio del giudice di pace (articolo 15, della legge n. 374/1991, come modificata dalla legge n. 479/1999).
Le spese per queste indennità gravano sul cap. 1631 (ex cap. 1589), relativo alle spese di giustizia; i pagamenti vengono effettuati con il modello 12.
Per i giudici di pace la legge 23.12.1992, n. 501 ha modificato l'intestazione del capitolo e inserito la voce.
I giudici onorari di tribunale e i vice procuratori onorari gravano sullo stesso capitolo per effetto dell'assimilazione con i vecchi vicepretori e vice procuratori onorari per i quali la legge di bilancio 29.12.1990, n. 406 ha integrato il cap. 1589, dopo che la legge istitutiva, in particolare, l'articolo 4 del decreto legislativo n. 273/1989, aveva espressamente qualificato tali indennità come spese di giustizia.
Per i giudici onorari aggregati, il decreto del Ministero del tesoro 25.9.97, n. 190/74 ha inserito la voce specifica e modificato la denominazione del capitolo, in attuazione della legge n. 276/1997 che li istituiva.

Articolo 65 (Indennità dei giudici popolari nei collegi di assise) (L)
La norma in commento riproduce l'art. 36 della l. n. 287/1951, come sostituito prima dall'art.1 della l. 25 ottobre 1982, n. 795, poi dall'art. 12, d.lgs. 28 luglio 1989,  n. 237, con poche variazioni formali.
Il comma 3 è stato così formulato per ricomprendere gli aumenti dell'indennità operati non con la tecnica della novella, sul presupposto della natura mobile del rinvio contenuto nella norma originaria. Il rinvio alla l. n. 27/1981 è contenuto nella norma originaria, così come successivamente sostituita, ed è quindi frutto di un equivoco l'osservazione del Consiglio di Stato, secondo cui l'indennità speciale sarebbe stata introdotta dal testo unico.
Il comma 5 è raccordato terminologicamente con il titolo “Trasferte”.

Articolo 66 (Indennità degli esperti dei tribunali e delle sezioni di corte di appello per i minori) (L)
La norma è stata riscritta perché la disciplina cui rinviava la norma originaria è oramai inserita nel testo unico.
Non è richiamato il comma 4 dell'articolo che precede, in quanto disposizione specifica delle corti d'assise.

Articolo 67 (Indennità degli esperti dei tribunali di sorveglianza) (L)
L'art. 70 della legge n. 354/1975, come risultante dalla sostituzione operata con  l'art. 22 della legge n. 663/1986, equipara i componenti privati dei collegi di sorveglianza, per il trattamento economico, agli esperti di cui all'art. 80 della stessa legge.
All'articolo 70 citato si è data attuazione con il d.P.R. 5 dicembre 1988, n.564 (emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400/1988) che, oltre a prevedere l'importo, per l'epoca, spettante agli esperti nei collegi di sorveglianza ha previsto lo strumento del decreto ministeriale ai fini dell'adeguamento periodico del compenso di questi esperti a quelli dell'amministrazione penitenziaria.
Nel citato articolo 80 è individuato solo il criterio per determinare l'importo.
Dal 1998, l'importo è determinato con decreto dirigenziale sia per gli esperti penitenziari che per gli esperti dei tribunali di sorveglianza; ciò in applicazione della distinzione politica-amministrazione di cui all'art. 4 del d.lgs. n. 165/2001.
La norma è stata riformulata tenendo conto della normativa di attuazione e del modo in cui concretamente ha operato nell'ordinamento.
Il comma 3, in particolare, si adegua al contenuto della circolare del Ministero della Giustizia n. 8/431/1 del 22/2/1991 che estende agli esperti  dei tribunali di sorveglianza l'indennità di missione prevista per i giudici popolari di Corte di assise (prima dall'articolo 36 legge n. 287/1951, ora confluita in questo titolo del testo unico).

Articolo 68 (Indennità degli esperti delle sezioni agrarie) (L)
Oggi queste spese non gravano sul cap. 1631 del Ministero della giustizia, ma sul cap. 1449 (ex cap. 1131) del Ministero delle politiche agricole e forestali e non sono pagate con la procedura relativa alle spese di giustizia. Infatti la spesa è gestita dal Ministero dell'interno, tramite le prefetture.
Tuttavia, poiché la vecchia disciplina risale all'epoca in cui i collegi agrari non erano sezioni specializzate del tribunale ordinario, si ritiene rispondente all'armonizzazione del sistema la ricomprensione nel testo unico delle spese di giustizia.
Si è aggiornata la norma, che correlava l'indennità di missione a quella del “direttore di divisione”, - figura non più esistente alla luce della riforma del pubblico impiego – correlando l'indennità a quella che spetta al dirigente di seconda fascia. Infatti, con la riforma, il direttore di divisione -le cui funzioni sono svolte dal primo dirigente, ai sensi dell'art.6, d.P.R. 748/1972 - e il primo dirigente rientrano nella seconda fascia della dirigenza
Per tale motivo si è ritenuto di discostarsi dalle osservazioni del Consiglio di Stato.
Si è interpretato l'originario riferimento all'indennità come comprensivo delle spese di viaggio che sempre sono dovute.

TITOLO XII
SPESE ESCLUSE E SPESE STRAORDINARIE NEL PROCESSO PENALE

Articolo 69 (Spese escluse) (L)
Indica quali spese non rientrano nelle spese di giustizia, riprendendo e adeguando l'elencazione contenuta nell'articolo 2 della Tariffa Penale. Nella norma originaria, all'elencazione delle spese escluse seguiva la loro disciplina. Ora queste spese sono disciplinate da altre norme dell'ordinamento con propria autonomia e per tale motivo si è scelto di riportare solo la loro elencazione.
Le spese di sepoltura dei detenuti sono disciplinate dall'art. 44, legge n. 354/1975 e dall'articolo 92 d.P.R.  30 giugno 2000, n. 230: i detenuti morti sono a disposizione dei congiunti, in mancanza di questi, si procede a spese del Comune (d.P.R. n. 285/1990, regolamento di polizia mortuaria).
Per il trasferimento dei detenuti, la disciplina del r.d. 2701 è completamente sostituita. Oggi le spese sono tutte a carico del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che provvede attraverso la polizia penitenziaria (art. 42 bis, legge n. 354/1975, aggiunto nel 1992, operativo dal 1996). Nel testo si è sostituito il termine trasferimento dei detenuti (ex art. 125 tariffa penale) con il termine traduzione, in quanto nella legge 354/1975 con il termine “trasferimento” si intende il trasferimento da un istituto ad un altro, mentre nel testo in commento  ci si riferisce alla traduzione ex art. 42-bis della medesima legge (sono traduzioni tutte le attività di accompagnamento coattivo, da un luogo ad un altro, di soggetti detenuti, internati, fermati, arrestati o comunque in condizione di restrizione della libertà personale).
Le spese di trasporto, custodia e sepoltura di persone decedute nella pubblica via o in altro luogo pubblico sono di competenza dei Comuni (d.P.R. n. 285/1990, regolamento di polizia mortuaria), salvo che non siano disposti accertamenti dall'autorità giudiziaria, nel qual caso esse divengono spese di giustizia e non occorre previsione specifica.
Per il trasporto degli atti processuali e degli oggetti che servono al processo, sicuramente non è più attuale la disciplina prevista dal r.d. n. 2701/1865. Oggi si provvede a mezzo posta, affrontando spese che gravano su quelle dell'ufficio, o utilizzando per il trasporto personale dipendente o degli uffici giudiziari o della P.G. Si tratta di spese rientranti tra quelle di ufficio, non riferibili al singolo processo. L'esigenza di prevedere delle convenzioni con corrieri privati a fini di celerità, trova risposta nel Titolo III.

Articolo 70 (Spese straordinarie) (L)
Le spese previste come straordinarie nel r.d. n. 2701/1865 (v. artt. 106-110), o rientrano tra quelle sostenute dall'ausiliario del magistrato sulla base della disciplina successiva (art. 7 l. n. 319/1980), oppure sono tipizzate come straordinarie ipotesi oramai superate ( per es. riproduzione di copie).
La norma in commento può essere utile come norma di chiusura. In concreto potrebbe servire, per esempio, per il recupero di navi o aerei in caso di disastri.
Si è previsto un rinvio ad un'altra ipotesi analoga (Titolo X della parte II) e per le norme a regime e per quelle transitorie.

TITOLO XIII
DOMANDA DI LIQUIDAZIONE E DECADENZA

Articolo 71 (Domanda di liquidazione e decadenza del diritto per testimoni, ausiliari del magistrato e aventi titolo alle trasferte) (L)
La norma in commento rielabora gli articoli originari, eliminando delle ambiguità terminologiche e adeguandoli alle novità normative in tema di modalità di pagamento.
Le voci di spesa prese in considerazione sono quelle che risultano dalle norme originarie.
Non sono comprese, pertanto, le indennità dei magistrati onorari, dei giudici popolari e degli esperti (titolo XI, parte II). Infatti, le indennità dei giudici onorari e degli esperti (nei collegi dei minori, di sorveglianza ed agrari) sono state disciplinate successivamente all'articolo 24 originario del r.d. n. 1043/1923 e la normativa di settore non prevede né richiama la prescrizione speciale.
Per i giudici popolari di assise, l'articolo 24 citato era, all'epoca dell'emanazione, sicuramente riferibile anche a loro, essendo questi disciplinati dall'articolo 23 dello stesso regio decreto; ma successivamente la materia è stata ridisciplinata senza prevedere né richiamare la prescrizione.
La norma in commento supera l'ambiguità terminologica del doppio termine di “prescrizione”, previsto dalla norma originaria, anche sulla base delle osservazioni del Consiglio di Stato.
E' pacifico che il termine previsto per l'incasso dell'importo è di decadenza, così come è di decadenza quello previsto per la presentazione della domanda. Infatti, nella norma originaria il termine finale per la presentazione della domanda coincide con quello qualificato di “prescrizione”;
quindi si tratta di termine di decadenza, operando poi le regole generali per la prescrizione del diritto.
Il termine di decadenza per l'incasso è stato riferito solo all'ipotesi di pagamento in contanti. Infatti, la decadenza del diritto del beneficiario, il quale in precedenza, oltre a chiedere la liquidazione, doveva sempre presentarsi all'ufficio pagatore, oggi si pone concretamente solo se si sceglie il pagamento in contanti. Se si sceglie l'accredito, nel momento in cui si richiede il pagamento all'ufficio che dispone il pagamento stesso, si indicano anche gli estremi del conto corrente, l'eventuale delega, esaurendosi con ciò l'attività richiesta al beneficiario.
Il termine “avviso di pagamento” è mutuato dalle norme regolamentari, che il testo unico prevede nella Parte VI, Titolo II.
Con riferimento ai diversi termini di decadenza, si è ripetuto il precetto della norma originaria.

Articolo 72 (Domanda di liquidazione di acconti dell'indennità di custodia) (R)
Con l'articolo in commento si è perseguito l'obiettivo di uniformare la disciplina a quella relativa al sequestro amministrativo, in coerenza con la giurisprudenza costituzionale (la sentenza n. 230 del 1989 ritiene ontologicamente identica l'attività del custode per il sequestro disposto dall'autorità giudiziaria e per quello disposto dall'autorità amministrativa), e di superare le incertezze e le diverse interpretazioni registrate nella prassi, dando rilievo alla giurisprudenza di legittimità più recente.
L'art. 12, del d.P.R. n. 571/1982, relativo ai sequestri amministrativi, prevede la liquidazione a domanda all'esito della custodia e la possibilità di acconti.
Nella prassi dei sequestri disposti dal giudice, in mancanza di normativa ad hoc, si è ritenuta necessaria la domanda di acconto, qualificata come atto interruttivo della prescrizione quinquennale.
La giurisprudenza ha affermato la prescrizione quinquennale  ex art. 2948, n. 4,  c.c., sulla base della natura del rapporto di deposito, che esclude la liquidazione alla fine, e secondo cui il credito matura giorno per giorno e alla base vi era l'esigenza di ridurre gli importi, eccessivi per la lunga durata del sequestro.
Sentenze di legittimità più recenti hanno affermato la prescrizione decennale, proprio sulla base della circostanza che il credito si matura solo con la cessazione dell'incarico.
La norma in commento si ispira al modello nel sequestro amministrativo e, ponendo esplicitamente la regola della liquidazione alla fine – giustificata dall'adattamento del contratto di deposito a fini pubblicistici-, vale a superare i dubbi e le diverse interpretazioni attualmente esistenti sulla durata della prescrizione.
Per la riduzione dei tempi del sequestro, vedi Parte IV relativa ai procedimenti particolari.

TITOLO XIV
REGISTRAZIONE DEGLI ATTI GIUDIZIARI NEL PROCESSO CIVILE E AMMINISTRATIVO

Articolo 73 (Procedura per la registrazione degli atti giudiziari) (R)
Oggi, depositata la sentenza, si invia l'originale all'ufficio finanziario competente che fissa l'importo e la restituisce, se si tratta di casi di prenotazione a debito o la trattiene sino al pagamento. Questo meccanismo crea ritardi ed intralci agli uffici giudiziari che, per lungo tempo, non hanno la disponibilità dell'atto.
In generale si deve considerare che:
-           il testo unico documentazione amministrativa ha disciplinato la trasmissione del documento informatico;
-           l'art. 36, legge 24 novembre 2000, n. 340 ha stabilito che l'obbligo di produrre gli originali, riferito ai notai e ai pubblici ufficiali depositari di atti pubblici, si intende adempiuto mediante produzione di copia autentica;
-           non ci sono ragioni imprescindibili che giustifichino la necessità dell'invio dell'originale;
-           è fondamentale assicurare all'ufficio finanziario la conoscenza dell'atto da sottoporre ad imposta e la quantificazione della stessa, nonché, che sull'atto venga annotato l'importo e l'eventuale quietanza.
Di tutto questo si è tenuto conto nella norma in commento e in quella prevista per la fase transitoria (v. Parte IX, tit. I, cap. VI).
A regime è stata introdotta la trasmissione telematica, prevedendo un decreto dirigenziale specifico per l'adattamento delle modalità tecniche, nel contesto generale del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e delle relative norme di attuazione, che sono espressamente richiamati.
Per la fase transitoria è stata prevista la trasmissione di copia autentica estendendo espressamente il principio di cui all'art. 36 cit. per superare i dubbi interpretativi emersi nella prassi in ordine alla applicabilità dello stesso agli atti giudiziari (quesito AA. CC. giustizia, Prot. 309/2001/U, 23.1.01).
La procedura di cui trattasi è riferita solo a quei procedimenti per i quali, allo stato della legislazione, è prevista l'imposta di registro.

PARTE III
PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

Premessa
Il testo unico riunisce e coordina anche le norme in tema di patrocinio a spese dello Stato.
La disciplina della materia è stata fortemente innovata dalla legge 29 marzo 2001, n. 134.
Sino a quella data sono esistite nell'ordinamento due discipline generali: quella del gratuito patrocinio nel processo civile (R.D. n. 3282/1923), alla quale rinviavano norme relative agli altri processi, e norme di settore per particolari processi civili; quella del patrocinio a spese dello Stato nel processo penale (L. n. 217/1990), alla quale rinviavano norme di settore. Accanto alle discipline generali coesistevano alcune discipline speciali per determinati processi, che regolamentavano gli effetti dell'ammissione.
La legge n. 134/2001, con la tecnica della novella alla legge n. 217/1990, - oltre ad alcune modifiche relative al patrocinio nel processo penale - ha riformato la disciplina della procedura di ammissione e degli effetti del beneficio nei processi diversi dal penale, dettando la nuova disciplina generale con decorrenza dal 1° luglio 2002.
Il testo unico riunisce e coordina l'intera materia, tenendo conto di tutte le modifiche legislative.
La sistemazione organica della materia all'interno del testo unico è imposta dalla circostanza che si tratta  sostanzialmente di una particolare disciplina delle spese del procedimento; infatti, già il R.D. n. 2700 del 1865 incorporava la regolamentazione delle spese nel caso di gratuito patrocinio, naturalmente con riferimento alla legislazione all'epoca vigente. E' imposta, anche, dalla necessità di raccordare, anche terminologicamente, le voci di spesa con quelle elencate nel testo unico, per evitare problemi interpretativi; mentre oggi, anche la disciplina più recente utilizza le voci di spesa del R.D. n. 3282/1923, in un contesto ordinamentale oramai cambiato da altre leggi. E' consigliata, inoltre, dall'opportunità di poter raccordare in un contesto unitario le norme di settore che rinviano alla disciplina generale, con indubbi vantaggi per l'interprete e l'operatore.
Nel rispetto dei limiti imposti dalla delega legislativa, il testo unico ha proceduto ad un riordino e coordinamento formale, trattandosi di norme di rango primario non attinenti ad aspetti procedimentali e organizzativi. In particolare: sono state aggiornate le voci di spesa, in modo da farle risultare coerenti con le altre norme dell'ordinamento; si è tenuto conto, per l'autocertificazione, del testo unico sulla documentazione amministrativa; sono stati eliminati dei refusi attribuibili alla tecnica della novella utilizzata dalla L. n. 134/2001; si è data alla materia una nuova impostazione sistematica in modo da distinguere le norme comuni a tutti i processi da quelle particolari, rispettivamente riferite al solo processo penale o agli altri processi; sono state raccordate alla disciplina generale alcune fattispecie speciali presenti nell'ordinamento. Infine, la disciplina prevista dalla legge n. 134/2001 per il processo civile e amministrativo è stata esplicitamente riferita anche al processo contabile e tributario, secondo quanto inequivocabilmente emerge dalle intenzioni del legislatore della riforma, che ha abrogato integralmente la vecchia disciplina generale (R.D. n. 3282/1923), alla quale rinviavano norme di settore per questi ultimi processi.

TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI SUL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO NEL PROCESSO PENALE, CIVILE, AMMINISTRATIVO, CONTABILE E TRIBUTARIO

Capo I
Istituzione del patrocinio

Articolo 74 (Istituzione del patrocinio) (L)
Indica coloro che possono usufruire del patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, compreso il penale militare, civile, amministrativo, contabile e tributario e negli affari di volontaria giurisdizione.
I commi 2 e 4, dell'articolo 1, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, relativi all'azione per il risarcimento del danno e alle restituzioni derivanti da reato, non sono stati fatti confluire in questo articolo, in quanto superflui rispetto al  sistema, come si ricava dalla lettura congiunta dell'articolo 1 originario e dell'articolo 15 bis della medesima legge, che ormai disciplina l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato in tutti i giudizi civili.

Articolo 75 (Ambito di applicabilità) (L)
Specifica l'ambito temporale di validità dell'ammissione al patrocinio.
Nell'articolo 15 octiesdecies della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, non era previsto esplicitamente il procedimento di opposizione di terzo (ordinaria e revocatoria), per un difetto di coordinamento. Si è ritenuta opportuna l'esplicita previsione per evitare gli equivoci che potevano essere ingenerati dalla presenza nella norma solo del procedimento di revocazione. Del resto, l'ampia previsione di cui al comma 1, dell'articolo in commento, già li ricomprende concettualmente entrambi, trattandosi di mezzi di impugnazione.

Capo II
Condizioni per l'ammissione al patrocinio

Articolo 76 (Condizioni per l'ammissione) (L)
Specifica le condizioni reddituali in cui deve versare il soggetto per essere ammesso al patrocinio. L'ultimo periodo del secondo comma dell'articolo 3, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, non è stato inserito nell'articolo in commento, in quanto il contenuto, relativo alla elevazione della soglia reddituale in caso di somma dei redditi dei familiari conviventi, è specifico solo per il diritto penale (v. articolo 91).
La asimmetria tra il civile e il penale, presente nella disciplina della legge n. 217/1990, come successivamente modificata, può essere spiegata alla luce dei beni e valori, di rilievo diverso,  tutelati nei diversi procedimenti.

Articolo 77 (Adeguamento dei limiti di reddito per l'ammissione) (L)
Alla luce della separazione tra attività di gestione, di competenza dirigenziale, e di indirizzo politico, di competenza del Ministro, il decreto interministeriale per l'adeguamento dei limiti di reddito per l'ammissione, precedentemente previsto dalla legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, è stato trasformato in un decreto dirigenziale. Si è operata una scelta uniforme in tutto il testo unico (v. art. 20).

Capo III
Istanza per l'ammissione al patrocinio

Articolo 78 (Istanza per l'ammissione) (L)
Nella formulazione del comma 1 della presente norma, si è optato per il termine “interessato”, già usato dall'articolo 2 della legge n. 217/1990, in quanto tale termine ricomprende anche il concetto di “parte”, usato, invece, dall'art. 15 quater della legge 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001.
Al comma 2, si è inserito il riferimento alla nuova disciplina in materia di documentazione amministrativa (d.P.R. n. 445/2000). La vecchia formulazione, prevista dall'originario articolo 2, comma 2, della legge n. 217/1990 (“ovvero dal funzionario che la riceve”) è stata attualizzata, scegliendo, nell'ambito della disciplina del Testo Unico documentazione amministrativa, la via più semplice per l'interessato all'ammissione al patrocinio (quella prevista dall'articolo 38, comma 3, del d.P.R. n. 445/2000 e non quella più complessa dell'articolo 21, comma 2 dello stesso testo). Infatti, non sembrano sussistere ragioni per limitare le possibilità di autenticazione per l'utente.

Articolo 79 (Contenuto dell'istanza) (L)
Nell'elencare gli elementi dell'istanza, alla lettera c), del comma 1, il termine “autocertificazione” previsto originariamente dalla legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, è stato sostituito con il riferimento al testo unico in materia di documentazione amministrativa.
Al comma 2, la dicitura “straniero”, originariamente prevista dagli articoli 5 e 15 quinquies della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, è stata sostituita con “cittadino di Stato non appartenente all'Unione europea”, sempre uniformandosi alla disciplina adottata in materia di documentazione amministrativa. Infatti, l'articolo 3, comma 1, del d.P.R. n. 445/2000 equipara nella materia cittadini italiani e comunitari. Quindi, la disciplina particolare prevista per gli stranieri riguarda soltanto gli extracomunitari, non potendosi riferire ai cittadini di paesi appartenenti all'Unione europea.

Capo IV
Difensori, ausiliari del magistrato e consulenti tecnici di parte

Articolo 80 (Nomina del difensore) (L)
Presso ogni consiglio dell'ordine degli avvocati, che ha base territoriale circondariale, è istituito un elenco degli avvocati per il patrocinio. Quindi dall'interpretazione degli articoli 9, comma 1, e 15 duodecies, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge 134/2001, si desume che l'ammesso al patrocinio può scegliere uno degli avvocati iscritti negli elenchi di tutti i consigli dell'ordine del distretto di Corte di appello.
Rispetto alle originarie norme della legge n. 217/1990, la formulazione della norma nasce dalla scelta di distinguere la disciplina relativa al difensore da quella relativa agli ausiliari del magistrato e al consulente tecnico di parte. Scelta che, con riferimento al profilo della liquidazione, consente per questi ultimi il rinvio alla disciplina comune.
Il comma 2 raccorda la norma con l'art. 126 (L), nella cui formulazione originaria era disciplinata l'ipotesi del procedimento presso la corte di cassazione.

Articolo 81 (Elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato) (L)
Disciplina le condizioni e i requisiti per l'inserimento e la permanenza negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato.

Articolo 82 (Onorario e spese del difensore) (L)
L'articolo in commento disciplina l'onorario e le spese del difensore riprendendo le norme originarie.

Articolo 83 (Onorario e spese dell'ausiliario del magistrato e del consulente tecnico di parte) (L)
Detta norme in ordine alla determinazione dell'onorario e delle spese e specifica le fasi in cui la liquidazione è effettuata, riprendendo dalla norma originaria solo le diversità rispetto alla disciplina generale, prima prevista nella legge n. 319/1980, e poi confluita nel testo unico.
Per ausiliari e consulenti di parte non è previsto il limite massimo perché la norma originaria (art.12, c.1, l. n. 217/90) lo riferisce solo agli avvocati. Infatti, il limite dei valori medi delle tariffe professionali relative ad onorari, diritti ed indennità riguarda le tariffe professionali degli avvocati e non gli onorari di ausiliari e consulenti, determinati sulla base delle tabelle ex l. n. 319/80, ora incorporata nel testo unico. Per tale motivo non si è accolto il suggerimento del Consiglio di Stato.
Si è abrogato l'articolo 15 quattuordecies, comma 4 (ultimo periodo) della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, che prevedeva la trasmissione del decreto di liquidazione dei compensi del consulente tecnico anche alla Guardia di Finanza. Premesso che tale previsione esisteva solo per il civile, tale norma rappresenta un difetto di coordinamento del legislatore, in quanto nel nuovo sistema del patrocinio a spese dello Stato non ha alcun senso inviare all'amministrazione finanziaria il decreto di liquidazione. Dall'invio, infatti, non deriva alcun adempimento accertativo per l'amministrazione finanziaria.

Articolo 84 (Opposizione al decreto di pagamento) (L)
In generale, dalla norma originaria sono riprese solo le diversità rispetto alla disciplina generale, prima prevista dalla legge n.319/1980, e poi confluita nel testo unico.
Nella formulazione della norma non si è riportata l'originaria previsione dell'articolo 12, comma 6, della legge n. 217/1990 (“eccettuati quelli coperti da segreto”), perché, secondo altra norma (v. parte del testo unico relativa al Pagamento), fino a che c'è segreto istruttorio, non c'è possibilità di opposizione.

Articolo 85 (Divieto di percepire compensi o rimborsi) L)
Prevede che il difensore, l'ausiliario del magistrato e il consulente di parte non possono percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a titolo diverso da quelli previsti dal testo unico. (Per esempio, l'Ausiliario o il consulente di parte agiscono direttamente nei confronti della parte ammessa, vittoriosa o revocata, o dell'altra parte condannata alle spese).

Capo V
Recupero delle somme da parte dello Stato

Articolo 86 (Recupero delle somme da parte dello Stato) (L)
Prevede il diritto da parte dello Stato di recuperare in danno dell'interessato le somme eventualmente pagate successivamente alla revoca del provvedimento.

Capo VI
Norme finali

Articolo 87 (Servizio al pubblico in materia di patrocinio a spese dello Stato) (L)
Il servizio al pubblico, disciplinato dall'articolo 20 della legge n. 134/2001, è comune al patrocinio a spese dello Stato e alla difesa di ufficio.
Pertanto, l'articolo 20, della legge n. 134/2001, non può essere incorporato nell'ambito del testo unico, ma ci si deve limitare alla presente norma di raccordo e rinvio.

Articolo 88 (Controlli da parte della Guardia di Finanza) (L)
Tale previsione era originariamente inserita solo per il civile, nell'articolo 15 decies, comma 5, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001. Si è inserita tra le norme comuni perché chiaramente è norma di sistema, diretta alla Guardia di finanza, indipendentemente dal tipo di processo.
Tra l'altro, nelle due procedure di ammissione, seppure diverse per altri profili, la Guardia di Finanza svolge lo stesso ruolo di accertamento e di verifica.

Articolo 89 (Norme di attuazione) (L)
La norma originaria prevedeva lo strumento regolamentare per le norme di attuazione.
Nell'elaborare il testo unico incorporando tutta la disciplina del patrocinio a spese dello Stato non si sono individuate norme di attuazione necessarie. Tuttavia, si è preferito lasciare nell'ordinamento lo strumento previsto dal legislatore per l'ipotesi che se ne rinvenisse la necessità in futuro.

TITOLO II
DISPOSIZIONI PARTICOLARI SUL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO NEL PROCESSO PENALE

Capo I
Istituzione del patrocinio

Articolo 90 (Equiparazione dello straniero e dell'apolide) (L)
Il termine “straniero” si riferisce sia al cittadino di Paesi appartenenti all'Unione europea, sia al cittadino di Paesi non appartenenti all'Unione europea. Le uniche differenze per quanto attiene la documentazione da presentare insieme all'istanza sono disciplinate nell'articolo 79.

Capo II
Condizioni per l'ammissione al patrocinio

Articolo 91 (Esclusione dal patrocino) (L)
Prevede le ipotesi in cui è esclusa l'ammissione al patrocinio.

Articolo 92 (Elevazione dei limiti di reddito per l'ammissione) (L)
La asimmetria tra il civile e il penale è presente nella disciplina della legge n. 217/1990, come successivamente modificata, e può essere spiegata alla luce dei beni e valori diversi tutelati nei diversi procedimenti.

Capo III
Istanza di ammissione al patrocinio

Articolo 93 (Presentazione dell'istanza al magistrato competente) (L)
Dal combinato disposto del presente articolo, relativo all'individuazione del giudice competente a ricevere l'istanza, e dell'articolo 78 (L), comma 1, discende che non occorre una norma specifica, che preveda la possibilità di presentare l'istanza di ammissione anche durante le indagini preliminari al magistrato competente. Per questo motivo, il contenuto dell'articolo 7, comma 1, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n.134/2001, è interamente assorbito.
Nel presente articolo (e in tutto il testo in commento) si è sostituito il termine “cancelleria”, adottato nell'originario articolo 2 della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, con il termine “ufficio”, sulla base della definizione contenuta nelle norme generali del testo unico, secondo cui “ufficio” è l'apparato strumentale dell'ufficio giudiziario.
Nell'individuazione del giudice a cui presentare l'istanza, si è scelta l'espressione “il giudice che procede”, in quanto nel penale non è possibile immaginare una richiesta di ammissione al patrocinio prima del coinvolgimento di un giudice (anche nella fase delle indagini preliminari). Pertanto, non serve mantenere l'espressione “il giudice competente a conoscere del merito”.

Articolo 94 (Impossibilità a presentare la documentazione necessaria ad accertare la veridicità) (L)
Il comma 1 prevede che in caso di impossibilità di produrre la documentazione richiesta dall'art. 79 (L), comma 3, questa possa essere sostituita con una dichiarazione sostitutiva.
Il comma 2 prevede una dichiarazione sostitutiva della certificazione consolare sui redditi prodotti all'estero. Tale previsione appare in contrasto con l'articolo 3, comma 2, del Testo unico documentazione amministrativa (D.P.R. n. 445/2001), che consente al cittadino extracomunitario l'autocertificazione solo su fatti comprovabili da autorità italiane. D'altro canto, non si può cambiare tale previsione, perché incide sui diritti di cittadini extracomunitari e consente loro di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato anche nelle ipotesi di impossibilità di contattare la loro autorità consolare, magari accreditata in un altro Paese, oppure nell'ipotesi di una mancata risposta da parte dell'autorità consolare.
In generale, per i primi due commi, emerge la previsione, che appare contraddittoria, di una dichiarazione sostitutiva di certificazione che sostituisce la documentazione integrativa o la certificazione dell'autorità consolare, entrambe richieste - dopo l'iniziale dichiarazione sostitutiva - proprio per accertarne la veridicità. La previsione, presente nella normativa originaria, è mantenuta nel testo unico, perché il mutamento di disciplina inciderebbe sul diritto all'ammissione e, quindi, non può rientrare nell'ambito della semplice armonizzazione perseguita.
Quanto al comma 3, emerge la disparità di trattamento, presente nella legge, per cui al cittadino extracomunitario non detenuto o comunque non privato della libertà personale è possibile sostituire la certificazione dell'autorità consolare con un'autocertificazione. Invece, nei confronti del cittadino extracomunitario detenuto o, comunque, privato della libertà di circolazione, tale sostituzione non è possibile. L'unica possibilità è un termine ulteriore di 20 giorni in cui il difensore o i familiari possono presentare la certificazione. Infatti, in caso di mancata presentazione della documentazione richiesta, il giudice dispone la revoca dall'ammissione stabilita in attesa della documentazione (come prevedeva l'originario articolo 10, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001 e l'attuale articolo 112 (L) del testo unico).

Articolo 95 (Sanzioni) (L)
La norma in commento riporta la fattispecie penale prevista nella norma originaria – differente rispetto a quella prevista per i procedimenti diversi dal penale - e si limita a sciogliere i rinvii interni alla legge raccordandoli con il Testo unico.
Il termine “autocertificazione” previsto originariamente dalla legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, è stato sostituito con l'espressione contenuta nel testo unico in materia di documentazione amministrativa “dichiarazione sostitutiva di certificazione”.
Alla previsione della revoca si è aggiunta la precisazione “con efficacia retroattiva”, per coordinare meglio il testo del presente articolo con la formulazione dell'art. 112 (L) relativo alla revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio.
Per il resto, se si escludono i necessari coordinamenti formali con il testo unico, è stata mantenuta la previsione legislativa originaria che presenta delle differenziazioni nell'individuazione della fattispecie penale tra processo penale e altri processi [v. art. 125 (L)].

Capo IV
Decisione sull'istanza di ammissione

Articolo 96(Decisione sull'istanza di ammissione al patrocinio) (L)
Disciplina i tempi e gli elementi di valutazione rilevanti per la decisione del magistrato in ordine alla richiesta di ammissione, secondo le previsioni delle norme originarie.
Le osservazioni del Consiglio di Stato, relative al ruolo del pubblico ministero sono il frutto di un equivoco originato dal testo presente nella raccolta delle Leggi d'Italia, testo vigente, De Martino, edita da De Agostani professionale.
Infatti, l'art. 6, c.1, l. n. 217/1990 è stato modificato dall'articolo 152, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che ha attribuito alcune funzioni al pubblico ministero; poi, contestualmente alle modifiche operate con la l. n. 134/2001, l'art.152 è stato abrogato dall'art.23, l. n. 134/2001. Invece, nella raccolta citata le modifiche operate con l'art.152 cit. risultano presenti.

Articolo 97 (Provvedimenti adottabili dal magistrato) (L)
L'articolo in commento riprende la norma originaria relativa ai provvedimenti adottabili dal magistrato e alla loro conoscibilità.

Articolo 98 (Trasmissione all'ufficio finanziario degli atti relativi all'ammissione) (L)
Nell'articolo in commento e in quelli successivi, l'espressione “intendente di finanza” è stata sostituita con “ufficio finanziario”. Analogamente, negli articoli relativi agli altri processi, l'espressione “direttore regionale delle entrate” e altre espressioni similari sono state sostituite con l'espressione “ufficio finanziario”. Ciò, in coerenza con le definizioni generali adottate per il testo unico e per evitare futuri dubbi interpretativi, che potrebbero sorgere con le modifiche dell'organizzazione interna dell'amministrazione finanziaria.
Inoltre, l'espressione “cancelleria del giudice” è stata sostituita con “ufficio”, per adeguarsi alle definizioni generali adottate nella prima parte del testo unico.
L'originaria previsione della trasmissione all'amministrazione finanziaria è stata limitata al caso di decreti di ammissione, perché solo in tal caso l'amministrazione è interessata.
In caso di rigetto sarà interessata solo se c'è il ricorso dell'interessato (vedi articolo 99 (L) e potrà avere la documentazione come parte del relativo procedimento.
E' stato eliminata l'espressione “a mezzo posta” per consentire maggiore elasticità.

Articolo 99 (Ricorso avverso i provvedimenti di rigetto dell'istanza) (L)
La norma originaria si riferisce solo al penale. La tutela giurisdizionale è prevista anche in caso di revoca (vedi articolo 113 (L).
Per gli altri processi (vedi articolo 126 (L), ultimo comma), l'interessato che si sia visto rigettare l'istanza dal consiglio dell'ordine può solo proporla al giudice.
Nessuna altra tutela è data in caso di revoca.
Con riferimento al comma 1, è stata espressamente prevista la forma monocratica, ripetendo la scelta già effettuata nella Parte VI. Con l'entrata in vigore della riforma che ha introdotto il giudice unico, come regola generale se non derogata da norme ad hoc, il rinvio contenuto nella norma originaria del 1942, che prevedeva la forma collegiale in una procedura semplificata, in un contesto in cui la forma collegiale era la regola, avrebbe avuto l'effetto di conservare nell'ordinamento la competenza collegiale per una procedura semplificata, andando, quindi, in una direzione opposta a quella intrapresa dal legislatore più recente. Per una applicazione analoga fatta dal legislatore, vedi relazione alla parte Pagamento.
Anche il ricorso avverso il provvedimento di rigetto pronunciato dal giudice di pace si presenta al Presidente del tribunale, in quanto il giudice coordinatore dell'ufficio del giudice di pace svolge mere funzioni amministrative e non giurisdizionali.
Per le osservazioni del Consiglio di Stato relative alle funzioni del pubblico ministero, v. relazione all'articolo 96.

Capo V
Difensori, investigatori e consulenti tecnici di parte

Articolo100(Nomina di un secondo difensore) (L)
Prevede, per casi determinati, la possibilità per l'interessato di nominare un secondo difensore per gli atti che si compiono a distanza.

Articolo 101 (Nomina del sostituto del difensore e dell'investigatore) (L)
Prevede la possibilità per il difensore della persona ammessa al patrocinio di nominare un sostituto o un investigatore privato autorizzato.

Articolo 102 (Nomina del consulente tecnico di parte) (L)
Disciplina la nomina del consulente tecnico di parte nel processo penale.

Articolo 103 (Informazioni all'interessato in caso di nomina di un difensore di ufficio) (L)
Stabilisce le informazioni che, nel caso in cui si proceda alla nomina di un difensore d'ufficio, il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria devono dare all'interessato.

Articolo 104 (Compenso dell'investigatore privato) (L)
Prevede che il compenso dell'investigatore è determinato e liquidato dall'autorità giudiziaria e che è ammessa opposizione, come per l'ausiliario del magistrato.

Articolo 105 (Liquidazione con provvedimento del giudice per le indagini preliminari) (L)
Il legislatore originario, all'articolo 7, comma 1, della legge n. 217/1990 non aveva previsto l'ipotesi della liquidazione da parte del giudice per le indagini preliminari dei compensi anche dell'investigatore privato. La norma in commento comprende anche l'investigatore privato, perchè dal sistema emerge che l'omissione è un mero difetto di coordinamento.
Per le osservazioni del Consiglio di Stato relative al pubblico ministero, v. relazione all'articolo 96.

Articolo 106 (Esclusione dalla liquidazione dei compensi al difensore e al consulente tecnico di parte) (L)
La norma, che prevede la non liquidazione del compenso al difensore nel caso in cui l'impugnazione è dichiarata inammissibile, riprende il precetto contenuto nell'art. 12, comma 2 bis, ultimo periodo, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001.
Il comma 2, invece, riporta la previsione (dell'art. 4, comma 2, legge citata), che esclude la liquidazione del compenso al consulente di parte se gli accertamenti tecnici, all'atto del conferimento dell'incarico, apparivano irrilevanti ai fini della prova.
La previsione è limitata, su suggerimento del Consiglio di Stato, al compenso del consulente di parte, apparendo ragionevole un controllo ex post per verificare, sulla scorta di un giudizio prognostico rapportato al momento del conferimento, se l'incarico al consulente non apparisse ab origine irrilevante o superfluo in relazione alla formazione della prova, al fine di evitare abusi ad opera del soggetto ammesso al patrocinio.

Capo VI
Effetti dell'ammissione al patrocinio

Articolo 107 (Effetti dell'ammissione) (L)
In generale, si rinvia ai commenti all'articolo corrispondente per gli altri processi (art.131).
Il legislatore nel disciplinare gli effetti non ha distinto tra spese normalmente anticipate nel processo penale, indipendentemente dal patrocinio a spese dello Stato, e quelle che sono anticipate solo per effetto dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e che gravano ordinariamente sulla parte privata (vedi come esempio lett. c) e d) della norma originaria, per gli ausiliari del giudice e per i testimoni).
Non è possibile procedere a tale distinzione. La disciplina del recupero di tutto in caso di revoca è costruita come “sanzione” e, quindi, prescinde dal recupero subordinato alla condanna per le spese ordinariamente anticipate e ripetibili (un revocato, anche se assolto, deve restituire tutto; per un condannato non revocato tutte le spese rimangono a carico dell'erario, anche quelle che – se non fosse stato ammesso al patrocinio – sarebbero state recuperabili nei suoi confronti (vedi art. 111 (L).
Per quanto attiene al comma 3, alla lettera d), i termini “consulenti tecnici e consulenti tecnici di parte” sono stati sostituiti con la terminologia “ausiliari del magistrato e consulenti tecnici di parte” sulla base della definizione di “ausiliario del magistrato”.
Nel nuovo processo penale, periti sono i consulenti tecnici nominati dal giudice, mentre consulenti tecnici sono quelli nominati dalle parti (p.m. o parti private). Quindi la terminologia originaria è comunque impropria. Non ci sono dubbi in ordine alla ricomprensione del consulente tecnico nominato dal p.m. e del perito del giudice. Infatti, anche per le altre voci di spesa, nelle norme originarie sono sempre ricomprese tra gli effetti quelle che sono sempre anticipate dall'erario nel processo in cui non vi è ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Dalla ricostruzione fatta, nessuna funzione è svolta dai notai nel processo penale. Per tale motivo non si è riportato il riferimento ad essi previsto nell'articolo originario.
Sempre per quanto attiene il comma 3, alla lett. e), l'indennità di custodia è tra le spese sempre anticipate, indipendentemente dall'ammissione (vedi articolo 694 c.p.p).
Con riferimento alle voci di spesa previste alle lett. d) e f), della norma in commento, va chiarito che “l'annotazione a debito degli onorari dovuti nonché delle spese e indennità anticipate dallo Stato, ai sensi della lettera c)”, secondo la formulazione originaria della lettera d) (esistente anche nella formulazione prima della riforma del 2001) significa inequivocabilmente, sulla base della prassi applicativa e del collegamento con l'art. 12 della legge originaria, che tali spese e, in particolare gli onorari di avvocati e consulenti tecnici, erano annotate per il recupero e sicuramente anticipate dall'erario e non prenotate a debito. “Annotazione”, usato nell'articolo originario, si riferisce solo, e per le spese recuperabili per intero, all'annotazione nel modello ex art. 200 att. c.p.p. – in realtà nella prassi nel fascicolo - e non all'annotazione nel campione, che si formava solo nel momento finale.
E' stata eliminata la lettera e) dell'articolo originario poiché le dichiarazioni sostitutive sono tutte esenti dall'imposta di bollo, secondo quanto stabilito dall'art. 16, della tabella B, del D.P.R. n. 642/1972, e secondo l'articolo 37, comma 1, del testo unico documentazione amministrativa: D.P.R. n. 445/2000.

Articolo 108 (Effetti dell'ammissione relativi all'azione di risarcimento del danno nel processo penale) (L)
In generale, vedi commenti all'articolo sugli effetti relativo agli altri processi (art.131).
Dell'originario art. 4, legge n. 217/1990, lett. a), limitatamente alle parole “di bollo” e “di qualsiasi…natura”, non si è tenuto conto perché assorbito dall'art. 9, legge n. 488/1999, che ha soppresso il bollo e i diritti di cancelleria.
Sino ad oggi, pur in assenza di prassi per mancanza di ipotesi concrete - infatti non ci sono casi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato - la prenotazione a debito sarebbe dovuta avvenire nel campione civile sulla base della circolare di Giustizia che ha fatto riferimento alla natura dell'azione.
Infatti, la circolare 30.6.95, relativa alla annotazione della prenotazione a debito dell'imposta di registro della sentenza di condanna al risarcimento del danno, prevede il campione civile. Ciò vale anche per la categoria generale dei giudizi relativi a tale azione nei casi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fondandosi l'argomentazione sulla natura dell'azione. E' così superata la circ. 19.11.90 (annotazione nel campione penale). Oggi il problema non si pone sulla base del nuovo assetto proposto in materia di registri.

Articolo 109 (Decorrenza degli effetti) (L)
Stabilisce nello specifico da quando decorrono gli effetti dell'ammissione

Articolo 110 (Pagamento in favore dello Stato) (L)
Nel presente articolo è confluito il contenuto dell'articolo 14, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, salvo il comma 4, che, essendo relativo alle controversie civili, risulta ampiamente superato dalla disciplina dell'articolo 15 sexiesdecies della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001.

Articolo 111 (Recupero nei confronti dell'imputato ammesso al patrocinio) (L)
L'articolo 17, comma 1, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, è stato riformulato nella presente norma in positivo per esigenze di maggiore chiarezza.
Nella formulazione originaria con l'espressione “nel processo penale”, non ci si riferiva anche all'azione civile nel processo penale che è l'ipotesi disciplinata dall'articolo 108 (L) e, in parte, dall'articolo 110 (L).
La formulazione originaria si riferisce solo alla revoca su richiesta dell'amministrazione finanziaria. Questa previsione è incompatibile con l'altra (originario articolo 11), secondo cui i casi in cui la revoca ha efficacia retroattiva sono più ampi perchè ricomprendono anche la revoca per la mancata certificazione dell'autorità consolare e la revoca disposta dal magistrato all'esito delle integrazioni richieste alla Guardia di finanza e alla DIA e alla DNA in caso di imputazione per alcuni delitti.
Per eliminare la discordanza presente nella legge originaria, probabilmente dovuta ad un difetto di coordinamento, le due ulteriori ipotesi di revoca con effetto retroattivo sono state accorpate, quanto agli effetti della revoca, alla fattispecie più vicina per struttura e ratio  a quella espressamente disciplinata dal legislatore. Per cui, la mancata certificazione ha seguito la disciplina delle altre ipotesi dell'articolo 112 (L) (efficacia a tempo), mentre la revoca a seguito delle integrazioni chieste alla Guardia di finanza, alla DIA e alla DNA, ha seguito la disciplina prevista per la revoca su richiesta dell'amministrazione finanziaria (efficacia retroattiva).
Questo articolo va esaminato in collegamento con gli articoli 112 (L) e 114 (L).

Capo VII
Revoca del decreto di ammissione al patrocinio

Articolo 112 (Revoca del decreto di ammissione) (L)
Degli originari articoli 10 e 11, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, si evince chiaramente come l'uso di diversi termini “modifica” e “revoca” ha il solo valore precettivo di individuare i diversi termini di decorrenza degli effetti (vedi articolo 114 (L) del testo unico). Non si tratta, quindi, di due istituti, ma di un solo istituto, quello della revoca. Il termine “modifica” si riferisce sempre e soltanto alle condizioni reddituali. In tal senso, la norma è stata riformulata per esigenze di chiarezza.
La previsione generale di cui al comma 3, del presente articolo assorbe anche la previsione specifica relativa al giudice per le indagini preliminari di cui all'articolo 7, comma 2, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001.
Coerentemente alla scelta operata in altra norma (articolo 98 (L)) è stata esclusa la comunicazione all'amministrazione finanziaria, che in caso di revoca non ha interesse.
Per le osservazioni del Consiglio di Stato relative alle funzioni del pubblico ministero, v. relazione all'articolo 96.

Articolo 113 (Ricorso avverso il decreto di revoca) (L)
L'articolo in questione riguarda solo l'ordinanza che decide la revoca richiesta dall'amministrazione finanziaria, secondo le modalità dell'articolo 112 (L), comma 1, lett. d), del presente testo unico.
Per le osservazioni del Consiglio di Stato relative alle funzioni del pubblico ministero, v. relazione all'articolo 96.

Articolo 114 (Effetti della revoca) (L)
In relazione alle ipotesi ivi richiamate, indica il momento dal quale la revoca del provvedimento di ammissione ha effetto (v. art. 112 (L).

TITOLO III
ESTENSIONE, A LIMITATI EFFETTI, DELLA DISCIPLINA DEL PATROCINIO PREVISTA PER IL PROCESSO PENALE

Articolo 115 (Liquidazione dell'onorario e delle spese al difensore di persona ammessa al programma di protezione dei collaboratori di giustizia) (L)
L'articolo 12, comma 2 ter della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, che confluisce nel testo Unico, sostituisce, integrandola, la previsione contenuta nell'articolo 13, comma 6 della legge n. 82/1991.
La scarna previsione di quest'ultimo articolo (provvedimento del giudice su parere del consiglio dell'Ordine) è, infatti, integrata nell'art. 12, comma 2 ter citato con il rinvio alle norme e modalità disciplinate per il patrocinio a spese dello Stato (tariffe professionali, valutazione dell'impegno professionale, ecc.). Il rinvio non può non ritenersi esteso all'opposizione, che è parte integrante della disciplina.
La norma nulla prevede in ordine all'estensione della disciplina relativa all'eventuale recupero della somma. Che l'importo sia anticipato dallo Stato discende dalla legge n. 82/1991, che ricomprende l'assistenza legale tra le misure di assistenza economica. Invece, sull'eventuale recupero della somma, nulla dispone la stessa legge n. 82/1991 e non è sostenibile l'estensione della disciplina relativa al patrocinio a spese dello Stato, la quale subordina il recupero alla revoca dell'ammissione basata su profili reddituali e attinenti alla procedura.

Articolo 116 (Liquidazione dell'onorario e delle spese al difensore di ufficio) (L)
L'art. 32 disp. att. c.p.p., sostituito dall'art. 17 della legge n. 60/2001, prevede che, se l'avvocato dimostra di non aver recuperato nulla dal difeso, il compenso è liquidato dallo Stato, nella misura e con le modalità previste dalla disciplina per il patrocinio a spese dello Stato, come accade sempre se il difeso è ammesso al patrocinio. E' un modo per assicurare l'effettività e l'efficacia della difesa di ufficio, garantendo la retribuzione al difensore, se il proprio assistito non paga.
Lo Stato ha diritto di ripetere la somma anticipata dal difeso a meno che le condizioni di quest'ultimo non siano quelle che avrebbero consentito l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Poiché l'ammissione al patrocinio è sempre costruita nel sistema come concessione di beneficio a domanda dell'interessato, l'unica interpretazione possibile del comma 2 dell'articolo originario è nel senso che, emesso il decreto di liquidazione, si avvia la procedura di recupero (invito al pagamento, iscrizione a ruolo, riscossione mediante ruolo) a meno che il difeso non fa istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. In tal caso, la procedura di recupero si interrompe se l'istante è ammesso e il credito dello Stato è estinto per insussistenza, essendo venuto meno il presupposto di legge cui era subordinato il diritto di recupero. La procedura di recupero, invece, procede indisturbata se l'istanza di ammissione non è presentata o non è accolta. Questa interpretazione è alla base della riformulazione del comma 2 della norma in commento.
L'espressione “versi nella condizione” non può presupporre una procedura che vede come parte attiva l'ufficio pubblico sul modello di quella  per i minori. Nella fattispecie proposta per i minori, infatti, c'è una presunzione di non abbienza del soggetto che non nomina un difensore di fiducia e un'ammissione officiosa al patrocinio a spese dello Stato, salvo verifiche, che ha il suo fondamento nel favor minoris del nostro ordinamento.
Non occorre il rinvio alla riscossione, nella norma originaria richiamata attraverso il d.P.R. n. 602/1973, dato il nuovo contesto del testo unico.

Articolo 117 (Liquidazione dell'onorario e delle spese al difensore di ufficio di persona irreperibile) (L)
L' articolo 32 bis delle disp. att. c.p.p., introdotto dall'articolo 18 della legge n. 60/2001, prevede che al difensore di ufficio dell'irreperibile è liquidato dallo Stato il compenso nella misura e con le modalità previste dalla disciplina per il patrocinio, come accade sempre se il difeso è ammesso al patrocinio. E' un modo per assicurare l'effettività e l'efficacia della difesa di ufficio, garantendo la retribuzione al difensore, in caso di irreperibilità del difeso. Lo Stato recupera (invito al pagamento, iscrizione a ruolo, riscossione mediante ruolo) quando il difeso diventa  reperibile.
L'articolo è stato così riformulato in quanto non ha contenuto precettivo  il richiamo al comma 5, dell'originario articolo 1, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, visto che l'individuazione del soggetto nei cui confronti lo Stato ha diritto di ripetizione è fatta nell'articolo 32 bis. Quanto alla misura e alle modalità, anche il comma 5, dell'articolo 1, della legge n. 217/1990 rinviava a quelle previste nel resto della legge, ora in questa parte del Testo unico. Un significato al richiamo del comma 5 citato, si può forse rinvenire nell'esigenza di chiarire la differenza con l'ipotesi disciplinata dall'articolo precedente: mentre lì la liquidazione del difensore è subordinata all'infruttuosa riscossione nei confronti del difeso, qui – come nel processo minorile – il difensore è comunque liquidato salvo recupero.

Articolo 118 (Liquidazione dell'onorario e delle spese al difensore di ufficio del minore) (L)
Già prima della legge n. 60/2001, che ha innovato la disciplina della difesa di ufficio e si è posta l'obiettivo di assicurare l'efficacia della difesa, anche garantendo la retribuzione del difensore (vedi articoli che precedono), il legislatore era andato in questa direzione per il processo penale minorile, prevedendo la norma originaria (art. 1, comma 5, l. n. 217/1990) in esame. In sostanza, limitatamente al compenso del difensore, c'è una ammissione d'ufficio al patrocinio, senza domanda dell'interessato, purché esistano le condizioni reddituali richieste in generale. 
Quanto alle altre voci di spesa, si deve considerare che nel processo penale minorile non c'è condanna, sulla base dell'articolo 29 del d.lgs. n. 272/1989, alle altre spese anticipate, con la conseguenza che sempre, e indipendentemente dall'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, le spese, che normalmente lo Stato anticipa e poi recupera nei confronti del condannato, rimangono a carico dell'erario.
Che l'ammissione di ufficio fosse limitata al compenso al difensore, lo conferma la circostanza che, nella prassi, non si è posto il problema per l'anticipo da parte dell'erario di spese, quali la consulenza tecnica di parte o le spese di notifica di testi a difesa, che, in caso di patrocinio a spese dello Stato, sono anticipate dall'erario invece che dalla parte.
Relativamente alle modalità di accertamento delle condizioni reddituali ai fini del recupero, in caso di superamento dei limiti, si è riscontrata un'applicazione differenziata della norma originaria.
Alcuni uffici procedono all'azione di recupero in mancanza di prove da parte dell'interessato della sussistenza delle condizioni reddituali. Comunicato il decreto di liquidazione alla parte privata e invitata a documentare la sussistenza dei requisiti per il beneficio, anche nel silenzio della parte, avviano le procedure per il recupero.
Altri uffici, invece, per procedere al recupero, ritengono necessaria la prova positiva, prodotta dalla parte privata invitata a documentare o accertata tramite la direzione regionale dell'agenzia delle entrate.
Quest'ultima interpretazione, recepita nell'articolato,  appare la più corretta sulla base di tre ragioni collegate: a) discende coerentemente dalla costruzione dell'istituto come ammissione di ufficio, che si fonda sulla presunzione di non abbienza del minore che non abbia nominato un difensore di fiducia; b) si inserisce nel contesto del favor minoris proprio del nostro ordinamento minorile; c) impedisce spreco di risorse per riscuotere un credito che non può essere concretamente recuperato per mancanza di disponibilità e il cui recupero è stato avviato solo perché l'interessato non ha risposto alla richiesta di documentazione.
In sostanza, liquidato il compenso e comunicato (secondo le regole generali) al difensore, alle parti processuali e all'ufficio finanziario, dando termine per la produzione della documentazione richiesta (in generale) quando si presenta l'istanza, si procederà al recupero delle somme anticipate (invito al pagamento, iscrizione al ruolo e riscossione mediante ruolo) se i limiti  di reddito risultano superati sulla base della documentazione prodotta, o degli accertamenti effettuati dall'ufficio finanziario, anche attraverso la Guardia di finanza, secondo le regole generali. Se dalla documentazione o dagli accertamenti risulta la sussistenza dei limiti reddituali richiesti, il credito è estinto per insussistenza (secondo le regole generali), non essendosi verificato il presupposto per il suo sorgere.
E' stato previsto il decreto del magistrato – peraltro già nella prassi – perché si tratta di una ammissione – sia pure di ufficio – al patrocinio.
La prima parte dell'originario comma 5, dell'articolo 1, della legge n. 217/1990 (“Nel processo penale a carico di minorenni, quando l'interessato non vi abbia provveduto, l'autorità procedente nomina un difensore”) non è riportata perché costituisce un'inutile ripetizione del principio generale in tema di difesa di ufficio.

TITOLO IV
DISPOSIZIONI PARTICOLARI SUL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO NEL PROCESSO CIVILE, AMMINISTRATIVO, CONTABILE E TRIBUTARIO

Capo I
Istituzione del patrocinio

Articolo 119 (Equiparazione dello straniero e dell'apolide) (L)
Il termine “straniero” si riferisce sia al cittadino di Paesi appartenenti all'Unione europea, sia al cittadino di Paesi non appartenenti all'Unione europea. Le uniche differenze per quanto attiene la documentazione da presentare insieme all'istanza sono disciplinate nell'ambito dell'articolo 79 (L).

Articolo 120 (Ambito di applicabilità) (L)
La norma in commento si collega alla disposizione generale (articolo 75), che prevede la validità dell'ammissione per ogni grado e fase del processo, ed esclude dalla limitazione, prevista dall'originario 15 sexies, comma 1, l'azione di risarcimento del danno nel processo penale, operando un raccordo con l'originario articolo 1, comma 4.
Questa interpretazione, suggerita dal Consiglio di Stato, trova conferma nella circostanza che la novella del 2001 ha previsto il 15 sexies ed ha contemporaneamente soppresso dall'originario c. 4 dell'articolo 1, l'espressione “qualora risulti vittoriosa”. La ratio del diverso regime è nell'esigenza di una tutela rafforzata del non abbiente leso da reato.

Capo II
Condizioni per l'ammissione al patrocinio

Articolo 121 (Esclusione dal patrocinio) (L)
Prevede i casi in presenza dei quali è esclusa l'ammissione al patrocinio.

Capo III
Istanza di ammissione al patrocinio

Articolo 122 (Contenuto integrativo dell'istanza) (L)
Prevede il contenuto, a pena di inammissibilità, dell'istanza di ammissione al patrocinio.
Nel riformulare la norma originaria è stato eliminato un difetto di coordinamento con altro articolo della stessa legge. Infatti, mentre la disposizione che istituisce il patrocinio per questi processi prevede che le ragioni del non abbiente risultino “non manifestamente infondate”, quella che disciplina il contenuto dell'istanza fa riferimento alla “fondatezza della pretesa”. Per eliminare il difetto di coordinamento si è data prevalenza alla norma di principio.

Articolo 123 (Termine per la presentazione o integrazione della documentazione necessaria ad accertare la veridicità) (L)
Stabilisce che il termine in oggetto non può essere superiore a due mesi.

Articolo 124 (Organo competente a ricevere l'istanza) (L)
Nell'originaria formulazione dell'articolo 15 quater, comma 3, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, non era prevista l'indicazione dei soggetti che potevano presentare l'istanza. Per esigenze di uniformità con la disciplina del penale, si è ritenuto di esplicitare anche in questa norma l'indicazione dei soggetti legittimati alla presentazione (interessato e difensore).
Inoltre, il principio previsto per la Cassazione è stato esteso ai corrispondenti organi delle altre giurisdizioni.

Articolo 125 (Sanzioni) (L)
La norma in commento riporta la fattispecie penale prevista nella norma originaria – differente rispetto a quella prevista per i procedimenti diversi dal penale - e si limita a sciogliere i rinvii interni alla legge raccordandoli con il Testo unico.
Il termine “autocertificazione” previsto originariamente dalla legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, è stato sostituito con l'espressione contenuta nel testo unico in materia di documentazione amministrativa “dichiarazione sostitutiva di certificazione”.
Alla previsione della revoca si è aggiunta la precisazione “con efficacia retroattiva”, per coordinare meglio il testo del presente articolo con la formulazione dell'art. 136 (L) relativo alla revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio.
Per il resto, se si escludono i necessari coordinamenti formali con il testo unico, è stata mantenuta la previsione legislativa originaria, che presenta delle differenziazioni nell'individuazione della fattispecie penale tra processo penale e altri processi [v. art. 95 (L)].

Capo IV
Decisione sull'istanza di ammissione al patrocinio

Articolo 126 (Ammissione anticipata da parte del consiglio dell'ordine degli avvocati) (L)
La differenza tra gli altri procedimenti e il penale è proprio nella previsione del presente articolo: l'ammissione in via anticipata da parte del consiglio dell'ordine.
Qui la decisione del giudice ha funzione di “appello” rispetto alla decisione negativa del consiglio dell'ordine degli avvocati.
Trattandosi di una forma di rimedio, se la decisione è adottata “unitamente al merito”, come recitava l'articolo originario, si perde la natura di revisione della decisione del consiglio dell'ordine e viene meno la logica della norma. Per tale motivo l'articolo in commento è stato riformulato prevedendo che il giudice decide con decreto, indipendentemente dal merito.

Articolo 127 (Trasmissione all'ufficio finanziario degli atti relativi all'ammissione al patrocinio) (L)
Al comma 1, la previsione originaria dell'articolo 15 decies, comma 2 della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, è stata riformulata, nel senso di prevedere la trasmissione all'amministrazione finanziaria della copia solo del decreto di accoglimento dell'istanza. E' inutile, infatti, la trasmissione della copia del decreto con cui il consiglio dell'ordine respinge o dichiara inammissibile l'istanza.
Lo stesso tipo di intervento è stato fatto nelle norme relative al procedimento penale.

Capo V
Difensori e consulenti tecnici di parte

Articolo 128 (Obbligo a carico del difensore) (L)
Prevede l'obbligo, pena la responsabilità disciplinare, del difensore della parte ammessa al patrocinio di chiedere la dichiarazione di estinzione del processo, in caso di cancellazione dal ruolo ex art. 309 c.p.c.

Articolo 129 (Nomina del consulente tecnico di parte) (L)
Disciplina la nomina del consulente tecnico di parte negli altri processi.

Articolo 130 (Compensi del difensore, dell'ausiliario del magistrato e del consulente tecnico di parte) (L)
Per quanto attiene al presente articolo, in merito ai compensi, si ritiene che, nonostante l'evidente disparità di trattamento tra gli altri processi ed il penale, non sia possibile intervenire in sede di testo unico per uniformare la disciplina.

Capo VI
Effetti dell'ammissione al patrocinio

Articolo 131 (Effetti dell'ammissione al patrocinio) (L)
La riformulazione aggiorna le voci di spesa secondo la ricostruzione fatta nel testo unico, mentre anche la legge del 2001 usa le categorie del vecchio r.d. del 1923, che non trovano più corrispondenza.
Relativamente al comma 2, si segnala :
-           alla lett. a): la previsione ha alla base l'interpretazione dell'articolo 9, comma 7, legge n. 488/1999, ( vedi Parte Voci di spesa , titolo sul contributo unificato). La terminologia del comma 7 originario “sono esentati” è imprecisa, e, alla luce del comma 8, va interpretata nel senso che non c'è versamento di denaro, ma, conformemente alla sistematica del patrocinio a spese dello Stato, prenotazione a debito;
-           alla lett. f) : la formulazione originaria della lett. c) dell'art. 15 sexies, riproduce letteralmente il n. 3, primo periodo dell'art. 11, r.d. del 1923; “senza percezione di diritti o altre spese”, da intendersi, come è confermato nella prassi, non nel senso della gratuità ma nel senso della prenotazione a debito.
Relativamente al comma 3, si segnala :
-           in generale, l'ipotesi della prenotazione a debito successivamente all'infruttuosa escussione da parte del professionista, appare un'ipotesi di scuola piuttosto che una concreta possibilità, ma in tal senso è la norma originaria;
-           in particolare, per quanto attiene ai consulenti tecnici: i soli onorari (le spese sostenute per l'incarico e le spese e indennità di trasferta sono anticipate, v. comma successivo) sono a domanda prenotati a debito e riscossi con le spese solo dopo la vana escussione del condannato alle spese non ammesso e dell'ammesso in caso di revoca dell'ammissione, cui è equiparata la vittoria della causa. Rispetto al r.d del 1923, la disciplina incorporata nel testo unico è uguale per le spese, mentre è diversa per gli onorari, perché prima erano automaticamente prenotati a debito e recuperati nei confronti del condannato non ammesso e dell'ammesso in caso di revoca o di vittoria a certe condizioni. Oggi, il consulente tecnico agisce direttamente e, solo se non recupera, chiede l'annotazione a debito e prova il recupero nelle forme ordinarie delle altre spese;
-           per quanto attiene ai notai: il riferimento ai notai è espresso nella lett. d) mentre è implicito nella lett. e) dell'articolo originario, che ripete la norma del r.d. del 1923. Infatti nella lett. e) si parla di pubblici ufficiali, categoria in cui sicuramente rientrano i notai. La normativa di riferimento per i notai: ai sensi dell'articolo 68, comma 2, c.p.c., il giudice può ricorrere al notaio per il compimento di alcuni atti, quando la legge lo prevede. La legge prevede che si possa ricorrere al notaio in funzione sostitutiva del giudice (in materia di espropriazione forzata ai sensi della legge n. 302/1998, e nelle operazioni di divisione, ai sensi degli articoli 786, 790, 791, c.p.c) o, in alternativa all'utilizzo di cancellieri o ufficiali giudiziari (artt. 212, 733, 769 c.p.c.);
-           per quanto attiene l'indennità di custodia, il legislatore del 2001 e del 1923 non parla di custodi. L'ipotesi è del tutto residuale (vedi Parte Voci di spesa, indennità di custodia) nella prassi, tuttavia, in astratto, non si può escludere la possibilità che ricorra: se è nominato un custode terzo per il bene sottoposto a sequestro giudiziario o conservativo e questi ha chiesto di essere compensato ai sensi del c.p.c. e il giudice ha posto la spesa a carico della parte ammessa al beneficio. La disciplina in commento si basa sull'estensione della disciplina prevista per notai e consulenti tecnici, legittimata dalla circostanza che la norma originaria parla di pubblici ufficiali.
Relativamente al comma 4, si segnala :
-           alla lett. a), per quanto attiene gli avvocati, al momento della liquidazione paga lo Stato, salvo recupero. Questa previsione, contenuta nella lett. a) dell'articolo originario, è stata ritenuta prevalente rispetto a quelle, incompatibili, dettate dagli artt. 15 septies e art. 15 sexiesdecies, comma 4. La presenza di questi ultimi articoli, ripresi dalla vecchia disciplina, può spiegarsi con il difetto di coordinamento dei nuovi principi con la disciplina preesistente. Con il r.d del 1923, l'avvocato poteva agire direttamente – il che sempre faceva – o domandare l'iscrizione a debito, perché venisse recuperato insieme alle altre spese (norma desueta). Ora la differenza fondamentale è che è pagato subito dall'erario.
-           alla lett. d): le originarie lett. f), g) ed h) dell'art. 15 sexies sono state rese più elastiche, anche in considerazione del regolamento, ex art. 17, co. 2, legge n. 400/1988, previsto dall'art. 31 legge n. 340/2000. Certamente non è necessario il rinvio a specifiche norme del c.c. e c.p.c. L'originaria lett. f) riproduce il n. 5 dell'art. 11, r.d. del 1923, che prevedeva la gratuità, ma è una previsione che da tempo immemorabile non è applicata. Non si conoscono giornali di pubblicazioni giudiziarie. Anche a voler considerare il F.A.L. – oramai soppresso – tra questi, era prevista la prenotazione a debito sulla base di legge di settore e non la gratuità.
Altre precisazioni: l'originaria lett. d) “i pubblici ufficiali, il cui ministero sia allo scopo richiesto, i notai e i consulenti tecnici debbono prestare la loro opera. …e le indennità”, riprende il n. 3, art. 11, r.d. del 1923.
Nella prassi non sono state riscontrate categorie diverse oltre i consulenti tecnici, i notai e i pubblici ufficiali elencati tra le spese anticipate; a queste categorie è riferito il termine indennità. Non è stata prevista l'indennità di trasferta per i custodi (considerati invece per gli onorari) perché appare non configurabile astrattamente la possibilità di una loro trasferta. Per il consulente tecnico non è necessario prevedere che debbono prestare la loro opera, essendo già previsto altrove, mentre prima la precisazione era necessaria perché opera gratuita, salvo recupero.
Il comma 5 opera un rinvio alla disciplina prevista nell'articolo 33 per gli ufficiali giudiziari.

Articolo 132 (Imposta di registro della sentenza e compensazione delle spese) (R)
La norma in commento riproduce una norma regolamentare già esistente, riscrivendola in maniera più chiara, e la inserisce nel testo unico per motivi sistematici. La prima ipotesi si ha quando ha vinto l'ammesso e ha interesse alla registrazione. La seconda quando ha vinto l'altra parte e ha interesse alla registrazione, oppure, indipendentemente dalla vittoria, la parte diversa dall'ammesso ha interesse alla registrazione.

Articolo 133 (Pagamento in favore dello Stato) (L)
Al comma 1, si è scelta la terminologia “pone a carico della parte” anziché “condanna” per ricomprendere l'ipotesi del processo esecutivo (articolo 95 c.p.c.).
L'espressione dell'articolo 15 sexiesdecies originario (“Lo Stato cura direttamente il recupero delle spese di cui al comma 1”) non si è ripetuta perché non occorre nel contesto del testo unico.

Articolo 134 (Recupero delle spese) (L)
Il comma 2 della norma in commento pone il principio, fissato dall'art. 15-septiesdecies della legge n. 217/1990, per il quale in caso di estinzione o rinuncia al giudizio da parte del soggetto ammesso al patrocinio, lo Stato esercita azione di rivalsa per il recupero delle spese prenotate o anticipate.
Nel processo civile, infatti, l'estinzione consegue ordinariamente, come noto, oltre che alla rinuncia agli atti del giudizio (art. 306 c.p.c.), all'inattività delle parti, conseguente alla mancata riassunzione del giudizio a seguito di cancellazione della causa dal ruolo, e, più in generale, alla mancata costituzione a seguito di riassunzione, alla mancata rinnovazione della citazione o prosecuzione del giudizio, ovvero alla mancata integrazione del contraddittorio nei casi stabiliti dalla legge o  dal giudice (art. 307 c.p.c.).
Il comma 4 del presente articolo riformula più chiaramente il precetto di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 15 septiesdecies, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001. Infatti, si completa la disciplina disponendo (cfr. art. 15 septiesdecies, comma 5) che l'attore ovvero l'impugnante diverso dalla parte ammessa al beneficio del patrocinio  sono obbligati al pagamento delle spese prenotate a debito quando il giudizio è estinto o rinunciato. La ratio di tale previsione riposa sulla circostanza che, essendo, come detto, l'estinzione fenomeno che ordinariamente consegue alla rinunzia agli atti del giudizio, ovvero all'inattività delle parti, è parso giusto al legislatore che la parte la quale abbia dato impulso al giudizio (o al singolo grado di esso) con l'atto introduttivo o con l'impugnazione, e che successivamente rinunci al giudizio o lo lasci estinguere per inattività, sopporti per intero le spese prenotate a debito.
L'ultimo comma del presente articolo stabilisce, infine, un principio di solidarietà tra tutte le parti del giudizio nel quale vi sia stata ammissione al patrocinio a spese dello Stato per il pagamento delle spese prenotate a debito nelle ipotesi di mancata comparizione bilaterale all'udienza di cui all'art. 309 c.p.c. e nei casi di estinzione “diversi da quelli di cui ai commi precedenti”. In tal modo, si elimina un difetto di coordinamento presente nella norma originaria. Infatti, così come è scritto il comma 6, dell'articolo 15 septiesdecies, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, sarebbe in contraddizione con i precetti dei commi 4 e 5 originari. Invero, la disposizione contenuta nell'art. 15-septiesdecies, comma 6, della legge prevede che “in ogni caso tutte le parti sono tenute solidalmente al pagamento delle spese annotate a debito nelle ipotesi di estinzione di cui ai commi precedenti”. Tale espressione, letteralmente intesa, colliderebbe proprio con quanto stabilito dai “commi precedenti”, che, come si è visto, pongono le spese, in caso di estinzione, non necessariamente a carico di tutte le parti del giudizio in maniera solidale. Si è pertanto ritenuto che la legge, in realtà, volesse riferire la previsione di solidarietà – oltre che alla diserzione bilaterale dell'udienza – ai casi di estinzione “diversi” da quelli già in precedenza menzionati. Si tratta di una previsione idonea a coprire le ipotesi di estinzione o, comunque, di venir meno del giudizio, non direttamente imputabili alla negligenza o alla deliberata volontà di una delle parti, ad esempio nei casi di cessazione della materia del contendere derivanti da fatti o circostanze diversi dalla transazione (si pensi alla morte di uno dei coniugi in pendenza del processo di divorzio).
La norma in commento non ha riportato la previsione originaria relativa al patrocinio parzialmente a carico dello Stato perché non esistono ipotesi di parzialità di accollo nel patrocinio a spese dello Stato e non si individuano casi di applicazione pratica. Si tratta, quindi, di un refuso da eliminare.

Articolo 135 (Norme particolari per alcuni processi) (L)
Si tratta di procedimenti, in cui manca un provvedimento di condanna. La formulazione dell'originario articolo 15 sexies, lett. g) e h), già presente nel r.d. del 1923, è stata generalizzata perché con certezza i principi richiamati valgono per tutte le spese e non solo per quelle di pubblicazione del provvedimento, come è confermato dalla prassi.
Sono state eliminate le parti che ripetevano principi generali già affermati altrove nel testo unico e il riferimento alla pubblicazione della sentenza, perché rientra nella previsione della lettera d), comma 4,  dell'articolo 131 (L), applicabili anche a questi procedimenti.

Capo VII
Revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio

Articolo 136(Revoca del provvedimento di ammissione) (L)
Con riferimento al comma 3, alla previsione originaria dell'articolo 15 terdecies, si è aggiunta la previsione dell'indicazione del momento dell'accertamento da parte del giudice, perché nella legge originaria rimane generico e può generare problemi nella pratica.

Capo VIII
Disposizioni particolari per il patrocinio a spese dello Stato nel processo tributario

Premesse generali
-      L'articolo 23, l. n. 134/2001 ha abrogato, a partire dal 1° luglio 2002, la disciplina generale del gratuito patrocinio contenuta nel r.d. n. 3282/1923, relativa al processo civile, nonché, attraverso rinvii alla stessa contenuti in norme di settore, relativa al processo tributario, oltre che contabile e amministrativo.
-      L'abrogazione è coordinata temporalmente con l'entrata in vigore della nuova disciplina del patrocinio a spese dello Stato (prevista dalla l. n. 134/2001 attraverso la tecnica della novella alla l. n. 217/1990, relativa al patrocinio a spese dello Stato nel processo penale), che ha sostituito la precedente del gratuito patrocinio contenuta nel r.d. del 1923.
-      Il legislatore della riforma ha innovato la disciplina generale di base riferendola espressamente al processo civile e amministrativo; poiché nel prevedere la nuova disciplina generale ha espressamente abrogato la precedente disciplina generale, si deve ritenere che la nuova disciplina è riferibile anche al processo tributario, oltre che contabile, la cui disciplina di settore si ancorava a quella generale con la tecnica del rinvio mobile.
-      La vecchia e la nuova disciplina differiscono radicalmente: in sintesi, si passa dal gratuito patrocinio al patrocinio a spese dello Stato, modellato su quello previsto dalla l. n. 217/1990 per il processo penale.
-     In particolare e in  estrema sintesi:

Non si può interpretare il rinvio operato dall'articolo 13, d.lgs. n. 546/1992 al r.d. del 1923, come rinvio fisso perché tale ipotesi contrasta con la lettera della legge che prevede il rinvio, la quale richiama le successive modificazioni ed integrazioni, nonché con la volontà, seppure implicita, del legislatore del 2001, di innovare sostanzialmente l'intera materia.
Tuttavia, il legislatore della riforma non ha tenuto conto – per mero difetto di coordinamento – delle peculiarità relative al processo tributario, quali emergono dall'articolo 13, d.lgs. n. 546/1992.
In particolare non ha considerato che l'assistenza tecnica è affidata, oltre che agli avvocati, ad altre categorie professionali, quali risultano dall'art. 12 dello stesso d.lgs., con la conseguenza che la commissione per la concessione del beneficio è composta anche da rappresentanti di queste ultime categorie.
Il difetto di coordinamento può essere superato recuperando e inserendo nel T.U. le particolarità esistenti nella legislazione speciale, coordinandole con la nuova legislazione generale.
Gli articoli del presente capo hanno l'obiettivo di superare il difetto di coordinamento del legislatore della riforma, dando nel contempo rilievo alle suddette particolarità.

Articolo 137 (Ambito temporale di applicabilità) (L)
L'efficacia temporale del coordinamento effettuato con il T.U. è limitata: cessa al momento dell'emanazione di nuove norme particolari emanate dal legislatore.

Articolo 138 (Commissione del patrocinio a spese dello Stato) (L)
L'articolo in commento riprende testualmente l'articolo 13, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992, proprio perché la composizione mista di questa commissione - comprensiva di rappresentanti di categorie professionali diverse da quelle degli avvocati - non consente l'operatività per il processo tributario della riforma, che invece affida al consiglio dell'ordine, sia pure solo per l'ammissione anticipata, le funzioni che prima erano svolte dalle commissioni per il gratuito patrocinio.

Articolo 139 (Funzioni della commissione) (L)
La norma in commento riprende il precetto dell'articolo 13, comma 3, d.lgs. n. 546/1992 e lo raccorda con il T.U.
In particolare, lo raccorda con le norme del t.u. che riproducono i precetti della legge di riforma del 2001. Queste attribuiscono al consiglio dell'ordine degli avvocati la decisione sull'istanza di ammissione al patrocinio in via anticipata, al magistrato che procede il potere di revoca per mutamento delle condizioni reddituali, ma anche per difetto originario dei presupposti, nonché il potere di decidere sull'istanza presentata dopo il rigetto o la dichiarazione di inammissibilità da parte del consiglio. Inoltre, disciplinano la procedura decisionale, le comunicazioni, anche all'ufficio finanziario, e i controlli da parte di quest'ultimo.
Nel processo tributario queste funzioni attribuite, anche in modo ripartito, al consiglio dell'ordine degli avvocati e al magistrato, sono svolte solo dalla speciale commissione del patrocinio a spese dello Stato, che rappresenta magistrati, avvocati e difensori diversi dagli avvocati, e che, quindi, è l'unica a decidere sull'istanza di ammissione, a verificare le condizioni di ammissibilità e i presupposti di reddito, originari e sopravvenuti,  a revocare, ad effettuare le comunicazioni, a richiedere la documentazione integrativa. Di conseguenza non potrà logicamente operare la funzione di “appello” del magistrato rispetto alla decisione del solo ordine degli avvocati, prevista dalla legge generale, ma per evitare dubbi interpretativi è stata espressamente esclusa.
L'articolo in commento, infine, non riprende la parte della norma originaria secondo cui la commissione pronunzia in unico grado. Infatti, la precisazione aveva un significato nel vecchio sistema, dove la disciplina generale prevedeva l'appello alla commissione analoga operante presso il giudice superiore, ma non ne ha nel nuovo, dove la nuova funzione di appello attribuita al magistrato è già assorbita dalla natura mista della commissione che decide.

Articolo 140 (Nomina del difensore) (L)
L'abrogazione della vecchia disciplina che prevedeva la designazione del difensore da parte della commissione che concedeva il beneficio è raccordata con la nuova, che rimette all'ammesso la scelta nell'ambito di elenchi (quando si tratta di avvocati) e con la peculiarità del processo tributario, che consente la difesa tecnica a categorie diverse.
Sino a che il legislatore non effettuerà un miglior raccordo, il coordinamento può garantirsi consentendo la scelta – per i difensori diversi dagli avvocati - nell'ambito degli albi ed elenchi nominati nell'art. 12, del d. lgs n. 546/1992.

Articolo 141 (Onorario e spese del difensore) (L)
La nuova disciplina, che prevede la retribuzione a carico dell'erario, sia pure ridotta della metà, e per la quantificazione richiede il parere del consiglio dell'ordine degli avvocati, è raccordata con la peculiarità del processo tributario che, nel prevedere difensori diversi degli avvocati, applica a tutti questi le tariffe vigenti per i ragionieri (art. 15 , comma 2, del d.lgs n. 546/1992) e si rimette ai rispettivi consigli dell'ordine il parere richiesto.

TITOLO V
ESTENSIONE, A LIMITATI EFFETTI, DELLA DISCIPLINA DEL PATROCINIO PREVISTA NEL TITOLO IV

Articolo 142 (Processo avverso il provvedimento di espulsione del cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea) (L)
Avverso il provvedimento di espulsione l'articolo 13, d.lgs. n. 286/1998 prevede un ricorso al giudice amministrativo o al giudice ordinario a seconda che si tratti di espulsione per motivi di ordine pubblico o per altri motivi.
Con riferimento alle spese, l'art. 13 prevede l'ammissione al “gratuito patrocinio” nel contesto della disciplina della nomina del difensore di ufficio, laddove il beneficiario fosse sprovvisto di un difensore di fiducia, e di un interprete, se necessario. Sulla base di questa norma si è provveduto alla liquidazione degli onorari e delle spese ad avvocati ed interpreti. Non si sono annotate altre spese; non si sono aperti articoli di campione per il recupero.
In sostanza, la norma è stata interpretata come ammissione ex lege al patrocinio a spese dello Stato previsto per i giudizi penali (legge n. 217/1990), senza alcuna verifica, neanche postuma, dei limiti reddituali. Infatti, il gratuito patrocinio civile all'epoca prevedeva la prenotazione a debito degli onorari dei consulenti tecnici, degli interpreti, e, su domanda, di quelli degli avvocati.
Non è stata prevista l'apertura dell'articolo di campione per il recupero, mancandone i presupposti, anche teorici: in caso di soccombenza dello Stato non si pone proprio il problema; in caso di soccombenza dell'espellendo non ci sarebbero state le condizioni per il recupero nei suoi confronti, perché, sia con riferimento alla disciplina del gratuito patrocinio (civilistica), sia con riferimento a quella del patrocinio a spese dello Stato (penalistica), per il recupero vengono in questione profili reddituali che, per queste ipotesi, sono stati radicalmente esclusi.
Né, in questo giudizio particolare, vengono in questione altre spese, diverse da quelle a cui ha fatto riferimento il legislatore nel prevedere il “gratuito patrocinio”.
La norma in commento registra il modo in cui la norma originaria è vissuta nell'ordinamento e la esplicita. Non occorre la previsione di una disciplina transitoria. Nulla è detto nella legge n. 134/2001 per questi giudizi, nè la nuova disciplina del patrocinio a spese dello Stato pone problemi di interferenza: infatti, quest'ultima disciplina il patrocinio a spese dello Stato a domanda, mentre quella in esame è un'ammissione di ufficio.

Articolo 143 (Processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149) (L)
1. Contesto ordinamentale in cui si inserisce la norma originaria
Per le procedure previste dalla legge n. 184/1983 (esempio: dichiarazione di adottabilità, affidamento preadottivo, dichiarazione di adozione) sono previste esenzioni (art. 82).
L'art.75 prevede il patrocinio a spese dello Stato specificando che lo stesso “comporta l'assistenza legale per le procedure previste dalla legge” e disciplina la liquidazione di tali compensi. Lo stesso articolo rinvia al  comma 2, dell'art. 14, legge n. 533/1973 (processo del lavoro) che disciplina l'anticipo a carico dell'erario di spese che coinvolgono terzi, compresi i consulenti tecnici.
Non è richiamata la procedura di ammissione, né i limiti reddituali, né il recupero secondo la legislazione allora vigente per il gratuito patrocinio (R.D. del 1923).
Queste norme non sono state incise dalla novella alla stessa legge operata dalla legge n. 149/2001.
La nuova legge (n.134/2001) sul patrocinio a spese dello Stato, che ha introdotto il patrocinio per i processi diversi dal penale, sostituendo (a decorrere dal 1.7.2002) il gratuito patrocinio di cui al R.D. del 1923, non si occupa specificamente della materia.
2. Prassi
L'esistenza di pochi casi nella prassi, che riguardano solo il consulente tecnico, si spiegano con la circostanza che prima della riforma, effettuata con la legge n. 149/2001, non era prevista l'assistenza legale se non in Cassazione. Infatti, nel campione civile di Roma, si registrano solo due annotazioni di consulenza tecnica (risalenti al 1984), entrambi senza provvedimento formale di ammissione al gratuito patrocinio, annullati per insussistenza “vertendosi in procedura sorretta da interessi morali”; a Firenze, una sola annotazione di consulenza tecnica del 1988, ma con ammissione formale al gratuito patrocinio, annullato per soccombenza del ricorrente.
3. Modifiche della disciplina processuale
Oggi, la novella operata con la legge n. 149/2001, prevede l'assistenza legale delle parti sin dall'inizio della procedura per la dichiarazione di adottabilità (art.8).
4. Il decreto-legge n.150/2001
Il decreto-legge n. 150/2001, convertito con modificazioni nella legge 23 giugno 2001, n. 240, mantiene in vita, sino al 30 giugno 2002, la disciplina processuale preesistente alle modifiche apportate con la legge n. 149/2001, cioè la non obbligatorietà della difesa tecnica sin dall'inizio del procedimento, preannunciando una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio.
Presupposto interpretativo di tale intervento normativo è che gli effetti (assistenza legale, anticipo da parte dello Stato di altre spese), conseguano all'ammissione al beneficio – previa richiesta e dimostrazione delle condizioni reddituali – allora disciplinata dal R.D. del 1923 e, dal 1° luglio 2002, dalla legge n. 134/2001.
Poiché le condizioni reddituali sono lo stato di povertà ai sensi del R.D. del 1923 e il limite di 18 milioni per la nuova legge, il d.l. n. 150/2001 preannuncia norme ad hoc per consentire la difesa di ufficio a carico dello Stato, al fine di tutelare l'efficacia delle difesa giurisdizionale in giudizi la cui natura fa ragionevolmente prevedere la non abbienza (dichiarazioni di adottabilità, dichiarazioni di adozione), e nei quali è prevalente l'interesse del minore alla famiglia (impugnazione degli adottanti della sentenza che non dispone l'adozione).
5. La disciplina del Testo Unico.
La norma in commento, nonostante nella prassi vi siano state incertezze sulla necessità o meno della richiesta di ammissione al beneficio e sulla conseguente pronuncia di ammissione al fine di farne scaturire gli effetti, fa propria la tesi, presupposta dal decreto legge n. 150/2001, secondo cui è necessaria l'ammissione sulla base dei limiti reddituali.
I richiami alla legge base del beneficio (la legge n. 134/2001 incorporata nella parte III del T.U.) si limitano alla necessità della domanda con la documentazione dei requisiti di reddito e alle regole procedimentali relative a tale richiesta.
Infatti, nulla autorizza l'estensione delle norme relative al recupero: né il dettato legislativo dell'articolo 75 e della legge n. 134/2001 (che al riguardo non contiene alcun riferimento) né la natura dei giudizi.
L'elenco delle spese anticipate è ricavato dall'art. 75 e dall'articolo  14 della legge del 1973, cui il primo rinvia; naturalmente, quali delle spese concretamente opereranno per questi procedimenti dipende dalla struttura del procedimento: le più probabili sul piano fattuale saranno gli onorari di avvocati e di consulenti tecnici.
Per questi procedimenti il legislatore – sul modello della disciplina prevista per il processo del lavoro - anticipava la disciplina degli effetti che poi ha dettato per i processi penali (legge n. 217/90).
Infine, si è tenuto conto del preannuncio, con il decreto-legge n. 150/2001, di nuove norme sulla difesa d'ufficio a carico dello Stato.

Articolo 144 (Processo in cui è parte un fallimento) (L)
Si tratta dell'ipotesi in cui il fallimento deve agire o resistere in giudizio, che il R.D. del 1923 disciplinava all'articolo 16, comma 4. Sulla base di questa norma, la commissione del gratuito patrocinio concedeva tale beneficio su richiesta del giudice delegato, che attestava l'assenza di denaro, senza ulteriore verifica.
Nella prassi la "formale” procedura di ammissione da parte della commissione del gratuito patrocinio è stata superata e si è aperto il campione civile sulla base del provvedimento del giudice delegato.
Il legislatore della legge n. 134/2001 non ha disciplinato l'ipotesi e non emergono dagli atti parlamentari ragioni per ritenere che l'omissione sia stata consapevole.
La norma in commento colma la lacuna riformulando quella originaria sulla base di come questa è correttamente e concretamente vissuta nell'ordinamento. Infatti, è corretta se si considera che la procedura di ammissione si riduce a pura formalità se non possono essere verificati i limiti di reddito.
Peraltro, oggi la procedura di ammissione così come disciplinata dalla legge n. 134/2001(coinvolgimento del consiglio dell'ordine degli avvocati) sarebbe incompatibile con un provvedimento del giudice delegato che attesta le condizioni reddituali.

Articolo 145 (Processo di interdizione e inabilitazione ad istanza del pubblico ministero) (L)
E' un'ipotesi di gratuito patrocinio prevista nel R.D. 2700/1865 e non in quello del 1923. E' una ipotesi  particolare :
a)         per effetto della sentenza Corte Cost. n. 112 del 12 luglio 1967, che ha previsto l'anticipo per gli onorari dei consulenti tecnici (con il R.D. del 1923 erano solo le spese);
b)         è una ammissione di ufficio, salvo verifica dei limiti reddituali ai fini del recupero.
Per il profilo dell'accertamento dei limiti reddituali, la norma in commento adotta la stessa soluzione relativa all'ammissione d'ufficio nel processo penale minorile, con l'obiettivo di risolvere i problemi sorti nella prassi. Dal riscontro dell'applicazione della norma originaria nella prassi, emerge che circa l'80% delle sentenze dispongono “nulla per spese”, probabilmente avendo desunto induttivamente dal processo che l'interdetto o l'inabilitato non ha beni; il 20% contengono condanna del curatore alle spese. Si procede all'annullamento del campione: se “nulla per le spese”; se il curatore dimostra la non abbienza; invece, si avvia il recupero anche nel silenzio del curatore. In generale è da considerare, infine, che se l'azione è esercitata dal p.m., si tratta di indigenti, non ci sono parenti, che avrebbero potuto proporla, nominabili tutori o curatori, con la conseguenza che questi sono di regola funzionari pubblici (sindaci, ecc.).

Parte IV
PROCESSI PARTICOLARI

TITOLO I
PROCEDURA FALLIMENTARE

Articolo 146 (Prenotazioni a debito, anticipazioni e recupero delle spese) (L)
In origine, le istruzioni del campione civile (art. 39 decreto ministeriale del 1866) prevedevano l'anticipo da parte dell'erario delle spese della procedura fallimentare e richiamavano la disciplina del campione civile per la liquidazione, il pagamento e il rimborso delle stesse. Successivamente, la legge sul gratuito patrocinio (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282) ha innovato la  normativa precedente: l'art. 5 ultimo comma del regio decreto ha previsto l'anticipazione delle spese con decreto del giudice delegato e l'art. 42 n. 5 ha previsto la prenotazione a debito. La legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, n. 267), poi, ha del tutto superato la normativa preesistente. Le norme di quest'ultima legge (art. 91, art. 21, comma 3, art. 133, comma 2) sono alla base della riformulazione contenuta nella disposizione in commento, essendo le altre norme già abrogate per incompatibilità proprio con la legge del 1942.
Nell'ordinamento, con il passare degli anni, l'originaria bipartizione, prevista dall'art. 91 della legge fallimentare, tra bollo e registro da un lato (prenotate) e tutte le altre spese (anticipate), si è andata modificando; infatti, si è arricchita la categoria delle spese prenotate (a cominciare dai diritti di cancelleria e di copia che hanno assunto natura di “tasse”) a scapito di quella delle spese anticipate, nella quale sono confluite solo quelle elencate nella norma in commento.
Per quanto attiene alle spese prenotate a debito, la riformulazione dell'art. 91 tiene conto dell' art. 9, della legge n. 488/1999, che ha soppresso il bollo e istituito il contributo unificato. Nella riformulazione, inoltre, è stata eliminata la previsione dell'apposito decreto del giudice delegato per le annotazioni delle prenotazioni a debito. Infatti, allo stato, tale decreto, che non esiste per le spese che derivano direttamente dall'art. 17 della legge fallimentare, non essendoci ancora il giudice delegato, si traduce in un timbro sull'atto che dà luogo alla spesa.
Nell'ambito delle spese anticipate, la lettera a), del comma 3, riporta per gli ufficiali giudiziari l'art. 6, della legge n. 59/1979 (anticipazione delle trasferte o delle spese di spedizione); infatti, non si applica quella parte della stessa legge che prevede il deposito forfettizzato delle parti private anche per queste spese perché è procedura officiosa. La norma in commento si basa sulla applicazione fatta dalla maggioranza degli uffici, che annotano come anticipazione queste spese. In pochi altri, invece, le stesse spese sono prenotate a debito.
Nell'ambito della previsione delle spese anticipate, non è stato previsto l'anticipo delle spese ai curatori, perché in contrasto con il d.m. 28.7.1992, n. 570, che, all'art. 4, prevede oltre all'acconto generale solo il rimborso.
La lettera c) del comma 3, con la previsione degli ausiliari del magistrato, fa riferimento all'ipotesi del consulente per la stima dei beni e del coadiutore nelle operazioni manuali di inventario.
Infine, per quanto attiene alle spese di pubblicità (lettera d) del comma 3, si evidenzia che esse non comprendono quelle del FAL, prenotate sulla base di legge di settore, ed ora soppresso da legge n. 340/2000 senza che scatti la pubblicazione residuale in Gazzetta Ufficiale.
Nella disposizione è stata eliminata la previsione dell'apposito decreto del giudice delegato, già superata dalla prassi, perché non occorre, valendo le regole generali del testo unico per i titoli di pagamento.
Per quanto riguarda il recupero, la norma in commento recepisce le modalità procedurali con cui l'originario art. 91 del r.d. 16/3/1942, n. 267, è concretamente vissuto nell'ordinamento: non vi è un prelevamento dall'attivo ad opera del cancelliere, ma un pagamento dell'importo risultante dai registri (attualmente campione fallimentare, sulla base del testo unico, si tratterà dei registri delle spese pagate) da parte del curatore che utilizza - su autorizzazione del giudice delegato - i fondi o il conto fallimentare. Quest'ultima è un'attività che non occorre disciplinare, perché esistente comunque nel sistema fallimentare (art. 34 e art. 111, n. 1 della legge fallimentare, nonché i principi generali della materia).
La norma in commento non disciplina l'ipotesi del recupero delle spese nei confronti di falliti persone fisiche, dopo la chiusura della procedura per mancanza di attivo, perché non occorre in quanto le spese gravano sul fallimento e la legge non prevede la condanna del fallito persona fisica alle spese. Se non c'è attivo non si realizza il presupposto per il sorgere del diritto al recupero. Poiché, sulla base del testo unico (v. Parte sui registri), il credito si iscrive nel registro dei crediti solo dopo che è sorto, non si pone il problema dell'annullamento. Invece, la prassi è differenziata sul territorio. Alcuni uffici, decorsi i 5 anni entro i quali la procedura può essere riaperta (ex art. 121 della legge fallimentare), avviano l'azione di recupero facendo ricorso, parzialmente (la nota spese non è resa esecutiva), all'articolo 43 disp att. c.p.c. Ciò sulla base di una lontana avvertenza del Ministero della giustizia, in Bollettino 31. 5. 68, n. 10, secondo cui il credito era annotato a tavola alfabetica per il recupero in caso di mutamento delle condizioni economiche del debitore. Altri uffici giudiziari, decorsi i cinque anni, annullano l'articolo di credito stante la mancanza di attivo nel fallimento.
Il comma 5 non introduce innovazioni. E', infatti, il giudice delegato ad autorizzare il curatore al prelevamento dei fondi per il pagamento delle spese prenotate e anticipate e giudice e curatore sono gli unici a sapere se vi sono somme liquide. Esplicitare il precetto è utile solo al fine di evitare che l'ufficio che ha annotato spese prenotate e anticipate svolga inutili attività per verificare se e quando ci sono tali somme.

Articolo 147 (Recupero delle spese in caso di revoca del fallimento) (L)
La riformulazione contenuta nel presente articolo tiene conto della sentenza della Corte cost. n. 46 del 1975 relativa all'art. 21, comma 3, della legge fallimentare. Prima dell'intervento della Corte Costituzionale, la giurisprudenza faceva gravare le spese sul fallito, tutte le volte in cui non era stato condannato il creditore istante per colpa nella richiesta di fallimento.
Il secondo periodo del comma 3, dell'articolo 22 originario, non è stato riportato perché incompatibile con la soppressione del fondo speciale, finalizzato – tra l'altro – a corrispondere al curatore il pagamento dei compensi; soppressione operata con il d. lgs. C. p. S. 23 agosto 1946 n.153. E, infatti, la disposizione non trova più applicazione.

TITOLO II
EREDITA' GIACENTE ATTIVATA D' UFFICIO

Articolo 148 (Prenotazioni a debito, anticipazioni e recupero delle spese) (L)
L'ipotesi considerata dalla norma è quella in cui il giudice procede d'ufficio, in mancanza di richiesta di persone interessate, alla nomina del curatore dell'eredità non accettata. Ad oggi, in assenza di una norma specifica, tale ipotesi vive, nella prassi e secondo i principi generali del sistema delle spese, nel seguente modo: le spese di questa procedura sono via via annotate nel campione civile, come prenotate a debito (bollo, diritti di cancelleria in relazione alle varie attività: dal decreto di nomina del curatore, al verbale di giuramento al verbale di inventario; diritti di copia, spese per la pubblicazione nel FAL) o come anticipate (trasferte o spese di spedizione per le notifiche a cura degli ufficiali giudiziari).
La norma in commento registra il diritto vivente sulla base dei principi e individua ciò che si prenota prendendo atto delle voci di spesa rimaste dopo l'introduzione del contributo unificato e delle soppressioni operate dall'art. 9, della legge n. 488/1999. In particolare, l'ipotesi ricorrente rispetto alla lett. b) del comma 3, è quella del cancelliere che collabora nell'attività di inventario.
Nei procedimenti civili in genere non si pone il problema di individuare che cosa si prenota e che cosa si anticipa. Sulla base delle regole del codice di procedura civile le spese sono anticipate dalla parte direttamente o sulla base di provvedimento del giudice; non ci sono prenotazioni a debito (salvo casi particolari che risultano specificamente).
Nei procedimenti civili in cui vi è ammissione al patrocinio a spese dello Stato che cosa si prenota o si anticipa risulta dalla legge.
Nel procedimento in questione, invece, è necessario individuare l'elenco perché non c'è una parte privata, ma è lo Stato – attraverso l'ufficio giudiziario – che si sostituisce ad essa.
Naturalmente, se l'eredità giacente è a istanza di parte, o di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ritornano le regole generali.
Infine, la norma in commento recepisce l'istituto del recupero delle spese così come esso vive nell'ordinamento sulla base dei principi generali.
All'esito della procedura (tendente all'inventario, alla gestione, alla liquidazione dell'eredità), il giudice pone le spese in questione a carico del curatore, nella qualità; quindi a carico dell'eredità (devoluta allo Stato ai sensi del 586 c.c.). Se, successivamente alla nomina del curatore dell'eredità giacente, interviene accettazione dell'eredità, con conseguente cessazione delle funzioni da parte del curatore, ex art. 532 c.c., il giudice pone le spese della procedura a carico dell'erede. Questo è il titolo per il recupero (iscrizione del credito nel registro dei crediti, invito al pagamento, iscrizione a ruolo ecc.).

TITOLO III
RESTITUZIONE E VENDITA DI BENI SEQUESTRATI E SPESE NELLA PROCEDURA DI VENDITA DI BENI SEQUESTRATI E DI BENI CONFISCATI NEL PROCESSO PENALE

Premessa
L'inserimento delle norme di questo titolo nel testo unico si spiega in ragione della loro stretta attinenza con il recupero delle spese di custodia: l'intervento sull'articolo 264 c.p.p. è necessario ai fini dell'adeguamento con la nuova disciplina che ha soppresso le funzioni di cassa dell'ufficio del registro; l'intervento concerne anche l'articolo 265 c.p.p. considerata la sua stretta attinenza alle spese.
E' stata semplificata e accelerata di molto la procedura di restituzione. La vecchia procedura, contribuendo ad allungare i tempi di custodia, rendeva ipotetico il recupero delle spese sul ricavato della vendita perché il bene veniva venduto quando ormai privo di valore.

Capo I
Restituzione e vendita di beni sequestrati

Articolo 149 (Raccordo) (R)
La norma è stata introdotta per far salve tutte le norme speciali.

Articolo 150 (Restituzione di beni sequestrati) (L)
E' mantenuto il riferimento all'esenzione dal bollo, perché le istanze non sono comprese negli “atti e nei provvedimenti relativi ai procedimenti” per i quali l'art. 9, legge n. 488/99, efficace dal 1° marzo 2002, prevede la non applicabilità dell'imposta di bollo. Pertanto, va riportata la norma di esenzione.
Per la comunicazione del provvedimento di restituzione, l'art. 84 att. c.p.p. fa riferimento solo all'avente diritto; ma già la circolare n. 1/98 del Ministero della Giustizia l'ha ragionevolmente estesa al custode.
Nella norma originaria il pagamento del compenso al custode è posto come condizione per la restituzione, eccetto in queste tre ipotesi:
a) archiviazione, non luogo a procedere, assoluzione imputato, se avente diritto alla restituzione è l'imputato;
b) se avente diritto alla restituzione è un terzo;
c) se il sequestro è stato revocato in sede di riesame.
Eliminando questa condizione si riespandono le regole generali.
Questa spesa è anticipata insieme alle altre dall'erario ed è recuperata per intero, insieme ad altre, se si realizza il presupposto generale di condanna dell'imputato.
L'esistenza della condizione posta nella norma originaria ha contribuito ad allungare i tempi della custodia.
Se è vero che nella norma originaria le spese gravano sull'avente diritto a partire da una certa data (comunicazione della restituzione), è pur vero che l'imputato per non pagare le spese non chiede la restituzione di un bene che, se aveva un valore, l'ha perduto con il tempo. Con la conseguenza che scatta la procedura di vendita per il recupero, il cui ricavato non copre neanche le spese di custodia (nel frattempo aumentate sino alla vendita).
Svincolando la restituzione del bene dal pagamento delle spese, si incide fortemente sui tempi di custodia. Conseguentemente, è stato eliminato il termine a partire dal quale il compenso per la custodia è a carico dell'avente diritto.
Se, come risulta nell'articolo successivo, scaduto un termine - uguale a quello originariamente previsto per la decorrenza delle spese a carico dell'avente diritto - il bene restituito non ritirato si può vendere, la previsione è inutile.
La norma in commento si collega all'articolo 263 c.p.p.; solo per chiarezza sistematica, si ribadisce che la restituzione è comunque disposta dall'autorità giudiziaria quando la sentenza è divenuta inoppugnabile, qualora il magistrato non vi abbia già provveduto di ufficio o l'interessato non abbia presentato richiesta.

Articolo 151 (Provvedimenti in caso di mancato ritiro del bene restituito e vendita in casi particolari) (L)
Il termine iniziale per i provvedimenti del giudice - finalizzato alla destinazione finale ad altri, previo recupero delle spese - può decorrere in via esclusiva dalla conoscenza dell'avente diritto del provvedimento di restituzione, finalizzato al ritiro da parte dello stesso.
Avendo eliminato il pagamento dell'indennità di custodia come condizione per la restituzione, non può verificarsi l'ipotesi che la richiesta sia stata respinta dopo l'inoppugnabilità della sentenza.
In questo senso è stato riformulato l'articolo in esame.
Nel comma 2, si è tenuto conto di precisazioni espresse dal Ministero della giustizia secondo cui è necessario il provvedimento del giudice che individui il termine iniziale di decorrenza ai fini dell'assegnazione di somme e valori.
E' stata prevista la comunicazione all'avente diritto del provvedimento del giudice. Non era prevista nella norma originaria. Può essere utile nella nuova struttura del procedimento che è di molto accelerato. Prima decorrevano due anni – durante i quali il più delle volte l'avente diritto aveva modo di sapere che le somme rischiavano di essere destinate ad altri – ora la destinazione alla cassa delle ammende avviene decorsi soli tre mesi.
L'ultimo comma riprende un'ipotesi, già presente nella norma originaria, che si collega, ampliandola, a quella prevista dall'articolo 260 comma 3 c.p.p. e dall'art. 83 delle disposizioni di attuazione al c.p.p.
Mentre lì si tratta di beni deperibili e la vendita o distruzione avviene quasi contestualmente al sequestro (e la norma non si pone il problema del ricavato), qui c'è una valutazione di economicità rispetto al costo della custodia e alla svalutazione del bene (e c'è una destinazione del ricavato).

Articolo 152 (Vendita) (R)
E' stato eliminato il riferimento, contenuto nella norma originaria, alle pubbliche borse e all'asta pubblica e sostituito con la possibilità di avvalersi degli istituti di vendite giudiziarie. E' stato recepito il modo in cui questa norma viene applicata. Infatti, per la vendita di questi beni, si utilizza la previsione dell'articolo 13 del reg. att. c.p.p. relativo ai beni confiscati.
In caso di beni di interesse scientifico o artistico, questa connotazione fa diventare prevalente la destinazione pubblicistica rispetto alla possibilità degli aventi diritto di richiedere, dopo la vendita, il ricavato, o alla possibilità della cassa ammende di ricevere il ricavato.
L'ultimo comma è stato inserito per l'impossibilità tecnica di lasciare nell'ordinamento il comma 3 dell'originario articolo 87 disp. att. c.p.p., che da solo non avrebbe senso.

Articolo 153 (Modalità di deposito delle somme ricavate dalla vendita e delle somme e dei valori sequestrati) (R)
La norma è stata formulata tenendo conto delle novità legislative e delle modalità con cui la norma originaria è stata concretamente applicata.
L'Ufficio di registro, previsto nella norma originaria, non svolge più funzioni di cassa. Oggi le somme sequestrate sono presso le Poste s.p.a. nella forma del deposito giudiziario, in base all'art. 11, reg. c.p.p.. Sono versate al concessionario con il mod. F23 e codice tributo specifico della cassa delle ammende, quando devono essere assegnate a questa. Nella stessa forma è depositato il ricavato della vendita. I valori sequestrati  sono custoditi in cancelleria o segreteria ai sensi dello stesso art. 11 reg. c.p.p.
La norma in commento tiene conto della circostanza  che oggi nell'ordinamento i concessionari fungono da uffici cassa: anticipano le spese per conto dell'erario (insieme alle poste); ricevono i pagamenti spontanei, effettuano la riscossione coattiva.
Già oggi, valori e somme ricavate - provenienti dalla cancelleria o segreteria (valori) o dai depositi giudiziari presso le Poste (somme sequestrate e somme ricavate dalle vendite) – transitano, attraverso i concessionari, cui sono inviate con il modello F23 per la destinazione alla cassa delle ammende.
E' innegabile che la forma dei depositi giudiziari presso le Poste s.p.a. (infruttiferi e con spese minime) è arcaica. Per questo motivo, è stato previsto uno strumento elastico e centralizzato che assicuri la destinazione dei beni, superando uno strumento inadeguato che aggrava gli uffici (per tutti gli adempimenti richiesti) ed impone un passaggio ulteriore delle somme, che dovranno essere comunque inviate al concessionario per la destinazione finale.

Articolo 154 (Destinazione del ricavato della vendita e di somme e valori) (L)
Il termine di due anni previsto dalla norma originaria è stato ridotto a tre mesi. Questo appare un termine ragionevole se si considera che si tratta di aventi diritto che non hanno ritirato il bene, pur avendo avuto conoscenza della restituzione e del provvedimento che provvede ai fini dell'ulteriore destinazione ad altri.

Capo II
Spese nella procedura di vendita di beni sequestrati e di beni confiscati

Nelle procedure esecutive ad istanza dell'ufficio, non c'è un creditore procedente privato, ma è l'ufficio che procede nell'interesse dello Stato a vendere beni sequestrati non restituiti o beni confiscati.
In entrambi i casi l'annotazione sui registri non è finalizzata al recupero mediante riscossione, ma assolve alla funzione di mera memoria contabile.

Articolo 155 (Spese nella procedura di vendita di beni sequestrati) (L)
La norma elenca le spese prenotate e quelle anticipate ed è necessaria per superare molte incertezze, che, nella prassi, hanno generato comportamenti differenziati.
Ora la prenotazione a debito e l'annotazione delle spese anticipate avviene nel campione civile con voci differenziate sul territorio, soprattutto per le spese anticipate; quasi mai risultano le annotazioni per ausiliari del giudice.
La chiarezza è indispensabile se si considera che le spese, prenotate e anticipate, sono detratte dal ricavato della vendita dall'ufficio che procede alla vendita prima che l'eventuale residuo venga dato all'avente diritto o, subordinatamente, alla Cassa delle ammende (v. Capo I).
Nell'elenco mancano l'imposta di registro, ai sensi dell'art. 59, lett. c), d.P.R. n. 131/1986, l'imposta ipotecaria  e l'imposta catastale ai sensi dell'art. 16,  comma 1 lett. e), d.lgs. n. 347/1990, perché sono versate dall'acquirente.
Per le spettanze degli Ufficiali giudiziari, la situazione nella prassi è identica a quella descritta per le procedure fallimentari, quindi, variegata sul territorio, e si è adottata identica soluzione.
Per le spese di pubblicità, si è utilizzata una previsione generale modellata sulle altre previste nel testo unico; attualmente spesso tali spese non ci sono perché si provvede alla pubblicazione nell'albo pretorio; ma, in collegamento con il regolamento da emanare relativo agli strumenti di pubblicità, è preferibile la scelta effettuata.

Articolo 156 (Spese nella procedura di vendita di beni confiscati) (R)
Anche in questa ipotesi, le spese anticipate sono annotate nei relativi registri per ragioni contabili. Invece, non ha ragione di essere l'annotazione delle altre spese come prenotate a debito, perché,  trattandosi di beni dello Stato, il problema del recupero sul ricavato non si pone.

TITOLO IV
SPESE PROCESSUALI DELLA PROCEDURA ESECUTIVA ATTIVATA DAL CONCESSIONARIO PER LA RISCOSSIONE DELLE ENTRATE ISCRITTE A RUOLO

Articolo 157 (Spese processuali della procedura esecutiva attivata dal concessionario per la riscossione delle entrate iscritte a ruolo) (R)
Si tratta delle spese processuali (diritti e tasse), da tener distinte dalle spese della procedura esecutiva affidata ai concessionari (ex art. 17, d. lgs. n. 112/1999 e decreto ministeriale del 21 novembre 2000) per i procedimenti giurisdizionali attivati dal concessionario per la riscossione coattiva del credito principale (pene e spese penali e civili, nonché altri crediti erariali: tributi ecc.).
1. Stato normativo e fattuale sino all'affidamento della riscossione ai concessionari.
Credito principale spese civili:
-  annotazione come prenotazione delle spese via via maturate nell'articolo di campione originario come spese suppletive; lo stesso ufficio era parte attiva del recupero perché dava impulso ai procedimenti di riscossione e provvedeva al recupero del credito principale e di quelle suppletive.
Credito principale spese e pene penali:
- l'ufficio del campione penale, che era parte attiva nelle procedure di riscossione coattiva, manteneva in evidenza nel fascicolo, informalmente, memoria delle spese processuali della procedura esecutiva (sicuramente non si provvedeva ad aprire corrispondente campione civile) che computava nel recupero, che seguiva direttamente, del credito principale.
Credito principale Entrate tributarie:
- la riscossione era già a cura del concessionario, prima della riforma del 97, e l'ufficio giudiziario non compiva alcuna attività di riscossione.
Apertura campione civile sulla base di notizie dell'ufficio giudiziario presso cui era attivo il procedimento di riscossione coattiva (a volte su registro analogo a quello del campione ma materialmente diviso).
Chiusura dell'articolo: per notizia ricevuta dal concessionario per avvenuto recupero anche di queste spese.
In caso di mancata notizia dal concessionario, avuta notizia, dall'ufficio giudiziario presso cui pende il procedimento, dell'abbandono o della definizione della causa, invio a Finanze (ora Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate) dell'elenco degli importi iscritti, chiusura degli articoli di campione per consegna.
2. Stato fattuale dopo l'affidamento della riscossione ai concessionari.
Le spese collegate alla riscossione dei campioni civili e penali sono scomparse nel nulla, probabilmente perché non si sta procedendo alla riscossione coattiva dati tutti i problemi collegati alla formazione e all'invio dei ruoli ai concessionari;
Le spese per la riscossione delle altre entrate: sospese, non è inviata notizia alla Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate per discussioni sul visto di esecutorietà del ruolo.
3.La disciplina del T.U.
La norma in commento ha l'obiettivo di semplificare al massimo una procedura che, già farraginosa quando si trattava solo delle spese processuali dei procedimenti di riscossione coattiva per i crediti erariali, si è ulteriormente complicata oggi con l'intervento dei concessionari anche per le spese di giustizia.
La disposizione evita per tutte le riscossioni molti passaggi di carte; attribuisce a colui che segue il processo esecutivo, e che con quello deve recuperarle, di avere memoria delle spese prenotate.
Oggi l'individuazione di quali spese e degli importi relativi si presenta agevole perché tutto è nel testo unico.
Poiché si tratta di spese che nascono dal processo (diritti e tasse) si prevede un visto di riscontro da parte dell'ufficio funzionalmente competente. Per questo non occorreranno passaggi di carte perché può essere tutto verificato sulla base del riscontro tra richiesta del concessionario e norme di legge.

TITOLO V
PROCESSO IN CUI E' PARTE L'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA

Premessa
La disciplina delle spese nei processi in cui è parte un'amministrazione ha origini risalenti.
All'inizio era previsto un legame forte tra la disciplina delle spese dei processi in cui una parte era ammessa al gratuito patrocinio e quella delle spese in cui era parte un'amministrazione statale. Infatti, le norme attuative del campione civile (art. 39, d.m. 28 giugno 1866), per i processi in cui era parte un'amministrazione statale, rinviavano all'elenco delle spese anticipate per il gratuito patrocinio dell'epoca e ne prevedevano l'annotazione nello stesso registro (art. 40, d.m. citato).
Il tipo di legame diventa meno forte e sicuramente cambia con il r.d. 3282/1923, che detta la nuova regolamentazione generale del gratuito patrocinio. Con questa legge il legame è limitato alle spese prenotate a debito, di cui è disciplinato il recupero. I processi in cui è parte un'amministrazione dello Stato sono accomunati a quelli in cui è parte una persona ammessa al gratuito patrocinio solo per il termine per l'esazione  delle spese prenotate a debito (art. 39 r.d. 3282/1923). E' disciplinato, inoltre, il recupero delle spese prenotate a debito nei giudizi amministrativi, che è affidato all'ufficio del registro (art. 36 r.d. citato); mentre per il recupero nel processo civile vale la precedente norma, che disciplina il recupero attraverso il campione civile.
Il modo in cui queste norme hanno trovato applicazione nell'ordinamento conferma quanto sopra precisato.
Con gli anni, alle amministrazioni dello Stato si sono aggiunte le altre amministrazioni ammesse dalla legge alla prenotazione a debito e nei registri si sono annotate imposte e tasse, mentre tutti gli altri tipi di spese (dagli onorari al consulente tecnico, alle indennità ai testimoni) venivano anticipate direttamente dall'amministrazione.
La nuova legge sul patrocinio a spese dello Stato (l. n. 134/2001) ha reciso il collegamento tra la disciplina delle spese relativa ai processi in cui è parte la persona ammessa al beneficio e quella dei processi in cui è parte un'amministrazione pubblica; infatti non si occupa proprio di questi ultimi.
La conseguenza di questa scissione è, da un lato, che nella materia rilevano solo le norme che prevedono la prenotazione a debito di alcune imposte quando la parte è un'amministrazione (per evitare esborsi tra amministrazioni ed erario), e le norme particolari per le notificazioni compiute dagli ufficiali giudiziari, dall'altro, che per il resto valgono le regole generali. Quindi, le prenotazioni sono fatte a meri fini contabili e i relativi importi saranno recuperati - in presenza del presupposto della condanna - insieme alle altre spese anticipate dall'amministrazione.

Articolo 158 (Spese nel processo in cui è parte l'amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito e recupero delle stesse) (L)
La norma in commento trae le conseguenze di quanto esposto in premessa.
Il comma 1 è ricognitivo dell'esistente rispetto alle voci di spesa prenotate a debito; prende atto delle scelte del legislatore di evitare concreti esborsi di denaro quando dovrebbe anticipare le somme un'amministrazione.
Il comma 2 si collega alla norma che equipara le notifiche a richiesta dell'amministrazione alle notifiche a richiesta d'ufficio (art. 22 (R), alla cui relazione si rinvia).
Il comma 3 prende atto della scelta del legislatore, con la L. n. 134/2001, di svincolare il recupero di queste spese dalle modalità di recupero delle spese nel caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Così, queste spese saranno recuperate insieme a quelle ordinariamente anticipate dall'amministrazione, con il vantaggio di evitare che rispetto allo stesso processo si sommino due modalità di recupero diverse.

Articolo 159 (Imposta di registro della sentenza e compensazione delle spese) (R)
La norma in commento riproduce una norma regolamentare già esistente, riscrivendola in maniera più chiara, e la  inserisce nel testo unico per motivi sistematici.

PARTE V
REGISTRI

Premesse
Prima di analizzare le singole disposizioni dedicate ai registri occorre premettere una breve sintesi della situazione  esistente, anche sotto il profilo del contesto ordinamentale in materia, e chiarire le scelte operate con il testo unico.
1.Situazione normativa e fattuale ad oggi
Oggi esistono:
-           il registro delle spese anticipate dall'erario, solo presso gli uffici giudicanti, mod. 12;
-           il registro, c.d. del campione civile (mod. 20), “delle spese concernenti le cause in cui siano parti persone o enti ammessi alla prenotazione a debito”, presso gli uffici civili di merito e la Cassazione. Oltre alle spese prenotate a debito, sono riportate le spese anticipate (già annotate nel mod. 12). Le annotazioni riguardano le cause civili in cui è parte un'amministrazione, quelle in cui una parte è ammessa al gratuito patrocinio, l'azione civile nel processo penale.
-           il registro delle spese nelle procedure fallimentari, solo presso la cancelleria fallimentare di primo grado, dove sono annotate le spese anticipate (già annotate nel mod. 12) e quelle prenotate a debito;
-           il registro del c.d. campione penale (mod. 29) del Ministero delle  Finanze,  solo presso gli uffici di merito della giurisdizione penale, dove sono riportati gli importi recuperabili e le successive vicende;
-           tavola alfabetica, (mod. 18, che è stato superato nella prassi, dopo che la riscossione è stata affidata ai concessionari), presso gli uffici giudicanti di merito, dove sono riportati i crediti di dubbia solvibilità;
-           il registro dei ruoli, collegato al nuovo regime della riscossione, presso tutti gli uffici  giudicanti di merito, unitario per il penale e civile, dove sono annotati gli importi da recuperare (già risultanti dall'attuale campione civile e campione penale) e le successive vicende del credito; questo, previsto dal regolamento (decreto ministeriale 27.03.2000, n. 264) non è ancora operativo, non essendo stati emanati i modelli.
-           alcuni registri di comodo nati nella prassi e in vario modo ufficializzati dall'amministrazione centrale.
2. Contesto ordinamentale.
 Alle vecchie norme - primarie e secondarie - che istituivano i registri e regolavano i dettagli (dai due regi decreti n. 2700 - tariffa civile - e n. 2701-tariffa penale - del 1865, alle relative istruzioni, ai decreti ministeriali precedenti e successivi ai citati regi decreti, ad alcune norme di attuazione del codice di procedura civile, a norme collaterali, quali l'art. 2 della legge n.182/1956, attributivo di competenza ai funzionari amministrativi) si è aggiunta la legislazione del 1989 (per il penale) e la legge n.399/91 (a carattere generale), ed alcune norme più recenti, quale l'articolo 17, del decreto legislativo n. 51/1998, sino al regolamento n. 264/2000.
In sintesi, dalla disciplina con fonte primaria si è giunti ad un contesto di delegificazione della materia, seguendo, però, strade diverse in ambito penale e in ambito civile.
Con riferimento al penale, i registri sono individuati con decreto ministeriale sin dal 1989, sulla base dell'art. 206 att. c.p.p. che rinvia al regolamento di attuazione del codice (della tipologia ex articolo 17, comma 3 legge n. 400/88) il quale, a sua volta all'articolo 2 prevede l'emanazione di un decreto ministeriale.
Con riferimento al civile, la legge n. 399/1991 rimette al decreto ministeriale l'individuazione dei registri, delle modalità di tenuta, anche con riferimento a quelle automatizzate, e abroga alcune norme di legge,  che sono tuttavia, mantenute in vigore sino all'emanazione dei decreti ministeriali. Non essendo mai stati emanati i decreti ministeriali per i registri relativi al civile, l'art. 17, del decreto legislativo n. 51/1998 ripete il rinvio a decreti ministeriali per i modelli.
Le norme di delegificazione citate non hanno mai fatto espresso riferimento alle norme originarie istitutive dei registri delle spese, ma piuttosto alle norme di attuazione del codice di procedura civile,  che elencavano anche i registri relativi alle spese, con l'eccezione del campione penale, di competenza del Ministero  delle  finanze.
Con il decreto del Ministro della giustizia  del 27 marzo 2000, n. 264 (della tipologia ex articolo 17, comma 3 legge n. 400/88), che assume come fonti legittimanti la legge del 1991, la legge del 1998 e tutte le norme sulla tenuta informatizzata, è stato individuato l'elenco dei registri civili (in cui rientrano tutti quelli disciplinati dal testo unico, con eccezione del campione penale) ed  è fatto rinvio ai decreti ministeriali per i modelli (prevedibili come operati per il gennaio 2002).
3.La disciplina del T.U.
La scelta innovativa fondamentale è quella di  individuare i registri necessari sulla base della necessità della funzione da registrare.
Le funzioni che rilevano sono tre:
-           l'esborso del denaro da parte dell'erario;
-           l'annotazione di un importo a futura memoria - nei casi in cui per diverse ragioni il legislatore non ha ritenuto opportuno un passaggio materiale di denaro - per un credito che potrà sorgere: prenotazione a debito;
-           l'importo del credito ai fini del recupero: quando è sorto nei confronti di soggetti determinati e le successive vicende.
Proprio perché i registri sono individuati sulla base delle funzioni, che sono trasversali rispetto alla tipologia dei processi, non è necessario indicare presso quali uffici  sono tenuti i registri, ma è sufficiente individuare il nesso tra la tenuta del registro e la funzione. Ad esempio, il registro delle spese pagate, ci sarà laddove il pagamento è disposto (presso l'ufficio giudicante o requirente, o presso l'ufficio UNEP, non presso la cassazione); il registro delle spese prenotate a debito sarà previsto laddove nasce la spesa da prenotarsi (presso l'ufficio giudicante o requirente, presso l'ufficio UNEP, presso la cassazione); il registro dei crediti ci sarà presso l'ufficio del giudice dell'esecuzione (presso gli uffici giudicanti di I e II grado, non presso le procure, non presso la cassazione).
L'obiettivo del testo unico è di semplificare al massimo la materia, riducendo il numero dei registri e eliminando duplicazioni di annotazioni, di aumentare l'efficacia e la correttezza della registrazione e di impedire che le norme di legge  siano di ostacolo alle possibilità aperte dall'informatizzazione.
Questa scelta appare idonea al raggiungimento degli obiettivi.
In un contesto informatizzato integrato, l'ufficio che svolge la funzione di determinare l'importo da recuperare è in grado di estrarre i dati che gli servono telematicamente, rintracciandoli in un sistema in cui altri hanno provveduto all'annotazione, così controllando la corrispondenza tra quanto risulta dai registri e quanto risulta dagli atti processuali contenuti nel fascicolo in suo possesso.

Articolo 160 (Funzioni sottoposte ad annotazioni) (L)
Prevede l'annotazione nei registri dei pagamenti dell'erario, delle prenotazioni a debito, dei crediti da recuperare e delle successive vicende.
Nella legge sono indicate solo le funzioni sottoposte ad annotazione. Tutto il resto, nel contesto di delegificazione chiarito nelle premesse, è previsto in norme regolamentari.

Articolo 161 (Elenco registri) (R)
Il termine “spese pagate” sembra più corretto perché nella materia trattata assume rilievo l'esborso di denaro e si prescinde dalla recuperabilità o meno delle spese.
La vidimazione del Procuratore, presente nelle norme originarie, è già superata dall'art. 2, legge n. 182/1956, attributivo di competenza ai funzionari amministrativi.

Articolo 162 (Attività dell' ufficio) (R)
Prevede l'annotazione, da parte dell'ufficio procedente, delle spese pagate dall'erario, delle spese prenotate a debito, dell'importo del credito recuperabile e di tutte le vicende successive.

Articolo 163 (Determinazione dei modelli dei registri) (R)
Per più ragioni si è preferito prevedere con norma autonoma lo strumento di individuazione dei modelli dei registri delle spese, anziché operare un rinvio diretto alle norme del d.m. n. 264/2000.
Innanzitutto è stato previsto uno strumento più agile, quale è il decreto dirigenziale dei ministeri competenti, anziché il decreto del Ministro che è lo strumento con cui sono approvati i modelli degli altri registri rilevanti nell'attività degli uffici giudiziari. Non c'è dubbio che trattandosi solo di modalità tecniche, non occorre un decreto del Ministro. La scelta del decreto del Ministro nel regolamento del 2000, è stata, invece, mutuata dall'art. 17 d.lgs. n. 51/1998 e dalla legge generale di delegificazione dei registri n. 399/1991. Quindi, da un contesto ordinamentale ormai superato. Oggi, infatti, è ormai affermata la separazione tra politica e amministrazione.
Inoltre, è stato possibile sciogliere il rinvio, presente nella norma originaria, all'art. 646 del regolamento generale di contabilità. Poiché nella materia de qua rileva sempre, trattandosi di servizi amministrativi che hanno attinenza con la contabilità,  si è previsto il concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Infine, si è eliminato il richiamo alle norme, contenuto nell'ultimo periodo dell'art.14 del d.m. n. 264/2000. Si tratta di norme già abrogate espressamente dall'art. 7, legge n. 399/1991 e mantenute in vigore sino all'emanazione dei decreti ministeriali per i modelli di registri. Il nuovo richiamo a queste norme, proprio nel contesto della previsione dei decreti ministeriali, potrebbe far sorgere il dubbio che le norme stesse rimangano ferme anche a decreti ministeriali emanati.

Articolo 164 (Rinvio) (R)
La tecnica del rinvio è imposta dalla circostanza che si tratta di norme che non avrebbe senso incorporare nel testo unico perché riferibili a tutti i registri.

PARTE VI
PAGAMENTO

Premesse generali al Titolo I (Titoli di pagamento delle spese)

In relazione ai soggetti competenti all'emissione del provvedimento con cui è disposto il pagamento, occorre premettere che oggi esistono due diversificazioni:
a) l'attribuzione a soggetti diversi - in funzione della diversità dei beneficiari - dell'emissione dell'ordine di pagamento e della contestuale quantificazione dell'importo (a funzionari amministrativi per le spese a favore dei testimoni; a magistrati per le spese a favore di magistrati);
b) l'attribuzione a soggetti diversi della competenza alla quantificazione dell'importo e della competenza all'emissione dell'ordine di pagamento, per tutte le altre spese, diverse da quelle a favore dei magistrati e dei testimoni (il magistrato, con decreto, quantificava l'importo, quindi il funzionario emetteva l'ordine di pagamento).
Le disposizioni del testo unico eliminano entrambe le suddette diversificazioni, non essendoci fondate ragioni né per la ripartizione delle competenze in funzione dei beneficiari, né per una sostanziale duplicazione del titolo di pagamento.
L'unica distinzione è fondata sull'indispensabilità dell'attribuzione al magistrato della competenza a provvedere alla quantificazione, quando rilevano aspetti valutativi: come è nel caso degli onorari agli ausiliari, dell'indennità di custodia, dell'importo da corrispondere per l'attività di demolizione e riduzione in pristino dei luoghi.
Pertanto, in base alla nuova disciplina, se la quantificazione è effettuata dal funzionario è questi ad emettere l'ordine di pagamento, se la quantificazione è effettuata dal magistrato, è questi ad  emettere il decreto di pagamento.
La disciplina originaria era fondata sull'articolo 7 della legge n. 182/1956, mentre le norme in commento trovano conferma nell'art. 10 d. lgs. n. 237/97, che testualmente parla di “ordine o decreto” di pagamento, il cui contenuto confluisce nel modello di pagamento, trasmesso dall'ufficio che dispone il pagamento al soggetto abilitato a pagare.
In ordine a quest'ultimo aspetto, non è stato possibile superare la distinzione tra ordine-decreto di pagamento e modello di pagamento, costituendo il primo il titolo, da annotare nel registro (ex mod. 12 e sulla base del T.U., registro delle spese pagate dall'erario), e il secondo uno strumento per far conoscere il titolo al soggetto concretamente abilitato all'erogazione del denaro.

Capo I
Ordine di pagamento emesso dal funzionario

Articolo 165 (Ordine di pagamento emesso dal funzionario) (L)
Nell'originario art. 7, della legge n. 182/1956 si rinveniva il seguente schema:
-           per le spettanze ai testi, il funzionario amministrativo quantificava ed emetteva l'ordine di pagamento;
-           per le spettanze a titolo di trasferta si distingueva a seconda dei beneficiari: se questi erano magistrati, era un magistrato a quantificare ed emettere ordine di pagamento; per gli altri la quantificazione spettava ad un magistrato mentre ad emettere l'ordine di pagamento era un funzionario amministrativo;
-           per le spettanze a titolo di indennità a giudici onorari ed esperti, era un magistrato a quantificare e ad emettere l'ordine di pagamento.
L'unificazione in capo al funzionario amministrativo della quantificazione e dell'emissione dell'ordine di pagamento ha finalità di riordino, non essendovi ragioni ostative all'innovazione di carattere procedurale.
La quantificazione non presenta alcun elemento di discrezionalità, le norme applicabili sono oramai chiare - proprio per effetto del testo unico -, non vi sono ragioni per distinguere, anzi non ha senso la distinzione, sulla base dei beneficiari.
Dato che nel capo che segue, e altrove nel testo unico, risultano i casi in cui la liquidazione è effettuata dal magistrato, non occorre elencare i casi in cui la liquidazione è effettuata dal funzionario ed è più opportuno costruire la norma in generale.

Articolo 166 (Ordine di pagamento anticipato per i testimoni nel processo penale) (L)
Rispetto alla norma originaria, non sono stati disciplinati nel dettaglio gli aspetti procedurali in quanto ritenuti superflui.
E' stato eliminato il termine “provvisorio” perché l'ordine non si differenzia da quello ordinario, è solamente emesso prima della testimonianza.
Si tratta di una norma del tutto desueta, a causa del minimo ammontare delle indennità previste dalla legislazione vigente; può, però, assumere concreto rilievo per le rogatorie.

Articolo 167 (Ordine di pagamento dell'indennità di trasferta agli ufficiali giudiziari) (L)
Le disposizioni contenute nell'originario articolo 6, commi 2 e 3, legge n. 59/1979 sono o inutili (comma 2) o superate (comma 3): inutili, perché la richiesta da parte dell'ufficiale giudiziario non può non essere fatta sulla base dell'elenco delle trasferte effettuate per notifiche risultante dal registro cronologico A bis (d.m. 13 giugno 1979, che lo istituisce); superate, perché oggi, sulla base delle modifiche introdotte dall'art. 10 d.lgs. n. 237/1997 (v. capo dedicato ai soggetti abilitati al pagamento) al soggetto che paga per conto dello Stato non si trasmette l'ordine di pagamento ma un modello contenente i dati dell'ordine.
Nella norma originaria (art. 6 citato), l'emissione del mandato di pagamento era attribuita al dirigente della cancelleria ed espressamente solo per le notifiche civili a richiesta d'ufficio.
Tuttavia, questa regola è stata estesa nella prassi anche alle richieste di notifica delle parti ammesse al gratuito patrocinio o al patrocinio a spese dello Stato e delle parti esenti a norma di legge.
La norma in commento, oltre a recepire la prassi suddetta, la estende alle notifiche a richiesta d'ufficio nel processo penale, per le quali (sulla base della circolare del Dipartimento affari civili, Ufficio V, n. 5/2443/035 del 9.07.80, punto 6), l'ordine di pagamento era emesso da parte del capo dell'ufficio giudiziario, probabilmente perché era prevista la verifica di ritualità, mai effettuata in concreto e oggi venuta meno già in forza di circolare (v. spettanze ufficiali giudiziari).
Inoltre, è innovata la competenza che viene attribuita agli ufficiali giudiziari.
Nell'articolo in commento non è riportata la parte della norma originaria relativa al soggetto abilitato al pagamento (oggi concessionario o Poste) perché sviluppata, unitariamente a tutte le altre spese, nel Titolo II di questa stessa parte.
Per il procedimento civile e penale, in sostanza, l'innovazione consiste nell'attribuzione, al funzionario addetto dell'ufficio UNEP, della competenza a liquidare le spese per notifiche con ordini di pagamento a favore del proprio ufficio, sostituendo l'originaria competenza frammentata tra cancelliere e capo dell'ufficio giudiziario. Infatti, alla competenza in capo a questi ultimi non si accompagnava un controllo, visto che la quantificazione veniva effettuata sulla base dell'elenco fornito dagli ufficiali giudiziari.
Inoltre, si è estesa la procedura agli altri procedimenti, nel rispetto delle regole sull'autonomia finanziaria, per perseguire uniformità semplificando la procedura in essere. Infatti, in questi l'erario seguiva le regole poste per i privati: pagamento volta per volta all'ufficio UNEP.

Capo II
Decreto di pagamento emesso dal magistrato

Articolo 168 (Decreto di pagamento delle spettanze agli ausiliari del magistrato e dell'indennità di custodia) (L)
La disciplina è riferibile unitariamente a tutti i processi, eccettuati alcuni profili che sono riferibili solo al penale (es. segreto istruttorio).
Sotto il profilo terminologico, l'espressione “spettanze” si riferisce all'onorario, alle spese e indennità di trasferta e alle spese per l'espletamento dell'incarico; l'espressione “magistrato” sostituisce quella di giudice e pubblico ministero.
Circa le modalità della comunicazione che, nella norma originaria erano specificate solo per il processo penale, non si è ritenuto di doverle specificare, poiché valgono le regole ordinarie.
La norma in commento persegue l'obiettivo di risolvere il problema di come contemperare il segreto investigativo con l'esigenza di liquidare l'ausiliario all'esito dell'espletamento dell'incarico.
Nella formulazione della norma originaria questo contemperamento non era possibile. Infatti, mentre nel processo civile il decreto era provvisoriamente esecutivo, nel processo penale il decreto diveniva esecutivo (e poteva essere emesso l'ordine di pagamento) solo all'esito della scadenza dei termini per l'opposizione e, quindi, solo quando tutte le parti oltre il beneficiario ne erano venuti a conoscenza ai fini dell'opposizione.
Nella norma in commento è prevista la provvisoria esecutività nel processo penale solo in caso di segreto istruttorio, con decorrenza dei termini per l'opposizione per tutti dalla cessazione del segreto.
Così, in assenza di segreto, il decreto diventa esecutivo solo alla scadenza dei termini per l'opposizione, come oggi. Se c'è il segreto il decreto è esecutivo per consentire il pagamento all'ausiliario ed è portato a conoscenza dei possibili  opponenti solo dopo, proprio per consentire l'opposizione.
Per quanto riguarda l'indennità di custodia, l'uso del decreto emesso da parte del magistrato che procede emerge dai principi generali ed è confermato dalla prassi; invece, nella norma originaria era il capo dell'ufficio giudiziario competente ad emettere il decreto.

Articolo 169 (Decreto di pagamento delle spese per la demolizione e la riduzione in pristino dei luoghi) (L)
La norma in commento disciplina solo la fase del pagamento (per l'importo v. Parte II, titolo X) ed è di raccordo tra l'art.168 e il titolo X della parte II.
E' stato previsto un articolo autonomo, rispetto all'articolo che precede, perché nell'ipotesi considerata non può venire in rilievo il segreto istruttorio.

Articolo 170 (Opposizione al decreto di pagamento) (L)
La norma in commento disciplina l'opposizione al decreto di pagamento, apportando delle innovazioni rispetto alle previsione della norma originaria.
In linea con il mutamento del sistema, a seguito dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 51/1998 (che ha sostituito l'art. 48 dell'ordinamento giudiziario), la norma prevede la competenza monocratica, peraltro già attuata dal legislatore con l'art. 50, lett. c) del d. lgs. n. 274/2000. Altrimenti, in mancanza di previsione espressa, la competenza sarebbe collegiale per una procedura semplificata fin dall'origine.
Il Presidente del tribunale sarà competente anche per i decreti emessi dal giudice di pace, trattandosi dell'unica figura di vertice, non potendo tale funzione giurisdizionale essere attribuita al coordinatore del giudice di pace che ha solo funzioni amministrative.
Per maggiore elasticità, è stato eliminato il rinvio diretto all'art. 29, legge n. 794/1942, che disciplina il procedimento speciale, alternativo al codice di procedura civile.
Inoltre, è stata disposta l'estensione - alle spese per la custodia e alle spese per la demolizione e riduzione in pristino dei luoghi affidata a imprese private - della procedura prevista dalla norma originaria solo per le spese di consulenza e che prevede una tutela giurisdizionale semplificata.
La ratio dell'estensione, per finalità di riordino, è di prevedere una disciplina uguale di fattispecie analoghe, al fine di superare i contrasti giurisprudenziali creatisi nel vuoto normativo  sull'indennità di custodia.
La misura del compenso per la custodia e la liquidazione dello stesso erano disciplinati nel campione penale, dove nulla era detto relativamente all'impugnazione; pertanto, sullo strumento di impugnazione è sorto un grande contrasto, anche con riferimento all'applicabilità dell'art. 11, legge n. 319/1980, che ha visto coinvolta anche la Corte costituzionale.
Allo stato questa è la sintesi del diritto vivente.
Per il processo civile: opposizione nelle forme dell'opposizione a decreto ingiuntivo (ex 645 c.p.c., con contraddittorio pieno), poiché (v. art. 65 c.p.c. e 53 att. c.p.c.) il decreto è titolo esecutivo (la Corte Costituzionale con la sentenza n. 38/1988 lo ha ritenuto provvedimento speciale a carattere monitorio, contro cui è esperibile l'opposizione ex 645 c.p.c, con conseguente esclusione dell'illegittimità dell'art. 11, legge 319/1980 nella parte in cui non si riferisce ai custodi).
Per il processo penale: secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente (cfr. da ultimo Cass. pen. sez. IV, n. 896/1994; Cass. pen. sez. I, n. 548/1998) atteso il vuoto normativo, avverso il provvedimento di liquidazione del compenso al custode giudiziario è stata ammessa la richiesta di riesame con il rito di cui agli artt. 665 e 666 c.p.p., applicabili in via analogica, quindi l'opposizione al giudice dell'esecuzione, richiamata per le spese dall'art. 695 c.p.p. E' scartata l'ipotesi dell'applicabilità dell'art. 645 c.p.c., è scartata l'ipotesi che sia applicabile in via analogica l'art. 11, legge n. 319/1980, relativo ai consulenti tecnici; un'unica sentenza (Cass. pen., sez. VI, n. 1755/1995) ritiene applicabile l'art. 11 citato solo per il civile.
Infine, sempre per perseguire coerenza sistematica, la procedura semplificata è stata estesa al compenso liquidato alle imprese private per la demolizione e riduzione in pristino.
Naturalmente, non può essere estesa al caso in cui l'attività è compiuta dalle strutture tecnico-operative del Ministero della difesa, perché l'importo è quello che risulta dalla convenzione tra i ministeri interessati.

Articolo 171 (Effetti del decreto di pagamento) (R)
E' una norma finale di raccordo per evitare che nelle ipotesi non espressamente disciplinate in questo Capo, in cui è l'autorità giudiziaria ad emettere il decreto di liquidazione della spesa, torni a rivivere la vecchia duplicazione del titolo (superata nel testo unico sulla base dell'articolo 10 del d. lgs. n.237/1997) e, oltre al decreto del magistrato, si ritenga necessario un ordine del funzionario addetto all'ufficio: si pensi al decreto di liquidazione del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

Capo III
Responsabilità

Articolo 172 (Responsabilità) (L)
La norma in commento riproduce l'art. 10, comma 3, del decreto legislativo n. 237/97 che, a sua volta, riprende testualmente l'art. 455, del r.d. n. 827/1924. In più, solo per esigenze di chiarezza, si è fatto rinvio alla normativa generale in tema di responsabilità amministrativa. Inoltre, si è attualizzata la terminologia, riferendo espressamente la responsabilità a funzionari e magistrati. Infatti,  all'epoca della disciplina del 1924, gli ordini di pagamento erano emessi solo da magistrati e, presumibilmente, solo ad essi si riferiva la norma; successivamente l'emissione di tali ordini è stata affidata alla competenza esclusiva di funzionari, o alla competenza esclusiva di magistrati, o ad entrambi (il decreto più l'ordine).
Nel testo unico alcuni ordini di pagamento sono esclusivi dei funzionari, altri sono esclusivi dei magistrati: se quantifica il funzionario è questo che emette l'ordine di pagamento; se quantifica il magistrato (per le ipotesi in cui sono necessarie valutazioni) è questo che emette il decreto. Ai fini dell'attualizzazione della terminologia, non osta la natura “giurisdizionale” del decreto di liquidazione del magistrato. Al di là della discussione, anche giurisprudenziale, sulla natura giurisdizionale o meno di tale decreto, pur ammettendo che si tratta di provvedimento giurisdizionale (nell'ambito di una definizione ampia della funzione giurisdizionale), il legislatore può prevedere casi e forme di responsabilità per atti giudiziari del tipo in questione atteso che può prevederli anche per la giurisdizione in senso stretto. Infatti, la Costituzione non assicura al magistrato lo status di assoluta irresponsabilità, ma lascia aperto il campo alla discrezionalità del legislatore, in un contesto di tendenziale generalità della giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica (v. Corte costituzionale sentenza n. 385/1996).
La norma prevista nel testo unico non introduce una forma di responsabilità inesistente per i magistrati. Attualizzando il linguaggio, evidenzia ciò che era stato a lungo oscurato dalla circostanza che da moltissimi anni (concretamente almeno dal 1956 con la costituzione del Consiglio Superiore della Magistratura) i magistrati non potevano essere agevolmente ricompresi nella categoria di “funzionari giudiziari”.

 

TITOLO II
PAGAMENTO DELLE SPESE PER CONTO DELL'ERARIO

Premessa
Negli articoli che seguono è stato incorporata la normativa secondaria, elaborata da una commissione mista (Finanze, Giustizia, Tesoro, Poste). Le disposizioni contenute in tale elaborato sono state coordinate con le disposizioni dello stesso d.lgs.273/97 e con l'intero sistema del testo unico.
L'espressione “l'ufficio che dispone il pagamento”, è stata preferita a quella di ”ufficio giudiziario ordinario” in quanto coerente con la definizione generale di ufficio (come apparato strumentale di quello giudiziario - v. Parte I Definizioni). Inoltre, il termine che si è preferito utilizzare tiene conto delle altre giurisdizioni (amministrativa, tributaria, contabile).
Per quanto concerne i “soggetti abilitati al pagamento”, cioè il concessionario e l'ufficio postale, ferma restando la sussidiarietà dell'ufficio postale se non esistono sportelli del concessionario, si è ritenuto preferibile che la scelta spetti al beneficiario, indipendentemente dall'importo.
Quanto alle modalità di pagamento, la disciplina è stata formulata in modo da essere in sintonia con quella generale in materia di procedure di spesa, prevista dal D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367.
Di conseguenza, la modalità di pagamento ordinaria è quella mediante accredito sul conto corrente bancario o postale, o altro mezzo di pagamento disponibile a scelta del creditore (art.1 del D.P.R. n. 367/1994). Allo stesso creditore è data la possibilità di scegliere di ricevere il pagamento in contanti sino all'importo (oggi di euro 4.131,66) previsto dall'articolo 13 del D.P.R. n. 367/1994, come eventualmente modificato secondo la procedura prevista nello stesso articolo.
In tal modo il pagamento delle spese di giustizia non si discosterà dalle norme generali dell'ordinamento.
Con riferimento alla decadenza del diritto del beneficiario di incassare l'importo, le norme in esame raccordano la fattispecie alla disciplina prevista in altra parte del testo unico (Parte II, Titolo XIII), dove la decadenza è prevista solo per l'incasso in contanti. Infatti, la decadenza del diritto del beneficiario si pone concretamente solo se si sceglie il pagamento in contanti e, naturalmente è comune alle Poste e al concessionario, dato che è stata lasciata l'opzione al beneficiario. Se il beneficiario sceglie l'accredito, nel momento in cui richiede il pagamento, indica gli estremi del conto corrente e l'eventuale delega e non deve compiere più alcuna attività sottoponibile a decadenza, mentre prima, si rivolgeva all'ufficio che dispone il pagamento e doveva presentarsi al soggetto che pagava. Pertanto, solo in caso di richiesta di pagamento in contanti, si può configurare l'ipotesi di decadenza, e l'ufficio abilitato al pagamento restituisce il modello di pagamento all'ufficio che lo ha disposto. Invece, in caso di mancato accredito –per qualunque motivo- ferma la comunicazione negativa prevista nei prospetti riepilogativi, l'ufficio abilitato potrà pagare sino al compimento della prescrizione.
Per quanto concerne il controllo da svolgersi sul soggetto abilitato al pagamento, il testo unico ha scelto la strada più semplice garantendone l'efficacia. Si tratta del controllo sui concessionari e sulle poste prima dell'emissione degli ordini di pagamento in loro favore, relativi alle regolazioni contabili e ai rimborsi.
Il testo unico affida tale controllo ai funzionari delegati, cioè ai soggetti che emettono gli ordini di pagamento, relativi alle regolazioni contabili e ai rimborsi, in favore di concessionari e poste. I funzionari delegati effettuano il controllo sulla base dei modelli di pagamento e dei prospetti riepilogativi, dove risultano anche i mancati accrediti e i mancati pagamenti in contanti, che sono stati loro inviati dai concessionari e dalle poste, nonché sulla base della documentazione allegata ai singoli modelli di pagamento, loro trasmessa dagli uffici che dispongono il pagamento.
In sostanza, chi è delegato ad emettere gli ordinativi in favore di concessionari e poste svolge anche la funzione di controllo. Se si attribuisce tale controllo all'ufficio che dispone il pagamento della spesa anticipata dall'erario, si allungherebbe la procedura senza garantire maggiore efficacia. Infatti, questi ultimi uffici non hanno altri documenti rilevanti per il controllo ed effettuerebbero lo stesso comunque sui modelli di pagamento e sui prospetti riepilogativi e sulla documentazione allegata.

Capo I
Soggetti abilitati e modalità di pagamento

Articolo 173 (Soggetti abilitati ad eseguire il pagamento delle spese) (L)
La norma in commento riprende quella originaria attualizzandola e sciogliendo il rinvio in essa contenuto. Il riferimento alle entrate già riscosse “dallo stesso ufficio del registro”, è stato sciolto richiamando l'articolo 2 del d.lgs n. 237/97. Ed inoltre, è stato sciolto ed attualizzato il rinvio all'articolo 454 del r.d. n. 827/1924, attraverso il richiamo alle entrate disciplinate dal presente testo unico. Infine, rispetto all'originario art. 454, si deve precisare che le spese relative alle inchieste amministrative per gli infortuni sul lavoro e per gli infortuni agricoli non ci sono più; non si fa riferimento a chi paga per i reati finanziari perché nell'ambito del testo unico è stata soppressa la disciplina particolare (v. Relazione relativa alla Parte Riscossione).
Il comma 2 riprende la norma originaria, che rimette alla normativa secondaria l'individuazione dei casi in cui il pagamento è eseguito dall'ufficio postale, e rinvia alla norma secondaria che li disciplina.

Articolo 174 (Pagamenti eseguibili dall'ufficio postale) (R)
La norma prevede che il pagamento è eseguito dall'ufficio postale, se lo richiede il beneficiario e, sempre, se nel Comune in cui ha sede l'ufficio che dispone il pagamento non esistono sportelli del concessionario, ovvero per ragioni particolari non siano utilizzabili.

Articolo 175 (Ufficio competente ad eseguire il pagamento) (R)
La disposizione individua la competenza territoriale dell'ufficio che esegue il pagamento.
Naturalmente, l'esigenza di individuare quale è, sul territorio, l'ufficio del concessionario o delle poste che è competente ad eseguire il pagamento si pone solo se gli uffici non sono collegati con tecnologie informatiche. Peraltro, in un contesto non informatizzato in cui la modalità ordinaria di pagamento è l'accredito sul conto corrente bancario o postale, l'esigenza di privilegiare la comodità del beneficiario è marginale, mentre è ragionevole privilegiare la comodità dell'ufficio che dispone il pagamento, che dovrà inviare i modelli di pagamento al soggetto che lo esegue. Da ciò la formulazione della norma che individua il criterio della maggior vicinanza tra ufficio che dispone il pagamento e quello che lo esegue.

Articolo 176 (Modalità di pagamento) (R)
In linea con quanto rappresentato nelle premesse, tale disposizione individua nell'accredito, o altro mezzo esistente nel circuito bancario e postale, la modalità di pagamento ordinaria e rimette al creditore la scelta del pagamento in contanti, sino all'importo risultante dalle norme generali in materia di procedure di spesa (articolo 13 D.P.R. n. 367/1994).
I commi 2 e 3 disciplinano l'ipotesi di pagamento a soggetto delegato dal beneficiario.

Capo II
Adempimenti degli uffici che dispongono il pagamento

Articolo 177 (Modello di pagamento) (R)
Tale disposizione indica il contenuto del modello di pagamento e ne prevede la trasmissione - con tempi certi - al competente concessionario ovvero al competente ufficio postale, nonché al beneficiario. Prevede, inoltre, la trasmissione di copia della documentazione relativa ai singoli modelli al funzionario delegato.

Articolo 178 (Adempimenti preliminari da parte dell'ufficio che dispone il pagamento) (R)
La norma indica quali sono gli adempimenti preliminari a carico dell'ufficio che deve disporre il pagamento.

Capo III
Adempimenti dei soggetti che eseguono il pagamento

Articolo 179 (Adempimenti comuni al concessionario e all'ufficio postale) (R)
La disposizione prevede gli adempimenti a carico dell'ufficio (ufficio postale o concessionario) che esegue il pagamento, sia nell'ipotesi di pagamento in contanti, che di accreditamento bancario o postale. Come esplicitato nella premessa, solo per il pagamento in contanti si può configurare l'ipotesi della decadenza del diritto del beneficiario.

Articolo 180 (Adempimenti dell'ufficio postale) (R)
Il passaggio tra ufficio postale e filiale è dovuto ad esigenze interne all'amministrazione delle poste S.p.a.

Articolo 181 (Adempimenti del concessionario) (R)
Stabilisce gli adempimenti a carico del concessionario specificandone al contempo i tempi e le modalità di esecuzione.

Articolo 182 (Prospetto riepilogativo dei pagamenti) (R)
La norma in commento attua la scelta esposta nelle premesse a proposito del soggetto deputato al controllo. Si deve considerare che il controllo, teso ad evitare che gli uffici pagatori chiedano il rimborso di pagamenti fittizi o meglio atto ad evitare errori, è solo “cartolare”, e non potrebbe essere diversamente visto che rilevano i prospetti riepilogativi e i modelli di pagamento.
Inoltre, non ha senso il controllo degli uffici finanziari, che prima della riforma del 1997 erano coinvolti. Quello era di merito e si collegava alla circostanza che in linea di massima erano gli uffici del registro a pagare, per cui lo facevano loro anche quando a pagare erano le poste. Oggi non sarebbe proponibile.
Ha  senso, invece, un controllo formale da parte del soggetto che deve effettuare la regolazione contabile perché sul proprio bilancio gravano le spese anticipate.

Capo IV
Controllo sui pagamenti eseguiti e regolazioni contabili

Articolo 183 (Regolazione e rimborso dei pagamenti) (R)
L'emissione degli ordinativi di pagamento su aperture di credito in favore dei concessionari e delle Poste si collega alla necessità contabile dell'integrità del bilancio dello Stato. Pur essendo vero che i concessionari sottraggono quanto pagato a terzi dal riscosso e che gli uffici postali anticipano le somme indebitandosi con l'amministrazione del Tesoro, l'ordinativo di pagamento a loro favore per i pagamenti effettuati per le spese è una necessità per giustificare il minor versamento del riscosso da parte dei concessionari e per diminuire il debito delle Poste. L'operazione è effettuata da parte dell'amministrazione cui si riferisce il capitolo di bilancio destinato alle spese anticipate.
Il comma 5 tiene conto dell'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.

Articolo 184 (Versamento di ritenute e di imposte) (R)
I versamenti sono effettuati dal funzionario delegato sulle aperture di credito. Infatti,  il soggetto abilitato al pagamento versa al beneficiario il netto e questo importo viene detratto dal riscosso che deve essere versato all'erario. Anche gli ordinativi di pagamento a favore del soggetto abilitato al pagamento si riferiscono al netto. Di conseguenza gli ordinativi che riguardano le ritenute, rappresentanti anch'essi una necessità contabile, sono effettuati dal funzionario delegato.

Articolo 185 (Aperture di credito) (R)
Il comma 1 individua la competenza per le aperture di credito ai funzionari delegati, tenendo conto che l'operazione è effettuata da parte dell'amministrazione cui si riferisce il capitolo di bilancio destinato alle spese anticipate, e nel rispetto delle regole sull'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.
Il comma 2 prevede a carico delle amministrazioni diverse da quelle statali la comunicazione alla competente Ragioneria provinciale dello Stato dell'importo e della data di accreditamento dei fondi trasferiti al funzionario delegato incaricato del rimborso e della regolazione dei pagamenti.

Articolo 186 (Funzionari delegati) (R)
La norma in commento individua lo strumento per la designazione dei funzionari delegati, nel rispetto dell'autonomia delle amministrazioni cui si riferisce il capitolo di bilancio destinato alle spese anticipate e delle regole sull'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti. Per l'amministrazione della giustizia ordinaria, la disposizione intende evitare che, nel silenzio, funzionari delegati  siano il Procuratore generale e il Presidente della corte d'appello, sulla base di prassi immemorabile, probabilmente fondata sulla tematica della c.d. doppia dirigenza.

Articolo 187 (Recupero delle somme indebitamente pagate a terzi) (R)
L'originario comma 4 dell'art. 10 del d.lgs. n. 237/1997 è stato riformulato e integrato, chiarendone il contenuto precettivo ed è stato abbassato il livello della fonte sul presupposto che si tratta di norma procedurale.
La materia disciplinata è il recupero da parte dello Stato delle somme indebitamente pagate a terzi.
Se l'indebito pagamento è attribuibile ai soggetti abilitati al pagamento (es.: erronea indicazione del beneficiario e relativo pagamento) lo Stato recupera le somme (stornandole dagli ordinativi di pagamento successivi, se non ha le già sottratte rettificando il modello riepilogativo) direttamente dai suoi intermediari, insieme a quanto aveva pagato per l'opera di intermediazione e alle sanzioni, e non occorre prevedere che l'intermediario ha diritto di rivalsa valendo le regole generali.
Se l'indebito pagamento non è attribuibile a questi ma risale a monte all'ufficio che ha disposto il pagamento (es. errore nell'indicazione del nominativo nel modello di pagamento) l'indebito è iscritto a ruolo nei confronti del beneficiario (il funzionario risponde del risarcimento del danno ai sensi delle norme generali richiamate altrove (Titolo I, capo III di questa parte) e la somma indebitamente pagata è recuperata direttamente dal beneficiario.

Capo V
Compensi ai soggetti che eseguono il pagamento

Articolo 188 (Compensi ai concessionari) (L)
Riporta l'articolo 12 del d.lgs. n.237/1997, con scelta diversa rispetto alla tecnica del rinvio operata per i compensi dei concessionari in fase di riscossione nella corrispondente parte del presente testo, perché la norma si riferisce esclusivamente alle spese di giustizia.

Articolo 189 (Compensi a Poste italiane S.p.A.) (R)
La disposizione rimette ad una apposita convenzione – da approvarsi con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia - la determinazione dell'importo del compenso, che può essere forfettizzato, (come è già sulla base di convenzioni con il Tesoro per altri servizi svolti per conto dello Stato), la disciplina delle modalità di pagamento e l'individuazione delle penalità per l'inosservanza degli obblighi. Si fa riferimento anche ai compensi per i pagamenti effettuati dal 1999, perché da questa data le Poste sono gli unici uffici che effettuano i pagamenti sulla base di una norma transitoria. Infatti, dopo la soppressione dell'ufficio registro come ufficio-cassa e nelle more dell'emanazione delle norme regolamentari per l'effettuazione del pagamento da parte dei concessionari, sino ad oggi ha operato solo la  norma transitoria.

Capo VI
Pagamenti con modalità telematica

Articolo 190 (Determinazione delle regole tecniche telematiche) (R)
Con la norma in commento è stato esteso ai pagamenti delle spese per conto dello Stato uno strumento (già previsto nell'ordinamento per il pagamento del contributo unificato) che consente l'utilizzo di modalità telematiche per tutte le fasi della procedura, tenendo conto del d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, che disciplina l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, amministrativo e contabile.


 

TITOLO III
PAGAMENTO DELLE SPESE A CARICO DEI PRIVATI

Capo I
Pagamento del contributo unificato nel processo civile e amministrativo

Articolo 191 (Determinazione delle modalità di pagamento) (L)
L'art. 9, comma 6, legge n. 488/1999, rimetteva ad un regolamento, ai sensi dell'art. 17, comma 2, legge n. 400/1988, l'individuazione delle modalità di pagamento del contributo unificato.
Sulla base di questa norma è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica n. 126/2001, modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 11 dicembre 2001, n. 466, le cui disposizioni sono state incorporate, con i necessari adattamenti e raccordi, nel testo unico.
La norma in commento, accogliendo un suggerimento del Consiglio di Stato, rinvia alle norme regolamentari e riprende la disposizione originaria per l'eventuale procedura di modifica perché rilevano autorità proponenti diverse da quelle competenti per la modifica delle norme regolamentari del testo unico.

Articolo 192 (Modalità di pagamento) (R)
La disposizione prevede le modalità di pagamento del contributo unificato. Rispetto alla norma originaria è stato eliminato il richiamo al d. lgs. n. 237/1997, perché inutile, sulla base delle definizioni generali e del contesto nuovo del testo unico.
Per i concessionari incaricati della riscossione, i compensi sono regolati dall'articolo 4, del d. lgs. n. 237/1997, che rinvia all'art. 61, comma 3, lettera a), del d.P.R. n. 43/1988, e sono a carico dello Stato.

Articolo 193 (Convenzioni per le rivendite di generi di monopolio) (R)
La norma in commento rinvia ad apposita convenzione – da approvarsi con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia - la definizione dei rapporti con le rivendite di generi di monopolio e di valori bollati, come disposto dall'art. 2 del d.P.R. n.126/2001, modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 11 dicembre 2001, n. 466.

Articolo 194 (Ricevuta di versamento) (R)
La norma individua il contenuto della ricevuta di versamento, tenendo conto delle modifiche apportate con il decreto del Presidente della Repubblica 11 dicembre 2001, n. 466, che ha introdotto il contrassegno rilasciato dalle rivendite di generi di monopolio e di valori bollati.
Per conferire maggiore elasticità alla norma, sganciandola da eventuali modifiche delle competenze interne al Ministero dell'economia e delle finanze, si è rimessa l'approvazione dell'apposito modello a decreto dirigenziale dello stesso Dicastero, anziché al Direttore dell'Agenzia delle Entrate.
Quando il versamento è effettuato presso le rivendite di generi di monopolio, la ricevuta è costituita dal contrassegno. Poiché questo contiene solo la prova dell'avvenuto pagamento dell'importo, deve essere apposto sulla nota di iscrizione a ruolo, o atto equipollente, o sul modello apposito, i quali contengono l'ufficio giudiziario adito, le generalità e il codice fiscale dell'attore o ricorrente, le generalità delle altre parti. Elementi, questi ultimi, che esistono nella nota di iscrizione a ruolo (v. art. 71 c.p..c. att, come modificato dal decreto legge n.           , convertito nella legge n.          ) e che devono sussistere nell'atto equipollente. Altrimenti il contrassegno è apposto sull'apposito modello che li contiene.
Il comma 5 riprende il comma 1 dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 126/2001, raccordandolo all'introduzione del contrassegno. Il comma 6 prevede l'annotazione degli estremi del versamento sul relativo registro del ruolo generale, come rimedio all'eventuale perdita della ricevuta.

Articolo 195 (Determinazione delle regole tecniche telematiche) (R)
In un unico articolo del testo unico sono richiamate tutte le “attività” per cui devono essere emanate regole tecniche per consentire la trasmissione in via telematica e per questo sono stati tolti i riferimenti alle modalità telematiche negli altri articoli.
Il d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, che disciplina l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, amministrativo e contabile, è solo richiamato; pur trattandosi di regolamento governativo, incorporabile astrattamente nel testo unico, ne rimane fuori perché l'incidenza è solo indiretta e l'ambito di intervento più ampio.
Nel modificare l'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 126/2001, per adeguarlo alla legge n. 300/1999, il decreto del Presidente della Repubblica 11 dicembre 2001, n. 466, per mero refuso, non emergendo una diversa volontà dalla relazione, sostituisce un decreto del Ministero con un decreto del Ministro. Nel testo unico si è mantenuta la dizione “decreto del Ministero” conformemente alla scelta operata in altre parti sulla base della separazione politica-amministrazione.

Capo II
Pagamento del diritto di copia, del diritto di certificato, nonché delle spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile

Articolo 196 (Determinazione delle modalità di pagamento) (L)
La disposizione è stata formulata  prendendo a modello l'art. 9, legge n. 488/1999 per il contributo unificato: così si estende alla fattispecie in questione uno strumento già previsto dal legislatore per fattispecie analoga.
La forma del regolamento di cui all'art. 17, comma 2, legge n. 400/88 è idonea all'abrogazione di norme di legge che restano in vigore in via transitoria.
Non è stata possibile l'estensione del regolamento già emanato per il pagamento del contributo unificato, che, essendo stato predisposto per importi alti, non appare idoneo ed anzi è controproducente qualora si tratti di importi minimi.

Capo III
Pagamento delle spese dai privati agli ufficiali giudiziari

Articolo 197 (Pagamento delle spettanze degli ufficiali giudiziari relative a notifiche a richiesta di parte nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario) (L)
La norma in commento disciplina il pagamento delle spettanze agli ufficiali giudiziari da parte dei privati che richiedono il compimento degli atti. Essa riprende i precetti di quella originaria e innova solo gli aspetti procedurali relativi alla fattispecie delle spese per notifica nei casi in cui non sia possibile la preventiva determinazione delle somme occorrenti.
Secondo la disciplina originaria, trattandosi di somme non esattamente determinabili preventivamente, la parte mette una “congrua somma” a disposizione dell'ufficiale giudiziario che la annota nel registro; l'ufficiale giudiziario prende quanto gli spetta e versa mensilmente in conto corrente postale quanto residuato e non richiesto dalla parte nei trenta giorni dal compimento dell'atto; una volta depositate in conto corrente postale, la parte può chiedere all'ufficiale giudiziario il rimborso entro 6 mesi del deposito; se non lo chiede, o non lo chiede nei termini, le somme sono devolute allo Stato che percepisce gli interessi sui depositi.
Tale meccanismo è evidentemente farraginoso.
La norma in commento ha ridotto notevolmente i tempi della possibilità di richiesta di rimborso, rendendo così inutile la fase del deposito presso le Poste. Le somme residue passano direttamente dagli ufficiali giudiziari allo Stato.

Articolo 198 (Determinazione delle regole tecniche telematiche) (R)
La disposizione prevede una ulteriore estensione dello strumento previsto dall'art. 4, D.P.R. n.126/2001, per il pagamento del contributo unificato e già applicato ai pagamenti delle spese per conto dello Stato (vedi art. 190).

Capo IV
Pagamento delle spese di viaggio e indennità spettanti a testimoni e consulenti tecnici citati a richiesta di parte nel processo penale

Articolo 199 (Pagamento delle spese di viaggio e indennità spettanti a testimoni e consulenti tecnici citati a richiesta di parte nel processo penale) (L)
La norma in commento semplifica molto la procedura senza intaccare l'obiettivo della disciplina originaria.
La procedura era regolata dall'art. 22, d.m. n. 334/1989 (reg. di att. c.p.p.) anche mediante rinvio alla disciplina generale dei depositi giudiziari. La cancelleria determinava provvisoriamente gli importi delle spese e delle indennità da anticiparsi dalle parti private, che provvedevano al versamento mediante apertura di un libretto presso un ufficio postale a titolo di deposito giudiziario. Il cancelliere, ricevuto in consegna il libretto, attestava l'avvenuto versamento. Per il versamento degli importi ai beneficiari il cancelliere disponeva del deposito sul libretto secondo le norme sui depositi giudiziari. La norma originaria prevedeva, inoltre, che il Presidente del collegio – a domanda – potesse esonerare l'imputato dall'anticipazione nei confronti di una o più persone da lui citate.
Questa procedura non ha funzionato in concreto perché farraginosa.
La ratio della norma, introdotta con il nuovo c.p.p., era quella di garantire le persone citate a richiesta di parte in ordine alla concreta possibilità di ricevere il rimborso delle spese e le indennità di viaggio e soggiorno, visto che quelle citate a richiesta del P.M. o d'ufficio ricevono sicuramente quanto loro spetta mediante il meccanismo dell'anticipo da parte dello Stato.
Il risultato è raggiunto se la parte versa direttamente al beneficiario gli importi sulla base di un ordine del funzionario addetto dell'ufficio.
Non ha concreta portata precettiva l'esonero previsto dalla norma originaria, se si considera che dallo stesso non consegue l'anticipo a carico dello Stato ma le spese rimangono a carico dei privati, e per tale motivo non è stato ripreso nella norma in commento.
Comunque, va considerato che si tratta di rapporti tra privati, in cui lo Stato interviene solo in funzione di garanzia.
Se non si fosse disciplinato nulla e si fossero abrogate le norme esistenti, il rimborso delle spese sarebbe rimasto nell'ambito dei rapporti tra privati, fermo il principio che le stesse non sarebbero anticipate dallo Stato.

PARTE VII
RISCOSSIONE

Premessa
L'elaborazione di questa parte del testo unico ha dovuto fare i conti con una grande riforma: quella, avviata nel 1996 e proseguita con adattamenti successivi fino al 2001, che – attraverso la soppressione degli uffici di cassa finanziari e l'attribuzione delle competenze ai concessionari – si è posta l'obiettivo di uniformare la disciplina della riscossione delle entrate dello Stato e ha ricompresso tra queste, le spese di giustizia e le pene pecuniarie.
Il lavoro per il testo unico ha seguito due direttrici fondamentali.
In primo luogo, quella di individuare:
-           dove l'impatto della disciplina generale sul sistema speciale rendeva necessario un  raccordo per consentirne il funzionamento;
-           quali norme speciali sopravvivevano, perché salvate dalla disciplina generale o perché connaturate alla specificità delle spese e pene pecuniarie.

In secondo luogo, quello di ancorare la riscossione delle spese di giustizia e delle pene pecuniarie alla disciplina generale per evitare che si riproponesse col passare del tempo la diversificazione che il legislatore della riforma aveva voluto superare.
In negativo, l'obiettivo è stato quello di ripulire l'ordinamento dalle vecchie disposizioni in modo che la certezza dell'abrogazione eliminasse in radice i dubbi interpretativi sulla compatibilità o meno delle vecchie procedure con le nuove.
La complessità del lavoro svolto si spiega tenendo conto di due fattori:

  1. la disciplina preesistente alla riforma si era stratificata nel corso di un lunghissimo periodo (dai cd. Campioni penale e civile del 1865, e relative istruzioni, alle norme del codice di procedura penale) ed era incentrata essenzialmente sui cancellieri, come protagonisti della procedura esecutiva, e sugli uffici finanziari, come uffici cassa;
  2. la riforma generale aveva del tutto baipassato la disciplina speciale delle pene pecuniarie, che si incentra sulla conversione in misure restrittive della libertà personale, in caso di insolvibilità, e che è ispirata a principi quali l'irrinunciabilità e il favor per il debitore.

Inoltre, nell'ambito del riordino della materia, si è perseguito l'obiettivo di superare la disciplina specialistica non indispensabile, residuata dopo la riforma generale.
Per alcuni reati finanziari (allo stato di difficile individuazione anche secondo l'amministrazione finanziaria) esiste rispetto alla riscossione e il pagamento delle spese per conto dello Stato una disciplina speciale in caso di sola condanna a spese e pene pecuniarie, con conseguente ritorno alla  disciplina generale in caso di condanna anche a pene detentive.
Al posto della cancelleria del giudice dell'esecuzione, è un ufficio finanziario che svolge tutte le attività connesse alla riscossione: dall'avviso di pagamento in poi, compresa l'iscrizione a ruolo. Al posto dei concessionari è un ufficio finanziario che riceve il pagamento di spese e pene in caso di adempimento spontaneo conseguente all'invito al pagamento.
E' ancora un ufficio finanziario, e non le Poste o i concessionari,  ad effettuare i pagamenti ai soggetti creditori per le somme che lo Stato anticipa a titolo di spese di giustizia.
Queste ultime particolarità discendono dalla circostanza che il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237, che ha soppresso gli uffici del registro in quanto uffici di cassa, non ha soppresso gli uffici di cassa delle dogane e questi hanno potuto continuare ad operare anche per competenze che, oramai, erano state attribuite ai concessionari per tutti gli altri reati.
Per il resto, non c'è alcuna differenza per la fase della riscossione mediante ruolo che inizia con l'iscrizione a ruolo e prosegue con l'esecuzione forzata successiva al mancato pagamento della cartella di pagamento. Così come non c'è alcuna differenza per la fase della conversione delle pene pecuniarie.
Al di là delle ragioni sulle quali si è potuta fondare originariamente la previsione di riscossioni speciali (vedi l'art. 208 della tariffa penale), sulla quale si sono innestate particolarità nell'anticipo delle spese, non ci sono oggi ragioni per mantenere tale differenza.
Se la ratio originaria è da rinvenire nella circostanza che la pena pecuniaria è spesso proporzionale al tributo evaso e che questo è assorbito dalla pena pecuniaria - ma nel solo caso in cui ci sono in sequestro beni - non ci sono ragioni imprescindibili per radicare la competenza in capo agli uffici finanziari. La pena pecuniaria è stabilita dal giudice sulla base dell'importo del tributo evaso, che risulta dagli atti processuali. Per evitare, poi, che gli uffici finanziari chiedano il pagamento del tributo evaso quando lo stesso è assorbito dal sequestro del bene, è sufficiente che l'ufficio di cancelleria comunichi le vicende del sequestro agli uffici competenti, affinché possano procedere all'eventuale recupero dei tributi. In ogni caso, la legislazione più recente ha svincolato la pena pecuniaria dal tributo evaso (legge 19 marzo 2001, n. 92).
In conclusione, il superamento della disciplina specialistica elimina le incertezze collegate alla non inequivocabile identificazione dei reati per cui scatterebbero le particolarità; elimina gli uffici “pagatori” diversi per l'anticipo a terzi delle spese di giustizia e gli uffici diversi per ricevere l'adempimento spontaneo, non intaccando, naturalmente, le funzioni degli uffici cassa delle dogane e dei monopoli rispetto ai tributi.
Infine, su suggerimento del Consiglio di Stato, la materia della riscossione è stata raccordata  con le previsioni del d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che, nell'introdurre nell'ordinamento la responsabilità amministrativa degli enti per reati commessi dai loro rappresentanti, ha equiparato – con delle peculiarità – la riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie a quella delle pene pecuniarie.

TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI

Capo I
Ambito di applicabilità

Articolo 200 (Applicabilità della procedura nel processo penale) (L)
Stabilisce l'ambito di applicabilità della procedura di riscossione rispetto al procedimento penale.

Articolo 201 (Applicabilità della procedura nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario) (L)
Stabilisce l'ambito di applicabilità della procedura della riscossione rispetto a tutti gli altri procedimenti.

Articolo 202 (Applicabilità della procedura alle sanzioni pecuniarie processuali) (L)
Riformula l'art. 664 del c.p.p. comma 3, prevedendo il recupero delle somme dovute per sanzioni pecuniarie, o per condanna alla perdita della cauzione, o in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità o di rigetto di una richiesta sulla base di provvedimenti irrevocabili, ai sensi delle norme processuali penali e civili. I proventi derivanti dal recupero sono destinati alla cassa delle ammende.
Rispetto all'art. 664 c.p.p. è stato eliminato il termine “disciplinari”, che non serve a qualificare le fattispecie di cui sopra e può solo ingenerare equivoci.
Per le sanzioni pecuniarie nel processo penale i riferimenti normativi sono:
-           condanna alla perdita della cauzione (artt. 259, 262, 319, 320 c.p.p.)
-           sanzioni disciplinari pecuniarie (artt. 133, 147, 231, 694, c.p.p.)
-           dichiarazione di inammissibilità o rigetto (artt. 44, 48, 616, 634 c.p.p.)

Anche nel processo civile, come in quello penale, esistono norme, della stessa natura di quelle cui si riferisce l'art. 664 c.p.p., che comminano la sanzione:
-           art. 54, 3° co. , c.p.c. (pena pecuniaria in conseguenza dell'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta l'istanza di ricusazione);
-           art. 118 c.p.c. (rifiuto di sottoporsi all'ispezione);
-           art. 220 c.p.c. (pena pecuniaria a carico della parte che ha disconosciuto la scrittura verificata);
-           art. 226 c.p.c. (pena pecuniaria per la parte querelante in caso di rigetto della querela di falso);
-           art. 255 c.p.c. anche in correlazione con l'art. 106 disp. att. (pena pecuniaria per il testimone che non si presenta; possibilità di condanna al pagamento delle spese per la mancata presentazione);
-           art. 408 c.p.c. (condanna alla pena pecuniaria dell'opponente in caso di dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità della domanda di opposizione);
-           art. 476 c.p.c. (pena pecuniaria a carico del cancelliere, notaio per violazione delle norme sulla spedizione in forma esecutiva).

Articolo 203 (Esclusione della procedura per alcuni processi) (R)
Trattasi di una norma di raccordo con altre disposizioni del presente testo. Nei procedimenti richiamati le spese sono recuperate in modo diverso: via via che c'è disponibilità nell'attivo, per la procedura fallimentare; sul ricavato della vendita, per i beni sequestrati; nell'ambito di una procedura di riscossione coattiva già in corso relativa al recupero del credito principale, per le spese relative alle procedure esecutive attivate dal concessionario; dall'amministrazione, con le procedure ordinarie, nei procedimenti in cui sono parti le amministrazioni ammesse alla prenotazione a debito.

Capo II
Principi per il processo penale

Articolo 204 (Recupero delle spese)  (R)
Trattasi di una norma di raccordo, oltre che con il codice di procedura penale e il decreto legislativo  n. 231/2001, con altre disposizioni del testo unico. In particolare essa rinvia alle norme processuali penali (artt. 535, 592, 616 c.p.p.) e all'art. 69, decreto legislativo n. 231/2001, che disciplinano la condanna alle spese e sono fuori dal testo unico, e le raccorda con la disciplina in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Il comma 2 è solo ricognitivo dell'esistente e costituisce una disposizione di raccordo con norme del c.p.p., le quali non prevedono la condanna alle spese per i procedimenti di prevenzione, di esecuzione e di sorveglianza, salvo che per l'eventuale giudizio di cassazione. Di conseguenza, se non c'è condanna non è neppure configurabile la ripetizione delle spese anticipate.
La necessità di tale norma ricognitiva discende dai diversi orientamenti degli uffici registrati nella prassi. D'altra parte, se è vero che potrebbe essere ragionevole un recupero delle spese rispetto a questi procedimenti è pur vero che sarebbe necessario un intervento legislativo che preveda la condanna. E sino ad ora la Corte costituzionale ha ritenuto ragionevole la scelta del legislatore (v. sent. n. 45/1997 per il procedimento di esecuzione) sulla base della natura non strettamente contenziosa della fase diversa da quella in cassazione.
Il comma 3 raccorda il T.U. con gli articoli 445 e 460 c.p.p.,  prende atto della giurisprudenza (cfr. Cass. n. 3156/1995, n. 1307/1996 e 2142/1997), alla quale si è adeguato (mutando il precedente orientamento espresso in circolare n. 14/1996) il Ministero della Giustizia con  circolare Affari civili n. 1 del 2.03.2001.
Prima, infatti, si era ritenuto che le spese per la custodia - essendo spese inerenti all'iter processuale attinenti a strumenti utilizzati per l'accertamento della verità - fossero ricomprese nel favor accordato dal legislatore. La Cassazione, invece, sulla base dell'art. 84  delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale - che non comprende la sentenza di patteggiamento tra i casi in cui non sono dovute le spese per la conservazione e per la custodia delle cose sequestrate-  autorizza  la distinzione tra le spese del procedimento strettamente necessarie (comprese nel favor) e le altre relativamente alle quali sussiste il diritto erariale alla rivalsa.
Naturalmente nel favor non rientrano le spese di mantenimento del detenuto, che certamente non sono spese del procedimento.
Nella formulazione della norma si è tenuto conto della equiparazione tra patteggiamento e decreto penale di condanna prevista dall'art. 460, comma 5, c.p.p., novellato dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479.

Articolo 205 (Recupero per intero e forfettizzato) (L)
Le norme originarie sono state riformulate al fine di tener conto delle innovazioni legislative.
L'art. 9, legge n. 488/99, ha fortemente inciso sulle voci di spesa da recuperare in modo forfettizzato. La norma originaria, pertanto, non è più attuale per gli importi relativi al bollo, ai diritti di cancelleria e di copia e alla chiamata di causa.
Nella previsione dello strumento secondario si è tenuto conto della circostanza che l'originaria previsione di un decreto ministeriale, volto a determinare la misura del recupero si è tradotta nella prassi nell'emanazione di un decreto ministeriale ex art. 17, commi 3 e 4, legge n. 400/1988.
Inoltre si è raccordata la disciplina dell'originario art. 199 att. c.p.p. con quella dell'art. 142, comma 3, d.P.R. n. 1229/1959, riferita alla quota per diritti spettante agli ufficiali giudiziari (v. relazione in Parte II, diritti e trasferte degli ufficiali giudiziari per i problemi applicativi sorti per effetto della mancata emanazione del decreto ministeriale previsto dall'art. 142 citato).
Per la piena operatività della riforma introdotta con l'art. 9, legge n. 488/99 è indispensabile che venga emanato un nuovo decreto ministeriale che entri in vigore contemporaneamente all'effettiva operatività dell'articolo 9 citato.
Infatti, quello esistente (d.m. n. 347 del 1989) risulta  profondamente inciso dall'art. 9, della legge n. 488/99, poiché riporta anche le voci di spesa oramai soppresse. Né si può procedere ad estrapolazioni perchè diritti e trasferte degli ufficiali giudiziari sono unitariamente quantificati con la chiamata di causa, che è soppressa dall'art. 9 citato.

Articolo 206 (Spese di mantenimento dei detenuti definitivi e in stato di custodia cautelare) (R)
Alcune norme disciplinano l'obbligo di pagare le spese di mantenimento per la pena detentiva (art. 188 c.p.) e i casi in cui le spese di mantenimento sono dovute anche per la custodia cautelare (art. 535, c.p.p., art. 692 c.p.p.), il soddisfacimento dell'obbligo mediante prelievo sulla remunerazione (art. 145 c.p., artt. 2 e 24, legge n. 354/1975, art. 56, d.P.R. n. 230/2000). Queste norme sono di sistema e non rifluiscono nel testo unico
Tanto premesso, la norma di raccordo prevista è utile in quanto stabilisce il raccordo tra soddisfacimento dell'obbligo mediante prelievo sulla remunerazione e soddisfacimento dell'obbligo secondo le norme comuni alle altre spese nel caso in cui la remunerazione non ci sia ovvero per la parte residua.
Sugli internati c'è solo il prelievo sull'eventuale remunerazione; in mancanza di remunerazione non c'è alcun recupero: articoli 213, comma 4, del codice penale e 2, della legge n. 354/1974.

Capo III
Principi per il processo civile, amministrativo, contabile, tributario.

Articolo 207 (Recupero delle spese) (R)
Tale disposizione  raccorda la disciplina del recupero delle spese processuali alla disciplina dettata dal testo in commento in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Capo IV
Definizioni

Articolo 208 (Ufficio competente) (R)
E' necessaria una norma che individui l'ufficio competente, in applicazione dell'art. 1 del d. lgs. n. 112/99. L'individuazione della competenza in capo all'ufficio presso il giudice il cui provvedimento è divenuto definitivo - competenza, peraltro, già operante - risponde a criteri di funzionalità ed efficienza. Sulla base delle norme originarie (art. 429 r.d. n.2700/1865 e artt. 42 e 43 d.m. Istruzioni civile del 1866), è stato escluso il recupero da parte dell'ufficio presso la Cassazione. Inoltre, si deve considerare che, oltre alla sentenza, anche altri provvedimenti possono fondare l'obbligo, per esempio quelli che comminano sanzioni pecuniarie.
Poiché vi sono norme – valevoli in generale per queste entrate patrimoniali ed espressamente richiamate da articoli successivi - che parlano di “ente creditore” nell'ambito dei rapporti con i concessionari (es. d.lgs. n. 112/99, riversamento somme riscosse dal concessionario all'ente creditore) volendo ricomprendere in tale locuzione evidentemente lo Stato e gli enti diversi (per es. enti previdenziali, regioni, province, comuni) è utile la previsione contenuta nel comma 2 della norma in commento che specifica  che negli articoli 6, 15, 16, 18, 22, 38, 39, 47, 57 e 59 del d.lgs. n. 112/99 i termini “ente creditore” e “soggetti creditori” non si riferiscono all'ufficio specificato nel comma 1 della stessa norma.

Articolo 209 (Ufficio competente per le spese di mantenimento) (R)
La norma definisce l'ufficio competente a recuperare le spese di mantenimento in carcere. La scelta di attribuire la gestione delle attività connesse alla riscossione delle spese di mantenimento all'ultimo istituto presso cui il condannato è stato ristretto, si fonda sulle seguenti considerazioni.
Il recupero delle spese di mantenimento è autonomo rispetto al recupero delle altre spese. Il primo si avvia quando cessa lo stato di privazione della libertà personale in istituto, naturalmente dopo che la sentenza è inoppugnabile; il secondo, appena la sentenza è inoppugnabile. I titoli sono diversi e strutturalmente sono diversi anche i tempi. Solo accidentalmente può accadere che per le spese di mantenimento si avvii il recupero quasi o contestualmente al recupero delle altre spese (rapida sentenza definitiva a breve pena detentiva coincidente per durata a quella scontata come cautelare). Più frequentemente può accadere che si avvii il recupero del mantenimento mentre è in corso il recupero delle altre spese. Ma è un intreccio solo fattuale data l'autonomia dei due titoli. Per il mantenimento si procederà ad autonomo invito al pagamento, iscrizione a ruolo, ecc.
Sino ad oggi, essendo competente, anche per le spese di mantenimento, l'ufficio presso il giudice dell'esecuzione, l'istituto penitenziario inviava a questo l'importo da recuperare (Mod. 38 in cui sono computati i periodi di detenzione ed è individuato quanto eventualmente recuperato dalla remunerazione). Con la conseguenza di frapporre tra l'ufficio (quello dell'istituto) che ha le notizie e l'inizio dell'attività un ufficio diverso che non aggiunge nulla a livello di conoscenze e che non ha bisogno di seguire questa fase, con l'effetto, inevitabile, di allungare i tempi.

Articolo 210 (Discarico automatico) (R)
La disposizione prevede un raccordo, in tema di conseguenze del discarico automatico del credito iscritto a ruolo, con l'art. 19, co. 3, del d.lgs. n. 112/99 e con l'art. 265, co. 3, del r.d. 23 maggio 1924, n. 827. L'art. 19 citato, nel prevedere il discarico automatico, espressamente chiarisce che l'effetto è l'eliminazione del credito dalle scritture patrimoniali. Non ci sono dubbi che, essendo previsto il discarico automatico, non occorre il provvedimento di annullamento del credito previsto dalla legislazione generale (art. 265 citato) (in tal senso anche Finanze-Tesoro). Tuttavia, per evitare che si generino incertezze visto che l'articolo 265 citato rimane nell'ordinamento, è opportuno prevedere che il discarico tiene luogo dell'annullamento.

TITOLO II
DISPOSIZIONI GENERALI PER SPESE PROCESSUALI , SPESE DI MANTENIMENTO,
PENE PECUNIARIE, SANZIONI AMMINISTRATIVE PECUNIARIE E SANZIONI PECUNIARIE PROCESSUALI

Capo I
Adempimento spontaneo

Articolo 211 (Quantificazione dell'importo dovuto) (R)
Per la quantificazione dell'importo da recuperare, il funzionario addetto all'ufficio ricava le spese dagli atti, dai registri, da norme (per alcune spese forfettizzate penali) e, naturalmente, dal provvedimento giudiziario, se si tratta di pene e sanzioni.
La specificazione delle varie voci dell'importo complessivo è richiesta dalle circolari del Ministero delle finanze del 1999.

Articolo 212 (Invito al pagamento) (R)
Tale fase, che già vive nella prassi in seguito alla riforma della riscossione, è stata ritenuta essenziale. Essa è  sempre presente come fase preliminare quando si tratta di entrate non tributarie di cui il soggetto debitore non conosce l'importo, ed ha il vantaggio di evitare le spese della riscossione mediante ruolo. L'inciso “da cui sorge l'obbligo” tiene conto dei casi in cui non vi è condanna, ma le spese sono poste a carico di qualcuno: es. patrocinio a spese dello Stato in un'azione esecutiva civile che si chiude con provvedimento di assegnazione in cui era ammesso al patrocinio l'attore; in tal caso le spese sono a carico di chi ha subìto l'esecuzione. Poiché l'articolo ha carattere generale e riguarda anche le pene pecuniarie comminate con il decreto penale, si utilizza il termine “provvedimento” per ricomprendere in tale nozione anche il decreto penale, nonostante le spese per questo siano state escluse.
L'inciso “o divenuto definitivo” vale a ricomprendere titoli che legittimano la riscossione e non sono suscettibili di passare in giudicato, ma solo di divenire definitivi.
La materia della notifica dell'invito è oggetto di alcune circolari del Ministero della giustizia (8/988(u)60/2 del 27.4.99 e quesiti 10.06.99 e 4.7.1999) che hanno fatto fronte alla mancanza di raccordo normativo tra la nuova disciplina della riscossione e le spese di giustizia.
Le circolari citate prevedono la notifica dell'invito al pagamento mediante ufficiale giudiziario per il penale e mediante corrispondenza ordinaria per il civile; fondano tale differenza sulla circostanza che le notifiche d'ufficio sono ricomprese nella forfettizzazione ai sensi del d.m. n. 347/89, e quindi, sono recuperate per il penale, mentre per il civile non si può chiedere al debitore un onere ulteriore, di talchè vanno addebitate a spese postali e telegrafiche imputate al cap. 6116 (spese dell'ufficio).
Le suddette circolari prevedono altresì la trasmissione al debitore dell'estratto del titolo esecutivo e della nota di comunicazione della somma dovuta,  la trasmissione del modello F 23 precompilato, l'indicazione degli uffici presso cui pagare oltre alla richiesta di notizia dell'avvenuto pagamento, e, infine, rimettono alla cancelleria la decisione sulla fissazione o meno di un termine  per l'adempimento e, nel caso positivo, quale.
Innanzitutto, non si ravvisano ragioni giustificative del mantenimento della distinzione tra civile e penale al fine della individuazione della  procedura da seguire per le notifiche dell'avviso. Infatti, ferma restando la qualificazione di notifiche a richiesta d'ufficio, si deve considerare che nel processo civile le stesse, anticipate dalla parte in misura forfettizzata ai sensi della legge n. 59/1979, sono prenotate a debito nell'ipotesi di gratuito patrocinio e di cause in cui è parte l'amministrazione,  quindi quando si tratta di recupero del campione civile.
Oltre all'uniformità tra civile e penale la norma contiene un rinvio alle disposizioni del codice di procedura civile per la notificazione.
E' pacifico che le notificazioni della fase della riscossione dei campioni civili e penali - prima relative all'intera procedura esecutiva ed oggi limitate solo all'avvio con la richiesta di adempimento spontaneo - sono sempre state fatte ai sensi delle norme processuali civili richiamate. Dubbi sono sorti solo sulla base delle circolari del 1999, dopo le quali alcuni uffici UNEP avevano ipotizzato che le notifiche degli avvisi relativi al campione penale si dovessero fare sulla base delle diverse norme del codice di procedura penale.
Dalla qualificazione di notificazioni a richiesta d'ufficio (che oggi appare conforme alla dinamica della nuova procedura nella quale la notifica dell'invito si pone come ultima appendice del processo e non come inizio della fase della riscossione che coincide con l'iscrizione a ruolo) discende l'applicabilità del trattamento economico relativo: penale o civile.
Sino ad ora (circ. uff. V, 30.1.81, n. 5/5349/035) per il trattamento economico delle notifiche nell'ambito della procedura per la riscossione dei campioni penali e civili si sono applicate le norme relative alle notifiche civili, trattandosi comunque di notifiche ricadenti nell'ambito del processo esecutivo civile; in particolare è stato applicato il regime delle notifiche a richiesta di ammessi al gratuito patrocinio e a richiesta delle amministrazioni ex artt.143 e 135 d.PR 1229/59: riconduzione per estensione, giustificata dall'effettuazione della riscossione coattiva da parte dell'ufficio giudiziario, secondo le forme del codice di procedura civile in cui gli ufficiali giudiziari erano coinvolti per tutte le notifiche.
Oggi la riscossione è effettuata dai concessionari e dagli ufficiali della riscossione. L'ufficio giudiziario provvede solo all'invio dell'invito al pagamento spontaneo e all'iscrizione a ruolo a partire dal quale parte la riscossione esattoriale.
In ordine al trattamento economico, il minor importo delle trasferte per atti penali rispetto a quelle previste dal civile (mentre prima rilevavano solo gli importi civili) è compensato dal fatto che dalla nuova configurazione discende che non sono più atti soggetti all'assorbimento in caso di contestualità con atti a pagamento a richiesta di parte (assorbimento a cui prima erano soggetti ai sensi degli artt. 135, e 143, d.PR n. 1229/59).
Poiché l'invito al pagamento presuppone il giudicato del titolo e la conoscenza legale dello stesso, è stato omesso l'invio dell'estratto del titolo esecutivo che può ingenerare dubbi sulla forma di tutela giurisdizionale.  Invero, l'invio dell'estratto del titolo esecutivo aveva senso con il contestuale invio dell'atto di precetto (ex 181 att. per il penale e 4, r.d. n. 25/1922 che aveva inciso il 426 del r.d.n.2700/1865) dove l'invito al pagamento si accompagnava all'ingiunzione di pagare sotto comminatoria di esecuzione forzata del titolo di cui si notificava l'estratto.
Oggi il titolo esecutivo della riscossione esattoriale è il ruolo e la notificazione della cartella di pagamento corrisponde all'atto di precetto contenente l'ingiunzione di pagare sotto comminatoria di esecuzione forzata.
L'invito al pagamento serve solo all'adempimento spontaneo di un'obbligazione che nasce da un provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, che basterà menzionare nello stesso invito.
Nulla è detto a proposito dei debitori in solido, poiché valgono le regole generali sulle obbligazioni.
Il modello di pagamento (previsto dall'art. 3, d.lgs. n. 237/1997) è stato approvato con decreto dirigenziale 9.12.1997 e 17.12.1998  e vale per tutti i versamenti.
Il comma 1 tiene conto dell'esigenza di raccordo procedurale con il recupero delle spese di mantenimento in carcere.
Il comma 2 prevede un termine per il pagamento e un termine di 10 giorni entro cui il debitore deve notiziare l'ufficio dell'eseguito pagamento.
Il termine per l'attivazione da parte dell'ufficio è mutuato dall'art. 181 disp. att. c.p.p. e dall'art. 39, comma 1, R.D. n. 3282/ 1923 sul gratuito patrocinio.
Il termine per l'adempimento è mutuato dall'art. 24, co. 2, d.lgs. 46/99 sui contributi previdenziali.

Capo II
Riscossione mediante ruolo

Articolo 213 (Iscrizione a ruolo) (R)
Tale disposizione prevede l'iscrizione a ruolo nel caso di decorso del termine per l'adempimento computato dalla avvenuta notifica, naturalmente anche ai sensi degli artt. 140 e 142 c.p.c., naturalmente tenendo conto anche del termine per notiziare l'ufficio.

Articolo 214 (Trasmissione di notizie) (R)
La norma prevede un raccordo necessario tra l'ufficio giudiziario, che ha le notizie, e il soggetto incaricato della riscossione.

Articolo 215 (Sospensione amministrativa della riscossione) (R)
Prevede, in applicazione dell'art. 28 del d.lgs. n. 46/1999, che in caso di impugnazione del ruolo il funzionario addetto all'ufficio può sospendere la riscossione, sulla base di criteri determinati con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia. Il citato art. 28 parla di “soggetto creditore”: questo ben può essere l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione.

Articolo 216 (Rimborso al concessionario delle spese relative alle procedure esecutive e rimborso delle somme versate al debitore per indebiti pagamenti) (R)
In attuazione dell'art. 17, comma 6, del d. l.gs. n. 112/99, è stato emanato il decreto dirigenziale del Ministero delle finanze, 21 novembre 2000 concernente il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive.
Tale decreto contiene le tabelle per il rimborso spese ai concessionari per le attività compiute direttamente e per le attività compiute da soggetti esterni. Si tratta, in particolare, del costo per il servizio svolto direttamente o indirettamente da cui sono escluse le”tasse e i diritti” per le procedure esecutive previsti dall'art. 48 del d.P.R. n. 602/1973, che sono prenotate a debito.
L'intero decreto e le relative tabelle, con l'eccezione dell'art. 9, sono riferibili anche alle spese di giustizia.
L'art. 8 del citato decreto stabilisce un collegamento tra la richiesta di rimborso e la comunicazione di inesigibilità nel senso della loro contestualità, con la conseguenza che la richiesta di rimborso è diretta all'ufficio cui si comunica l'inesigibilità e che provvede al discarico; quindi, secondo la previsione generale, alla cancelleria del giudice dell'esecuzione. Sono stabiliti anche i tempi; la scelta appare funzionale considerato che questo ufficio è l'unico a poter effettuare i riscontri.
Affinché la norma possa concretamente operare per le spese di giustizia è necessario individuare  chi emette gli ordini di pagamento e il meccanismo per l'apertura di credito sui relativi capitoli di bilancio.
La norma in commento vuole soddisfare questo obiettivo ed è stata formulata sul modello dell'art. 9 del decreto ministeriale citato e dell'articolo 185 (R), nel rispetto dell'autonomia delle diverse amministrazioni e dell'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.
Con riferimento all'art. 26, d. lgs. 112/99, questo prevede che l'ente creditore incarica il concessionario di effettuare il rimborso al debitore per l'indebito pagamento da questi eseguito e rimborsa poi il concessionario per l'anticipo effettuato.
E' previsto un decreto ministeriale finanze-tesoro per le modalità, ancora emanato. Nelle more dell'emanazione di tale decreto ministeriale si applica l'art. 57 bis del d. l.gs. 112/99.
Anche in questo caso, come nell'ipotesi precedente, è necessaria una norma di raccordo affinché la disposizione in commento possa concretamente operare per le spese di giustizia.

Capo III
Disposizioni comuni a più fasi della riscossione

Articolo 217 (Dati contenuti nel modello di pagamento e nel ruolo) (R)
Prevede che gli importi prenotati a debito a favore di soggetti diversi dall'erario devono risultare nel modello di pagamento e nel ruolo al fine di consentirne il riversamento da parte del concessionario all'esito della riscossione.
La norma originaria è stata adattata alle novità in materia di riscossione ed è stata generalizzata perché, oltre agli ufficiali giudiziari originariamente previsti, vi possono essere altri terzi (per esempio: importi prenotati a debito a favore di ausiliari del giudice nel patrocinio a spese dello Stato).

Articolo 218 (Dilazione o rateizzazione del credito) (R)
La disposizione prevede che qualora il credito sia rateizzato prima dell'iscrizione a ruolo la sua iscrizione avviene per l'intero e per il residuo al primo inadempimento; qualora invece sia dilazionato o rateizzato dopo l'iscrizione a ruolo, la riscossione mediante ruolo è sospesa e al primo inadempimento è riavviata per l'intero o per il residuo.
La norma raccorda il principio, presente nella norma originaria, secondo cui al primo inadempimento si decade dal beneficio, con la nuova procedura della riscossione.

Capo IV
Annullamento del credito

Articolo 219 (Annullamento per irreperibilità) (R)
Lo stretto collegamento tra inesigibilità, ai sensi dell'art. 265 del regio decreto n. 827/1924, e irreperibilità, risultante già da una datata circolare del Ministero delle finanze n. 34 dell' 1.7.54, ad oggi non trova applicazione, stante la naturale contestualità delle spese con le pene e i problemi legati alla conversione, all'irrinunciabilità della stessa, nonché agli ulteriori accertamenti sulla solvibilità demandati all'ufficio ai sensi degli artt.  660 e 693  c.p.p., cui spesso si ricorre in caso di irreperibilità e non, come sarebbe dovuto essere nell'ottica originaria, per l'accertamento della solvibilità del debitore già reperito.
Il testo unico esplicita il collegamento tra irreperibilità ed inesigibilità e semplifica la procedura per l'annullamento del credito, anche per evitare interferenze con il possibile risorgere del credito.
Il potere di annullamento è attribuito all'ufficio di cancelleria, mentre, secondo la regola generale dell'articolo 265 del r.d. n. 827/1924, per i crediti delle amministrazioni diverse da quella finanziaria è necessaria l'intermediazione di quest'ultima.
La procedura di annullamento del credito prevista dall'art. 265 del regio decreto n. 827/1924 può comportare problemi pratici: potrebbe accadere che, mentre si è ancora in attesa dell'annullamento formale, si verifichino le condizioni per l'iscrizione a ruolo essendo stato rintracciato il soggetto. Per superarli si attribuisce il potere di annullamento all'ufficio giudiziario, ma si rispetta il precetto previsto dall'art. 265, del regio decreto n. 827/1924, del preventivo parere dell'Avvocatura per determinati importi. (Invece, il parere del Consiglio di Stato è solo facoltativo, secondo le regole generali, poiché l'articolo 17, comma 26, legge 15 maggio 1997, n. 127, ha abrogato i pareri obbligatori).
L'eccezione ha una propria ragionevolezza funzionale rispetto ad una categoria di spese e si collega ad un'altra deroga all'annullamento per inesigibilità. Infatti, in caso di discarico dei crediti   iscritti a ruolo, in seguito a dichiarazione di inesigibilità (art. 19, comma 3, d. lgs. 112/99), il discarico tiene luogo dell'annullamento previsto dall'art. 265 del regio decreto n. 827/1924, secondo l'interpretazione conforme delle Finanze e del Tesoro.
Infine, va precisato che si è esclusa la strada della sospensione del credito sino al verificarsi delle condizioni che potrebbero farlo risorgere, per evitare che, in concreto, gli uffici si ritengano obbligati a riprovare la notifica ex art. 143 c.p.c., per non essere ritenuti responsabili della prescrizione sino al compimento della quale il credito sarebbe rimasto sospeso in mancanza delle condizioni per procedere al recupero.
D'altra parte, il legislatore ha previsto l'annullamento per inesigibilità come ipotesi diversa ed anticipata rispetto all'annullamento per insussistenza in cui rientra la prescrizione.
La materia, inoltre, si collega a quella della conversione delle pene pecuniarie. Per questo la norma in commento deve essere letta, in collegamento con quella, che – nel titolo relativo alle sole pene pecuniarie – prevede la possibilità che il credito risorga quando (genericamente) il debitore risulta reperibile (spese e pene pecuniarie) o quando il debitore è rintracciato dal pubblico ministero che deve eseguire anche la pena detentiva (spese, pene pecuniarie e pene detentive).

Articolo 220 (Annullamento per insussistenza) (R)
Prevede che in tutti i casi di estinzione legale del credito l'ufficio provveda direttamente all'annullamento del credito ai sensi dell'art. 267, comma 1, R.D. 827/1924, raccordando la materia con la regola generale e con la procedura di riscossione.
Il principio posto dal legislatore del discarico automatico (art.19 comma 3, d.lgs. n.112/1999) è stato qui applicato per i casi di crediti estinti legalmente, così accelerando la procedura.

Capo V
Comunicazioni per reati finanziari

Articolo 221 (Comunicazioni tra uffici relative a reati finanziari) (R)
Questo articolo presuppone l'esistenza di norme nell'ordinamento che prevedono l'assorbimento del tributo evaso nella pena pecuniaria in caso di beni sequestrati e si rende necessario per evitare che gli uffici finanziari chiedano il pagamento del tributo evaso, nel caso in cui si abbia il sequestro della merce oggetto del contrabbando (art. 338 d.PR 43/1973). Per tale motivo, gli uffici finanziari devono essere posti in condizione di conoscere l'esistenza del provvedimento di sequestro

Capo VI
Rinvio a disposizioni relative ad altre entrate dello Stato

Le norme di questo capo perseguono l'obiettivo di ancorare la disciplina della riscossione di spese e pene a quella generale delle entrate dello Stato, per evitare che si riproponga con il tempo quella diversificazione che il legislatore, che ha riformato la riscossione, ha voluto superare.

Articolo 222 (Adempimento spontaneo) (L)
Si tratta del rinvio a norme, relative alla fase dell'adempimento spontaneo.

Articolo 223 (Riscossione mediante ruolo) (L)
Si tratta di norme, relative alla riscossione mediante ruolo, applicabili ai sensi dell'art. 18, d.lgs. n. 46/1999, tenuto conto di quanto disposto dagli articoli successivi al 18 citato.
Il D. Lgs. 32 del 26.01.2001, all'art. 8 ha apportato modifiche agli art. 12 e 25, DPR 602/73: in particolare ha riscritto il comma 3 dell'art. 12, ha aggiunto il comma 2 bis all'art. 25, e ha aggiunto l'art. 18 bis al D. Lgs. 46/99, dando atto che le nuove disposizioni si applicano soltanto alle entrate la cui iscrizione a ruolo è sottoposta a termine di decadenza. Le spese di giustizia sono pertanto escluse.

Articolo 224 (Riscossione coattiva) (L)
Si tratta del rinvio a norme, relative alla riscossione coattiva, applicabili ai sensi dell'art. 18, d.lgs. n. 46/1999, tenuto conto di quanto disposto dagli articoli successivi all'art. 18 citato.

Articolo 225 (Esenzioni) (L)
Si tratta del rinvio a norme, relative alle esenzioni e alla riduzione di tasse e diritti nelle procedure esecutive.

Articolo 226 (Garanzie giurisdizionali e sospensione amministrativa e giurisdizionale della riscossione) (L)
Si tratta del rinvio a norme relative alle garanzie giurisdizionali e alla sospensione della riscossione. Il sistema delle garanzie è così ricostruibile.
Titolo esecutivo per le spese e le pene da recuperare è il ruolo (vedi art. 49, comma 1, d.P.R. n. 602/1973). La tutela giurisdizionale prevista dall'art. 29 d. lgs. n. 46/1999 è piena. Nella forma dell'opposizione all'esecuzione saranno proponibili le questioni attinenti all'esistenza, alla validità, alla sufficienza del titolo; nella forma dell'opposizione agli atti esecutivi le questioni attinenti alla procedura. Quindi, dalla quantificazione delle spese, alla mancata rituale notifica dell'invito al pagamento o della cartella di pagamento, all'estinzione legale del credito. Dell'ampiezza si ha conferma nell'art. 39 del d. lgs. n. 112/1999, che prevede la chiamata in causa dell'ente creditore nelle liti contro il concessionario, che non riguardano esclusivamente la regolarità degli atti esecutivi. Presupposto di tutto è che la fase del recupero parte solo quando si è formato il giudicato, anche per il capo relativo alla condanna alle spese, sul provvedimento giurisdizionale che contiene la condanna alle stesse. Naturalmente, su questo provvedimento di condanna passato in giudicato sono esperibili i rimedi ammessi dall'ordinamento, compreso, per il penale, l'incidente di esecuzione di cui all'art. 670 c.p.p. Mentre non è autonomamente impugnabile l'invito al pagamento, trattandosi di atto che non prelude all'esecuzione forzata ma alla riscossione mediante ruolo esattoriale.

Articolo 227 (Concessionari) (L)
Si tratta del rinvio a norme, relative al rapporto con i concessionari.

TITOLO III
DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER SPESE PROCESSUALI, SPESE DI MANTENIMENTO E SANZIONI PECUNIARIE PROCESSUALI

Capo I
Estinzione legale

Articolo 228 (Estinzione legale di crediti relativi a spese processuali e di mantenimento) (L)
Prevede che con regolamento, da emanarsi ai sensi dell'art. 17, comma 2, l. 400/88, si provveda a determinare, per i crediti relativi a spese processuali e di mantenimento, gli importi sino alla concorrenza dei quali non si procede all'invito al pagamento e, quindi, il credito è estinto. Lo strumento regolamentare è stato introdotto di recente dal legislatore, che lo ha riferito ai crediti del campione penale e civile: quindi, oltre al processo ordinario, agli altri processi, quando per questi sono applicabili le regole della riscossione,  nei casi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Nel riformulare l'art. 80, legge n. 342/2000, si è raccordata la terminologia al testo unico; così, “pagamenti diretti” è stato sostituito dall'“invito al pagamento”. Inoltre, per tenere conto della problematica sollevata da Finanze, in ordine all'aumento dei costi determinato da notifiche all'estero, si è fatto specifico riferimento a questa voce di spesa. In realtà, il criterio dei costi previsto dal legislatore, non renderebbe necessaria alcuna specificazione.
Non sono richiamate le sanzioni pecuniarie perché il testo originario dell'art. 80 le esclude espressamente, insieme alle pene.

Articolo 229 (Estinzione legale di crediti relativi a sanzioni pecuniarie processuali) (R)
E' una disposizione di raccordo con la norma generale sui crediti erariali, che prevede la non iscrizione a ruolo in caso di inadempimento, per gli importi previsti dall'art. 12 bis del d.P.R. n. 602/1973, oggi pari a euro 16,53, per effetto dell'aumento disposto con d.P.R. n. 129/1999. Il credito, quindi, si estingue in caso di inadempimento dell'invito al pagamento, sempre che l'importo sia quello dall'articolo richiamato. Questa norma è sicuramente riferibile anche alle spese di giustizia, per effetto del rinvio generale effettuato dall'art. 18, d. lgs. n. 46/1999. Qui è riferita alle sole sanzioni perché per le spese opera a regime il più ampio strumento dell'art. 228 (L) e non può operare per le pene pecuniarie, dato il regime speciale di queste, per cui all'inadempimento segue la conversione. Per l'operatività dello stesso art. 12 bis citato, per le spese processuali e di mantenimento, sino a che non verrà emanato il regolamento previsto dall'art. 228 (L), vedi le norme transitorie (art. 287).

Capo II
Discarico e reiscrizione a ruolo

Articolo 230 (Discarico automatico per inesigibilità di crediti relativi a spese processuali e di mantenimento) (L)
Per i crediti relativi a spese processuali e di mantenimento, la norma demanda ad un regolamento, da adottarsi ai sensi dell'art. 17, comma 2, l. 400/88, la determinazione degli importi  sino alla concorrenza dei quali il credito iscritto a ruolo, in caso esito infruttuoso del primo pignoramento, è discaricato automaticamente.
La norma ha alla base l'art. 1, l. n. 89/1989 e l'art. 80, l. n. 342/2000.
Il primo, nel vecchio contesto della riscossione, prevedeva un importo fisso, adeguabile secondo ISTAT, al di sotto del quale la riscossione si bloccava in caso di esito infruttuoso del primo pignoramento e il credito del campione penale si estingueva. Il secondo prevede uno strumento elastico, ancorato ai costi, per stabilire l'importo al di sotto del quale non si procede neanche all'invito al pagamento. Il testo unico, utilizzando le possibilità offerte dal riordino sistematico, ha collegato questi due strumenti estendendo lo strumento procedurale del regolamento all'ipotesi, già prevista in modo statico dal legislatore, in cui non è conveniente proseguire la riscossione dopo il primo infruttuoso pignoramento. Naturalmente, affinché il regolamento previsto nella norma in commento e quello previsto dall'art.228 possano efficacemente operare, è necessario che quello (dell'articolo in commento) che prevede il blocco della procedura in una fase più avanzata, stabilisca importi più alti rispetto a quello (dell'art.228) che prevede il blocco subito dopo la quantificazione del credito. L'applicazione in questa procedura del principio posto dal legislatore del discarico automatico (art.19. comma 3, del d. lgs. n.112/99) serve ad evitare che per spese di importo minimo il cui credito è estinto legalmente scatti la procedura generale per l'eventuale diniego del discarico, prevista dall'art. 20, d. lgs. n. 112/1999. Per il mantenimento in via transitoria del precetto dell'art. 1, l. n. 89/1989, vedi Norme transitorie (art. 288).

Articolo 231 (Reiscrizione a ruolo) (R)
La norma, in applicazione della norma originaria che la rimette all'ente creditore, demanda ad un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia la fissazione dei criteri eccezionali sulla base dei quali l'ufficio provvede alla reiscrizione degli articoli di ruolo discaricati ai sensi degli artt. 19 e 20 del d. lgs. 112/99.
La previsione in commento si applica solo per le spese in quanto per le pene pecuniarie non può operare la reiscrizione. Infatti, la disciplina specifica prevista per queste, in funzione della conversione, prevede che, accertata l'insolvibilità del debitore da parte del concessionario non scatta la procedura che si snoda nella dichiarazione d'inesigibilità, nel discarico, ecc., ma quella per la conversione; il ruolo rimane sospeso per riprendere su eventuali nuovi beni rinvenuti dal giudice che opera in tale sede, oppure è automaticamente discaricato se questi accertamenti sono negativi, operando su un diverso piano il pagamento o la conversione.

Capo III
Dilazione e rateizzazione

Articolo 232 (Dilazione e rateizzazione del pagamento) (L)
La previsione in commento è comune alla fase dell'adempimento spontaneo e alla fase della riscossione mediante ruolo, potendo la domanda essere presentata sino al momento antecedente all'inizio degli atti esecutivi.
La rateizzazione nella fase dell'adempimento spontaneo è sempre prevista dalle norme di settore per le altre entrate patrimoniali dello Stato, cui dal 1997 sono accomunate le spese di giustizia. Per la rateizzazione dopo l'iscrizione a ruolo, l'art. 26, d.lgs. n. 46/1999 rinvia alle norme di settore, ponendo il limite temporale per la presentazione della domanda e la scadenza all'ultimo giorno del mese per le rate, che la disposizione in commento recepisce.
Le norme di settore che interessano (artt. 237, 238 Tariffa Penale e art. 78, d.m. 28 giugno 1866, come incisi dall'art. 5, lett. e) r.d. n. 200/1922), che concernono tutte le fasi, compresa la riscossione coattiva, sono state utilizzate nella riformulazione della norma in commento e si è limitata l'operatività all'inizio degli atti esecutivi, per tener conto del limite temporale dettato dall'art. 26.
Per quanto riguarda il comma 5, relativo agli interessi applicabili, si evidenzia che l'art. 21, comma 3, concerne le imposte sui redditi. Gli articoli sono applicabili sulla base dell'art. 18, d. lgs. n. 46/1999, essendo ricompresi nel capo II del titolo I del d.P.R. n. 602/1973 e non derogati da altra norma di settore cui rinvia l'art. 26, del d. lgs n. 46/1999.

Articolo 233 (Procedura per la concessione della dilazione e rateizzazione) (R)
La norma demanda ad un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia l'individuazione dei criteri e delle modalità della decisione sulla domanda di dilazione e rateizzazione e delle comunicazioni al concessionario. La materia già prima era disciplinata in una norma secondaria (art. 79 d.m. 28 giugno 1866).

Capo IV
Spese relative alle procedure esecutive attivate dal concessionario per la riscossione delle entrate iscritte a ruolo

Articolo 234 (Riscossione delle spese) (R)
La norma, richiama, per ragioni sistematiche l'art. 48 del d.P.R. n. 602/1973, secondo cui le spese delle procedure esecutive relative a tutte le entrate iscritte a ruolo sono riscosse dal concessionario nel procedimento per la riscossione coattiva del credito principale. La disposizione si collega all'art. 157 (R) del testo unico in commento.

TITOLO IV
DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER PENE PECUNIARIE

Premessa
In questo titolo sono contenute le norme di raccordo della nuova disciplina della riscossione – prevista dal legislatore dal 1996 in poi – con le norme del codice di procedura penale, che prevedono la conversione delle pene pecuniarie in caso di insolvibilità del condannato.
Il legislatore della riforma non si è interessato del raccordo. Il testo unico, nell'ambito del riordino e dell'armonizzazione della materia per conseguire la coerenza sistematica, ha individuato i necessari raccordi tra le due procedure, nel rispetto dei principi della legge generale di riforma della riscossione e del codice di procedura penale in tema di pene pecuniarie.
La disciplina contenuta nelle leggi generali sulla riscossione si articola nelle seguenti scansioni: infruttuoso esperimento delle procedure esecutive, dichiarazione di inesigibilità del concessionario, discarico del concessionario, equivalente ad annullamento del credito, che ottiene il rimborso delle spese da parte dell'ente creditore; possibilità del diniego del discarico da parte dell'ente creditore, con soddisfacimento di questo sul concessionario per l'importo non recuperato ed eventuali spese. Questa procedura raggiunge efficacemente l'obiettivo per i crediti ordinari (ben potendo lo Stato decidere di rinunciare al recupero dopo aver fatto il possibile e di rivalersi su colui a cui aveva dato l'incarico di recuperare se l'attività non è stata ben svolta); non può valere per le pene pecuniarie in ordine alle quali il legislatore, con il codice di procedura penale, si prefigge altri obiettivi.
Per le pene pecuniarie, infatti, vale l'irrinunciabilità, il favor nei confronti del debitore, tutte le volte che l'insolvenza non è volontaria ma dovuta ad effettive difficoltà economiche. La conseguenza è che si consente la rateizzazione e l'ulteriore dilazione prima di pervenire a misure, che seppure oramai non detentive, sono comunque restrittive della libertà personale.
Per individuare i raccordi, problema fondamentale è stabilire il momento in cui le due procedure si innestano, quando si chiude l'una per aprirsi l'altra. Considerati i principi di entrambe le procedure, il punto di intersezione è stato individuato nel momento in cui si verifica l'infruttuoso esperimento delle procedure esecutive, garantendo così parità di trattamento per spese e pene.
La disciplina – quale risulta dagli articoli che seguono – è così sinteticamente articolata:
1.      la procedura è comune a spese e pene sino a che l'attività compiuta dal concessionario non approda alla verifica dell'infruttuoso esperimento delle procedure esecutive, identificato con il primo infruttuoso pignoramento;
2.      a questo punto parte la procedura di conversione, che prevede la ricerca di nuovi beni ad opera del giudice della conversione, e che può avere:
-          esito positivo: termina la fase della conversione (restituzione atti al P.M.) e riprende l'esecuzione da parte del concessionario sui nuovi beni e per lo stesso articolo di ruolo, che è rimasto sospeso in attesa di tale esito; tale fase si chiude con l'esecuzione forzata su questi ultimi beni;
-          esito negativo: il ruolo del concessionario è automaticamente discaricato (era rimasto sospeso in attesa del primo o di questo secondo esito); la conversione si svolge completamente, con possibilità di rateizzazione e doppia dilazione del termine di adempimento; in mancanza di adempimento scatta la conversione.

Capo I
Recupero delle pene pecuniarie e conversione

Articolo 235 (Annullamento del credito per irreperibilità e possibile reviviscenza) (L)
Questa disposizione si collega a quella generale [(art. 219 (L)] che prevede l'annullamento del credito per irreperibilità.
La problematica della irreperibilità e della conversione delle pene pecuniarie ha come fulcro l'esigenza di conciliare l'irrinunciabilità alla conversione con quella di evitare l'inutile spreco di risorse.
Nella prassi, prima della riforma del ‘97 sulla riscossione, si è fatto ricorso all'art. 660 c.p.p. per chiedere la conversione per insolvibilità quando il debitore non era reperibile (80% dei casi di richiesta di conversione), con conseguenti continui passaggi di carte e opinioni discordanti.
Il Ministero della giustizia ha cercato di risolvere i problemi nel contesto della procedura di conversione (circ. n. 11 del 12 giugno 1995, rettificata dalla circ. n. 15 del 30 agosto 1995), attribuendo al P.M. le ricerche per irreperibilità, al cui esito negativo era subordinata la richiesta di annullamento, salvo la reiscrizione nel caso di successivo esito positivo.
La cassazione (sent. 25 ottobre 1995) ha statuito che:
-           le indagini sono di competenza della cancelleria giudice esecuzione e non del p.m., il quale deve solo attivare la conversione presso il giudice di sorveglianza;
-           la reperibilità è presupposto della conversione perché prima di convertire occorre accertare l'effettiva insolvibilità, accertamento che non si può compiere se non si conosce il luogo in cui presumibilmente si devono cercare i beni.

Dopo la riforma, la riscossione delle pene pecuniarie è di fatto bloccata a causa dell'assoluta mancanza di coordinamento nelle norme di legge.
La disposizione in commento supera i problemi sorti nella prassi, ponendo regole chiare in conformità ai principi già presenti nell'ordinamento. Innanzitutto, la conversione per insolvibilità è ancorata al presupposto della reperibilità del debitore, perché solo se è stato reperito, si può verificare se è o meno solvibile. In secondo luogo, proprio perché le pene pecuniarie devono essere convertite in caso di insolvibilità, prevede che il credito risorga (ovviamente nei limiti della prescrizione), se dopo l'annullamento per irreperibilità, in qualsiasi modo, il debitore risulti reperibile. In terzo luogo, al fine di assicurare la reperibilità del debitore, utilizza uno strumento previsto nell'ordinamento per assicurare la reperibilità di colui che è sottoponibile a pene detentive e che, proprio per la finalità che lo caratterizza, non può essere usato se la condanna è solo per spese e pene.  L'ipotesi che risulterà più frequente è quella disciplinata nei commi 2 e 3, dove si usufruisce dell'attività, prevista e disciplinata nel codice di procedura penale, per l'esecuzione delle pene detentive.
Residuale è l'ipotesi di cui al comma 1, che è volta ad evitare l'inutile spreco di risorse, stante l'impossibilità di far scattare la procedura prevista solo per le pene detentive, quando sono comminate esclusivamente pene pecuniarie, oltre alle spese.

Articolo 236 (Pene pecuniarie rateizzate) (L)
La disposizione in commento riprende l'art. 181, att. c.p.p., e lo raccorda con il testo unico.
L'ultimo comma, assente nelle norme specifiche delle pene, è stato ripreso dalla disciplina relativa alle spese perché originariamente, nell'art. 78 del d.m. istruzioni del 1866, era riferito a spese e pene ed ancora oggi appare principio comune.

Articolo 237 (Attivazione della procedura di conversione delle pene pecuniarie) (L)
Giudice competente alla conversione non è il giudice di sorveglianza, ma il giudice dell'esecuzione, sempre su richiesta del pubblico ministero.
E' stata estesa, utilizzando le possibilità offerte dal riordino, l'innovazione introdotta dal legislatore per i procedimenti relativi al giudice di pace (art. 42 del d. lgs. n. 274/2000).
Il riordino è necessario: stante la competenza funzionale ad oggi diversa (al giudice di sorveglianza per i procedimenti ordinari, al giudice di pace dell'esecuzione per i reati di competenza di quest'ultimo), in caso di pene pecuniarie nei confronti dello stesso soggetto emesse da giudici diversi, la conversione deve svolgersi separatamente non essendo possibile l'attrazione dell'intera procedura al giudice superiore; si evitano frammentazioni di competenze tra il giudice dell'esecuzione e di sorveglianza, visto che il primo è quello la cui cancelleria conosce dell'insolvenza; la competenza del giudice di sorveglianza non ha più senso perché mai la pena convertita è una pena detentiva, trattandosi di libertà controllata o lavoro sostitutivo per i procedimenti ordinari, di permanenza domiciliare o di lavoro di pubblica utilità per i procedimenti dinanzi al giudice di pace.
Per quanto riguarda la trasmissione delle notizie sullo stato della procedura esecutiva dal concessionario all'ufficio, si deve considerare che è disciplinata dagli articoli 19, comma 2, lett. b), dall'art. 36, del d. lgs. n. 112/1999, dal d.m. di attuazione 22 ottobre 1999.
Dal sistema di queste norme risulta che:
- il concessionario è obbligato a trasmettere mensilmente all'ufficio che ha formato il ruolo le informazioni relative allo svolgimento del servizio e all'andamento delle riscossioni ( art. 36 citato);
- le informazioni sono riferite alle singole quote comprese nei ruoli (d.m. citato);
- il concessionario perde il diritto al discarico se non trasmette la prima informazione entro il diciottesimo mese successivo alla consegna del ruolo e, successivamente, con cadenza annuale.

Questa disciplina generale soddisfa anche le esigenze della particolare procedura prevista per la conversione delle pene pecuniarie. Poiché spese e pene pecuniarie sono sempre congiunte, il concessionario - che comunque è obbligato ad informazioni mensili - ha interesse a trasmettere le informazioni almeno entro diciotto mesi, per evitare di perdere il diritto al discarico. L'ufficio competente potrà così attivare la procedura speciale per pene pecuniarie in tempo utile per evitare la prescrizione. 

Articolo 238 (Conversione delle pene pecuniarie) (L)
L'articolo disciplina la procedura di conversione delle pene pecuniarie, già contenuta negli artt. 660 c.p.p e 182 delle disposizioni di attuazione al c.p.p., effettuando il necessario raccordo con la nuova disciplina della riscossione tramite ruolo. Si usa il termine “articolo di ruolo”, tenendo conto del d. m. n. 321/1999, che qualifica come articolo di ruolo ogni componente del credito. La previsione del discarico automatico è un'esplicitazione dell'articolo 19, comma 3, del d. lgs. n. 112/99 per riferirla espressamente alle pene pecuniarie.

Articolo 239 (Comunicazioni) (R)
La disposizione prevede che il magistrato competente per il procedimento di conversione debba dare comunicazione all'ufficio e al concessionario dell'esito degli accertamenti sui nuovi beni e restituire gli atti al P.M. in caso di esito positivo.

TITOLO V
DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER SANZIONI AMMINISTRATIVE PECUNIARIE

Articolo 240 (Dilazione e rateizzazione del pagamento) (L)
La norma in commento riprende il precetto dell'art. 75, comma 2, del decreto legislativo n. 231/2001 che, per la dilazione e la rateizzazione del pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, rinvia alla disciplina prevista per le entrate tributarie.
Invece, per le spese, le pene pecuniarie e le sanzioni pecuniarie processuali - pure entrate non tributarie - valgono gli articoli 218, comma 1, 232 e 233 nonché gli articoli 236 e 238, elaborati nel testo unico sulla base del rinvio dell'articolo 26, decreto legislativo n. 46/1999 alle disposizioni di settore, e non l'articolo 19, dPR n. 602/1973.
Non è stato richiamato il 19 bis, dPR n. 602/1973 perché già applicabile a tutte le entrate del testo unico (vedi art. 226), sulla base dell'art. 18, decreto legislativo n. 46/1999 e non derogato da altre norme dello stesso decreto legislativo.
Per evitare dubbi interpretativi, è stata espressamente prevista la non applicabilità dell'art. 218, comma 1, perché questo è inserito nel Titolo II contenente disposizioni generali, valevoli anche per le sanzioni amministrative pecuniarie.

Articolo 241 (Annullamento del credito per irreperibilità e possibile reviviscenza) (L)
La norma in commento si collega all'art. 219 ed ha come presupposto l'equiparazione delle sanzioni amministrative pecuniarie alle pene pecuniarie ai fini dell'esecuzione - equiparazione operata dall'articolo 75, comma 1, decreto legislativo n. 231/2001 - che, naturalmente, non può essere estesa alla disciplina della conversione, trattandosi di sanzioni comminate ad enti.

Articolo 242 (Raccordo)  (R)
E' una disposizione di mero raccordo, che evita di ripetere nel titolo delle sanzioni amministrative pecuniarie precetti valevoli anche per queste e già riportati in altro titolo.

TITOLO VI
RIVERSAMENTO DEL RISCOSSO

Capo I
Riversamento del riscosso dai concessionari a soggetti diversi dall'erario

Articolo 243 (Versamenti di somme agli ufficiali giudiziari) (R)
E' disciplinata con norma secondaria la procedura di versamento degli importi a favore degli ufficiali giudiziari perché il diritto a tali somme (che matura solo se le somme sono recuperate) è disciplinato altrove (nella Parte II, titolo II).
Oggi, il concessionario dispone dei soldi della riscossione (sia spontanea che coattiva) e dispone delle informazioni utili per individuare che cosa versare (v. articolo sulle voci del modello di pagamento e del ruolo). Non ha quindi senso ipotizzare un coinvolgimento degli uffici finanziari, come prima, quando la procedura faceva capo agli uffici del registro.
Il versamento, prelevato dal riscosso, si riferisce ai diritti e alle indennità prenotati a debito e all'importo, quantificato con decreto ministeriale, relativo ai diritti per le notifiche penali a richiesta d'ufficio.
Per rendere la norma più elastica si è rinviata alla fonte secondaria l'individuazione delle modalità di pagamento, anche telematiche. Trattandosi di modalità tecniche lo strumento può essere un decreto dirigenziale.

Articolo 244 (Versamenti di somme prenotate a debito ad altri soggetti) (R)
La norma in commento si riferisce alle altre ipotesi in cui crediti di terzi sono prenotati a debito, e quindi, versati solo in caso di riscossione. Per esempio, sono prenotati a debito, a domanda e se è risultata infruttuosa la riscossione diretta, gli importi dovuti a consulenti tecnici di parte, ad ausiliari del giudice, a notai, a custodi, sempre che la spesa sia stata posta a carico della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

Articolo 245 (Privilegi) (L)
La norma in commento ha mantenuto la sostanza del precetto originario.
E' stata eliminata la previsione “nonché le spese postali ad essi anticipate”, in considerazione del fatto che ora le stesse sono pagate direttamente alle poste.
E' stata eliminata l'equiparazione degli importi prenotati ai crediti erariali iscritti a campione ai fini della procedura di riscossione. Oggi, tale equiparazione non ha più senso alla luce della disciplina contenuta nel testo unico, nell'ambito del quale questi importi sono disciplinati come voci di spesa.

Articolo 246 (Versamento agli ufficiali giudiziari della percentuale sul riscosso) (R)
L'abbassamento della fonte trova giustificazione nel  fatto che il diritto alla percentuale considerata - che rientra tra gli elementi della retribuzione valevoli per la pensione ordinaria - è disciplinato altrove (art. 122, n. 2, DPR 1229/59). Qui viene in questione solo la procedura di liquidazione che, in quanto tale,  può essere delegificata.
La disposizione in commento si propone di semplificare al massimo la procedura esistente, che non ha funzionato.
I concessionari sono in grado di pagare direttamente avendo tutte le informazioni utili: hanno l'evidenza del riscosso, detratte le somme spettanti a terzi, ed hanno l'evidenza delle somme ricavate dalla vendita dei beni confiscati, perché nei modelli di versamento dagli uffici giudiziari ai concessionari c'è un apposito codice tributo 919 T.
La liquidazione della percentuale da parte dei concessionari è più funzionale e celere. Il modello è quello proposto per i versamenti di somme di cui all'articolo 243.
Ben diversa e molto più complicata la procedura vigente. Sino a tutto il 1997, le cancellerie – sulla base delle notizie sul riscosso avute dall'ufficio registro, alle quali univano le proprie relative alla vendita di corpi reato (beni confiscati) – facevano una proposta (specchietto) all'ufficio del registro, che provvedeva a liquidare l'importo agli ufficiali giudiziari sulla base di un apposito capitolo di bilancio 3585.
Le norme secondarie utilizzate, ai sensi del rinvio alla legge n. 556/1895 del comma 1 dell'art. 139, erano l'art. 3, r.d. n. 25/1896 (regolamento di attuazione della legge richiamata), che rinviava all'art. 64 r.d. n. 1103/1882 (regolamento). In sostanza questa liquidazione si era innestata sulla procedura prevista per la liquidazione del cosiddetto doppio decimo ai cancellieri.
Con l'entrata in vigore della riforma la percentuale non è stata più liquidata per problemi operativi:
-           ritardo nell'invio delle comunicazioni sul riscosso dai concessionari agli uffici giudiziari ai fini dello specchietto;
-           incompleta-erronea compilazione del mod. F 23 con difficoltà ad individuare l'ufficio giudiziario destinatario delle somme e, conseguentemente, quello degli ufficiali giudiziari.

La procedura in questa fase è stata regolata dalla circolare 2.6.1998 della Direzione centrale per la riscossione, che vedeva coinvolti gli uffici giudiziari,  i concessionari,  e più livelli di uffici finanziari, ed era basata sulle norme regolamentari richiamate (specchietto), aggiornando solo gli uffici coinvolti.
Il mancato funzionamento è dimostrato dalla circostanza che è stata necessaria una legge per regolare gli anni 98-99, sulla base di quanto percepito nel 1997 (legge n. 11/2001).
E' usata l'espressione: “beni oggetto di confisca penale” anziché quella generica “corpi di reato”, perché più corretta. Infatti, il ricavato della vendita di beni sequestrati non confiscati è devoluto alla cassa ammende,  se non c'è richiesta degli aventi diritto, e quindi non può rientrare tra la base di calcolo della percentuale in oggetto.
Nella percentuale non sono comprese le “somme confiscate”, l'improprio riferimento alle quali nel capitolo di bilancio ha creato problemi interpretativi e ha indotto alcuni giudici a riconoscerne la spettanza nonostante la diversa interpretazione del Ministero della giustizia, avvalorata dalla lettera dell'art. 122, d.P.R. 1229/59, che fa esplicito riferimento alle somme ricavate dalla vendita.
Si è rinviato ad un decreto dirigenziale, trattandosi di modalità tecniche, l'individuazione delle modalità di pagamento.

TITOLO VII
RISCOSSIONE DEL CONTRIBUTO UNIFICATO

Articolo 247 (Ufficio competente) (R)
Conformemente alla scelta seguita nel testo unico ( V. art. 208) è stato individuato l'ufficio competente, in applicazione dell'art. 1, del d. lgs. n. 112/99.

Articolo 248 (Invito al pagamento) (R)
La norma originaria (comma 5 bis dell'art. 9, l. n. 488/1999) che ha previsto l'invito al pagamento – secondo una scelta generalmente presente nell'ordinamento per evitare i costi della riscossione coattiva favorendo l'adempimento spontaneo – è stata raccordata con la norma del testo unico (v. art. 212) che disciplina l'invito in generale.

Articolo 249 (Norme applicabili) (R)
Attraverso il richiamo alle norme del testo unico relative alla riscossione si esplicita il richiamo effettuato dal legislatore (nell'art. 9, comma 5 bis, l. n. 488/1999, come modificata dal decreto legge n….., convertito nella legge n…….) alla riscossione mediante ruolo.
Non sono richiamate le norme relative alla dilazione e rateizzazione del pagamento perché il legislatore ha previsto la decorrenza degli interessi in caso di mancato pagamento dopo l'invito, così escludendo in radice la possibilità di differimento e rateizzazione.

PARTE VIII
DISPOSIZIONI SPECIALI PER IL PROCESSO AMMINISTRATIVO, CONTABILE E TRIBUTARIO

TITOLO I
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PROCESSO AMMINISTRATIVO, CONTABILE E TRIBUTARIO

Articolo 250 (Esclusione del diritto di certificato) (R)
Le norme originarie del diritto di certificato, incorporate nel testo unico, si riferiscono solo al processo penale e civile. Né sono state rinvenute nell'ordinamento norme speciali relative agli altri procedimenti. Il riscontro nella prassi conforta tale conclusione.

TITOLO II
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PROCESSO AMMINISTRATIVO

Capo I
Disposizioni generali

Articolo 251 (Ordine di pagamento emesso dal funzionario) (R)
In tutto il testo unico si prescinde dall'organizzazione interna, con la conseguenza che “ funzionario addetto” è sempre quello che risulta tale secondo regole che sono fuori dalla materia disciplinata.
In questo caso si è ritenuto opportuno precisarlo per via dell'esistenza del regolamento che disciplina l'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato.

Capo II
Diritto di copia

Articolo 252 (Costo per il rilascio di copia conforme in casi particolari) (L)
L'articolo in commento disciplina un caso particolare, introdotto dalla recente legge che ha riformato il processo amministrativo, riportando nel testo unico solo il precetto relativo al costo della copia.
Il legislatore ha collegato il minor costo della copia conforme alla previsione che atti e documenti prodotti dalle parti non possono essere ritirati prima della definitività del giudizio, consentendo così di averne copia a condizioni più vantaggiose. Infatti, ha previsto come dovuto solo il costo materiale di riproduzione, mentre nei diritti di copia (pacificamente applicati al processo amministrativo) coesistono anche i costi per l'attività dei funzionari e per le funzioni di certificazione.

Articolo 253 (Determinazione dell'importo e pagamento) (R)
L'articolo in commento disciplina la determinazione dell'importo dovuto e il pagamento dello stesso. Il legislatore non affronta l'argomento, ma la norma già vive nell'ordinamento attraverso un provvedimento del Segretario Generale del Consiglio di Stato, che determina gli importi e individua nella marca da bollo la modalità di pagamento.
La norma in commento recepisce tale prassi, perché conforme all'assetto di poteri quale emerge dal sistema legislativo e regolamentare e, in particolare, dell'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato. In considerazione delle deliberazioni del 21 giugno e del 5 luglio 2001 del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (Disciplina dell'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali) inserisce le direttive del consiglio di presidenza.
Inoltre, per l'importo esplicita la ratio della norma originaria e per le modalità coordina la disciplina con il testo unico per perseguire unitarietà.

TITOLO III
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PROCESSO CONTABILE

Capo I
Disposizioni generali

Articolo 254 (Imposta di bollo) (R)
Nel processo contabile l'imposta di bollo non è stata sostituita dal contributo unificato, ai sensi dell'articolo 9, l. n. 488/1999. La norma in commento ha l'unico obiettivo di evitare il sorgere di equivoci interpretativi.

Articolo 255 (Procedura di anticipo e riscossione delle spese) (R)
L'articolo in commento esplicita un principio, presente nell'ordinamento, relativo all'anticipo da parte dell'erario delle spese disposte dal giudice o dal pubblico ministero nei giudizi di responsabilità e di conto e lo raccorda con gli articoli che prevedono la riscossione delle spese, insieme al credito principale, da parte dell'amministrazione.

Articolo 256 (Ordine di pagamento emesso dal funzionario) (R)
In tutto il testo unico si prescinde dall'organizzazione interna, con la conseguenza che “ funzionario addetto” è sempre quello che risulta tale secondo regole che sono fuori dalla materia disciplinata.
In questo caso si è ritenuto opportuno precisarlo per via dell'esistenza del regolamento che disciplina l'autonomia finanziaria della Corte dei Conti.

Capo II
Tassa fissa

Articolo 257 (Tassa fissa) (L)
L'articolo in commento disciplina la tassa fissa nel processo contabile, riprendendo il precetto delle norme originarie, così come incise dalla sentenza della Corte Costituzionale n.103/1976, che ha esteso l'esenzione a tutti i giudizi in materia di pensioni.

Articolo 258 (Modalità di pagamento) (R)
L'articolo in commento disciplina le modalità di pagamento, innovando la procedura per perseguire uniformità nel sistema. Oggi, dopo la soppressione dell'ufficio registro come ufficio cassa, la tassa fissa è pagata presso i concessionari, che hanno sostituito nel sistema l'ufficio registro.
Nel riordinare la materia, non appare idonea l'estensione delle norme regolamentari che hanno disciplinato il pagamento del contributo unificato (recepite nel testo unico), data l'esiguità degli importi, perché il costo per ricevere il pagamento supererebbe l'importo incassato. Per tale motivo si è disciplinata la materia in modo analogo ad altre voci di spesa di importo esiguo (diritti di copia, di certificato) per la disciplina a regime e, in via transitoria, si sono estese le modalità di pagamento attraverso marche oggi vigenti per queste.

Capo III
Pubblicazione di provvedimenti del magistrato

Articolo 259 (Pubblicazione gratuita di provvedimenti del magistrato) (L)
L'articolo in commento riprende il precetto della norma originaria, secondo cui gli avvisi di interruzione per morte nei processi in materia pensionistica sono pubblicati gratuitamente nella Gazzetta Ufficiale, e lo inserisce nel testo unico per ragioni sistematiche.

TITOLO IV
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PROCESSO TRIBUTARIO

Capo I
Disposizioni generali

Articolo 260 (Imposta di bollo) (R)
Nel processo tributario l'imposta di bollo non è stata sostituita dal contributo unificato, ai sensi dell'articolo 9, l. n. 488/1999. La norma in commento ha l'unico obiettivo di evitare il sorgere di equivoci interpretativi.

Articolo 261 (Spese processuali nel processo tributario dinanzi alla corte di cassazione) (R)
La fase del ricorso per cassazione avverso le sentenze della commissione tributaria regionale è costruita nell'ordinamento come quella per il procedimento civile.
Il procedimento tributario, quindi, si svolge dinnanzi ad un giudice “speciale” con regole particolari nelle prime due fasi e si unifica con il procedimento ordinario civile per la fase di legittimità. Questo vale anche per le spese, come dimostra il riscontro nella prassi. Infatti, i diritti di cancelleria – inesistenti nel procedimento tributario innanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali – sono esatti nella fase dinanzi alla cassazione. I diritti di copia – che hanno una disciplina particolare nel procedimento tributario innanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali - sono esatti secondo le regole generali nella fase dinanzi alla cassazione. La conseguenza è che il contributo unificato -previsto per il procedimento civile ed amministrativo - si applica anche per il ricorso in cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale.

Capo II
Diritto di copia

Articolo 262 (Diritto di copia) (L)
Avendo il testo unico previsto un regolamento per disciplinare i diritti di copia, ancorando l'importo anche al costo del servizio (vedi parte II Titolo IV), è venuta meno la ragione stessa della specialità. Nell'assetto precedente delle tabelle previste per il diritto di copia in generale, invece, gli importi prescindevano dai costi ed erano determinati direttamente dal legislatore. Per questo motivo si è attribuita efficacia transitoria alla norma perseguendo, al contempo, l'unitarietà del sistema. Le modalità di determinazione dell'importo riprendono, infine, il precetto originario. Oggi è vigente il D.M. 1° ottobre 1996.

Articolo 263 (Esenzione) (L)
La norma in commento riproduce il precetto della norma originaria, che esclude il diritto di copia quando richiedente è l'ente impositore, che è parte nel relativo procedimento, e lo raccorda con il testo unico anche incorporandolo in ragione della materia.

Articolo 264 (Modalità di pagamento) (R)
Anche per le modalità di pagamento il testo unico prevede un regolamento che consente di adeguarle ai collegamenti telematici e per questo si è raccordata la norma originaria, che prevedeva le marche, al nuovo sistema a regime, riprendendo per le modalità transitorie quelle generali per esigenze di uniformità.

PARTE IX
NORME TRANSITORIE

TITOLO I
VOCI DI SPESA

Capo I
Contributo unificato nel processo civile e amministrativo

Articolo 265 (Contributo unificato) (L)
L'articolo riprende la norma transitoria dell'art. 9, comma 11, della legge 488/1999, come sostituito dal decreto legge n.                convertito nella legge n.            e l'art. 4 dello stesso decreto legge.
Il decreto legge in oggetto, oltre a riprendere per la data di entrata in vigore del contributo unificato quanto stabilito, da ultimo, con il comma 22, dell'art.9, l. n. 448/2001, introduce importanti innovazioni.
Per le cause già iscritte a ruolo alla data del 1° marzo 2002 prevede l'obbligatorietà del nuovo regime in luogo della facoltatività. In tal modo è eliminata la possibile coesistenza di regimi molto diversi (da un lato il pagamento di bollo, diritti, ecc, dall'altra il solo contributo) che avrebbe comportato complicazioni gestionali per gli uffici e per gli utenti. L'obbligatorietà è temperata con due strumenti. Da un lato, con la previsione di esenzioni: per i procedimenti iscritti a ruolo prima del 1° gennaio 1992; per i procedimenti rimessi al collegio o assunti in decisione alla data del 1° marzo 2002, anche se rimessi sul ruolo successivamente. Dall'altro, per i procedimenti iscritti a ruolo dal 1° gennaio 1992 al 28 febbraio 2002, con la graduazione della percentuale del contributo a seconda del tempo di iscrizione a ruolo. Con le esenzioni e la graduazione del contributo il legislatore ha bilanciato le opposte esigenze degli uffici e degli utenti, e della parti.
Il comma 3 della norma in commento riprende la norma originaria che elenca le voci per cui non si può chiedere il rimborso dal vecchio al nuovo regime.
La chiamata di causa dell'ufficiale giudiziario ha un valore solo per periodi lontani rientrando oramai tra le voci del fondo unico di amministrazione (Accordo integrativo del contratto collettivo nazionale 1998-2001),  la tassa fissa è relativa ai processi amministrativi, ed è stata abrogata dall'articolo 57, l. 21 novembre 2000, n. 342.
Il comma 4 disciplina il periodo transitorio tra il 1° e il 12 marzo 2002.
Il decreto legge n.            , è entrato in vigore il 13 marzo 2002.
Il comma 5 effettua un rinvio interno al testo unico perché – come precisato altrove – la soppressione dei diritti di cancelleria ha inciso poco sui diritti di copia: sono soppressi, infatti, solo i diritti per le riproduzioni ad uso d'ufficio pagati in via anticipata al momento dell'iscrizione a ruolo che, per tale motivo, non rilevano per i processi già in corso. Mentre l'aumento previsto (dal punto 6, tabella 1, allegata alla l. n. 488/1999) per le copie autentiche è indipendente dal contributo unificato e, quindi, è dovuto anche per i processi iscritti prima del 1° marzo 2002.

Capo II
Diritto di copia nel processo penale, civile, amministrativo e contabile

La soppressione dei diritti di cancelleria, effettuata con l'articolo 9, l. n. 488/1999, non ha molto inciso sui diritti di copia che ne costituiscono una componente.
Dall'interpretazione sistematica dei recenti interventi legislativi discende che:
- sono stati soppressi solo i diritti per le riproduzioni ad uso d'ufficio, quantificati in modo forfettizzato per il recupero dal d.m. n. 347/1989 per il penale, quantificati in modo forfettizzato per il pagamento anticipato della parte che si costituisce, per il civile dalla legge n. 59/79;
- sono rimasti invariati i diritti di copia semplice;
- è stato aumentato il costo per l'attività di autenticazione ancorandolo in modo chiaro all'atto;
- sono stati integrati i diritti per le copie su supporto diverso da quello cartaceo.
L'incidenza limitata della soppressione dei diritti di cancelleria sui diritti di copia è fondata su tre argomenti:
a) il legislatore non ne ha fatto cenno espresso nell'art. 9, l. n. 488/1999 e si è limitato a quantificare il diritto di autenticazione (a sua volta componente del diritto di copia) nella tabella allegata che contiene le quantificazioni del contributo unificato;
b) il legislatore successivo (art. 3 bis, legge 525/96 introdotto dalla legge n. 388/2000) ha previsto uno strumento generale di adeguamento degli importi, riferito a tutti i diritti di copia, sull'evidente presupposto che l'art. 9 non li aveva soppressi;
c) il legislatore successivo che si è occupato del processo amministrativo (legge 205/2000) in una norma speciale (art. 1, comma 3, 2° periodo, che ha novellato l'art. 23 della legge n. 1034/1971) ha soppresso il diritto di copia  in casi particolari, limitandosi a richiedere il costo di riproduzione, sull'evidente presupposto dell'esistenza nell'ordinamento dei diritti di copia, sicuramente applicabili anche al giudizio amministrativo.
L'attività di autenticazione svolta dai funzionari è stata inequivocabilmente collegata all'atto; il costo per questa (individuato dal comma 6 della tabella allegata all'art. 9) si va a sommare agli altri importi previsti (Tab. A allegata alla legge n. 99/1989, collegati al numero di pagine) e sostituisce il corrispondente importo (lire 8.000) previsto per la stessa funzione. La novità è data, oltre che dall'aumento dell'importo, dalla circostanza che ora è individuato unitariamente per atto (indipendentemente dal numero di pagine) mentre nella tabella originaria era, per così dire, accidentalmente unitario,  perché nulla vincolava l'importo all'atto.
Una interpretazione diversa, tendente a ritenere che l'importo, previsto al punto 6 della Tabella, allegata all'art. 9 della legge n. 488/1999, sostituisce integralmente la tabella A della Legge n. 99/1989 per le copie conformi, è incompatibile con la permanenza dei diritti di copia semplice perché le copie semplici costerebbero di più delle copie autentiche.
Né l'interpretazione sostenuta può essere messa in dubbio dall'espressione letterale  “diritto unico”, perché tante volte il legislatore l'ha usata impropriamente e perché si può spiegare con il riferimento all'attività di autenticazione collegata all'atto.
La soppressione dei diritti per la riproduzione ad uso d'ufficio significa che con la soppressione dei diritti di cancelleria si è inciso sul nucleo di base dei diritti di copia: gli importi dovuti dalle parti per le riproduzioni fatte ad uso d'ufficio, mentre, per le ragioni spiegate, non si è inciso sugli importi richiesti per l'attività dei funzionari, per i costi materiali, per le funzioni di certificazione (tutti compresi nella quantificazione dei diritti di copia) quando la copia è richiesta dalle parti.
Normalmente, questi diritti di copia – qui disciplinati per la fase transitoria – si collegano intrinsecamente all'attività esplicata dall'ufficio che rilascia copie. La conseguenza è che se, già nelle more dell'emanazione del regolamento previsto per la disciplina a regime, fossero introdotti collegamenti telematici con gli uffici in grado di consentire l'accesso agli atti e ai provvedimenti, con conseguente riproduzione, mancherebbe in fatto il presupposto stesso per la maturazione di tali diritti.

Articolo 266 (Raccordo) (R)
L'articolo costituisce una disposizione di raccordo che prevede l'applicazione delle norme di questo capo fino all'emanazione del regolamento previsto dall'art. 40 (L).

Articolo 267 (Diritto di copia senza certificazione di conformità) (L)
Rinvia per l'individuazione dell'importo del diritto dovuto alla tabella, allegato n.6 al testo unico, che riproduce la tabella della norma originaria.

Articolo 268 (Diritto di copia autentica) (L)
 Stabilisce che gli importi del diritto relativo al rilascio di copie autentiche sono contenuti nella tabella, allegato n.7 al testo unico, che riproduce la tabella originaria, come modificata da ultimo dall'allegato alla l. n. 488/1999.
Per quanto riguarda l'inciso “anche da parte degli ufficiali giudiziari”, si tratta del diritto per rilascio di copie autentiche di atti espletati dall'ufficio (richiesta di copia dell'atto notificato per provvedere alla trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, di copia della citazione per la convalida di sfratto, ecc.). Quindi, non sono importi riferibili a spettanze degli ufficiali giudiziari; la conseguenza è che per il pagamento valgono le regole generali. Cosa diversa era il vecchio diritto di copia (che si riferiva alla copia degli atti da notificare), poi superato con la legge n.14/1991, che ha introdotto il diritto unico di notificazione.

Articolo 269 (Diritto di copia su supporto diverso da quello cartaceo) (L)
Stabilisce un diritto forfettizzato nella misura indicata nella tabella,  allegato n.8 al testo unico.
Dalla norma originaria è stato eliminato “senza certificazione di conformità” perché priva di significato se si considera che non è disciplinata la copia conforme su supporto diverso da quello cartaceo.

Articolo 270 (Copia urgente su supporto cartaceo) (L)
Triplica il diritto di copia in caso di rilascio entro due giorni. Infatti, per l'urgenza, che si aggiunge al diritto di copia, la norma originaria prevede un importo pari al doppio del diritto di copia dovuto.

Articolo 271 (Diritti di copia per i processi innanzi al giudice di pace) (L)
Stabilisce che per quanto concerne i procedimenti dinanzi al giudice di pace tutti  i diritti di copia sono ridotti alla metà.

Articolo 272 (Diritto di copia ai sensi dell'articolo 164 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 - norme di attuazione del codice di procedura penale- e dell'articolo 137 del regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368 - disposizioni di attuazione del codice di procedura civile) (L)
Riprende l'importo del diritto di copia disciplinato dalle norme originarie. Queste si riferiscono all'ipotesi in cui la parte impugnante non produce le copie di atti nella sua disponibilità, richiesti dal codice di procedura. In tal caso l'ufficio sopperisce facendo le copie necessarie, ma il diritto è triplicato e posto a carico della parte.
Secondo la norma in commento, il funzionario addetto all'ufficio procede alla riscossione mediante iscrizione a ruolo, in solido nei confronti dell'impugnate e del difensore, se il diritto di copia non è pagato spontaneamente dall'impugnante.
Invece, le norme originarie rinviavano al vecchio testo unico sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato (R.D. n. 639/1910). L'adeguamento al nuovo regime della riscossione è necessario sulla base della riforma della riscossione e dell'elaborazione del testo unico sulle spese. All'inadempimento segue la riscossione mediante ruolo. Infatti il debitore sa quanto deve (gli importi risultano dalle tabelle) e quindi costituirebbe un'inutile allungamento della procedura l'invio dell'invito al pagamento.
Peraltro, allo stato, le norme non sono applicate nella prassi. Nelle rare ipotesi in cui il difensore non produce le copie richieste per procedere alle impugnazioni, l'ufficio fa le copie ma non richiede nulla all'avvocato.

Capo III
Diritto di certificato nel processo civile e penale

Articolo 273 ( Diritto di certificato) (L)
La norma in commento riproduce la norma originaria e stabilisce che l'importo dovuto dalle parti che richiedano certificazioni in materia civile e penale, comprese quelle relative al casellario giudiziale, al casellario dei carichi pendenti e all'anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato, è di euro 3,10, raddoppiato in caso di richiesta di rilascio immediato del certificato del casellario, dei carichi pendenti, delle sanzioni amministrative dipendenti da reato.
La previsione originaria è stata integrata con il certificato delle sanzioni amministrative dipendenti da reato, sopravvenuto per effetto del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, perché il diritto di certificato è previsto in generale. Quanto al diritto di urgenza, è stata estesa la previsione nell'ambito del riordino operato con il testo unico rispetto a norme sopravvenute.
Non occorre fare salva la normativa fiscale perché non intaccata da questa disciplina e vive altrove: art. 7, legge 29.12.1990, n. 405 (secondo la circolare del Ministero della Giustizia, AA.CC. Segr. 28/14/8 del 15.1.91 sono esenti da bollo quelli in materia penale; quelli civili e quelli promiscui - generale del casellario - sono soggetti. Il bollo sulla domanda segue il bollo sul certificato).

Capo IV
Disposizioni comuni al diritto di copia e al diritto di certificato

Articolo 274 (Adeguamento periodico degli importi) (L)
Prevede il decreto dirigenziale per l'adeguamento degli importi del diritto di copia e di certificato alle variazioni accertate dall'Istat. La norma originaria rimetteva l'adeguamento a decreto ministeriale ed era relativa solo agli importi concernenti le copie. Lo strumento del decreto dirigenziale è rispondente alla separazione politica-amministrazione ed è conforme a scelte operate in altre parti del testo unico (vedi commento all'articolo 20). Nell'ambito del riordino lo strumento è stato esteso al diritto di certificato.

Capo V
Ausiliari del magistrato

Articolo 275 (Onorari degli ausiliari del magistrato) (R)
Sino all'emanazione della normativa secondaria sulla base del testo unico, la sola misura degli onorari è rimessa alle tabelle già esistenti e all'art. 4 della legge n. 319/1980, per gli onorari a tempo.

Capo VI
Indennità di custodia

Articolo 276 (Determinazione dell'indennità di custodia) (R)
Per quanto attiene alla norma in commento, nell'ambito delle diverse prassi seguite oggi dagli uffici giudiziari (vedi relazione relativa alle norme a regime), si è scelta quella in grado di contemperare, in via transitoria, l'esigenza di uniformità con i sequestri amministrativi (posta dalla Corte Costituzionale) con quella di tenere i costi più bassi per i sequestri disposti dal giudice.
Da considerare, comunque, che, per effetto degli interventi di semplificazione e accelerazione sulla procedura di restituzione (vedi parte procedimenti particolari), che entrano subito a regime, i tempi della custodia sono ridotti.

Capo VII
Demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi

Articolo 277 (Importo da corrispondere alle strutture tecnico-operative del Ministero della difesa) (R)
La norma in commento ha l'obiettivo di risolvere, per il breve periodo e nelle more della convenzione, i problemi registrati nella prassi in ordine alla quantificazione. Data la natura pubblica del soggetto che quantifica, ben si può vincolare il magistrato.

Capo VIII
Registrazione degli atti giudiziari

Articolo 278 (Registrazione degli atti giudiziari nel processo civile e amministrativo) (R)
Si rinvia alla relazione relativa alla norma a regime (Titolo XIV, parte II).

TITOLO II
PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

Articolo 279 (Ammissione al patrocinio nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario) (L)
La norma transitoria, che riprende il precetto originario dell'art. 15 noniesdecies, comma 2, della legge n. 217/1990, come modificato dalla legge n. 134/2001, fa salve le ammissioni al gratuito patrocinio avvenute, sulla base della legislazione precedente, anteriormente al 1° luglio 2002, data in cui diventano efficaci le nuove norme sul patrocinio.

TITOLO III
REGISTRI

Articolo 280 (Foglio delle notizie e rubrica alfabetica) (R)
In un contesto non informatizzato, per evitare la richiesta di notizie a più uffici  (ciascuno dei quali ha provveduto all'annotazione via via che se ne è presentata la necessità) si è ampliato uno strumento già previsto a fini delimitati: il mod. 25, cioè la distinta delle spese recuperabili per intero nel processo penale.
E' stato previsto un “foglio delle notizie ai fini del recupero”, che fa parte del fascicolo processuale, nel quale sono riportate le annotazioni fatte, rispettivamente, nel registro delle spese pagate e in quello delle spese prenotate a debito,  purchè utili per il recupero (quindi, non tutte le somme pagate ma solo quelle ripetibili, tutte quelle prenotate a debito, perché solo in seguito si saprà se ci sono le condizioni per il recupero).
Questo “foglio”, che l'ufficio del giudice dell'esecuzione riceverà con il fascicolo, servirà per riscontrare la corrispondenza tra quanto risulta dagli atti processuali e quanto annotato nei registri, senza doverli controllare.
Se è vero che così si impone all'ufficio procedente, per esempio all'erogazione della spesa, una doppia annotazione, nel contempo si evita che la determinazione finale del credito sia ritardata dal riscontro delle voci di spesa presso uffici diversi.
Se, come negli uffici giudiziari di grandi dimensioni, l'ufficio che annota ha una sua autonomia organizzativa rispetto a quello che ha la disponibilità del fascicolo (cancelleria del dibattimento e ufficio che tiene il registro delle spese pagate), l'annotazione fatta dal secondo ufficio sul foglio delle notizie tenuto dal primo non creerà problemi di attesa perché il fascicolo, notoriamente, sosta a lungo per ragioni autonome nel primo ufficio.
Nel contesto del testo unico questa disposizione può funzionare effettivamente.
Si deve considerare, infatti, che nel testo unico risultano: le voci di spese, quali sono pagate dall'erario e quali dai privati; quali, tra quelle pagate dall'erario, sono ripetibili e quali no, quali sono prenotate a debito e quando e nei confronti di chi sono recuperabili.

Articolo 281 (Crediti già iscritti nella tavola alfabetica) (R)
E' disciplinata un'ipotesi del tutto marginale nella prassi.
Visto che la tavola alfabetica non è più tenuta nella maggioranza degli uffici, da quando la riscossione è stata affidata ai concessionari, sarà improbabile che risultino iscrizioni nella tavola alfabetica.
La norma transitoria in commento vuole evitare che per crediti eventualmente già inseriti nella tavola alfabetica, la procedura di riscossione parta dall'inizio con l'invito al pagamento. Se sono già iscritti perché di dubbia solvibilità  è ragionevole che, se non prescritti o estinti sulla base di altre norme transitorie, si riparta con l'iscrizione a ruolo e non con l'invito al pagamento.

Articolo 282 (Sopravvivenza delle disposizioni vigenti) (R)
Trattasi di una norma di raccordo con l'emananda normativa secondaria in materia.

 

TITOLO IV
PAGAMENTO

Capo I
Ordine di pagamento delle spese postali per notificazioni

Articolo 283 (Ordine di pagamento delle spese postali per notificazioni) (R)
Nelle more del regolamento previsto a regime, la disciplina transitoria del pagamento delle spese postali a carico dell'erario estende un meccanismo già operativo attraverso circolari, e ne semplifica la procedura.
Infatti, le circolari 6 maggio 1992, per il penale, e 27 gennaio 1993 per il civile, hanno disciplinato il pagamento differito direttamente all'ufficio postale, superando l'art.142, comma 1, Ord. uff. giud. Queste circolari prevedevano tale meccanismo espressamente solo per le notifiche penali e civili a richiesta d'ufficio, ma nella prassi, il meccanismo è stato esteso anche al caso di gratuito patrocinio e di patrocinio a spese dello Stato.
Il testo unico, inoltre, attribuisce la competenza agli stessi ufficiali giudiziari, che concretamente curano le notifiche, anche tramite posta; manca, in effetti, una ragione sostanziale per richiedere che il calcolo dell'importo e l'ordine di pagamento siano effettuati dal cancelliere; si tratta, comunque, della stessa amministrazione.
Nè c'è l'esigenza che i cancellieri conoscano l'importo per procedere all'annotazione ai fini del recupero.
Infatti, per le notifiche a richiesta d'ufficio, nel processo penale il quantum della spesa è recuperato nella misura forfettizzata indicata con decreto ministeriale; nel processo civile, la parte le ha già anticipate in misura forfettizzata (legge del 1979, n. 59); per le notifiche a richiesta della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato o gratuito patrocinio, i cancellieri vengono a conoscenza delle spese, per annotarle nei registri, quando, secondo le regole della procedura penale e civile, la parte ammessa produce la lista testi notificata.
Infine, con riferimento alle altre amministrazioni interessate, diverse dal Ministero della giustizia, si è individuata la competenza all'emissione dell'ordine di pagamento nel rispetto dell'autonomia delle amministrazioni cui si riferisce il capitolo di bilancio e delle regole dell'autonomia finanziaria del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.

Capo II
Pagamento del diritto di copia, del diritto di certificato, nonchè delle spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile

Articolo 284(Raccordo) (R)
Raccorda le norme transitorie con la norma che, a regime, prevede l'emanazione di un regolamento.

Articolo 285 (Modalità di pagamento del diritto di copia, del diritto di certificato e delle spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile) (R)
I diritti di copia residuati sono di importo minimo, spesso sotto euro 5,16; unica eccezione è il diritto su supporto diverso (cd rom, è pari a euro 258,23); per il certificato è di euro 3,1 più un eventuale raddoppio per l'urgenza.
Quindi, non è sembrato economico estendere le modalità di pagamento previste per il contributo unificato, che risulterebbero più costose per l'erario. Si è preferito per questo lasciare in vita l'attuale meccanismo, attraverso le marche, pur nella consapevolezza che questa forma arcaica non potrà essere compatibile con il processo informatizzato.
Per semplificare la fase transitoria, si è  consentito solo l'utilizzo del pagamento attraverso marche, non oneroso per lo Stato e comodo per l'utente, eliminando la possibilità di scelta del conto corrente postale, originariamente prevista in alternativa. Ulteriore semplificazione è l'eliminazione delle marche speciali, con conseguente ricorso alle marche da bollo che esistono in commercio anche per i tagli minimi, per il pagamento degli importi previsti. Non c'è infatti una ragione giustificativa della distinzione e già oggi in altri processi (vedi parte VIII per il processo tributario) si ricorre alle marche da bollo ordinarie per i diritti di copia. Il vantaggio è indubitabile per lo Stato, che produce un solo tipo di marche, e per l'utente che non deve ricercare marche differenziate.
Rispetto alle norme originarie la procedura è stata semplificata al massimo e ridotta all'essenziale.
E' stato introdotto il timbro a secco per evitare la possibilità di riciclare le marche.

Articolo 286 (Modalità di pagamento della copia di compact disk) (R)
Per l'unico importo alto si possono, invece, estendere i metodi di pagamento disciplinati per il pagamento del contributo unificato, che comprende anche il versamento alla posta.

TITOLO V
RISCOSSIONE

Capo I
Disposizioni su crediti di importo determinato

Articolo 287 (Estinzione legale di crediti relativi a spese processuali e di mantenimento di un certo importo) (R)
La norma è il frutto del coordinamento tra l'art. 80 legge n. 342/2000 (recepito nell'art. 228 (L) e l'originario art. 12 bis, d. P.R. n. 602/1973.
Il legislatore del 2000 ha previsto uno strumento generale di estinzione ex lege del credito, elastico rispetto ai costi della riscossione, ed anticipato al momento immediatamente successivo alla quantificazione.
L'art. 12 bis citato, riferibile alle spese di giustizia sulla base del rinvio generale contenuto nell'art. 18, d.lgs. n. 46/1999, prevede - per  un importo determinato, aumentabile con regolamento ex art. 17, comma 2, legge n. 400/88 – un meccanismo di estinzione riferito all'iscrizione a ruolo. La nuova previsione dell'art. 80 assorbe la precedente norma generale per le spese considerate: da ciò l'operatività transitoria.
Infatti, non è ragionevole che nell'ordinamento esistano, in relazione agli stessi crediti (spese processuali e di mantenimento), due meccanismi di estinzione, fondati sull'importo, che operano rispetto a momenti diversi. E' evidente che quello che estingue il credito in un momento antecedente assorbe quello che faceva scattare l'estinzione in un momento successivo.
Con riferimento al quantum, attualmente è sino a euro16,53, aumento attuato con d.P.R. n. 129/99, espressamente riferito ai tributi, ma riferibile alle spese stante il rinvio mobile e generale di cui all'art. 18 citato.
L'articolo 12 bis citato non è riferibile alle pene pecuniarie, operando per le pene solo la possibilità di conversione.

Articolo 288 (Discarico automatico per inesigibilità delle spese processuali e di mantenimento di importo non superiore ad euro 25,82) (L)
La norma originaria, prevista nell'art. 1, legge n. 89/1989, è confluita nella parte transitoria per tener conto dell'impatto sull'ordinamento del regolamento introdotto dall'art. 80, legge n. 342/2000 (art.228).
Poiché il regolamento individuerà, tenendo conto dei costi della riscossione, un certo importo al di sotto del quale non si invia neanche l'invito al pagamento, perde di funzionalità a regime la previsione dell'articolo 1, della legge n. 89 del 1989, che  prevede, ad un certo punto, il blocco della procedura di riscossione coattiva valutandone non conveniente la continuazione, che avrebbe il solo effetto di far aumentare le spese e individuando un importo fisso (euro 25,82) adeguabile secondo ISTAT. Per questo motivo, le due norme sono state coordinate nella parte delle norme a regime (art. 230).
La norma originaria è stata mantenuta nella fase transitoria e, nell'ambito del riordino, è stata estesa a tutte le spese. Inoltre, l'applicazione in questa procedura del principio posto dal legislatore del discarico automatico (art.19, c.3, d. lgs. n.112/1999), serve ad evitare che per spese di importo minimo il cui credito è estinto legalmente scatti la procedura generale, per l'eventuale diniego del discarico, prevista dall'articolo 20, d. lgs. n.112/1999.
Quanto al comma 2, è previsto un decreto dirigenziale, al posto di quello del ministro, secondo la scelta in tutto il testo unico di ritenere rientranti nell'attività di amministrazione le competenze per l'adeguamento ISTAT (v. commento all'articolo 20).

Capo II
Riversamento del riscosso dall'erario a terzi

Articolo 289 (Percentuale spettante alla cassa di previdenza dei cancellieri) (L)
La norma in commento riscrive con chiarezza il precetto relativo alla percentuale spettante, in via transitoria, alla cassa di previdenza dei cancellieri.
Il diritto, l'entità percentuale e la base di calcolo, risulta dalla combinazione degli artt.: 13, comma 4, d. lgs. n. 486/1948, come sostituito dall'art. 4, legge n. 59/1958; 15, comma 2, legge n. 922/1962 (già abrogati dall'art. 39, legge n. 734/1973); nonché dal comma 1, art. 6, legge n. 734/1973, al quale rinvia il comma 3 dello stesso art. 6, che ha salvato le norme abrogate con l'art. 39 citato rispetto alle assegnazioni ai fondi di previdenza.
Con riferimento alla percentuale, l'originario 2% è divenuto 2% su 45% degli introiti = a 0,9%. Con riferimento alla base di calcolo, il comma 1 dell'art. 6 citato, parla impropriamente di “beni confiscati e corpi di reato”. In realtà si tratta solo di beni confiscati, essendo destinati i proventi dei beni sequestrati, non confiscati, alla cassa delle ammenda in mancanza di aventi diritto.
Oggi la percentuale è sicuramente dovuta in via transitoria come risulta dalla successione e intersezione delle norme legislative elencate di seguito:
-           art. 9, comma 1, legge n. 537/1993, abrogazione generale; modifica dello stesso comma con decreto-legge n. 437/1996, convertito in legge n. 556/1996, che ha escluso dalle abrogazioni la previdenza facendola salva a partire dal 1994;
-           art. 55, legge n. 449/1997 che ha abrogato la salvezza a partire dall'1.1.1998;
-           art. 26, comma 21, legge n. 448/1998 che ha rinviato l'effetto abrogativo sino all'introduzione della previdenza complementare, con norma di interpretazione autentica.

Articolo 290 (Versamenti di somme alla cassa di previdenza dei cancellieri) (R)
E' disciplinata con norma secondaria la procedura di versamento della somma alla cassa previdenza, perché il diritto alla percentuale considerata è disciplinato altrove (articolo che precede).
La norma in commento ha l'obiettivo di semplificare al massimo la procedura, accettando come vincolante la circostanza che deve pagare l'amministrazione, necessariamente centrale trattandosi di erogazione alla cassa nazionale, sulla base dell'art. 6, comma 4, legge n. 734/1973, al quale si collega il capitolo 1544, relativo al Ministero della Giustizia, per memoria.
I concessionari sono in grado di trasmettere le informazioni utili perché hanno l'evidenza del riscosso, detratte le somme spettanti a terzi, ed hanno l'evidenza delle somme ricavate dalla vendita dei beni confiscati perché nei modelli di versamento dagli uffici giudiziari ai concessionari c'è un apposito codice tributo 919T.
La procedura utilizzata sino ad oggi, che vede comunque al centro il Ministero della giustizia, è molto complicata e basata su norme regolamentari risalenti nel tempo.
Sino a tutto il 98, l'ultimo decreto dirigenziale di assegnazione di somme noto è del 1999, l'assegnazione alla cassa è avvenuta con decreto dirigenziale del direttore AA.CC., sulla base di un decreto del Ministro del tesoro di riassegnazione della somma.
Per conoscere l'entità da versare ha operato questa procedura:
- da uffici giudiziari a ufficio registro (per visto di concordanza) invio, con cadenza bimestrale, di specchietti relativi agli importi riscossi, compilati sulla base delle informazione avute dagli stessi uffici registro e riscontrate con la propria documentazione.
- da uffici giudiziari a procure generali di specchietti vistati.
- da procure generali  a Ministero, liste riepilogative bimestrali da trasmettere quadrimestralmente.
Alla base della procedura vi era l'art. 3, r.d. n. 25/1896 (regolamento di attuazione della legge n. 555/1895), che rinviava all'art. 64 r.d. n. 1103/1882 (regolamento di attuazione legge n. 835/1882), adattati anche alla circostanza che i pagamenti non venivano più fatti dall'ufficio registro, con circolari successive.

Articolo 291 (Percentuale spettante alle casse di previdenza degli accertatori dei reati finanziari) (L)
Per la ricostruzione normativa in base alla quale, sino alla riforma della previdenza complementare, sono fatte salve le norme che prevedevano spettanze a favore delle casse previdenza, si rinvia al commento all'articolo 289.
Una norma che individui – sul modello di quella proposta per i cancellieri – il diritto, con riferimento ai soggetti cui spetta, la base di calcolo e la misura percentuale, è di difficile formulazione. Si consideri che per i soggetti, il gruppo delle fattispecie di reati, al cui accertamento si collegano le spettanze, comprende:
-           infrazioni valutarie (d.P.R. n. 30/1988 che richiama la n. 1511/1947);
-           infrazioni tributarie (n. 168/1951);
-           tributarie in materia di assicurazioni private (n. 1216/1961);
-           IVA (n. 633/1972);
-           spettacoli (n 640/1972);
-           concessioni governative (n. 641/1972);
-           bollo (n. 642/1972);
-           imposte sui redditi (n. 600/1973);
-           contrabbando doganale e dei monopoli (art. 337, d.P.R. n. 43/1973, dogane, cui rinvia l'art. 113 legge  907/1942 su Monopoli ).

Per la base di calcolo e percentuale: non sono mai comprese le spese; in alcuni casi solo le sanzioni amministrative (641 e 642/1972); in altri solo le pene pecuniarie (n. 1511/1947, 168/1951, n. 1216/1961, n. 633/1972, 640/1972); in altri si parla genericamente di sanzioni pecuniarie (600/1973); in altre si aggiunge alla espressa elencazione di multe e ammende il termine pene pecuniarie (ricomprendendo le sanzioni amministrative) e le somme ricavate dalla vendita delle cose confiscate (art. 337, d.P.R. n. 43/1973, dogane, cui rinvia l'art. 113 della legge  907/1942 su Monopoli ).
Per questo motivo, la disposizione del testo unico ha effettuato una ricognizione, utile perché consente l'aggancio con le innovazioni apportate alle modalità di versamento.
Inoltre, è stata inserita una norma di salvezza per eventuali omissioni. Il limite temporale si spiega con l'inizio della vicenda normativa che ha prima eliminato e poi fatto rinascere questi diritti di natura previdenziale.

Articolo 292 (Versamenti di somme alle casse di previdenza degli accertatori dei reati finanziari) (R)
Si rinvia al commento della norma relativa ai cancellieri.

PARTE X
DISPOSIZIONI FINALI E ABROGAZIONI

Articolo 293 (Processi davanti al tribunale superiore delle acque pubbliche e ai tribunali regionali delle acque pubbliche) (L)
Nel contesto del riordino della materia delle spese di giustizia, la norma raccorda le norme del testo unico anche con i processi davanti al tribunale superiore delle acque pubbliche e ai tribunali regionali delle acque pubbliche. L'esigenza si pone poiché la materia – che sino alla legge n. 59 del 1979 aveva avuto una disciplina unitaria – si è poi diversificata senza che alla base vi fosse una ragione giustificativa; con la conseguenza che, solo per questi processi si è continuato ad applicare l'articolo 38 disp. att. c.p.c.
Con il comma 3 si rimette ad un decreto ministeriale la disciplina per la chiusura della contabilità in essere relativa all'articolo 38 disp. att. c.p.c.

Articolo 294 (Relazione al Parlamento sul patrocinio a spese dello Stato) (L)
La disposizione riproduce quanto contenuto nell'art. 18, legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001, essendo oramai incorporate nel testo unico le norme relative al patrocinio a spese dello Stato.

Articolo 295 (Rinvio per la copertura finanziaria) (L)
La copertura finanziaria delle norme relative al patrocinio a spese dello Stato è contenuta in una norma esterna al testo unico (l'art. 22 della legge n. 134/2001). Qui, solo per ragioni di opportunità sistematica, si è richiamata tale norma, visto che le norme sul patrocinio sono incorporate nel testo unico.

Articolo 296 (Modifiche alle norme esterne ed interne al testo unico) (L)
Il comma 1 ribadisce il principio circa la natura dinamica del rinvio a norme esterne al testo unico, a meno che il legislatore espressamente non lo escluda.
Il comma 2 riproduce il principio contenuto nell'art. 7, comma 6, legge 8 marzo 1999, n. 50. Esso non incide sul rango delle norme del testo unico, in quanto mira a disciplinare e a rendere più consapevole il successivo esercizio del potere normativo: l'istituto dell'abrogazione implicita non scompare dall'ordinamento.

Articolo 297 (Non applicabilità di norme) (R)
L'art. 18, del decreto legislativo n. 46/1999, è la norma che estende - mediante rinvio a norme determinate, anche per sottrazione di quanto previsto dagli articoli ad esso successivi – il d.P.R. n. 602/1973  alle spese di cui ci si occupa.
Avendo sciolto il rinvio nel testo unico, l'art. 18 citato – che pure rimane nell'ordinamento per le altre entrate – non si applica più alle spese di giustizia.
L'art. 26 rimane nell'ordinamento per le altre entrate. La portata precettiva riferita alle spese di cui ci si occupa nel testo unico è stata raggiunta con gli articoli relativi a dilazione e rateizzazione, dove sono state riportate le norme di settore e si è tenuto conto del limite posto dal 26 citato.

Articolo 298 (Norme che restano abrogate) (L)
Individua le norme che sono già state abrogate in modo espresso prima del testo unico.

Articolo 299 (Abrogazioni di norme primarie) (L)
Individua le norme primarie abrogate a seguito dell'emanazione del testo unico.

Articolo 300 (Abrogazioni parziali e riformulazioni conseguenti di norme) (L)
La norma è stata inserita, su suggerimento del Consiglio di Stato, per evitare lacune conseguenti ad abrogazioni parziali.

Articolo 301 (Abrogazioni di norme secondarie) (R)
Individua le norme secondarie abrogate a seguito dell'emanazione del testo unico.

Articolo 302 (Entrata in vigore) (L)
Individua nel 1° luglio 2002 la data di entrata in vigore delle norme del testo unico per raccordarla con l'entrata in vigore delle disposizioni relative al patrocinio a spese dello Stato nel giudizio civile, amministrativo, contabile e tributario, secondo quanto già disposto dall'originario art. 15, comma 1, legge 30 luglio 1990, n. 217, come modificata dalla legge 29 marzo 2001, n. 134.

RELAZIONE TECNICO-NORMATIVA

Il testo unico è adottato ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall'art. 1 della legge 24 novembre 2000, n. 340.
Questa norma prevede l'emanazione di testi unici intesi a riordinare, tra le altre, le materie elencate nelle leggi annuali di semplificazioni. La legge 8 marzo 1999, n. 50, all'articolo 1, comma 1, prevede l'emanazione di regolamenti di delegificazione per la disciplina delle materie e dei procedimenti di cui all'allegato 1. L'allegato 1 a quest'ultima legge contiene tre procedimenti che coprono l'intera materia delle spese di giustizia: i nn. 9, 10 e 11. In particolare, il n. 10 richiama il r.d. 23 dicembre 1865, n. 2700 e il r.d. 23 dicembre 1865, n. 2701 (cosiddetti campione civile e penale) che costituivano dei veri e propri testi unici della materia, pur senza averne l'espressa qualificazione. Infatti, erano individuate e disciplinate le spese di giustizia ed erano regolamentate le procedure per il pagamento e per il recupero, anche rispetto all'ammissione al gratuito patrocinio, effettuata con riferimento alla legislazione all'epoca vigente. Il n. 11, poi, annovera il procedimento per l'iscrizione a ruolo e per il rilascio di copie di atti, anche in materia tributaria, richiamando testi normativi di ampia portata nella materia delle spese. Il n. 9, infine, prevede il procedimento di alienazione di beni sequestrati e confiscati, richiamando le norme generali in materia penale.

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto

A) Analisi dell'impatto delle norme del Testo Unico sulla legislazione vigente.

Aa) In generale.

Il testo unico riunisce e coordina tutte le disposizioni legislative e regolamentari che, sino all'emanazione, hanno disciplinato la materia. Abroga 100 testi, di cui 75 di rango primario e 25 di rango secondario. Un'idea parziale del numero di articoli abrogati si ha se si considera che il solo r.d. n. 2700 del 1865 ne conteneva ben 481.

Il testo unico riordina la materia adeguandola alla disciplina sopravvenuta nel sistema delle fonti. L'emanazione della normativa secondaria, infatti, è armonizzata con la legge n. 400 del 1988 e con la legge n. 13 del 1991. Naturalmente, il riordino tiene conto di principi oramai affermatisi nell'ordinamento, come quello della separazione politica-amministrazione.

Il testo unico attualizza il linguaggio normativo e lo semplifica.

Ab) Riordino e armonizzazione finalizzato alla coerenza logica e sistematica della materia.

Il riordino ha tenuto conto della riforma, avviata nel 1996 e proseguita con adattamenti successivi fino al 2001, che ha uniformato la disciplina della riscossione delle entrate dello Stato e  compreso tra queste le spese di giustizia e le pene pecuniarie.
La parte relativa alla riscossione del testo unico ha stabilito i necessari raccordi tra la disciplina generale, che prevede la soppressione degli uffici di cassa finanziari e l'attribuzione delle competenze ai concessionari, e la disciplina speciale delle pene pecuniarie, che -  in caso di insolvibilità - ha al centro la conversione in misure restrittive della libertà personale ed è ispirata a principi propri, quali l'irrinunciabilità e il favor per il debitore.

Questa tecnica di riordino e armonizzazione è stata applicata per le procedure di riscossione dell'adempimento spontaneo e di pagamento delle spese per conto dello Stato relative ad alcuni reati finanziari. Il testo unico ha superato la disciplina di settore che attribuiva la riscossione dell'adempimento spontaneo e il pagamento delle spese per conto dello Stato agli uffici finanziari, nel solo caso di condanna a spese e pene pecuniarie e solo per alcuni reati. Con l'estensione delle regole generali non ci saranno più le incertezze collegate alla non inequivocabile identificazione dei reati per cui scattavano le particolarità; non ci saranno soggetti diversi per il pagamento delle spese di giustizia; né uffici diversi per ricevere l'adempimento spontaneo.

La stessa riforma citata ha inciso sul pagamento delle spese anticipate dall'erario. La sostituzione degli uffici del registro con i concessionari ha reso necessarie nuove norme secondarie, per le modalità di pagamento e per le regolazioni contabili, che sono state emanate con il testo unico nel rispetto dei principi già chiaramente individuati dal legislatore.

Altri profili oggetto di riordino e di armonizzazione sistematica sono spesso intrecciati con la semplificazione procedurale ed organizzativa.

La materia dei diritti di copia è stata parzialmente incisa dalla soppressione dei diritti di cancelleria, contestuale all'introduzione del contributo unificato nel 1999, e da modifiche legislative intervenute nel 2000. Il testo unico perimetra l'area residua dei diritti di copia per la sola fase transitoria, avendo rimesso allo strumento regolamentare la disciplina a regime dei diritti di copia.

Inoltre, il testo unico collega strettamente diritti di copia e di certificato prevedendo una disciplina comune, a regime e transitoria, per la fonte e per le modalità di pagamento.

La materia dei diritti, indennità di trasferta e spese di spedizione degli ufficiali giudiziari è riordinata per i profili direttamente incidenti sul sistema delle spese di giustizia e sono innovati gli aspetti procedurali relativi alle modalità di pagamento.

Il testo unico riconduce a sistema la voce indennità di custodia dei beni sequestrati nel procedimento giurisdizionale, sulla base dell'orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, e persegue l'uniformità con i compensi per i sequestri amministrativi. Inoltre, rimette a strumento regolamentare (analogo a quello previsto per gli ausiliari del magistrato) l'individuazione di tariffe generali; prevede una disciplina transitoria che consente di superare l'attuale diversificazione.

Per le spese relative alla demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi, il testo unico recepisce e razionalizza le univoche soluzioni interpretative divenute diritto vivente, le collega esplicitamente ai principi giuridici esistenti e prevede una disciplina a regime e una disciplina transitoria.

In materia di titoli di pagamento delle spese anticipate dallo Stato, il testo unico supera le diversificazioni oggi esistenti. La sola distinzione è quella tra ordine di pagamento (emesso dal funzionario) e decreto di pagamento (emesso dal magistrato), riferita a voci di spesa diverse, e fondata sull'indispensabilità dell'attribuzione al magistrato della competenza a provvedere alla quantificazione, quando vengono in questione profili valutativi. In tal modo è eliminata la precedente coesistenza del decreto del magistrato e dell'ordine del funzionario per le stesse spese, che si sostanziava nella duplicazione del titolo di pagamento.

Ac) Riordino finalizzato alla semplificazione procedurale ed organizzativa.

In generale, il testo unico abbassa il livello della fonte da primaria a secondaria tutte le volte che profili procedurali e organizzativi emergono nella materia. Inoltre, estende l'ambito di operatività di strumenti regolamentari, già previsti dal legislatore in modo settoriale.

Diritti di copia e di certificato. Il testo unico rimette allo strumento regolamentare la disciplina dei diritti e l'individuazione degli importi, ancorando questi ultimi ai costi del servizio e ai costi per l'incasso, per consentire il rapido adeguamento della disciplina alle innovazioni tecnologiche dei mezzi di riproduzione e al mutamento – collegato alle prime – dei costi. Inoltre - per superare il sistema di pagamento attraverso le marche, conservate in via transitoria, ed oramai incompatibili rispetto al futuro processo informatizzato - rimette alla normativa regolamentare le modalità di pagamento quando, come nel caso di importi minimi, non è conveniente l'estensione delle norme secondarie previste per il pagamento del contributo unificato.

Nella materia degli onorari degli ausiliari del magistrato, il testo unico elimina la specialità per gli onorari calcolati a tempo con il sistema della vacazioni e prevede lo stesso regime per questi e per quelli  fissi e variabili. Inoltre, rimette allo strumento regolamentare l'emanazione di tabelle.

Registri. Il testo unico disciplina tutta la materia dei registri delle spese in norme regolamentari. Riduce da sei (cui si aggiungevano i c.d. registri di comodo con fonte nella prassi) a tre i registri necessari e li ancora alla necessità della funzione da registrare. In tal modo elimina la duplicazione di annotazioni e gli ostacoli alle possibilità aperte dall'informatizzazione. Inoltre, nelle more di un contesto informatizzato integrato, disciplina la fase transitoria introducendo un foglio delle notizie utili legato al fascicolo processuale.

In materia di restituzione e vendita di beni oggetto di sequestro nel processo penale, il testo unico semplifica e accelera la procedura di restituzione ed abbassa il livello della fonte tutte le volte in cui la disciplina non interferisce con funzioni giurisdizionali. La vecchia procedura, contribuendo ad allungare i tempi di custodia, rendeva ipotetico il recupero delle spese sul ricavato della vendita perché il bene veniva venduto quando ormai privo di valore. Inoltre, il testo unico delegifica la materia delle modalità di deposito di somme e valori, superando l'arcaico meccanismo dei depositi giudiziari.

Ad) Riordino finalizzato all'armonizzazione  tra i diversi processi.

Il testo unico riordina e armonizza la materia rendendo espliciti i collegamenti già esistenti nell'ordinamento, riferendo gli istituti a tutti o ad alcuni dei processi, conservando le specialità connaturate alla funzione e struttura e superando le specialità procedurali ed organizzative.

Ae) Disciplina transitoria.

La disciplina transitoria svolge una parte importante nel testo unico perché è effettuato il riordino e l'armonizzazione dell'esistente in via transitoria tutte le volte che sono introdotti a regime nuovi strumenti regolamentari, estendendo quelli previsti in modo settoriale.

B) Necessità dell'intervento normativo

Oggi le spese di giustizia sono disciplinate da disposizioni di varia origine e rango, stratificate nel corso di centocinquantanni. L'unitarietà – esistente almeno per il processo penale e civile nei R.d. nn. 2700 e 2701 – è andata ben presto perduta con l'emanazione di leggi che, sin dalla fine dell'ottocento, hanno innovato, il più delle volte senza chiarire i rapporti con i testi originari e senza abrogare espressamente le corrispondenti disposizioni.

Qualche esempio può contribuire a chiarire la portata della confusione normativa. L'elenco delle spese ripetibili nel processo penale è rimasto fermo alle modifiche apportate nel 1938, mentre nell'ordinamento sono cambiate le voci di spesa, gli istituti, i soggetti. L'elenco delle voci di spesa, da anticiparsi o prenotarsi per effetto dell'ammissione al gratuito patrocinio e, poi, del patrocinio a spese dello Stato, è rimasto fermo a quello previsto nel 1923, mentre attorno altre norme hanno cambiato le voci di spesa. Sono rimaste in vigore le norme sul recupero delle spese e delle pene, da parte dei cancellieri come agenti della riscossione, e quelle sull'ufficio registro, come ufficio per l'incasso del riscosso e per il pagamento delle spese anticipate, mentre con le riforme generali dal 1996 in poi la riscossione e i pagamenti relativi alle spese di giustizia – uniformate alle altre entrate patrimoniali dello Stato – sono stati attribuiti ai concessionari. Sono in vigore norme primarie per la disciplina delle procedure, mentre le potenzialità tecniche dell'informatica hanno progressivamente eliminato la necessità stessa della procedura.

Il risultato è una confusa frammentazione del quadro normativo, tale da rendere difficile, a volte addirittura impossibile, all'operatore e all'interprete la ricostruzione del sistema e l'individuazione della disciplina applicabile alle singole fattispecie. Si ha di fronte, quindi, una situazione di disordine normativo che rende indispensabile la sistemazione organica in un testo unico per garantire la stessa effettività delle innovazioni che il legislatore, seppure in modo frammentario, ha introdotto nel corso degli anni.

In particolare, si elencano alcuni profili dove emerge l'indispensabilità di un intervento di riordino e armonizzazione.

Il contributo unificato è entrato in vigore il 1° marzo 2002. Nell'ordinamento sono presenti norme che disciplinano voci di spesa che il contributo unificato ha assorbito, come i diritti di cancelleria; presenza che determina non pochi e difficilmente superabili problemi applicativi.
Il Testo Unico abroga esplicitamente le voci di spesa superate ed elenca quelle residuate dopo l'introduzione del contributo unificato.

Il 1° luglio 2002 sarà efficace la nuova disciplina (l. n. 134/2001) del patrocinio a spese dello Stato per i giudizi diversi dal penale, che disciplina gli effetti dell'ammissione utilizzando le voci di spesa presenti nel R.d. del 1923 sul gratuito patrocinio ed opera delle abrogazioni parziali. Non mancheranno problemi interpretativi per l'operatore e l'interprete.
Il Testo Unico incorpora la nuova disciplina attualizzando le voci di spesa, scioglie i collegamenti con le forme particolari di patrocinio già esistenti, completa le abrogazioni.

Oggi le spese anticipate per conto dello Stato sono pagate solo dalle Poste S.p.a., in un quadro normativo incerto che non ne consente la retribuzione, mancando le norme procedurali, previste dal legislatore del 1997, che consentono il pagamento anche da parte dei concessionari della riscossione.
Il Testo Unico contiene la disciplina secondaria per il pagamento delle spese da parte dei concessionari e delle Poste. 

Oggi le procedure di riscossione coattiva delle spese e delle pene pecuniarie sono di fatto sospese e sono recuperate solo le spese pagate spontaneamente.
Il Testo Unico disciplina il raccordo tra  la normativa speciale e la riforma generale della riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, consentendo il superamento della fase di stallo.

I lunghi tempi di custodia dei beni sequestrati costituiscono un pesante onere per lo Stato.
Il Testo Unico innova la procedura di restituzione e vendita accorciando notevolmente i tempi di custodia.

C) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento comunitario.

Non sussistono problemi di compatibilità con l'ordinamento comunitario, non rientrando la materia delle spese di giustizia nelle competenze esclusive o concorrenti dell'Unione europea.

D) Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie e a statuto speciale e verifica della coerenza con fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.

Non sussistono problemi di compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie e a statuto speciale, rientrando la materia delle spese di giustizia tra quelle riservate allo Stato, anche dopo la recente riforma operata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

2. Valutazione dell'impatto amministrativo e dell'impatto sugli utenti.

La riconduzione a sistema della materia e la semplificazione procedurale ed organizzativa determinano vantaggi immediati per gli uffici, centrali e periferici, per la collettività, per le entrate patrimoniali dello Stato.

L'attività delle cancellerie e segreterie giudiziarie è accelerata da un quadro normativo certo, nonché dalla soppressione di tutti gli arcaismi procedurali.

L'attività degli uffici dell'amministrazione centrale è alleggerita dalla funzione di perseguimento dell'uniforme interpretazione delle vecchie norme.

La conseguente liberazione di risorse che si determina può essere utilizzata per il perseguimento dei fini istituzionali degli uffici giudiziari.

Tutti gli utenti – dagli avvocati, agli ausiliari del giudice, ai testimoni, agli stessi debitori – conseguono i vantaggi derivanti da un sicuro quadro giuridico di riferimento e dallo snellimento delle procedure.

Uffici e utenti ricevono vantaggi diretti da norme che, non ostacolando l'informatizzazione, ne consentono lo sviluppo sino al massimo delle possibilità tecniche.

Lo Stato si riappropria della funzione di recupero delle spese e di conversione delle pene pecuniarie, cui ha sostanzialmente rinunciato negli ultimi anni.

3. Elementi di drafting normativo.

A) Individuazione di nuove definizione normative introdotte nel testo.

Le definizioni hanno il solo fine di facilitare la stesura delle disposizioni del testo unico e di evitare dubbi interpretativi. Obiettivo necessario quando la terminologia delle norme originarie non è univoca. Per il dettaglio, si rinvia al commento dell'articolato.

B) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi citati con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi.

Il testo unico evita il più possibile i richiami ad altri testi normativi e li limita alle ipotesi indispensabili.

La tecnica del richiamo è stata necessaria per ancorare la disciplina delle spese di giustizia a quella generale delle altre entrate patrimoniali dello Stato, al fine di garantire anche nel futuro la scelta operata dal legislatore di uniformare la disciplina della riscossione, evitando che si realizzasse con il passare del tempo quella diversificazione appena superata.
E' stata necessaria tutte le volte che la disciplina, pur attinente alla materia delle spese, aveva già una propria autonoma coerenza sistematica, che occorreva evitare di intaccare, come nel caso delle imposte e delle indennità per i magistrati onorari.
E' stata necessaria quando il collegamento con le spese era molto parziale, essendo limitato all'utilizzazione di alcuni istituti sostanziali, come nel caso della disciplina generale relativa ai dipendenti pubblici.

I richiami ad altri testi normativi sono stati effettuati tenendo conto delle successive modificazioni ed integrazioni.

C) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti.

Si è evitato il ricorso alla tecnica novellistica predisponendo un testo organico nel quale è riprodotta tutta l'attuale normativa in materia di spese di giustizia. Unica eccezione è l'articolo 300, introdotto per evitare lacune conseguenti ad abrogazioni parziali.

D) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

Il testo unico provvede alla puntuale individuazione della norme vigenti, prendendo atto delle abrogazioni implicite. Fa chiarezza nell'ordinamento attraverso un lungo elenco di abrogazioni espresse, che comprende le norme già abrogate implicitamente, quelle confluite nel testo unico riscritte e coordinate, quelle incompatibili con l'armonizzazione degli istituti e con le innovazioni procedurali.

E) Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento.

E' all'esame del Parlamento il disegno di legge 12 ottobre 2001 “Modifica della normativa in materia di immigrazione e di asilo” (A.S. 795), che potrebbe avere qualche incidenza sulla disciplina delle spese nel procedimento avverso il provvedimento di espulsione del cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea.

F) Verifica delle linee prevalenti della giurisprudenza costituzionale e di eventuali giudizi di costituzionalità in corso.

Nella redazione del Testo Unico si è preso atto delle sentenze della Corte costituzionale rilevanti nella materia (si rinvia al Commento dell'articolato).
Attualmente, sono pendenti dinanzi alla Corte Costituzionale delle ordinanze di remissione che dubitano della legittimità di alcuni articoli, incorporati nel testo unico. In particolare, si tratta degli artt. 6, 9, 12, 14, 17 e 17 bis, della legge 30 luglio 1990, come novellata dalla legge 29 marzo 2001, n. 134, nonché dell'art. 7, comma 2, della legge 8 luglio 1980, n. 319.


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