Nel mezzo del cammin…Gianni Buontempi

 Non può sorprendere più di tanto il tragico fatto di sangue occorso durante l’esecuzione per rilascio della casa coniugale affidata al collega Cerciello.Semmai dovrebbe sorprendere che fatti simili accadano, per fortuna, così raramente.Ho detto per fortuna,ma mi sono sbagliato.Accadono così raramente per l’equilibrio, l’esperienza, la preparazione, l’umanità, la fine psicologia, l’intuito, la professionalità dell’ufficiale giudiziario.

L’esecuzione forzata rappresenta, nel panorama giuridico, uno dei momenti più alti del rapporto cittadino-giustizia.E’ in questa fase che l’attesa dell’attore, cui il giudice ha reso giustizia sulla carta , si trasforma in giustizia reale. Ma, attenzione,  è anche lo stesso momento in cui la parte che ha subito la condanna vede concretizzare la propria sconfitta, per usare un termine più sportivo che giuridico.

 Ecco dunque che la figura dell’ufficiale giudiziario viene ad assumere, proprio nel momento culminante del “rendere giustizia”, un ruolo assolutamente centrale in una società che vuole definirsi giusta e civile.

 La terzietà del giudice è chiara e lampante agli occhi di qualsiasi cittadino che si avvicini al pianeta giustizia. L’attore ed il convenuto sono posti nel processo di cognizione sullo stesso livello e poco importa che l’azione sia stata promossa da una delle parti:il giudice sta esattamente nel mezzo e decide senza alcun pregiudizio.

 Ma anche l’ufficiale giudiziario, designato dalla procedura civile quale organo esecutivo, è terzo tra le parti.Tuttavia la sua è una forma di terzietà spuria, nel senso che agisce pur sempre su istanza di una parte(quella che a vinto il giudizio) ed in danno di un’altra(quella che lo ha perso).

E dunque il suo compito è particolarmente delicato perché deve eseguire il provvedimento emesso dal magistrato, trasferendo nella realtà sociale ed economica ciò che è scritto nel titolo esecutivo, stando ben attento a rispettare tutte le norme poste dall’ordinamento a tutela sia di chi promuove l’azione esecutiva, sia di chi quella stessa azione deve subire.

 Ma la realtà sociale ed economica in cui viene a realizzarsi nel concreto il provvedimento del giudice non è la sola con la quale l’ufficiale giudiziario deve confrontarsi. Ci sono aspetti umani, morali, psicologici che nell’applicazione delle norme non possono non essere considerati.

E dunque l’attività dell’ufficiale giudiziario trova il suo momento più alto proprio quando, con l’esecuzione forzata, traduce nella realtà il provvedimento del giudice, applicando le norme previste dal codice, coniugandole con l’insieme delle sue capacità tecniche ed umane al fine di realizzare il dispositivo nel rispetto di entrambe le parti.

 Ogni giorno, in tutta Italia, vi sono centinaia di esecuzioni forzate. Famiglie che lasciano la casa che hanno abitato per anni e che spesso, in attesa di un nuovo e definitivo alloggio, sono provvisoriamente costrette a dividersi; titolari di attività commerciali che devono riconsegnare il locale dove hanno lavorato da sempre; cittadini che vedono i loro mobili sottoposti a pignoramento per un debito cui magari, al momento, non possono fare fronte pur avendone la volontà.

Spesso queste situazioni, di per sé già drammatiche, non degenerano per l’abilità dell’ufficiale giudiziario.

La nostra attività entra dunque in diretto contatto ed interagisce, modificandola, con la vita di tanti nostri concittadini ed occorre quindi che davvero l’ufficiale giudiziario torni ad essere il fiore all’occhiello della giustizia italiana che ha una storia bimillenaria e non può essere ridotta a rango di far-west.

 A questo mi auguro abbiano pensato e pensino quelle Autorità che hanno preso e prendono decisioni in ordine alla nostra figura.

 Professionalizzare l’ufficiale giudiziario, arricchire la sua cultura giuridica, valorizzare la sua notevole esperienza accumulata in anni di duro servizio, aumentarne il prestigio e le prerogative e non svilire la sua figura attraverso iniziative mortificanti, ecco ciò di cui tutti, cittadini in testa, avremmo davvero bisogno.

 Ma questo, in fondo, è solo lo sfogo di un ufficiale giudiziario con…soli 22 anni di servizio alle spalle e altrettanti, speriamo, davanti.

 Per dirla col Poeta: “Nel mezzo del cammin di nostra vita  mi ritrovai per una selva oscura, chè la diritta via era smarrita.”

 Un caro saluto a tutti.

 Gianni Buontempi Ufficiale giudiziario C/1 Corte d’Appello di Roma


Gianni...volevo solo dirti che è bello scoprire che nella categoria ci sono persone "vere" come te. ciao angelo

LETTERE APERTE   - PRIMA PAGINA