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L’HUISSIER DE JUSTICE DANS LE DROIT, DANS L’ETAT, DANS LE MONDE

Le XXe congrès de l’UIHJ se tiendra à Marseille (France) du 7 au 12 septembre 2009

Reportage di Orazio Melita

 

 

Gentili Colleghe, egregi Colleghi,

mi risulta difficile sintetizzare in poche parole il bagaglio di impressioni ed emozioni che mi sono portato dietro dal congresso internazionale dell’Unione internazionale degli Ufficiali giudiziari (U.I.H.J.) svoltosi a Marsiglia dal 7 al 12 settembre scorso, tuttavia è forse possibile distinguere tre momenti: 1) quello culturale relativo agli argomenti trattati nei tre moduli che si sono articolati intorno al tema L’Ufficiale giudiziario nel diritto, nello Stato, nel mondo; 2) quello che definirei emozionale, dato dal fatto che pur essendo i partecipanti all’evento provenienti dai paesi più disparati, eravamo pur sempre tutti accomunati dalla consapevolezza di svolgere un ruolo essenziale non solo nei rispettivi ordinamenti giuridici, ma oggi, nell’epoca della globalizzazione, anche per la sicurezza dei traffici giuridici internazionali e 3) il momento più propriamente “politico” riguardante non solo il rinnovo delle cariche dell’Unione, ma anche la situazione della professione in Italia.

 

Per quanto riguarda il momento culturale, l’Unione internazionale degli Ufficiali giudiziari ha saputo mettere in campo autorevoli docenti universitari e magistrati provenienti da realtà giuridiche molto diverse fra loro, dal professore universitario francese a quello tunisino, argentino, tailandese, rumeno, olandese, canadese, tedesco, russo e statunitense, tali diversi punti di partenza si sono resi necessari da un lato per abbracciare nell’analisi svolta le diverse realtà in cui opera l’ufficiale giudiziario e dall’altro perché il fenomeno della globalizzazione economica porta con sé l’esigenza di armonizzazione-confronto dei vari sistemi giuridici. Quello che mi ha riempito d’orgoglio è constatare che accanto a tali autorevoli accademici e magistrati gli interventi dei colleghi si sono caratterizzati per quella autorevolezza e competenza che devono avere dei giuristi di pari livello rispetto alle altre professioni giuridiche quali gli avvocati ed i notai.


Il primo modulo era intitolato: LA MUTAZIONE – Riflessione sull’armonizzazione della classificazione dei beni e sulla necessità di un nuovo concetto del diritto dei contratti. A questo punto sono certo che molti colleghi si domanderanno come questo argomento possa riguardare l’attività quotidiana dell’Ufficiale giudiziario e magari crederanno che abbia sbagliato congresso e mi sia trovato inavvertitamente in un simposio di notai; posso assicurarvi che, nonostante il mio non perfetto inglese, ero nel posto giusto. Cari colleghi, solo chi vede la nostra professione unicamente dall’angusta ottica che siamo costretti a subire può pensare di essere giunto nel posto sbagliato; in Italia la nostra attività è totalmente schiacciata sulla patologia del rapporto giuridico e per di più, pur essendo in prima linea, non siamo protagonisti dei nostri atti, non scegliamo noi, che pure conosciamo bene la realtà ove interveniamo, i tempi ed i modi dell’azione esecutiva. Inoltre a mio parere la scelta di quest’argomento come quello di partenza è stata particolarmente felice perché da una parte abbraccia l’attività di constatazione - redazione di contratti che è un’attività di fondamentale importanza per l’Ufficiale giudiziario non solo francese e dall’altra riguarda la più classica attività esecutiva. È stato infatti rilevato che da un concetto puramente materialistico di res a sua volta distinta tra cose mobili ed immobili si è passati a quello di bene giuridico come oggetto di diritto e quindi beni suscettibili di produrre utilità sono anche i contratti che possono ad esempio formare oggetto di cessione e che nell’economia moderna possono essere di per sé stessi oggetto di notevole valutazione economica, basti pensare ad un contratto di opzione, alla cedibilità di un favorevole contratto di somministrazione, di esclusiva ecc. beni che, allo stato della attuale legislazione, non sono certo aggredibili esecutivamente visto che l’esecuzione è ad oggi basata sullo spossessamento.


L’Unione, che sa bene che per essere protagonista nel mondo bisogna anticipare i cambiamenti per non subirli, si è giustamente posta il problema di come un prossimo codice europeo dei contratti non possa non disciplinare su basi nuove e più moderne i beni giuridici.


Il secondo, certamente non per importanza, modulo, diretto dalla formidabile collega Rose-Marie BRUNO si intitolava: L’APERTURA – Verso una grande professione dell’Ufficiale giudiziario: diversificazione delle attività e pluridisciplinarità, alla ricerca di regole mondiali per l’esecuzione; in questo modulo si è andati al cuore dei problemi che riguardano l’Ufficiale giudiziario che vuole guardare al futuro della nostra professione e che non si rassegna al declino a cui purtroppo stiamo assistendo in Italia.


Come per il primo modulo, anche per questo, un mio riassunto sicuramente non può rendere giustizia alla ricchezza degli interventi, posso solo dire che - ripercorso il cammino delle istituzioni europee e non (si veda il trattato di OHADA relativo agli stati africani) verso la creazione di uno spazio giuridico comune elemento necessario di uno spazio di libero mercato – l’Unione sta lavorando, in seno delle istituzioni comunitarie e non, verso la creazione di una grande professione per l’Ufficiale giudiziario che si deve muovere sempre di più in ambito transnazionale senza rinunciare, ma anzi ponendo l’accento sulla fede pubblica che caratterizza i suoi atti rispetto ad altre professioni giuridiche. Direi di più, l’Ufficiale giudiziario del domani, proprio per rispondere adeguatamente alla sua funzione deve connotarsi per: a) competenza pluridisciplinare, b) indipendenza per essere “con le parti, sopra le parti”, c) controllo pubblico; detti connotati che oggi in Italia riscontriamo solo nel notariato e che domani, se non vogliamo restare ai margini dell’economia mondiale, dovranno anche da noi identificare i pilastri della nostra professione. Per finire vorrei riportare la battuta della collega BRUNO che rifacendosi ad un professore che aveva detto che il diritto dell’esecuzioni è un “diritto in divenire”, ha precisato che il diritto dell’esecuzioni è “il diritto dell’avvenire”, da parte mia non ho parole per ringraziare la collega che con la sua verve, con la sua generosità e la sua competenza ha seguito il cammino dell’A.U.G.E. e che ritornerà in Italia nel prossimo incontro formativo che si terrà il 16 ottobre prossimo a Bologna per parlarci del Titolo Esecutivo Europeo.

 

Dulcis in fundo, il terzo modulo si intitolava: “LA GARANZIA – L’Ufficiale giudiziario elemento essenziale dello Stato di diritto”, che ha trattato del fatto che pur in presenza di ordinamenti anche molto diversi fra di loro, pur con denominazioni diverse, ove vige uno stato di diritto che riconosce ai suoi cittadini dei diritti soggettivi, là possiamo sempre riscontrare la figura professionale dell’Ufficiale giudiziario, anzi la nostra professione può essere presa come cartina di tornasole dello stato di salute di uno Stato di diritto, ove l’azione esecutiva langue, ove non ci sia certezza del diritto viene compromessa la stessa qualificazione di Stato di diritto, presupposto per parlare di Stato democratico.
 

Queste considerazioni non posso che farle mie ed anzi direi nostre inteso come Scuola nazionale di procedura, visto che nell’indicare un elemento distintivo di questa neoramificazione dell’A.U.G.E. con compiti di formazione e di ricerca abbiamo pensato alla figura del littore romano oltre che per evidenti ragioni di prestigio storico, per il fatto che un simbolo dell’imperium è stato nei secoli adottato quale simbolo delle libertà democratiche, questo a riprova che ove è garantita la libertà delle magistrature e dove le sententiae di tali magistrature vengono concretizzate e non rimangono puro flatus vocis, là possiamo parlare di Res publica, ossia bene di tutti.
Da questo convegno è emerso che elemento caratterizzante della professione dell’Ufficiale giudiziario è la funzione di certificazione di fatti giuridici, funzione che potremo dire che è un minus rispetto all’esercizio dell’imperium nel procedimento esecutivo e che il nostro ordinamento ben conosce ed ha espressamente normato nell’atto di interpello ex art. 19 R.D. 17.8.1907, n. 642 e nel verbale di constatazione di rifiuto ex art. 2674, secondo comma, cod. civ.; quindi l’attività di constatazione nei paesi in cui vige il sistema libero-professionale (ove magari l’Ufficiale giudiziario ha minor poteri che in Italia) è entrata nel costume giuridico svolgendo una funzione di deflazione processuale (indispensabile per il nostro paese), mentre invece in un sistema come il nostro pur avendo piena cittadinanza non viene praticamente conosciuta.


Al fine di mettere a disposizione anche dell’Ufficiale giudiziario italiano la mole di informazioni del Congresso, non appena lo avremo a disposizione, la Scuola nazionale di procedura inizierà un lavoro di traduzione e pubblicazione di detto materiale congressuale.

Per quanto riguarda il momento che ho definito emozionale, non so proprio da dove iniziare, le emozioni non se ne stanno ordinate, belle calendarizzate in un programma, nascono da uno scambio di idee con un collega, da un passo in una relazione, dal clima di fraternità con colleghi provenienti da parti del mondo lontanissime fra di loro e tutti accomunati dalla volontà di fare grande la nostra professione.


Curioso di come fosse la vita quotidiana di un collega francese ho fatto un po’ di domande e mi è stato risposto che anche un giovane collega, associato in uno studio con altri tre colleghi riesce a guadagnare al netto delle spese molto più di noi, ma quello che ha stupito loro è sapere che noi italiani non siamo assolutamente padroni del nostro tempo, non sappiamo la mattina quando rientreremo a casa la sera perché i ritmi ci vengono sostanzialmente dettati dall’urgenza degli atti portati dagli avvocati; certo, qualcuno dirà che ho domandato a colleghi che lavorano in una realtà ricca e non certo depressa come certe zone del mezzogiorno, allora ho domandato ai colleghi rumeni come era cambiata la loro vita con la privatizzazione e questi mi hanno risposto che la loro situazione era notevolmente migliorata.


Al congresso c’era pure una delegazione svedese ove i colleghi sono dipendenti statali come noi, in questo caso il collega con cui ho parlato non si mostrava particolarmente interessato alla liberalizzazione, ma mi spiegava che in Svezia il governo mette a disposizione il mezzo per svolgere la propria attività e che comunque gli viene riconosciuto un alto profilo professionale; in Germania i colleghi, che pure vantano una libertà che avevano solo i nostri nonni (ad esempio riguardo alla scelta dei coadiutori) erano per la maggior parte per la libera professione e mi dicevano che il loro problema era che la loro costituzione espressamente richiede che l’attività esecutiva venga svolta da pubblici funzionari; il capo della delegazione cilena mi spiegava che il loro paese è in una fase di transizione verso la libera professione e che il loro maggior interesse era quello di un aggiornamento professionale; in Grecia vige la libera professione ed i colleghi non pensavano minimamente ad una pubblicizzazione del rapporto di lavoro.

 

In sala è stato proiettato un filmato che rappresenta il lavoro dell’Ufficiale giudiziario nei vari paesi del mondo, è stato bello perché sono così entrato nel quotidiano del collega francese, di quello inglese e di quello statunitense, si vedeva l’Ufficiale giudiziario rumeno che redigeva un verbale di conciliazione fra due parti litiganti, un momento veramente simpatico è stato vedere una collega al lavoro in Guinea ed una in Ciad in entrambi i casi si è visto lo scrupolo con il quale veniva ricercato il destinatario di una notifica in totale assenza di nomi di strade e numeri civici, purtroppo c’è stato il momento nel quale si è parlato della situazione italiana, e come è stato già rappresentato in un documentario della CGIL sulla situazione all’U.N.E.P. di Roma, quello che ha fatto scalpore nel pubblico è vedere le file di avvocati ad un sportello di un qualsiasi nostro grosso centro, cari colleghi, sono sprofondato dalla vergogna, in mezzo a tanti colleghi provenienti da paesi che con una certa superbia chiamiamo del terzo mondo, mi sono reso conto che in fatto di denegata giustizia il terzo mondo siamo noi. Qualcuno magari avrà qualcosa da ridire su tale sentimento di vergogna, ma lo dico a testa alta perché chi si dovrebbe vergognare sul serio sono quelli che non conoscono neanche cosa significhi questa parola, che hanno avuto il barbaro coraggio di presentare, magari con uno zero di troppo, davanti alla Commissione Giustizia del Senato una situazione tutto sommato rosea, mentre a volte bisogna avere il coraggio di vergognarsi per come è scaduta in Italia l’azione esecutiva, per come si sono ridotti i nostri uffici ad una succursale delle Poste italiane S.p.A. e poi trovare in sé la forza per tirarsi su e fare, come facciamo noi dell’A.U.G.E., una battaglia a viso aperto per salvare il decoro di questa nobile professione ed il nostro ruolo all’interno della società.

 

Per quanto riguarda il momento politico, il sindacato maggiormente rappresentativo, evidentemente già soddisfatto di questa sua autoproclamata rappresentatività ha ritenuto bene di non mandare neppure un osservatore al congresso di quella Unione che, evidentemente troppi anni addietro, ha contribuito a fondare; sono sicuro che tanti colleghi si staranno rivoltando nella tomba di fronte a tale assenza del sindacato, ma a conti fatti risulta che la vera lotta sindacale (inteso come lotta che produce vantaggi per tutti, ad esempio la possibilità di tagliare con l’ibridismo professionale e liberamente scegliere quale strada prendere) la facciamo noi dell’A.U.G.E., mentre altri fanno la parte dei crumiri precipitandosi a cantare in coro alla parte datoriale che “tutto va ben madama la marchesa”, in realtà tale assenza non è stata per niente avvertita dai colleghi di ogni parte del mondo, allorquando si doveva parlare dell’Italia tutti si rivolgevano all’ A.U.G.E. (presente nelle persone di Angelo D’Aurora e di Andrea Mascioli) che ben conoscevano per la nostra attività nel seno dell’Unione, inoltre Andrea Mascioli ha portato a conoscenza della platea congressuale la particolarità della situazione italiana e di tutti gli sforzi che sono stati compiuti per arrivare ad uno statuto libero professionale ricevendo un caloroso applauso da parte di tutti ed un incoraggiamento ad andare avanti da parte del presidente Isnard. Qualcuno si domanderà a questo punto cosa abbia detto o fatto il neo presidente Theo Netten, in effetti non è che abbia detto molto, ha solo tenuto a dire che si è iscritto all’A.U.G.E. …..
Infine, un altro pezzo dell’Italia è stato presente al congresso, una giornalista, per una trasmissione televisiva diffusa sulle reti nazionali, ha intervistato la collega BRUNO.

 

Non so se questo mio piccolo reportage dal congresso sia stato esaustivo, io spero che sia stato partecipativo nel senso che vi abbia almeno per un istante fatto immergere nell’atmosfera congressuale, in chiusura nel ricordare che il prossimo congresso internazionale si svolgerà nel 2012 a Città del Capo vorrei augurare all’Ufficiale giudiziario italiano di presentarsi a quel congresso con uno statuto libero professionale, e propedeutico a ciò, gli vorrei augurare di svolgere questa attività con coraggio ed entusiasmo perché solo buttando via il peso morto di chi chiama sognatore chi osa vedere oltre il proprio naso, solo svegliandoci dal torpore dell’“armiamoci e partite”, potremo affrontare questa come le altre battaglie che un mondo in continua evoluzione ci pone innanzi.


Rimbocchiamoci le maniche, ritroviamo il gusto di lottare in prima persona per la nostra dignità, dico ai colleghi con le braccia conserte, perché se è vero che chi vi scrive non rimpiange i soldi spesi, le fatiche ed i giorni di ferie andati via senza poter godere di quei permessi sindacali che evidentemente spettano di diritto a quei soggetti che si autoproclamano più rappresentativi dell’A.U.G.E. e poi disertano il congresso internazionale della categoria, come diceva Martin Luther King: “La cosa peggiore non è la violenza degli uomini malvagi ma il silenzio degli uomini onesti”!

dottor Orazio MELITA
Ufficiale giudiziario – U.N.E.P. Grammichele
A.U.G.E. – Scuola nazionale di procedura