Corte di Cassazione, Sezione 3, Sentenza n. 3030 del 1992

Il rifiuto dell'ufficiale giudiziario di eseguire il pignoramento richiesto dal creditore non è atto immediatamente suscettibile del rimedio dell'opposizione di cui all'art. 617 cod. proc. civ., ma può essere sottoposto al controllo del giudice ai sensi dell'art. 60 cod. proc. civ. o nelle forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato mentre il suddetto rimedio resta eventualmente sperimentabile avverso il provvedimento del giudice conclusivo di tale controllo.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III


ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da R.A. residente in Avellino,  elettivamente domiciliata in Roma, c-o la Cancelleria della Corte di cassazione rappresentato e difeso dall'avv.to Giuseppe A giusta procura a margine del ricorso.
Ricorrente


contro
D. G.
Intimato


Visto il ricorso avverso la sentenza n. 2624-89 del Pretore di Napoli del 10.6.89-26.6.89;
Udito il Consigliere Relatore Dott. L. Francesco Di Nanni nella pubblica udienza del 24.6.91;
Sentito il P.M., in persona del Sostituto procuratore Generale dr. M. Fedeli che ha concluso per il rigetto del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Il Pretore di Avellino, con ordinanza del 14 dicembre 1987, emessa a norma dell'art. 700 cod. proc. civ., ordinò a Giuseppe De A. di consegnare ad Antonio R.il conto relativo alla gestione di propri titoli di credito ed i relativi titoli di sua proprietà, sotto pena di esecuzione forzata.
Avvalendosi di questa ordinanza, Antonio R.ha intimato al De A. precetto per la consegna dei predetti titoli e per il pagamento delle competenze, degli esborsi e delle spese dell'atto di precetto.
L'ufficiale giudiziario, richiesto per l'esecuzione, con verbale dell'11 ottobre 1988, ha ricusato il suo ministero per il motivo che mancava il "titolo esecutivo per il pignoramento".
Antonio Rossi, con ricorso del 17 ottobre successivo, ha proposto opposizione agli atti esecutivi, chiedendo che fosse dichiarato illegittimo il rifiuto dell'ufficiale giudiziario e questa opposizione è stata rigettata dall'adito pretore di Napoli con sentenza del 26 giugno 1989.
Il Pretore ha ritenuto che, nell'esecuzione per consegna o rilascio, quale era quella proposta dal R.per ottenere l'esecuzione dell'ordinanza del pretore di Avellino, la liquidazione delle spese relative deve essere effettuata dal pretore con il decreto indicato dall'art. 611 cod. proc. civ., oppure deve essere richiesta dalla legge 19 dicembre 1949 n. 957 e che, pertanto, era legittimo il rifiuto dell'ufficiale giudiziario di procedere al pignoramento sulla base del solo precetto della parte. Per la cassazione di questa sentenza Antonio R.ha proposto ricorso, svolgendo quattro motivi.
L'intimato non risulta avere svolto attività difensiva in questa sede.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Preliminarmente questa Corte ritiene di porsi il problema dell'ammissibilità dell'opposizione agli atti esecutivi proposta da Antonio Rossi.
Con questa opposizione l'interessato aveva chiesto che fosse dichiarato illegittimo il rifiuto che l'Ufficiale giudiziario aveva opposto al compimento del pignoramento mobiliare dei beni dell'intimato, rifiuto che l'ufficiale giudiziario aveva motivato con la "mancanza del titolo esecutivo" per procedere al pignoramento. 2. Secondo il sistema vigente il rifiuto dell'ufficiale giudiziario può essere considerato sotto il duplice profilo della responsabilità del funzionario e dei riflessi sul procedimento esecutivo che tale rifiuto può provocare.
Il primo aspetto è disciplinato dall'art. 60 cod. proc. civ. e dall'art. 108 d.p.r. 15 dicembre 1959 n. 1229 (t.u. sull'ordinamento degli ufficiali giudiziari).
L'art. 60 del codice di rito dispone che l'ufficiale giudiziario è civilmente responsabile quando, senza giustificato motivo, ricusa di compiere gli atti che sono a lui legalmente chiesti, oppure omette di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipende o dal quale è stato delegato. L'art. 108 del t.u. sull'ordinamento degli ufficiali giudiziari stabilisce che "l'ufficiale giudiziario non può ricusare il suo ministero; in caso di rifiuto, deve indicare per iscritto i motivi. Egli deve eseguire gli atti a lui commessi senza indugio e, comunque, non oltre il termine che eventualmente sia stato prefissato dall'autorità per gli atti da essa richiesti.
In caso d'inadempimento, deve immediatamente riferirne e giustificare i motivi al capo dell'ufficio cui è addetto o, dove esiste, all'ufficiale giudiziario dirigente".
Il secondo aspetto del problema, pur non essendo regolato da espressa disciplina, deve essere valutato alla luce delle stesse disposizioni e di quelle contenute nel terzo libro del codice di rito sull'espropriazione forzata in generale, sull'esecuzione mobiliare e su quella per consegna o rilascio.
Da queste disposizioni si ricava innanzitutto che il pignoramento non può essere disposto ed eseguito d'ufficio e pertanto spetta al creditore, che ha intimato il precetto, di farne richiesta, consegnando all'ufficiale giudiziario il titolo esecutivo ed il precetto: art. 480 e 513 cod. proc. civ., sicché la mancanza di questi atti legittima il rifiuto dell'ufficiale giudiziario di procedere a pignoramento.
Altre ipotesi di rifiuto dell'ufficiale giudiziario possono essere individuate in relazione alle operazioni di verifica che l'ufficiale giudiziario può compiere all'atto del compimento delle operazioni di pignoramento.
Evidentemente si tratta di verifiche strettamente formali, in quanto all'ufficiale giudiziario non è consentito di adottare alcuna decisione in ordine al potere del creditore o all'obbligo del debitore, perché la misura del primo e del secondo è
rispettivamente determinata dal titolo esecutivo e dalla possibilità di proporre opposizioni.
3. Nei casi di rifiuto dell'ufficiale giudiziario di compiere il pignoramento occorre, quindi, verificare quali rimedi sono offerti al creditore procedente.
Ipotizzare che egli sia tenuto a ripetere la richiesta, oppure che deve fare affidamento sulla responsabilità civile dell'ufficiale giudiziario è rimedio assolutamente inutile.
Nel primo caso, infatti, non si vede come la nuova istanza potrebbe avere prospettive di accoglimento maggiori della prima. Nel secondo caso, il creditore sarebbe esposto, senza ragionevole giustificazione, ai ritardi che l'accertamento della responsabilità civile dell'Ufficiale giudiziale comporta.
Per superare queste difficolta da una parte della dottrina è stata prospettata la soluzione di costruire il rifiuto del pignoramento come un provvedimento negativo dell'ufficiale giudiziario contro il quale ammettere l'opposizione del creditore. A parte l'eccessività del rimedio, la soluzione è difficilmente condivisibile, perché l'ufficiale giudiziario, secondo il sistema che è stato delineato, quanto rifiuta l'esecuzione del pignoramento, non emana nessun provvedimento, ne' preparatorio, ne' finale. La circostanza che, secondo l'art. 108 d.p.r. n. 1229 del 1959, l'ufficiale giudiziario sia tenuto ad indicare per iscritto i motivi del suo rifiuto, infatti, serve soltanto a delineare l'ambito della sua responsabilità e non si risolve, quindi, in un provvedimento. Rispetto agli interessi del creditore il rifiuto del pignoramento, pertanto, è semplicemente un "fatto", generatore di responsabilità e non un "atto di esecuzione" (per dire con l'art. 617 cod. proc. civ.), contro il quale insorge attraverso forme di impugnazioni sia pure atipiche, quali sono le opposizioni agli atti esecutivi. 4. Nel sistema vigente esistono numerose, sia pur specifiche disposizioni finalizzate a tutelare gli interessi del creditore contro il rifiuto dell'ufficiale giudiziario di compiere atti del suo ufficio, tra i quali rientra "l'espletamento degli atti di esecuzione" (art. 106 d.p.r. n. 1229 del 1959 cit.).
Nell'espropriazione mobiliare, l'art. 168 disp. att. cod. proc. civ. dispone che contro l'operato dell'ufficiale giudiziario è possibile proporre reclamo al pretore, giudice dell'esecuzione, il quale provvede senza indugio e con ordinanza non impugnabile a risolvere il reclamo.
Nell'esecuzione per consegna o rilascio, il secondo comma dell'art. 611 cod. proc. civ. stabilisce che sia il pretore a provvedere alla liquidazione delle spese necessarie per questa forma di esecuzione e che siano state anticipate dalla parte istante. Nell'esecuzione per obblighi di fare e di non fare, l'art. 613 cod. proc. civ. prevede che l'ufficiale giudiziario chieda al pretore di emettere i necessari provvedimenti volti ad eliminare le difficoltà che sorgano nel corso dell'esecuzione.
Più in generale, il già citato art. 60 cod. proc. civ.
stabilisce che, di fronte al rifiuto dell'ufficiale giudiziario di compiere atti del suo ufficio, la parte istante può rivolgersi al giudice dal quale l'ufficiale giudiziario dipende, perché fissi un termine entro il quale l'atto dell'ufficiale giudiziario sia compiuto; in questo modo, sarà fatta salva l'autonomia del funzionario di operare le proprie valutazioni, ma sarà anche rispettato l'interesse del creditore procedente ad un sollecito avvio dell'azione esecutiva.
5. Ciascuno dei modi indicati può trovare applicazione, beninteso sul piano dell'analogia, al caso del rifiuto dell'ufficiale giudiziario di compiere il pignoramento mobiliare e non rientra nei compiti di questa Corte procedere ad una loro individuazione per i casi concreti, con la sola precisazione che avverso il provvedimento del giudice risolutivo del contratto tra ufficiale giudiziario e creditore procedente, il debitore resta abilitato alla proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi nell'ambito dell'art. 617 cod. proc. civ..
Quello che interessa, invece, specificare è il fatto che con ciascuno dei rimedi indicati la tutela degli interessi del creditore procedente sarà realizzata in maniera incisiva e sollecita certamente maggiore di quanto potrebbe esserlo attraverso l'opposizione agli atti esecutivi.
Infatti, quest'ultimo è un procedimento ordinario a cognizione piena, che si deve concludere con una sentenza, la quale a sua volta è impugnabile, sia con il regolamento di competenza (art. 187 disp. att. cod. proc. civ.), sia con lo straordinario ricorso per cassazione ai sensi del secondo comma dell'art. 111 della Costituzione.
Sotto questo aspetto l'opposizione agli atti esecutivi si configura, quindi, come un mezzo la cui conclusione è soggetta ad ineludibili tempi di definizione, mentre l'intervento del giudice, volto a risolvere in uno dei modi indicati il rifiuto dell'ufficiale giudiziario di compiere il pignoramento mobiliare, si presenta come un mezzo di sollecita definizione della questione, il quale impone al creditore procedente defatiganti tempi di svolgimento dell'azione esecutiva e, nello stesso tempo, lascia al debitore salva la possibilità di ricorrere, secondo il proprio interesse, allo strumento di tutela dell'opposizione agli atti esecutivi. Da ciò discende che, l'immediata proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi contro il rifiuto dell'ufficiale giudiziario di procedere al pignoramento mobiliare si configura come un rimedio assolutamente sproporzionato alla vicenda e non compatibile con il sistema vigente.
La sentenza impugnata, che tale rimedio ha consentito, pertanto, deve essere cassata senza rinvio, non essendovi spazio, nel sistema vigente, per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi contro il rifiuto dell'ufficiale giudiziario di eseguire il pignoramento mobiliare che glia sia stato richiesto. 6. Questa conclusione assorbe l'esame di tutti i motivi del ricorso, con i quali, rispettivamente, il Rossi, censurando la sentenza impugnata, ha sostenuto: che l'ufficiale giudiziario dopo che gli sono stati consegnati il titolo esecutivo ed il precetto, deve solo espletare l'esecuzione, perché l'intimato, ove si ritenga pregiudicato, può proporre opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi; che la distinzione tra espropriazione ed esecuzione - diretta compiuta dal pretore, valida nei suoi termini generali, non consente di attribuire al precetto una portata diversa nelle due forme di esecuzione, in quanto la disciplina delle spese del precetto è sempre identica; che il pagamento delle spese del precetto è sempre intimato dalla parte con lo stesso atto di precetto; che, infine, le spese del precetto ben possono essere richieste con il medesimo precetto.
7. Nessuna pronuncia deve essere adottata in ordine alle spese di questo giudizio, nel quale l'intimato non ha svolto alcuna attività difensiva.


P.Q.M.


La Corte, decidendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata senza rinvio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile, il 24 giugno 1991.