28 gennaio 2003 - Gattullo Vincenzo - Ufficiale Giudiziario
L’attuale caratterizzazione del nostro rapporto di lavoro, disciplinato in toto(ahinoi!) dal CCNL e dalle successive norme integrative e di raccordo, nonché la disciplina codicistice civile e penale, pongono seri problemi alla soluzione del tema orario di lavoro.
Non nascondo che non mi sono mai strappato le vesti per questa questione, non per una sorta di muta rassegnazione, quanto, piuttosto, per una serie di vantaggi pratici. Il collega di Torino mi fornisce l’occasione per esprimere il mio punto di vista su questo argomento.
Voglio ricordare a tutti che la distribuzione del lavoro, sia esso per
la notifica, per le esecuzioni ed i protesti, impone ad ogni singolo esecutore
che questo venga effettuato nel rispetto delle leggi e della volontà delle
parti. Voglio dire, in buona sostanza, che non è ipotizzabile interrompere l
’espletamento degli atti per l’esaurimento dell’orario di lavoro, pena le
inevitabili conseguenze di responsabilità personale. Non è nemmeno
ipotizzabile, per superare il dettame del “tempo della notifica e
dell’esecuzione forzata” previste dal codice di rito, presumere una
turnazione del personale all’interno dei predetti tempi, poiché non credo sia
possibile, per le ragioni suesposte, affidare al collega del pomeriggio un atto
ricevuto da me la mattina e viceversa.
Sarebbe giusto affrontare la questione da un altro punto di vista.
La nostra professione è connotata, anche per gli orari, da una assoluta libertà di gestione che ci pone più vicino ai liberi professionisti piuttosto che all’impiegato pubblico; nella pratica quotidiana ci troviamo, sia in sede di notifica che di esecuzione, a dover affrontare problemi che solo la nostra personale preparazione e la nostra esperienza ci permettono di risolvere.
Premesso che la preparazione che lo Stato ci chiede quando ci
assume ad espletare i nostri compiti, deve essere assoluta e garantita, mi
chiedo e chiedo a voi cari colleghi, ritenete adeguato quanto
l’amministrazione ci
liquida economicamente a fronte delle gravissime responsabilità che ognuno di
noi assume quando svolge il proprio lavoro? E se a ciò aggiungiamo che la
nostra opera si svolge spesso(soprattutto per quanto riguarda le esecuzioni) per
volontà di una parte privata, la quale si serve di noi per il soddisfacimento
di una sua pretesa personale, e che lo stato mette a disposizione di questa un
proprio dipendente per la modica cifra media di
10,00 €, ritenete che si debba ancora continuare a parlare di orario e non,
piuttosto, di un adeguato riconoscimento economico della nostra opera
professionale o, meglio, di uno svincolo dall’apparato, con conseguente
revisione del sistema dell’esecuzione?
Questo mi chiedo e vi chiedo, per ricordarvi che sono altri gli sfruttamenti dell’amministrazione nei nostri confronti(vedi carriere bloccate ancora una volta), e non la, scusatemi il termine, misera questione dell’orario di lavoro.
Una postilla. In quale ufficio si lavora più per 14 o 15 ore? Io quando ho cominciato, come Messo di Conciliazione, lavoravo non meno di 14 ore al giorno. Quando ho vinto il concorso mi sono riposato e continuo tuttora. E non chiedetemi perché, poiché conoscete la risposta.
Gattullo Vincenzo - Ufficiale Giudiziario B3 Bari
TORNA a :