L’UFFICIALE GIUDIZIARIO TRA REALTA’ E PROSPETTIVA
Preliminarmente mi sembra doveroso esprimere le mie
congratulazioni ed i miei ringraziamenti al collega Carmine Tarquini per la sua
attenta ed arguta analisi contenuta nella relazione elaborata in occasione dello
Stage di Formazione tenutosi a fine ottobre in quel di Rimini e di recente
pubblicata sul Mondo Giudiziario.
Detto scritto sicuramente non può passare inosservato agli
occhi di quei colleghi che intendono tenere alto il tono della discussione sulle
problematiche dell’Ufficiale Giudiziario parlando di qualità del lavoro e di
professionalità (con le iniziali maiuscole) in relazione alle attività svolte
dallo stesso, ancora prima di preoccuparsi dei profili di carattere economico;
cercando però contestualmente di mantenere il tema in termini di concretezza.
Su imput del predetto relatore sono stata incitata ad uno studio
attento dell’elaborato che, a mio modesto parere, si presenta come valido ed
articolato punto di partenza per iniziare a discutere su questa figura
professionale c.d. anomala che, per operare nel mondo materiale dei diritti
riconosciuti, secondo un luogo comune viene in risalto principalmente come
Organo Giudiziale Ausiliario, rimanendo per lo più oscura la sua reale entità.
Pertanto questo mio scritto non vuole essere una critica all’autorevole
conoscenza della materia da parte del collega Tarquini, bensì un modesto spunto
di riflessione, in alcuni punti anche discordante, su quelli che potrebbero
essere i risvolti di una professione che qualcuno vorrebbe forse rendere
fatiscente o addirittura inesistente.
Prima di azzardare l’idea di una strada percorribile per
tentare di uscire dall’oscuro tunnel in cui la categoria imperversa da anni,
ritengo necessario analizzare quelle che sono le attività demandate
all’Ufficiale Giudiziario seguendo in parte la direzione indicata dal collega;
non tralasciando tuttavia una preliminare riflessione.
Scopo della contrattualizzazione ad ogni costo del rapporto
di lavoro, al di là degli obiettivi perseguiti dalla P.A., avrebbe dovuto
essere l’introduzione di una più chiara e favorevole tutela dei diritti
nascenti da una peculiare attività che si esplica prevalentemente all’esterno
dell’ufficio. Mi spiego meglio! Sarebbe stato opportuno prevedere condizioni
più rassicuranti della prestazione, tenendo conto degli assurdi orari che
sovente ognuno di noi è tenuto ad osservare in proporzione alla effettiva
durata della giornata lavorativa, ancorata alla ultimazione delle operazioni
nonché alla scadenza degli atti da evadere, piuttosto che ad una rigida
previsione dell’orario di lavoro. Necessarie sarebbero state, inoltre,
maggiori garanzie di sicurezza avendo riguardo alle imprevedibili circostanze
che si possono verificare di volta in volta sotto forma di incidenti di percorso
nonché di turbative della prestazione, dovute ora a resistenze ora a situazioni
di fatto contingenti; circostanze che non di rado comportano assunzioni di
responsabilità non indifferenti oltre che rischi alla incolumità
personale, certamente non coperti da apposita tutela. Non da ultimo si poteva
prevedere una efficiente rete di mezzi, strutture ed infrastrutture coadiuvanti,
magari con obbligo alla predisposizione a carico delle Amministrazioni locali di
concerto con quelle centrali, al fine di rendere più snelle e facilmente
attuabili le procedure.
Al contrario è stato introdotto un sistema
regolamentare che, per usare un’espressione arcinota, si propone di delineare
un nuovo ordinamento ma in realtà, oserei dire, sembrerebbe peggiorativo
rispetto al regime legale preesistente; soprattutto alla luce dei ripetuti
interventi confusionari dell’Amministrazione centrale mediante il ricorso a
c.d. circolari esplicative e prima ancora dello stesso legislatore, i quali
nell’ottica della pseudo funzionalità fingono di ignorare la peculiarità
della figura rispetto agli altri pubblici impiegati.
Mi chiedo, quindi, non era forse meglio mantenere un
regime eccezionale di diritto pubblico così come quello previsto all’art.3
del D.Lgs. n°165/01 per alcune categorie di impiegati?
La direzione cui suggerisce andare l’U.I.U.G. è
quella della libera professione, non condivisa da gran parte dei colleghi ed
oserei dire forse a ragione.
Da quando sono stata assunta, a seguito dell’ultimo
concorso, ad oggi sto assistendo ad un progressivo depauperamento delle attività
svolte dall’Ufficiale Giudiziario. Tralasciando il discorso vendite ormai
sottratto da anni alla categoria per essere stato attribuito a privati
Commissionari, tranne qualche rara eccezione laddove manchi un istituto
siffatto, abbiamo subito, direi quasi risollevati per lo sgravio di lavoro,
l’attribuzione di nostre specifiche competenze ai Concessionari di riscossione
e ad altri professionisti che cercano di entrare sempre più nelle attività di
pertinenza della categoria. In presenza di questi presupposti ritengo superfluo
parlare di funzioni, attribuzioni ed altro finalizzandole alla libera
professione se non prima ci si riappropria in modo esclusivo di ciò che
incautamente ci siamo lasciati sottrarre. D’altra parte poi allo stato attuale
potrebbe parlarsi proficuamente di libera professione solo laddove la realtà
sociale circostante fosse economicamente ricca, con la naturale conseguenza che
nelle zone poco sviluppate non ci sarebbe lavoro alcuno per siffatti liberi
professionisti.
Con questo breve inciso non intendo dire che non si possa
parlare di libera professione, dico solo che non se ne può parlare in presenza
di questa realtà normativa. Bisognerebbe, dunque, trovare la forza per cambiare
le regole, prima ancora che creare la figura professionale. Tuttavia grande
merito all’Unione per aver incanalato la problematica in termini di qualità e
per aver riunito colleghi che con difficoltà perseverano nell’intento.
Tornando a bomba ritengo che a seguito della contrattualizzazione
del rapporto di lavoro ed alla luce della normativa vigente l’attività
lavorativa dell’Ufficiale Giudiziario attualmente può smembrarsi nelle
seguenti articolazioni:
A - ATTIVITA’ GIUDIZIALE AUSILIARIA, disciplinata prevalentemente dal codice
di rito, nelle due forme di:
1) SERVIZIO NOTIFICAZIONE che si
esplica attraverso la redazione di un atto denominato relata di notifica avente
la funzione di portare a conoscenza del destinatario un altro atto, rispetto al
quale si pone in modo strumentale, e che è sempre redatto per iscritto e di cui
viene consegnata al destinatario copia conforme all’originale. Questa
attestazione di consegna viene contenuta nella relazione che, pertanto, consiste
in una dichiarazione di scienza redatta su originale e copia, in cui
l’Ufficiale notificatore dà atto delle modalità di consegna, datandola e
sottoscrivendola. Detta attività è demandata, secondo le direttive ricevute,
all’Ufficiale Giudiziario B3 richiedendo la conoscenza sommaria di norme di
diritto processuale.
2) FUNZIONE ESECUTIVA che si esplica
attraverso la redazione di un verbale in cui vengono descritte le operazioni
volte all’attuazione di un diritto riconosciuto, dal Giudice o dalla legge,
nella sua identità specifica, ossia in modo materiale e coattivo. Funzione che
consiste in una serie di atti incidenti direttamente sul mondo materiale e si
svolge nelle sembianze dell’esecuzione forzata in forma specifica per consegna
di beni mobili o rilascio di immobili, nonché degli obblighi di fare o di non
fare, oltre che dell’esecuzione forzata in forma generica mediante
pignoramento mobiliare, immobiliare e presso terzi, della vendita mobiliare
all’incanto, a parte le forme cautelari. Unica condizione della funzione
esecutiva è l’esistenza di un titolo esecutivo, inteso come documento
attestante un diritto da attivare materialmente e forzatamente. Si parla di
funzione in quanto, pur sotto la vigilanza di un Giudice, all’Ufficiale
Giudiziario sono riconosciuti ampi poteri quale quello di ingiungere all’esecutato
dei comportamenti, di nominare custodi e C.T.U., di disporre l’apertura
forzata di porte ed altro, di allontanare persone, di richiedere l’assistenza
della forza pubblica, di ricevere il pagamento, di ricercare i beni. In altre
parole l’Ufficiale Giudiziario diviene “dominus” assoluto delle operazioni
con poteri decisori risolutivi di qualsiasi evenienza e circostanza di
fatto imprevista che dovesse insorgere nel corso dell’attività. Pertanto è
richiesta una approfondita conoscenza del diritto sostanziale e processuale;
motivo per cui questa funzione è demandata per legge all’Ufficiale
Giudiziario di area C, quale professionalità superiore in relazione al maggiore
requisito culturale richiesto.
B - ATTRIBUZIONI DI NATURA STRAGIUDIZIALE disciplinate da diverse disposizioni
di legge quali la legislazione cambiaria e sull’assegno bancario. Nonché dal
codice di diritto sostanziale avuto riguardo alle offerte reali e per
intimazione, al deposito di somme e cose offerte, all’atto di constatazione
del rifiuto di trascrizione da parte del Conservatore dei registri immobiliari,
alle attività di esecuzione del pegno, all’esecuzione coattiva per
inadempimento del debitore e del creditore, alla vendita di quote sociali. Lo
stesso D.P.R. n°1229/59, ancora vigente per la parte non abrogata, prevede la
possibilità per l’Ufficiale Giudiziario ad essere nominato C.T.U., arbitro o
perito. Infine anche il codice di rito non esclude che l’organo esecutivo
possa provvedere alla vendita dei beni mobili alla stregua di un privato
commissionario, riportando detta attività nell’ambito del diritto
sostanziale. Si tratta di attività svolte indipendentemente dall’esistenza di
un diritto riconosciuto da un titolo esecutivo, per cui la prestazione si svolge
autonomamente dalla giurisdizione che in alcuni casi può intervenire solo in
via eventuale ed in fase successiva.
Avendo riguardo al profilo economico mentre per le attività di cui al punto A
il T.U. sulle spese di giustizia individua le relative spettanze dovute
all’Ufficiale Giudiziario, le attribuzioni di cui al punto B non dovrebbero
essere ricomprese nella medesima normativa poiché esulano dal procedimento
giurisdizionale. Concordo pienamente con il collega Tarquini, laddove asserisce
che, in realtà, dette attribuzioni rientrerebbero nel concetto di remunerazione
secondo compenso; del resto ciò troverebbe fondamento nell’art.8 – II com.
delle recenti Norme di Raccordo.
C – MANSIONI AMMINISTRATIVO – CONTABILE disciplinate dal D.Lgs. n°165/01 e
dalle relative norme della contrattazione collettiva richiamata, nonché dal
riferimento al D.P.R. n°1229/59 in seno alle norme pattizie di raccordo e dalla
vasta legislazione contabile frammentata in leggi e circolari varie.
Le mansioni amministrative sono connesse, per lo più, al lavoro svolto
all’interno degli uffici, intesi come unità organiche a se stanti in quanto
composte da più dipendenti che devono dare e ricevere direttive nello
svolgimento della prestazione lavorativa. Nel primo caso mi riferisco agli
Ufficiali Giudiziari di area C, in primis il Dirigente U.N.E.P. e quindi agli
altri colleghi preposti ai vari settori interni; nel secondo caso mi riferisco
agli Ufficiali Giudiziari di area B che espletano il proprio lavoro secondo le
direttive ricevute.
Dette mansioni comportano il controllo sulla regolare tenuta dei registri, le
relazioni con l’utenza e con altre amministrazioni, oltre che con il personale
e con l’ordine giudiziario.
Le mansioni contabili, invece, sono di esclusiva competenza del Dirigente
U.N.E.P., in quanto anche sostituto di imposta, e di tutti coloro che lo
coadiuvano nella tenuta dei registri, nella contabilizzazione delle somme
introitate e nella ripartizione secondo legge sotto forma di retribuzione e
proventi, nonché nel servizio di cassa e nella determinazione delle somme da
versare all’erario a vario titolo. Sarebbe auspicabile, perciò, che
all’interno di ogni Ufficio N.E.P. venga organizzato una sorta di segreteria
contabile. Tenendo, tuttavia, in debito conto che vige il principio della
responsabilità patrimoniale del Dirigente chiamato a rispondere personalmente
per dolo o colpa grave.
Dal punto di vista economico tutta questa attività rientrerebbe nel concetto di
retribuzione contrattualmente prevista sotto forma di voci stipendiali fisse.
Alla luce di questa ricostruzione strutturale della
prestazione lavorativa dell’Ufficiale Giudiziario, a volte concordante ed a
volte discordante con quella del collega Tarquini, appare chiaro un elemento: la
contrattualizzazione di recente operata mal si concilia con attività giudiziale
ausiliaria ed attribuzioni stragiudiziali, strettamente connesse non alla qualità
di prestatore di lavoro ma a quella di pubblico ufficiale. Pertanto,
probabilmente, potrebbe studiarsi una ulteriore evoluzione della figura volta a
valorizzare l’aspetto professionale del rapporto sulla falsa riga ad esempio
degli Avvocati dello Stato; con la costituzione di una speciale Unità Direttiva
a livello centrale dell’Amministrazione della Giustizia, ma indipendente ed
autonoma rispetto ad essa, nonché di tante Unità Periferiche presso le sedi
locali della medesima amministrazione dotate di uguale autonomia ed
indipendenza. Dal punto di vista dell’attività poco potrebbe variare rispetto
al quadro esistente se non per la previsione normativa di nuove prestazioni
aggiuntive, soprattutto in termini di attribuzioni, e quindi di una
organizzazione strutturale diversa. Quanto, invece, alla remunerazione oltre
alla corresponsione dello stipendio base, rapportato ovviamente alla qualità
della professione svolta, bisognerebbe sommare i proventi direttamente connessi
alla attività giurisdizionale ed i compensi derivanti dalle attribuzioni
stragiudiziali ragguagliandoli onde consentire a ciascuno maggiori garanzie
necessarie alla sicurezza del lavoro.
Per realizzare quanto suggerito probabilmente bisognerebbe
uscire di nuovo dal regime regolamentare della contrattazione collettiva in
quanto di difficile applicazione alla figura dell’Ufficiale Giudiziario, a
cagione della peculiarità delle variegate prestazioni di cui è titolare. Ciò
non sarebbe di difficile attuazione, anche, alla luce del programmato aumento di
dipendenti in possesso di un requisito culturale più elevato, quale quello
della laurea, all’interno della categoria; così come del resto lascia
presagire il bando di concorso recentemente pubblicato per soli Ufficiali
Giudiziari C1.
Questa potrebbe essere una via da non sottovalutare per una
giusta collocazione degli Ufficiali Giudiziari come Professionisti Dipendenti.
Dott.sa Maria MADDALENA
Ufficiale Giudiziario C1
U.N.E.P. del Tribunale di Cosenza
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