UNIONE ITALIANAUFFICIALIGIUDIZIARI

CONVEGNO CHIETI 23-24/6/2001

INTRODUZIONE di Francesco Laquidara , coordinatore e moderatore del convegno.

Sig. Sindaco, sig. Presidente del Consiglio comunale, autorità civili che con questa vostra presenza avete voluto imprimere importanza e lustro a questo Convegno do il mio benvenuto e quello dell’Unione Italiana Ufficiali Giudiziari.  Un saluto ed un ringraziamento per la sensibilità mostrata alla nostra causa che poi è la causa di tutti gli  operatori del diritto, ma anche dei cittadini, utenti del servizio giustizia, che al pari della sanità e dell’istruzione dovrà pur dare risposte concrete e certezze.

L’ufficiale giudiziario è operatore del diritto, che si cimenta in attività tecnico-giuridiche, cioé pratiche piuttosto che di pura astrazione mentale, attività quest’ultima riservata ad altri operatori del diritto. Anche se va precisato che non li disdegna allorquando deve pur mettere in esecuzione particolari tipi di provvedimenti:  sentenze e ordinanze, che non di rado  richiedono una corretta interpretazione (non è questa la sede per analizzarne le cause dell’attività ermeneutica cui anche l’ufficiale giudiziario è chiamato), soprattutto se vi è contrasto fra le pretese delle parti in causa, ognuna delle quali si riserva il diritto di dare una propria lettura al dispositivo da mettere in esecuzione. 

In tal caso l’U.G. deve decidere su due piedi cosa è giuridicamente giusto fare, cosa non lo è  e come comportarsi. Nel suo piccolo e con molta umiltà si potrebbe dire che a volte l’ufficiale giudiziario è chiamato ad interpretare il disposto del provvedimento giurisdizionale, così da replicare molto alla lontana l’attività del giudice chiamato a interpretare il disposto della norma. Per essere chiaro e per non creare equivoci va riaffermato che solo al giudice è riservata l’attività dello jus dicere mentre all’U.G. quella di eseguire l’ordine dello stesso giudice quando la parte obbligata non esegue spontaneamente. Ed è qui che va rinvenuta  la profonda frattura fra le aspettative del cittadino e le risposte che lo Stato offre in tema di giustizia civile. Essa è lenta nella pronunzia, lenta nella realizzazione. Giustizia civile, quella italiana, ferma all’era pre-moderna e l’esecuzione civile immaginata per una  società rurale.

Per Kelsen la norma non è giuridica senza la sanzione. Quindi per il filosofo senza sanzione non vi è diritto. Se invece la sanzione c’è e non è applicata che sanzione è? Se la condanna non è eseguita che condanna è? Si può dire che il diritto esiste solo sulla carta. Se le considerazioni fatte fino ad ora hanno consistenza ne segue che essendo l’ordinamento italiano non giusto non può aversi giustizia. Essere condannati ad abbattere un muro o pagare una certa somma o rilasciare l’abitazione è sanzione civile così come è  sanzione penale il pagare la multa o scontare due mesi di galera per la condanna subita. Sempre di sanzione si tratta. Se al condannato civile non si impone, anche coattivamente, un determinato comportamento a cosa è servito fare una causa, con impiego di energie fisiche e finanziarie ? E se anche dopo lungaggini si ottiene una certa imposizione (leggasi si arriva ad eseguire), con il modesto risultato purtroppo il più delle volte che il gioco non vale la candela (e non per colpa dell’U.G., ma dell’attuale sistema procedurale sclerotizzato e inefficiente),  a che scopo, si chiede il cittadino avere perso tempo e denaro? Quale beneficio concreto ne ha ottenuto il cittadino che si è rivolto alla Stato per avere giustizia?

Ecco che allora è giunto il momento di unire le forze e mettere mano ad un progetto di riforma del III libro del codice di procedura civile che tratta dell’esecuzione, ma anche adeguare lo status giuridico dell’ufficiale giudiziario in sintonia con il resto d’Europa. Un esempio chiaro e lampante  ci viene dalla Francia qui rappresentata da Jacques Isnard, presidente dell’Unione Internazionale ufficiali Giudiziari, membro consultivo dell’ONU e del Consiglio Europeo che insieme ad una delegazione è qui intervenuto, e che saluto, per perorare e contribuire alla causa della liberalizzazione della professione intellettuale di ufficiale giudiziario anche in Italia.

Ringrazio l’amministrazione Comunale di Chieti , il sindaco Cucullo e il presidente del Consiglio Comunale Di Primio per la sensibilità mostrata al tema in questione e alla categoria in particolare. Ringrazio i relatori per la risposta disinteressata al nostro invito e per l’onestà intellettuale con cui hanno predisposto il testo del loro intervento. Ringrazio i colleghi Francesca Bibbò e Vincenzo Castellano, presidente della sezione Abruzzo dell’Unione It. Uff. Giud., che tanto appassionato impegno hanno profuso per la riuscita del consesso.

Ringrazio i rappresentanti dell’Unione per lo sforzo sostenuto e la svolta che stanno imprimendo all’attività propositiva per raggiungere risultati concreti: quelli che i colleghi chiedono; che la gente reclama; che la società vuole.

Ringrazio i colleghi intervenuti che hanno positivamente risposto alla chiamata così da poter dimostrare che non di uno sparuto numero, ma della stragrande maggioranza si tratta.

Ringrazio la stampa e la redazione del mio giornale il Portavoce, attento osservatore dei fatti che riguardano gli uffici NEP.

Auguro buon lavoro e che si proficuo.

Francesco Laquidara

Hit Counter 26 giugno 2001