COMPARTO MINISTERI
Commissione
paritetica
per
l’ordinamento professionale
prevista dall’art. 9 del CCNL del 12 giugno 2003
INDICE
Premessa
1.
Il processo di riforma del sistema classificatorio
2.
La Commissione paritetica per l’ordinamento professionale
2.1.
I compiti
3.
La proposta della Commissione per un nuovo sistema classificatorio
3.1.
Struttura del sistema
3.1.1.
Le aree e le declaratorie
3.1.2.
I profili professionali
3.2.
Accesso dall’esterno
3.3.
Lo sviluppo professionale
3.4.
Le progressioni economiche
4.
Tematiche connesse al sistema classificatorio
4.1.
Dotazioni organiche
4.2.
Ulteriori problematiche
Conclusioni
R E L A Z I O N E
PREMESSA
Nel
quadro del processo di riforma del sistema classificatorio,
l’istituzione di una Commissione di studio prevista dal CCNL del 12 giugno
2003 rappresenta una opportunità di grande rilievo
per le parti negoziali, in quanto consente di analizzare e verificare, in
sede tecnica, tutti gli aspetti di tale delicata e complessa tematica che, in
particolare, nel comparto dei Ministeri ha avuto una fase attuativa
particolarmente difficile.
Il
compito della Commissione è quello di fornire elementi conoscitivi e di
formulare proposte operative per il tavolo negoziale, al fine di offrire un
contributo tecnico alla definizione di
un nuovo ordinamento professionale.
Dopo
la prima esperienza di classificazione “contrattualizzata”, infatti, è
emersa l’esigenza di apportare ulteriori adattamenti al modello delineato, sia
in relazione alle nuove esigenze manifestatesi attraverso l’esperienza
applicativa nelle amministrazioni, sia per le importanti innovazioni derivanti
dal contesto esterno, quali ad esempio le riforme istituzionali nel frattempo
intervenute nel comparto Ministeri.
Inoltre,
al riguardo, va anche considerato che il completamento del processo di
riconduzione delle norme pubblicistiche alla fonte pattizia ha, nel frattempo,
determinato uno scenario più favorevole all’individuazione di soluzioni più
vicine a quelle adottate nel settore
privato e, quindi, anche una maggiore sensibilità per l’utilizzazione di
strategie gestionali più avanzate.
Tale
prospettiva di evoluzione del sistema ha
evidenziato l’opportunità di “misurare”
il cambiamento finora operato dai contratti, al fine di valutarne
l’impatto sull’organizzazione del lavoro e sulle aspettative dei dipendenti.
Di
qui l’esigenza di una fase istruttoria, che è stata attuata dalla presente
Commissione di studio, consentendo di fare il punto della situazione e mettere
in chiaro tutte le dinamiche in campo, al fine di promuovere ulteriori proposte
innovative per il tavolo negoziale.
Il
dibattito tra le parti ha anche costituito una importante occasione di riscontro
tecnico, caratterizzato da concretezza e praticità ed ha fatto emergere uno
scenario articolato e complesso, anche per la presenza di forti spinte al
rinnovamento pur in un quadro tuttora ancorato a schemi organizzativi e
lavorativi tradizionali.
Al
termine dei lavori, nonostante la diversità iniziale delle posizioni espresse,
la Commissione ha elaborato una proposta organica di nuova classificazione che,
pur non pretendendo di rappresentare il modello ottimale, tenta di dare una
risposta ad alcuni elementi di criticità del sistema, contribuendo, così, con
un ulteriore tassello alla realizzazione di un processo di riforma che necessita
di una prospettiva evolutiva più ampia e a lungo termine.
L’orientamento
è stato quello di individuare soluzioni coerenti con una organizzazione più
flessibile del lavoro, anche in relazione alla predisposizione di ulteriori
strumenti per l’apprezzamento del merito e delle capacità
professionali dei dipendenti.
Non
su tutte le questioni prese in considerazione è stato possibile fornire
suggerimenti: su alcuni aspetti del nuovo impianto,
la Commissione si è limitata a segnalare i caratteri di
problematicità, fornendo delle prospettive evolutive, ma rinviando alla
contrattazione le specificazioni operative.
Inoltre,
per le tematiche sulle quali non è stato possibile realizzare una convergenza
assoluta, sono state evidenziate le diverse posizioni emerse durante il
dibattito, che, ai sensi dell’art. 9 del citato CCNL del 12 giugno 2003, sono
state valutate in considerazione della
maggiore rappresentatività espressa dalle sigle sindacali presenti al tavolo.
Per
quanto riguarda la successiva fase contrattuale, occorre evidenziare il ruolo
meramente tecnico della Commissione: a tale riguardo è evidente che le
proposte contenute nel presente documento non rappresentano alcun vincolo
per le parti negoziali, le quali, nel rispetto di quell’ampia libertà che
viene loro riconosciuta dalle disposizioni vigenti, potranno realizzare le
scelte ritenute più opportune in relazione a tutti i problemi evidenziati.
1.
IL PROCESSO DI RIFORMA DEL SISTEMA CLASSIFICATORIO
Sin
dall’avvio del sistema di contrattazione pubblico con il quadriennio 1994-97
la questione della revisione dell’ordinamento professionale è apparsa di
grande rilevanza strategica come necessario presupposto per attuare e sostenere
gli obiettivi di ammodernamento delle pubbliche amministrazioni, nonché
promuovere il miglioramento della funzionalità degli uffici, mediante la
riorganizzazione e la valorizzazione delle professionalità esistenti.
In
via generale, l’esigenza era quella di individuare un sistema che, superando
le rigidità pregresse, fosse più facilmente adattabile alle nuove esigenze di
una amministrazione pubblica moderna, inserita in un contesto socioeconomico
complesso e mutevole, nonché caratterizzato da una crescente domanda di servizi
da parte della collettività.
L’obiettivo
immediato, pertanto, è stato quello di recuperare il valore della flessibilità
che, costituendo il punto di forza nel sistema della gestione delle risorse
umane nel settore privato, potesse consentire di coniugare le esigenze di
maggiore qualificazione delle attività e di miglioramento della funzionalità
degli uffici e con le aspettative di crescita professionale ed economica dei
dipendenti.
Sotto
tale profilo, una svolta significativa nella trattazione della materia è stata
possibile soltanto con l’emanazione del d.lgs. n. 80 del 1998 ( ora ricompreso
nel d.lgs. n. 165 del 2001), che ha ampliato gli spazi per una revisione più
radicale degli ordinamenti professionali, attraverso l’individuazione di
istituti del tutto innovativi per il settore pubblico quali lo sviluppo
professionale interno, il principio dell’ equivalenza delle mansioni, la
disciplina delle mansioni superiori, le nuove regole per il reclutamento del
personale.
In
presenza dei citati presupposti giuridici si è potuto procedere alla revisione
dei modelli di ordinamento professionale per tutti i pubblici dipendenti, che,
realizzando le linee portanti della riforma, potessero contestualmente garantire
il pieno rispetto dei vincoli di bilancio.
In
particolare, per i Ministeri il nuovo sistema di classificazione, pur
essendo caratterizzato da molti degli elementi di novità comuni ai modelli
definiti in altri comparti, assume indubbiamente connotazioni peculiari in
relazione alle esigenze connesse alla particolare organizzazione del lavoro e
alla specifica struttura amministrativa del comparto.
I
risultati sono ormai noti: con il CCNL del 16 febbraio 1999 viene introdotta una
nuova entità classificatoria, l’area, articolata in diverse posizioni
economiche, che, pur corrispondendo a livelli retributivi differenziati, hanno
anche una valenza giuridica.
Su
tali posizioni economiche, sono collocati i profili professionali, la cui
definizione viene rinviata alla contrattazione integrativa allo scopo di
pervenire ad una maggiore flessibilità gestionale nell’utilizzazione del
personale.
Uno
degli aspetti più significativi è senza dubbio costituito dalla
predisposizione di un articolato
sistema di progressioni giuridiche ed economiche, che hanno consentito di
superare la staticità del precedente modello, attivando, sia pur con notevoli
difficoltà applicative, nuove opportunità di carriera giuridica ed economica
su base selettiva e meritocratica.
E’
evidente la portata innovativa dell’impianto, anche se lo stesso risente di un
atteggiamento di sostanziale prudenza assunto dalle parti nei confronti di
metodi e tecniche più avanzati nella consapevolezza che il sistema non poteva uno
actu attuare mutamenti radicali, senza una fase per così dire
“sperimentale” che facesse
emergere in qualche modo le effettive esigenze operative delle amministrazioni.
Questa
prima revisione, sebbene non immune da incongruenze e lacune, ha avuto il merito
di aver rotto l’immobilismo nelle amministrazioni e, pertanto, ha costituito
una importante fase di transizione, che rappresenta un passaggio indispensabile
per addivenire a soluzioni più innovative, nel quadro di un processo graduale
di riforma che per raggiungere livelli ottimali potrebbe richiedere anche
successive fasi negoziali.
Non
va infatti sottovalutato che l’evoluzione rapida del contesto sociale nel
quale operano le pubbliche amministrazioni costituisce un impulso costante al
cambiamento e impone una crescente capacità di adattamento non solo negli
aspetti formali, come l’utilizzo sempre più diffuso di tecniche informatiche
o di comunicazione, ma anche nei contenuti più sostanziali in relazione alle
nuove funzioni che vengono richieste.
A
ciò va aggiunto che le recenti riforme di carattere istituzionale che hanno
investito gli apparati centrali dello Stato con le leggi “Bassanini”, hanno
prodotto una profonda trasformazione delle amministrazioni del comparto sia
sotto il profilo organizzativo che funzionale, con indubbi riflessi anche per
quanto riguarda più concretamente le competenze, le attività ed i compiti.
Quindi
se con la tornata contrattuale 1998-2001 si è tentato di dare una risposta
immediata alle aspettative di riforma del sistema classificatorio, fortemente
auspicata da tempo, a seguito della riorganizzazione dei Ministeri si è
evidenziata ancor più la consapevolezza della necessità di portare avanti,
quanto prima, il processo di rinnovamento della classificazione del personale.
Tale
esigenza è emersa fin dall’inizio anche nell’ambito del negoziato relativo
alla definizione del CCNL per il comparto dei Ministeri del 12 giugno 2003, ove
però è stata valutata anche l’opportunità di attuare una fase di
stabilizzazione per consentire a tutte le amministrazioni del comparto la
possibilità di completare i processi di innovazione in atto.
La
scelta finale è stata quella di soddisfare le opposte esigenze: da un lato, è
stato confermato il modello attuale nelle sue connotazioni peculiari, di cui
viene ribadita con maggiore chiarezza la portata, al fine di fornire la corretta interpretazione delle
regole stabilite anche per quanto riguarda i profili di coerenza con i
principi costituzionali, dall’altro, è stata offerta una prospettiva di
riforma mediante l’istituzione di una apposita Commissione paritetica cui è
stato attribuito il compito di
analizzare le problematiche evidenziatesi nella fase applicativa nelle
amministrazioni e di formulare proposte per il tavolo negoziale.
La
fase di studio consente, indubbiamente, di acquisire elementi di confronto e
dati informativi concreti sulla situazione esistente nelle amministrazioni per
favorire un approccio negoziale più innovativo nella direzione di
un definitivo superamento degli assetti lavorativi di stampo burocratico,
al fine di creare i presupposti per l’adozione
di tecniche gestionali più avanzate.
2.1
- I COMPITI
Al
fine di poter dare maggiore impulso e concretezza al progetto di riforma, il
citato CCNL del 12 giugno 2003 non solo ha istituito la Commissione paritetica
con compiti istruttori e propositivi, ma ha anche tracciato un percorso
operativo dei lavori della stessa individuando taluni aspetti della
classificazione, particolarmente delicati e complessi, per i quali le parti
negoziali hanno ritenuto necessario acquisire maggiori dati conoscitivi, nonché
operare gli opportuni approfondimenti in vista di una possibile modifica
dell’attuale disciplina. A tale proposito, pertanto, l’art. 9 del citato
CCNL provvede a definire i seguenti obiettivi:
-
attuare
una riduzione degli attuali accessi dall’esterno;
-
individuare
all’interno delle aree posizioni esclusivamente economiche e le relative
modalità di sviluppo professionale;
-
ricomporre
i processi lavorativi attraverso una nuova declaratoria di area con
l’indicazione di eventuali norme transitorie per il passaggio dall’attuale
al nuovo sistema;
-
valutare
le implicazioni sulla dotazione organica derivanti dall’applicazione delle
proposte;
-
verificare
la disciplina dell’area della vicedirigenza e dei professionisti.
Nel
corso dei lavori , la Commissione ha, pertanto,
opportunamente analizzato e discusso i citati elementi progettuali nella
prospettiva di tradurre in una proposta organica e completa le esigenze
rappresentate.
Il
dibattito è stato ampio ed ha preso in esame, come base per il confronto e la
discussione, anche i modelli adottati in altri comparti, senza tralasciare le
importanti innovazioni legislative introdotte negli ultimi tempi, con
particolare riferimento all’area della vicedirigenza, di cui alla legge n. 145
del 2002 (vedasi infra punto 3.5).
In
tale ottica, la Commissione non ha potuto non tener conto della complessa
situazione causata dall’estendersi di un ampio contenzioso relativo
all’attuazione delle progressioni verticali, che, impedendo il pieno
svolgimento delle stesse, ha determinato una situazione di disparità tra i
Ministeri e, soprattutto, nei confronti degli altri comparti ove non si sono
riscontrate le medesime difficoltà attuative.
Al riguardo la Commissione auspica che vengano, quanto prima, portati a
conclusione i processi di riqualificazione in atto.
Il
compito di individuare soluzioni in ordine alle problematiche
sopra indicate ha
evidenziato la necessità di conciliare le opposte esigenze di introdurre
elementi di novità che potessero dare agibilità al sistema e, contestualmente,
conservare alcuni cardini del modello tradizionale strettamente connessi agli
aspetti di specificità dell’impiego pubblico.
Indubbiamente
il lavoro svolto ha privilegiato gli interventi diretti a determinare una
semplificazione del sistema nel suo complesso, introducendo una maggiore
flessibilità che si concretizza, per i dipendenti, in nuove opportunità di
crescita professionale ed economica e, per la parte datoriale,
nell’individuazione di ulteriori leve di gestione, che incentivino il
personale ad un miglioramento della qualità delle prestazioni lavorative.
Al
termine dei lavori, la Commissione ha elaborato per il tavolo contrattuale un
progetto organico di nuova classificazione, che presenta, come tutte le riforme,
elementi di continuità ed innovazione rispetto al precedente impianto. In via
generale, quindi, le proposte elaborate si concretizzano nella messa a punto di
taluni strumenti giuridici che sono sembrati particolarmente idonei a
fronteggiare la situazione attuale. La potenzialità riformatrice di tale
strumentazione offre alle amministrazioni una possibilità di cambiamento che può
essere attivata dalle stesse in modo più o meno radicale in relazione alla
propria realtà organizzativa e funzionale.
La
parte che segue rappresenta l’esito finale dei lavori della Commissione. In
essa vengono riportate le analisi e le valutazioni operate in relazione alla
proposte effettuate per ogni singolo aspetto del sistema al fine di fornire le
motivazioni delle scelte effettuate.
3.
LA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE PER UN NUOVO SISTEMA CLASSIFICATORIO.
L’entità
classificatoria di base rimane l’area, la cui denominazione è modificata da
A, B, C rispettivamente in Prima, Seconda e Terza.
Le
aree sono individuate mediante le declaratorie che descrivono l’insieme dei
requisiti indispensabili per l’inquadramento dei dipendenti, definendo
competenze, conoscenze, requisiti e capacità necessarie per lo svolgimento di
attività lavorative riferibili a determinati livelli di complessità e
responsabilità.
Ogni
area, ricomprende al proprio interno un insieme di processi lavorativi, di
diversa complessità, cui possono partecipare varie tipologie di figure
professionali, anche con titoli di studio differenti. Tali
processi sono riconducibili a “macrofunzioni” che, in termini generali,
possono essere così definite:
-
attività
essenzialmente ausiliarie e di supporto, che richiedono conoscenze generali con
prevalenza di manualità;
-
attività
di tipo istruttorio, anche a contenuto operativo,
con prevalenza di utilizzo di nuove tecnologie, strumenti contabili o
altra strumentazione; esse richiedono conoscenze specialistiche in relazione al
grado di complessità dei problemi da affrontare;
-
attività
di tipo gestionale, che comportano conoscenze plurispecialistiche e un’elevata
autonomia e responsabilità, con capacità di risoluzione di problematiche
complesse, anche implicanti compiti di direzione e coordinamento.
Rispetto
al modello vigente, l’evoluzione degli assetti organizzativi e funzionali
nelle amministrazioni richiede, anche per le declaratorie, taluni adattamenti
nell’ottica di pervenire ad una maggiore omogeneità funzionale superando
l’attuale frammentazione dei livelli di autonomia e responsabilità,
mediante la riduzione e la rielaborazione
delle “specifiche professionali” e dei “contenuti professionali”
di base, che al momento solo previsti per ciascuna posizione economica.
In
ogni caso, dovrebbe essere mantenuta la distinzione “orizzontale” dei
“contenuti professionali di base” per singoli settori di attività
(amministrativo, tecnico, informatico, ecc.) che rappresentano un termine di
riferimento essenziale per la disciplina delle caratteristiche analitiche della
prestazione lavorativa, da attuare con la definizione dei profili professionali (vedasi
paragrafo seguente).
All’interno
delle aree sono collocati i profili professionali che definiscono i contenuti
tecnici della prestazione lavorativa nonché le conoscenze, attività e
attitudini necessarie per lo svolgimento delle
mansioni che il lavoratore è tenuto ad effettuare.
Nel
corso del dibattito, la stretta
connessione esistente tra la prestazione lavorativa ed il perseguimento degli
obiettivi istituzionali ha fatto emergere con chiarezza la rilevanza dei profili
professionali nel nuovo sistema, al fine di valorizzare le funzioni di ciascuna
amministrazione mediante l’ individuazione
di figure professionali adeguate al nuovo modo di condurre l’attività
amministrativa.
Con
riferimento ai contenuti mansionistici, la revisione dei profili professionali
assume un ruolo strategico nel quadro del progressivo ammodernamento delle
pubbliche amministrazioni ed, in tal senso, risulta necessario fare un ulteriore
passo avanti in termini di innovazione procedendo ad una rielaborazione delle
attività lavorative “per processi” orientati al risultato, che porti al
superamento definitivo degli schemi tradizionali basati su una visione
gerarchica e parcellizzata del lavoro.
In
tale contesto evolutivo, il nuovo modello potrebbe offrire la possibilità di
ridisegnare la prestazione lavorativa mediante la definizione di profili unici
riferiti ad un medesimo settore di attività o anche ad una medesima figura
professionale che, al momento, ricomprendono profili collocati su diverse
posizioni economico-giuridiche all’interno dell’area.
In
proposito la Commissione , al fine di garantire un assetto omogeneo in tutte le
amministrazioni del comparto, ha demandato al contratto collettivo nazionale il
compito di verificare, per ciascun settore lavorativo, la possibilità di
riduzione dei profili, qualora le mansioni degli stessi sostanzialmente simili
tra loro, possono essere rapportate ad un profili unico.
In
tal senso, il contratto collettivo nazionale potrà predisporre uno schema ove
indicare quali sono i settori per i quali è possibile prevedere un profilo
unico, i requisiti culturali ed i titoli abilitativi richiesti, la relativa
posizione di accesso dall’esterno che dovrà essere individuata al livello
economico più basso tra quelle dei profili presi in considerazione nel processo
di accorpamento.
Conseguentemente
il CCNL prevederà idonei meccanismi al fine di salvaguardare le professionalità
acquisite e garantire ai dipendenti, transitati nel nuovo profilo, il
mantenimento dei trattamenti economici in godimento nel vecchio sistema, senza
oneri aggiuntivi. Al riguardo, va
precisato che per ogni profilo è prevista la possibilità di progressione
economica che può essere successivamente acquisita in relazione
all’apprezzamento per la prestazione professionale qualitativamente più
elevata (vedasi paragrafo 3.4).
In
proposito l’ARAN ribadisce la necessità che vengano rispettati i vincoli
economico-finanziari, evitando, altresì, inquadramenti automatici alle
posizioni superiori.
La
definizione dei contenuti della prestazione lavorativa, che per taluni
profili può essere
effettuata dal contratto collettivo nazionale a titolo esemplificativo, viene
demandata alla contrattazione di secondo livello, che apporterà le opportune
specificazioni tecniche in relazione alla propria realtà lavorativa. Al
riguardo viene, altresì, confermata l’assistenza dell’ARAN.
In
proposito, la Commissione ritiene utile che il contratto nazionale fornisca
alcune indicazioni operative
volte a dare chiarezza al quadro dei profili, nonché a sensibilizzare le
amministrazioni sulla necessità di rimuovere gli ulteriori elementi di rigidità
derivanti dalla precedente regolamentazione pubblicistica (indicazione della
confluenza tra i vecchi ed i nuovi profili, utilizzo di formulazioni che
qualifichino le mansioni piuttosto che descriverle, attualizzazione e
semplificazione di mansioni e compiti, ecc.).
In
merito, il CCNL stabilirà anche i termini temporali entro cui dovranno essere
definiti i nuovi profili. Nelle more, una norma transitoria assicurerà la
possibilità di fare riferimento a quelli al momento vigenti in ciascuna
amministrazione, sia nell’ipotesi in cui essi siano ancora quelli derivanti
dai D.P.R. 1219 del 1984 e D.P.R. 44 del 1990,
che nel caso di profili più recenti, negoziati ai sensi del CCNL del 16
febbraio 1999.
In
prima applicazione, pertanto, i vecchi profili sono collocati nella nuova
classificazione, con un meccanismo di trasposizione orizzontale che garantisca
la corrispondenza dei livelli
retributivi esistenti nei due sistemi.
L’auspicata
riorganizzazione delle prestazioni lavorative in linea con la semplificazione
delle declaratorie e la ricomposizione dei processi operativi, implica una
revisione delle posizioni di accesso previste nell’attuale sistema.
Com’è
noto, uno degli elementi di specificità del pubblico impiego è quello legato
alle modalità di assunzione del personale. Infatti l’accesso avviene mediante
le procedure concorsuali pubbliche o quelle di avviamento al lavoro secondo
quanto previsto dalle disposizioni legislative vigenti. Sotto tale profilo è
stato evidenziato che un requisito imprescindibile per il reclutamento
dall’esterno è costituito dal titolo di studio richiesto, che rappresenta
l’elemento oggettivo per la definizione del livello di conoscenze.
Nel
rispetto di tale principio, è sembrato coerente con l’impostazione generale
del modello, diretta ad evidenziare la centralità del profilo professionale,
proporre un sistema in cui vi sia un unico accesso dall’esterno al singolo
profilo professionale, nel quadro delle posizioni di ingresso predefinite dal
contratto collettivo nazionale in relazione al titolo di studio richiesto.
Per
quanto attiene tale ultima tematica, la Commissione ha ritenuto opportuno
rinviare alla contrattazione collettiva nazionale la specificazione
dell’articolazione degli accessi nel nuovo modello.
Sotto
tale profilo, infatti, è emersa la
necessità che l’assetto attuale sia valutato alla luce delle esigenze che
emergeranno anche in relazione all’attuazione del processo di ricomposizione
delle attività lavorative, di cui al paragrafo precedente.
Inoltre
è stata, anche, considerata la circostanza
che i processi di riqualificazione derivanti dal CCNL del 16 febbraio 1999,
non ancora conclusi, richiedono, per la loro piena attuazione,
l’espletamento di successive fasi selettive e che, pertanto, non
si è ancora determinata, nell’attuale scala classificatoria, l’auspicata
modifica degli addensamenti del personale nelle diverse posizioni economiche,
che potrebbe costituire il presupposto per un intervento più mirato in materia
di accessi.
Da
tali considerazioni è evidente che la tendenza è quella di pervenire ad un
impianto più lineare che possa configurare, in una ulteriore fase evolutiva,
aree caratterizzate da una maggiore omogeneità funzionale, con attività
riconducibili ad un unico titolo di studio, per le quali possa essere previsto
un solo accesso dall’esterno.
3.3
- LO SVILUPPO PROFESSIONALE
Nel
nuovo modello viene confermata la possibilità di progressione verticale tra le
aree, pervenendo ad una semplificazione degli attuali meccanismi selettivi. La
proposta è quella di sostituire lo strumento del corso-concorso con modalità
selettive più snelle ed attuali, che comunque garantiscano la trasparenza e la
oggettività della procedure, nonché l’accertamento della effettiva idoneità
del dipendente allo svolgimento delle mansioni dell’area superiore, che non può
essere più soltanto basato sul riscontro del livello delle conoscenze di tipo
giuridico-amministrativo.
Vengono
rinviate al contratto nazionale l’individuazione di tali modalità procedurali
nonché la definizione dei requisiti professionali e culturali richiesti.
La
Commissione ha preso anche in esame nuove opportunità di flessibilità
professionale all’interno dell’area, mediante una specifica disciplina
riguardante la mobilità tra profili diversi, che consente ai dipendenti di
modificare i contenuti della propria attività lavorativa.
In
primo luogo, viene evidenziata, anche nel comparto dei Ministeri, la possibilità
di passaggi orizzontali tra profili di pari livello di accesso, previa
accertamento del possesso dei requisiti e delle capacità professionali degli
interessati.
Inoltre,
sono previsti, sempre all’interno dell’area, passaggi tra profili di
differente livello economico di accesso. Anche in questo caso, in relazione ai posti disponibili e nel rispetto dei titoli
culturali ed abilitativi previsti, vanno stabilite apposite procedure selettive
che
avverranno sulla base di criteri, da definire nel CCNL, diretti a garantire la
verifica delle capacità professionali dei dipendenti. Le risorse necessarie per
tale procedure andranno individuate all’interno del Fondo unico di
amministrazione.
Nella
definizione dei criteri relativi alle suindicate modalità di sviluppo
professionale, il CCNL dovrà prevedere una adeguata ponderazione degli stessi
al fine di evitare la prevalenza dell’uno sull’altro.
3.4
– LE PROGRESSIONI ECONOMICHE
Tra
le novità previste nel nuovo sistema, una particolare attenzione dovrà essere
attribuita dalla contrattazione alla progressione economica all’interno
dell’area, che sarà notevolmente potenziata.
Il
modello prevede, infatti, che nell’area vi sono diverse fasce retributive, che
rappresentano un rafforzamento dello schema degli sviluppi economici già
previsti nel comparto dei
Ministeri. La proposta della Commissione consiste in un’articolazione in tre
fasce per l’Area Prima, sei per l’Area Seconda e sette per l’Area Terza (
vedasi infra paragrafo 3.5.A), i cui valori annui saranno stabiliti nel
contratto collettivo nazionale.
Dal
punto di vista operativo, tale istituto si realizza mediante l’attribuzione,
dopo il trattamento retributivo tabellare di ciascun profilo, di fasce
economiche che sono correlate al diverso grado di abilità professionale
progressivamente acquisito dai dipendenti nello svolgimento delle funzioni
proprie dell’area e del profilo di appartenenza. Come già nell’attuale
contratto il relativo finanziamento avviene con le risorse del Fondo unico.
Occorre
anche valutare che il sistema di progressione economica non implica il mutamento
del profilo di appartenenza e non ha alcuna rilevanza ai fini dei contingenti
organici. Lo stesso, essendo, invece, strettamente connesso al miglioramento
qualitativo della prestazione lavorativa, si configura come un ulteriore
strumento di valorizzazione e apprezzamento delle capacità professionali dei
dipendenti.
La
contrattazione prevederà appositi criteri di selezione che siano equamente
combinati e ponderati, al fine di garantire l’oggettivo apprezzamento della
maturazione professionale del dipendente.
3.
5 - LA VALORIZZAZIONE DELLE ELEVATE
PROFESSIONALITA’
Sin
dall’inizio dei lavori, uno dei temi più delicati da affrontare è stato
quello di definire specifiche modalità di valorizzazione e riqualificazione
delle professionalità appartenenti all’area C che svolgano compiti di
particolare responsabilità ovvero attività per le quali è richiesta una
elevata competenza specialistica.
Tale
esigenza è strettamente correIata al già citato processo di riforma delle
amministrazioni pubbliche, laddove il cambiamento dei modelli organizzativi ed
il prevalere di compiti connessi al perseguimento di obiettivi legati ai
risultati prestabiliti hanno determinato la necessità di dare spazio a figure
professionali che siano in grado di operare con maggiore autonomia e
discrezionalità operativa.
La
situazione fin qui rappresentata, già manifestatasi in altri comparti, implica
la necessità di dotare le amministrazioni di uno strumento gestionale idoneo,
da un lato, ad incrementare la motivazione ed il coinvolgimento professionale di
risorse altamente qualificate, e dall’altro, a contrastarne l’esodo verso
settori esterni alla pubblica amministrazione. In tale ambito, ai sensi
dell’art. 9 del CCNL del 12 giugno 2003, già citato, è stata posta
all’attenzione della Commissione anche la previsione di una verifica della
disciplina della separata area della vicedirigenza, prevista dalla legge n. 145
del 2002.
Sulla
questione nel corso dei lavori sono emerse posizioni divergenti, per cui si
registrano due orientamenti che devono essere valutati in relazione alla
rappresentatività espressa dalle organizzazioni sindacali, come previsto dal
suindicato art. 9.
Si
è, pertanto, evidenziata una posizione di maggioranza (contrassegnata con la
lettera A) che, anche in relazione
alle risorse al momento disponibili per la contrattazione, ha optato per
proposte improntate ai principi di flessibilità gestionale, strettamente
connesse alla diretta valorizzazione della maggiore qualificazione della
prestazione lavorativa, che non modificassero gli assetti del sistema
classificatorio ed una posizione di minoranza (contrassegnata con la lettera B)
che, invece, individua la soluzione alla questione rappresentata
nell’attuazione dell’area della vicedirigenza, come delineata dalla
suindicata legge 145 del 2002.
POSIZIONE
A)
Una
parte del tavolo ha ritenuto che la problematica in esame possa trovare una
adeguata soluzione nel quadro del potenziamento di istituti contrattuali già
esistenti, che vengono però rivisitati ed attualizzati nell’ottica di dare
una risposta concreta e mirata alla situazione determinatasi nell’area
apicale.
Tale
posizione prevede una proposta articolata nella quale vengono presi in esame
diversi istituti qui di seguito analizzati.
-
Revisione dell’istituto delle posizioni organizzative.
In
primo luogo è prevista la valorizzazione dell’istituto delle posizioni
organizzative, già regolato dall’attuale sistema del comparto dei Ministeri,
ma scarsamente utilizzato.
L’
istituto, che consiste nell’attribuzione di specifici incarichi “a tempo”,
ha l’indubbio vantaggio di non creare rigidità di tipo gestionale, in quanto,
non essendo correlato all’individuazione dei relativi contingenti organici, la
sua attivazione è strettamente connessa all’emergere di specifiche esigenze
organizzative e può essere revocato nel momento in cui le stesse vengono meno.
Partendo
anche da altre esperienze di classificazione, le posizioni organizzative
attualmente previste potrebbero essere ampliate ed integrate da quelle di tipo
professionale, secondo specifiche situazioni individuate nel CCNL.
Tra
le novità, dovrebbe essere introdotta una maggiore flessibilizzazione
dell’istituto attraverso la possibilità
di operare la graduazione
delle funzioni connesse agli incarichi, secondo criteri che vengono individuati
dal contratto.
Nel quadro della rivalutazione
dell’istituto, particolare rilievo assume l’aspetto economico, in modo da
incentivare l’interesse dei dipendenti all’assunzione di livelli di
responsabilità superiori. La contrattazione verificherà la possibilità di
innalzare in modo significativo il valore della relativa indennità di posizione
che potrà variare da una minimo ad un massimo in relazione alla
graduazione delle funzioni.
-
Ampliamento della possibilità dello sviluppo economico nell’area Terza
La
soluzione proposta, in effetti, dà la possibilità di concretizzare la
valorizzazione delle professionalità in questione, attraverso riconoscimenti
specifici nell’ambito della progressione economica. Essa consiste nella
previsione nell’area Terza una
ulteriore fascia retributiva, che porta a sette il numero complessivo
degli sviluppo economici ( uno in più rispetto
all’area Seconda).
Tale
modalità di apprezzamento è direttamente esigibile, viene gestita interamente
nella contrattazione integrativa e, pertanto, rappresenta un riscontro immediato
alle aspettative dei dipendenti.
-
Conferma della previsione dell’area dei professionisti.
Viene
ribadita l’opportunità di confermare l’area di professionisti, già
prevista nell’attuale impianto classificatorio nei termini concordati nel
documento della specifica Commissione di cui agli artt. 13 e 37 del CCNL del 16
febbraio 1999.
In
una prospettiva più concreta di attivazione di tale area, viene sottolineata l’esigenza di finanziamenti ad hoc, che dovranno
essere resi disponibili nella contrattazione, secondo
quanto previsto anche dal Protocollo del 4-6 febbraio 2002.
POSIZIONE
B)
Nel
quadro degli interventi volti a valorizzare le professionalità apicali del
sistema classificatorio, indubbiamente l’istituzione della vicedirigenza tende
ad apprezzare particolarmente il possesso del titolo di studio, considerato come
un importante presupposto per compiti di maggiore rilevanza, attraverso
l’inquadramento in una specifica area. Alla base della disposizione
legislativa c’è sicuramente l’intento di dare maggiore spazio e visibilità
ai dipendenti “laureati”, cui vengono riconosciuti particolari capacità e
competenze, volte ad innovare e a stimolare una maggiore qualità delle
prestazioni lavorative, ovvero a gestire i
processi lavorativi e le dinamiche di gruppo.
L’
area risulta avere le seguenti connotazioni.
-
Destinatari: sono
quelli previsti dalla legge n. 145 del 2002.
-
Declaratoria di area e mansioni: in
analogia con le altre aree del sistema, la vicedirigenza avrà una sua
declaratoria, nella quale verranno individuati i requisiti, le conoscenze e le
capacità professionali necessarie per l’inquadramento dei dipendenti
nell’area stessa.
Al
personale appartenente all’area medesima potrebbero essere attribuiti compiti
di direzione, gestione e coordinamento, attività di consulenza, studio,
ricerca, ispettive, di vigilanza e verifica, nonché funzioni correlate ad alta
specializzazione afferente ad un titolo di studio universitario. Inoltre, i
citati dipendenti potranno, altresì, svolgere funzioni ad essi delegate dal
dirigente, ai sensi della medesima legge n. 145 del 2002 ovvero assumere
temporaneamente le funzioni dirigenziali, in caso di assenza ed impedimento
dello stesso. Specifici profili
individueranno i contenuti tecnici della prestazione lavorativa.
-
Accesso: l’accesso
sarà possibile dall’esterno mediante concorso pubblico, nella percentuale del
50% dei posti disponibili per ciascun profilo, e dall’interno mediante procedure concorsuali su base
meritocratica e titoli professionali e culturali. I requisiti culturali
richiesti per l’accesso sono: il diploma di laurea specialistica, per
l’accesso dall’esterno, il diploma di laurea specialistica ovvero il diploma
di laurea breve integrati da corsi di formazione specifici, per l’accesso
dall’interno.
In
prima applicazione, occorre prevedere una fase transitoria, secondo una tabella
di corrispondenza, senza oneri aggiuntivi,
con norme di primo inquadramento.
-
Sviluppo professionale ed economico: saranno
definite ulteriori opportunità di progressione giuridica ed economica sulla
base di criteri selettivi e meritocratici, analogamente a quanto previsto per le
altre aree del sistema classificatorio.
-
Trattamento economico:
il passaggio alla vicedirigenza comporterebbe che in una fase di prima
applicazione, a costo zero, il personale ivi inquadrato continui a percepire il
trattamento economico in godimento coincidente con la corrispondente fascia
retributiva della Terza Area. Specifici compensi potrebbero essere attribuiti ai
dipendenti, in relazione al conferimento di eventuali incarichi professionali,
previsti da disposizioni di legge.
Successivamente,
sarebbe auspicabile che venissero stanziate apposite risorse aggiuntive, come già
previsto nel Protocollo tra Governo e sindacati del 4-6 febbraio del 2002.
Dall’impianto
delineato risulta evidente l’attuazione di meccanismi che consentano una
maggiore omogeneizzazione dell’area, che necessariamente si riflette anche
sull’articolazione degli organici.
Com’è
noto la definizione delle dotazioni organiche complessive è ricompresa tra le
materie riservate alla legge. Sotto tale profilo, però, il d.lgs. n. 165 del
2001, all’art. 6, ha introdotto
una maggiore flessibilità gestionale per le amministrazioni attraverso la
possibilità per queste ultime di modificare, mediante specifiche procedure, la
distribuzione del personale nei diversi livelli del sistema di classificazione,
che non comporti oneri aggiuntivi rispetto al costo complessivo previsto per il
personale medesimo.
Anche
se la problematica in esame esula, per gli aspetti operativi, dalle competenze
della contrattazione, la Commissione esprime l’orientamento, conseguente
all’evoluzione della struttura dell’area nella direzione di pervenire ad una
maggiore omogeneità interna, di introdurre il concetto di dotazione organica di
area, tenendo conto che, in ogni caso, il profilo continua a rappresentare il
termine di riferimento per determinare il fabbisogno di personale per ciascun
settore di attività.
Tale
principio può essere attuato solo nel rispetto dei vincoli di bilancio e delle
disposizioni legislative vigenti, con particolare riferimento alla spesa
derivante dal trattamento economico dei dipendenti collocati sulle attuali
posizioni economico/giuridiche che dovrà rimanere identica anche nel caso di
dotazione organica di area. In tale ambito per ciascun profilo verranno
determinati i relativi contingenti organici.
4.2
– ULTERIORI PROBLEMATICHE
Nel
corso della discussione è emersa l’esigenza di affrontare ulteriori
tematiche, che pur non costituendo l’oggetto dei lavori della Commissione,
riguardano istituti correlati al sistema classificatorio.
Le principali questioni poste in rilievo sono: la disciplina delle
mansioni superiori, nell’ottica di un suo adeguamento alla nuova struttura
della classificazione proposta nel presente documento e la regolamentazione
della “reggenza” di uffici di livello dirigenziale, per lo svolgimento delle
relative funzioni in caso di vacanza di posto.
Su tali temi la Commissione non è
entrata nel merito della concreta disciplina della materia, ma si è limitata
ad evidenziare alcune
problematiche di particolare rilievo.
Per
la “reggenza”, invece, oltre alla necessità di
apportare gli opportuni adattamenti
per armonizzare l’istituto al
nuovo modello di classificazione, è stato segnalato il problema della
valorizzazione economica delle
relative funzioni, già peraltro conosciuto.
La
questione deriva dal fatto che, nella generalità dei casi, i compensi
attualmente previsti nella contrattazione integrativa risultano
insufficienti a remunerare la maggiore assunzione di responsabilità cui il
dipendente va incontro in queste situazioni. La difficoltà sta nel fatto che
tale aspetto andrebbe preso in esame in due differenti contratti (dirigenti e
personale dipendente), con specifiche clausole tra loro collegate. La
Commissione, pertanto, nel rappresentare la rilevanza della tematica in
questione, sottolinea la necessità che vi sia l’impegno di tutti i soggetti
interessati per trovare opportune soluzioni al problema.
Viene, inoltre, segnalata per il
tavolo contrattuale un’altra tematica di “tipo economico”, che attiene
all’istituto della mobilità all’interno del comparto. In particolare, il
problema riguarda il mantenimento, senza modificarne la natura,
delle fasce economiche acquisite dai dipendenti nell’amministrazione di
provenienza, atteso che le stesse sono finanziate
dal Fondo unico di quella amministrazione medesima.
Nel
corso dei lavori, la Commissione ha
anche preso in esame la particolare situazione dei dipendenti del Dipartimento
delle Politiche fiscali, diretti destinatari della sentenza della Corte
costituzionale n. 194 del 2002, per
i quali la legge n. 265 del 2002 ha previsto una specifica disciplina
contrattuale. Sotto tale profilo, la Commissione ritiene che il tavolo negoziale
debba individuare le opportune soluzioni.
CONCLUSIONI
Il
dibattito sul tema della classificazione rappresenta sempre un momento di
verifica delicato ed importante in considerazione della pluralità degli
interessi in gioco.
Non
va infatti trascurato che per la parte datoriale, la classificazione del
personale, costituendo un assetto organico per la corretta collocazione delle
risorse umane, si configura come il necessario presupposto per garantire la
funzionalità degli uffici e soddisfare le esigenze organizzative correlate agli
obiettivi istituzionali, mentre per i dipendenti, oltre a rappresentare la
posizione ricoperta nel quadro dell’organizzazione del lavoro, prefigura anche
le opportunità di valorizzazione professionale ed economica.
Sotto
tale profilo la Commissione ha costituito una sorta di “spazio aperto” ove,
partendo dall’analisi del sistema vigente,
sono state rappresentate tutte le problematiche
applicative, che hanno contribuito a stimolare il ragionamento e la
riflessione sui vari aspetti del sistema.
Nel
corso del dibattito, però, la necessità di definire un lavoro comune ha fatto
prevalere la ricerca degli elementi di omogeneità e convergenza, al fine di
proporre le modifiche finalizzate al migliore funzionamento dei sistema nel suo
complesso.
In
ogni caso gli aspetti di novità delineati sono molteplici, anche se possono
essere essenzialmente ricondotti a tre linee tematiche fondamentali: determinare
una semplificazione del modello, offrire maggiori opportunità di sviluppo
professionale e soprattutto economico, nonché prevedere soluzioni operative per
quanto riguarda le elevate professionalità e le posizioni di responsabilità.
L’orientamento
adottato è stato quello di calibrare le soluzioni sulla realtà attuale delle
amministrazioni, pur considerando che il completamento dei processi di
riqualificazione professionale ed una revisione più sostanziale dei profili
professionali comporteranno ulteriori mutamenti degli assetti funzionali ed organizzativi degli uffici.
Tutto
ciò conferma la necessità di ulteriori step evolutivi del sistema, già
segnalata nel presente documento, anche se non va sottovalutato che per produrre
un effettivo cambiamento, la riforma del modello teorico deve essere
necessariamente accompagnata da un salto di qualità in termini di
riorganizzazione dei processi lavorativi, di utilizzo, da parte delle
amministrazioni, di più moderne strategie di gestione delle risorse umane,
nonché di diffusione di nuovi modelli culturali, diretti a dare ai dipendenti
una maggiore consapevolezza del proprio ruolo.