SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

(Presidente G. Nicastro, Relatore P. Picone)

SENTENZA 31/03/2006 n. 7578

 

Ritenuto in fatto

 

La Corte di appello di Catania, in accoglimento dell'impugnazione dell'Inpdap, ha riformato la sentenza non definitiva del Tribunale di Ragusa, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere la controversia relativa all'esecuzione della sentenza 7 aprile 1994 della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, e la nullità del precetto, del pignoramento e degli atti esecutivi successivi.

 

L'Inpdap aveva proposto opposizione al precetto per il pagamento di £ 88.018.57 notificato da Nunzio C. sulla base dell'indicata decisione della Corte dei conti, contestando, sotto diversi profili, il diritto di procedere ad esecuzione forzata. Il Tribunale di Ragusa aveva rigettato, con sentenza non definitiva i motivi di opposizione al precetto e al pignoramento immobiliare.

 

L'eccezione, proposta per la prima volta in grado di appello dall'Inpdap, secondo cui la pretesa del C. doveva essere fatta valere istaurando giudizio amministrativo di ottemperanza, è stata ritenuta fondata dalla Corte di Catania. Ha osservato la sentenza di appello che il giudicato aveva accertato il diritto a differenze pensionistiche, maggiorate di rivalutazione e interessi, ma non recava condanna al pagamento di somme determinate, risultando controversa la sua interpretazione quanto alla determinazione dell'oggetto della prestazione; che, in particolare, il contrasto concerneva il parametro di computo della rivalutazione e degli interessi su cui la Corte dei conti non si era pronunciata; che, pertanto, la controversia era riservata alla cognizione del giudice competente per il giudizio di ottemperanza, abilitato ad interpretare il giudicato, anche ai sensi dell'art. 25 r.d. n. 1038 del 1933, dell'art. 78 r.d. n. 1214 del 1934 e dell'art. 101. n. 205 del 2005. La cassazione della sentenza è domandata da Nunzio C. con ricorso per un unico, complesso, motivo; non ha svolto attività di resistenza l'intimato Inpdap.

 

Considerato in diritto

 

1. L 'unico motivo del ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 1, 474 ss., 615, 442,429 cod. proc. civ., dell'art. 2910 cod. civ., degli art. 13, 62 e 78 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214.

 

Si sostiene che erroneamente la Corte di Catania aveva ritenuto che la mancata determinazione delle somme nella sentenza della Corte dei conti comportasse l'inesistenza del titolo esecutivo e il difetto di giurisdizione del giudice ordinario; al contrario, il credito era già stato determinato dal Ministero del tesoro ed era possibile calcolare la rivalutazione e gli interessi alla stregua dei dati contenuti nel titolo esecutivo; erroneamente, quindi, era stata declinata la giurisdizione ordinaria.

 

2. La Corte ritiene il ricorso inammissibile nella parte in cui impugna la sentenza per motivi inerenti alla giurisdizione.

 

3. Va premesso che il giudizio amministrativo - già previsto dall'art. 27, n. 4, r.d. 26 giugno 1924, a 1054 e poi dall'art. 37 1. 6 dicembre 1971, n. 1034 - preordinato ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi al giudicato, ha natura, sotto il profilo della struttura formale, di giudizio di cognizione, ancorché possa presentare la sostanza della mera esecuzione in relazione ai contenuti concreti del giudicato al quale amministrazione deve ottemperare.

 

Tale natura discende dal presupporre il giudizio di ottemperanza, talvolta margini di discrezionalità amministrativa, sempre la possibilità di scegliere i modi concreti di esecuzione, cosicché l'intervento del giudice amministrativo è diretto ad imporre alla p.a. di eseguire quanto comandato dal giudicato, sostanzialmente costringendola ad eseguire spontaneamente l'obbligo, cioè dall'interno e non ab externo (vedi Cass. Su. 1593/1994; 7632/1994).

 

4. Questo modello si presenta identico nelle ipotesi in cui il legislatore ha previsto la competenza di altri giudici speciali per l'ottemperanza alle decisioni da essi emanate (art. 70, d.lgs. 31 dicembre, n. 546, per il giudice tributario; art. 10 1. 21 luglio 2000, n. 205, per la Corte dei conti).

 

Indiscutibile, poi, è la natura cognitoria dello speciale giudizio previsto dall'art. 78 r.d. 12 luglio 1934, n. 1274, che attribuisce alla Corte dei conti la competenza a giudicare sulle questioni di interpretazione delle sue decisioni (su cui vedi Cass. S.u. n. 63/2001).

 

5. La natura di giudizi di cognizione comporta la configurabilità in essi di questioni di giurisdizione, le quante volte si denunci che il giudice speciale abbia superato i limiti esterni delle sue attribuzioni, decidendo su materie di competenza del giudice ordinario, di altri giudici speciali, ovvero incorrendo nel vizio di eccesso di potere giurisdizionale, o declinando l'esercizio dei poteri dei quali è titolare (vedi Cass. Su. n. 4970/1992, 17633/2003).

 

6. Radicalmente diversa è la natura del processo di esecuzione disciplinato dal libro terzo del codice di procedura civile.

 

Il presupposto indefettibile per la sua instaurazione è l'esistenza di un "titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile" (art. 474). Ne discende che non vengono in considerazione situazioni di obbligo, siccome alla sentenza di condanna (e titoli equiparati), consegue una situazione di soggezione all'esecuzione forzata, che vede il giudice chiamato esclusivamente ad accertare l'esistenza e il contenuto del titolo ed a controllare e dirigere il procedimento diretto alla soddisfazione delle ragioni del creditore.

 

7. L'assenza di profili cognitori comporta, in punto di giurisdizione, che nel giudizio di esecuzione civile non possa, in ‘’radice’’ porsi un problema di appartenenza della lite alla competenza del giudice ordinario, siccome non esiste altro giudice competente sulla materia (Cass. S.u. n. 4912/2006).

 

La giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte, infatti, è assolutamente univoca nel enunciare il principio, secondo il quale, la domanda di esecuzione di una sentenza di condanna della pubblica amministrazione, ancorché pronunciata da un giudice speciale, al pari di quella proposta dei confronti di qualsiasi altro debitore, introduce sempre una controversia di diritto soggettivo, la cui tutela, in fase esecutiva ed al fine della decisione sulle opposizioni ivi proposte, non può che competere al giudice ordinario, senza che rilevi la possibilità della proposizione del giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo, trattandosi di rimedio complementare, che si aggiunge al procedimento di esecuzione previsto dal codice di rito, spettando poi alla libera scelta del creditore l'utilizzazione dell'uno o dell'altro (Cass. s.u. n. 1593/1994, 3680/1994, 4661/1994;).

 

9. Donde il corollario che tutte le questioni concernenti il problema se esista o meno un titolo esecutivo, o se il credito sia o meno liquido ed esigibile, può riguardare soltanto la legittimità dell'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c, ma non la giurisdizione, la quale è attribuita sempre al giudice ordinario nell'esecuzione forzata per crediti di somme di denaro, qualunque sia l'origine di questi e senza che a siffatto principio si sottragga la pubblica amministrazione debitrice (Cass. S.u. n. 7631/1993,12060/1993).

 

10. Pertanto, la controversia non è devoluta a giudici diversi da quello ordinario, versandosi sempre nell'area del controllo dei limiti interni del potere giurisdizionale, anche nell'evenienza che il giudice dell'esecuzione, interpretando erroneamente il titolo esecutivo, attribuisca beni della vita che solo un giudice speciale avrebbe potuto riconoscere, non differenziandosi, in tal caso, l'errore da quello che potrebbe essere commesso nell'interpretare una sentenza dello stesso giudice ordinario.

 

Orbene, dal complesso della motivazione della sentenza, ma anche dallo stesso contenuto delle censure del ricorrente, al di là dell'erroneo, formale, riferimento alla giurisdizione, emerge con certezza che l'effettivo decisum"è consistito nel negare la natura di titolo esecutivo della decisione della Corte dei conti, dovendosi leggere in questa prospettiva le affermazioni concernenti la competenza del giudice speciale, siccome abilitato alla determinazione di ulteriori contenuti della decisione, determinazione preclusa al giudice dell'esecuzione civile. 10. In base alle considerazioni svolte, dovendosi ritenere che l'appello è stato accolto per difetto di fondamento di merito della domanda di esecuzione e non, al di là della formula adoperata, mediante pronuncia di declinatoria della giurisdizione ordinaria, dichiarate inammissibili le censure attinenti alla giurisdizione, a norma dell'art. 142, disp. att. al cod. proc. civ., la causa è rimessa al Primo Presidente per l'assegnazione a sezione semplice dell'esame delle altre censure e per l'adozione dei provvedimenti consequenziali all'esito complessivo del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

La Corte , a sezioni unite, dichiara inammissibile il ricorso nella parte in cui contiene censure inerenti alla giurisdizione; rimette la causa al Primo Presidente per l'assegnazione a sezione semplice dell'esame delle altre censure.

 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili della Corte di cassazione del 9 marzo 2006.

 

Il Presidente