L
di
Vincenzo Castellano
Il primo Aprile 1988, era una giornata fredda e piovosa e mentre salivo le scale del Palazzo di Giustizia di Reggio Emilia per il mio primo giorno di lavoro, nel mio cuore si alternavano sentimenti contrastanti. Da un lato, l’ansia e la paura di chi si chiedeva se sarebbe stato all’altezza di un compito tanto delicato, dall’altro l’orgoglio e la soddisfazione dovuti alla consapevolezza di essere entrato a far parte della famiglia “degli impiegati civili dello Stato”. Gli anni che sono seguiti, sebbene pieni di difficoltà a causa delle incertezze che un lavoro come il nostro non ti fa mancare, non hanno intaccato quell’orgoglio e quell’amore per una professione unica nel suo genere. Con molti dei colleghi incontrati nel corso degli anni, si è sempre discusso della nostra difficile condizione professionale, dovuta: “…all’esiguità delle trasferte, alla costante diminuzione dei pignoramenti, al sistematico spoglio di funzioni, alla discriminazione economica provocata dalla percentuale, ecc.ecc….”. Nulla sembrava attuabile per donarci quella soddisfazione professionale ed economica di cui lamentavano la mancanza. Io,però, ho sempre creduto nelle nostre potenzialità ed ho ininterrottamente spronato tutti a ricercare percorsi alternativi capaci di darci una nuova direzione ed una speranza di miglioramento. Molti, non hanno esitato a definirmi, sempre affettuosamente, “ un visionario”. Secondo loro, cercavo soluzioni ad un problema che, in realtà, non ne aveva. Grazie all’amore per la professione, la mia ricerca non si è mai fermata e dopo l’incontro con il collega Tarquini, ho sentito che era possibile cambiare qualcosa. Mi sono buttato a capofitto in una battaglia che, ai più, è sembrata persa in partenza, mi sono scontrato con la generale diffidenza e con l’ottuso ostruzionismo di molti colleghi (anche ispettori); ho rischiato tutto in prima persona, ma alla fine sono riuscito ad aprire un percorso nuovo. La diffidenza e l’incredulità sconfitte per sempre !
Con l’entrata in vigore della legge n. 52 del 2006, con me, molti colleghi avevano, infatti, intravisto la possibilità di ampliare il raggio delle nuove attività e la categoria, completamente rinnovata nei suoi aspetti essenziali anche grazie ai numerosi provvedimenti della magistratura a noi favorevoli, aveva iniziato un percorso nuovo.
A
chi mi parlava di professione finita, ho sempre opposto l’esistenza di attività
capaci di migliorare ulteriormente la nostra condizione professionale e sono
riuscito a dimostrarlo, sebbene nel solo ambito della mia regione, con il
provvedimento emesso dal Presidente della Corte di Appello de L’Aquila e
datato 07 Febbraio 2007. Mi sarei aspettato,che tanti altri, ritenendo un punto
di partenza il risultato delle “offerte reali”, avessero proseguito
l’attività di ricerca, così da farci crescere professionalmente. Questa mia
visione, appassionatamente ottimistica, non è sempre stata condivisa dai
numerosi colleghi sparsi su e giù per l’Italia, i quali hanno continuato a
considerarmi, evidentemente, solo un “ visionario”. A dimostrazione
di ciò, forse non tutti sanno che in Abruzzo, alcuni ufficiali giudiziari
disattendono la citata direttiva del sette febbraio u.s.,creando una
comprensibile confusione tra gli operatori che invece vi hanno dato attuazione.
Eppure, molti tra questi, avevano sempre detto di volersi battere per cambiare
il nostro mondo professionale. Mi scuserete per queste amare considerazioni che
ai più potranno risultare sgradite ma era tempo che intendevo chiedere conto di
alcuni comportamenti. Uno di questi, riguarda l’inoltro di più quesiti simili
ma probabilmente superflui, che hanno, involontariamente, stimolato
l’Amministrazione ed in particolare l’ufficio VI con la circolare del
14.03.07 prot.n.6/381/035/CA, a ritenere errati i pareri espressi da numerosi
magistrati, sull’argomento dei compensi dovuti per gli accertamenti
all’Anagrafe Tributaria. Avrei preferito, almeno con un breve comunicato, che
gli estensori dei citati quesiti, avessero spiegato anche a noi le motivazioni
di un siffatta scelta, solo per comprenderne le motivazioni. Invece, da tutti,
il silenzio quasi totale! Dico quasi, poiché di recente, ho appreso che
qualcuno si è anche vantato del risultato raggiunto, evidentemente, convinto
della legittimità dei suoi “convincimenti giuridici”. Lungi da me l’idea
di esprimere giudizi relativi alla
circostanza narrata ma parafrasando Totò, si potrebbe dire che: “… le
domande sorgono spontanee, ed allora: … di quale risultato ci si può
vantare? Forse, quello di averci negato la possibilità di migliorare ?
Non ci siamo sempre battuti, per non dipendere più dalle trasferte e dagli
inutili pignoramenti, causa di costanti litigi tra C1 e B3? Qualcuno si è
chiesto che se numerosi magistrati
avevano riconosciuto legittimo percepire i
citati compensi, forse questi ci spettavano davvero e poteva risultare
dannoso insistere nell’alimentare inutili dubbi? Non sarà facile ma sono
sicuro che riusciremo a migliorare la nostra condizione professionale.
Perdonatemi l’ottimismo, in fondo le mie, se non le condividete, le potrete
sempre considerare come:”...le riflessioni di
un visionario...”.
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