Qualora il ricorso per Cassazione sia stato notificato ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civ., al fine del rispetto del termine d'impugnazione è sufficiente che
1. il ricorso stesso sia stato consegnato all'ufficiale giudiziario entro il predetto termine, fermo restando che il consolidamento di tale effetto anticipato per il notificante dipende dal perfezionamento del procedimento notificatorio) nei confronti del destinatario, procedimento che, nei casi disciplinati dall'art. 140 cod. proc. civ., prevede il compimento degli adempimenti da tale norma stabiliti (deposito della copia dell'atto nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi,
2. affissione dell'avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario,
3. notizia del deposito al destinatario mediante raccomandata con avviso di ricevimento).
Nei
casi di cui sopra, il termine per il deposito del ricorso, stabilito a pena d'improcedibilità
dall'art. 369, primo comma, cod.proc. civ., decorre dal perfezionamento della
notifica per il destinatario.
Nei
casi suddetti la notificazione nei confronti del destinatario dell'atto si ha
per eseguita con il compimento dell'ultimo degli adempimenti prescritti
(spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento). Tuttavia,
poichè tale adempimento persegue lo scopo di consentire la verifica che l'atto
sia pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, l'avviso
di ricevimento deve essere allegato all'atto notificato e la sua mancanza
provoca la nullità della notificazione, che resta sanata dalla costituzione
dell'intimato o dalla rinnovazione della notifica ai sensi dell'art. 291 cod.
proc. civile.
SUPREMA
CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI
UNITE CIVILI
ORDINANZA
13 gennaio 2005 n. 458
CONSIDERATO
L'8
novembre 1994 il 1^ Ufficio delle imposte dirette di Roma notificò al signor
Gianni C., quale erede del padre Benvenuto, un avviso di mora concernente
redditi del de cuius prodotti negli anni 1978 - 1979 ed assoggettati ad IRPEF e
ad ILOR. Il C. propose ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di
Roma, adducendo di non essere tenuto a rispondere dell'obbligazione perchè
aveva accettato l'eredità con beneficio d'inventario.
Il
ricorso fu accolto dalla Commissione tributaria adita e l'ufficio finanziario
propose appello, affermando:
a)
che, ai sensi dell'art. 16, 3 comma, del D.P.R. n. 636 del 1973, l'avviso di
mora non può essere impugnato qualora sia stato preceduto dalla notifica della
cartella esattoriale;
b)
che, ai sensi dell'art. 53 del D.P.R. n. 602 del 1973, contro l'avviso di mora
è ammesso soltanto ricorso all'Intendente di finanza, ora Direzione regionale
delle entrate;
c)
che, comunque, l'accettazione dell'eredità col beneficio d'inventario non
annulla la figura dell'erede ma produce soltanto l'effetto di distinguere il
patrimonio del defunto da quello dell'erede stesso, ai sensi dell'art. 490 del
codice civile.
La
Commissione tributaria regionale di Roma, con sentenza depositatail 29 gennaio
1998, respinse l'impugnazione considerando:
1)
che l'onere di provare l'avvenuta notifica della cartella incombeva all'ufficio,
sicchè in difetto di tale prova il ricorso alla Commissione tributaria era
legittimo, non ricorrendo gli estremi per l'applicazione del D.P.R. n. 602 del
1973;
2)
che, quanto al disposto dell'art. 490 cod. civ., l'effetto del beneficio
d'inventario consiste proprio nel mantenere distinto il patrimonio del defunto
da quello dell'erede, per cui quest'ultimo non è tenuto al pagamento dei debiti
ereditari e dei legati oltre il valore dei beni pervenuti;
3)
che, in ordine all'eventuale decadenza dal beneficio (peraltro non eccepita
dall'ufficio), in applicazione del principio dettato dall'art. 2697 cod. civ.
chi intende far valere un credito contro un chiamato all'eredità del debitore,
affermandolo erede di quello ope legis. ai sensi dell'art. 485 cod. civ., ha
l'onere di provare il possesso di quell'eredità da parte del detto chiamato,
mentre nella specie l'ufficio nulla aveva dedotto, onde la pronunzia impugnata
doveva trovare conferma.
Avverso
la suddetta sentenza il Ministero delle finanze (oggi Ministero dell'economia e
delle finanze) ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, nei
confronti del C. in proprio e per i coeredi di Benvenuto C..
L'intimato
non ha svolto attività difensiva in questa sede.
La
quinta sezione civile di questa Corte, con ordinanza depositata il 24 giugno
2003, ha rilevato che la notificazione del ricorso era stata eseguita ai sensi
dell'art. 140 c.p.c., che non risultava depositato l'avviso di ricevimento della
raccomandata inviata al contribuente il 15 marzo 1999 e che l'intimato non aveva
svolto difese. Ha osservato, quindi, che si doveva stabilire se, in difetto
dell'avviso di ricevimento, la notifica fosse da considerare inesistente, con
conseguente inammissibilità dell'impugnazione (come affermato in alcune
sentenza di questa Corte), oppure se, in adesione ad un diverso orientamento,
dovesse ritenersi che, ai fini del perfezionamento della notifica avvenuta ai
sensi dell'art. 140 c.p.c., fosse sufficiente l'espletamento delle tre formalità
prescritte dalla citata norma, essendo irrilevante il momento dell'effettiva
ricezione del plico raccomandato contenente l'avviso dell'avvenuto deposito e
non necessaria l'allegazione dell'avviso di ricevimento all'originale dell'atto.
L'ordinanza
ha proseguito rimarcando che detta problematica - sia pure sotto il diverso
profilo della compatibilità, con gli artt. 3 e 24 Cost., degli artt. 149 c.p.c.
e 4, comma 3, della legge 20 novembre 1982 n. 890 - ha formato oggetto della
pronunzia della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, che ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 149
c.p.c. e dell'art. 4, comma 3, della legge n. 890 del 1982, nella parte in cui
era stabilito che la notificazione si perfezionasse, per il notificante, alla
data di ricezione dell'atto da parte del destinatario anzichè a quella
(antecedente) di consegna dell'atto medesimo all'ufficiale giudiziario. Ed ha
aggiunto che, alla luce dei principi costituzionali richiamati in tale
pronunzia, dei quali è stata sottolineata la portata generale, deve essere
risolto il contrasto interpretativo manifestatosi nella giurisprudenza di questa
Corte in ordine agli effetti da collegare alla mancata produzione dell'avviso di
ricevimento della raccomandata con la quale l'ufficiale giudiziario da notizia
del compimento delle formalità(ex art. 140 c.p.c.) al destinatario dell'atto,
ravvisando quindi una questione di massima di particolare importanza, la cui
definizione è necessaria per decidere la controversia de qua. Pertanto il
ricorso è stato rimesso al Primo Presidente per eventuale assegnazione alle
Sezioni unite. A tanto si è provveduto e la causa è stata rimessa all'odierna
udienza di discussione, all'esito della quale la Corte:
OSSERVA
1.
Come emerge dalla relazione in calce al ricorso per Cassazione proposto dal
Ministero delle finanze, tale ricorso (diretto ad impugnare la decisione della
Commissione tributaria regionale di Roma depositata il 29 gennaio 1998) fu
notificato al destinatario ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civile. Il deposito
della copia dell'atto nella casa comunale risulta effettuato il 13 febbraio
1999, ma si tratta di un evidente errore materiale in quanto l'atto reca la data
dell'11 marzo 1999, onde è impossibile che il detto adempimento abbia avuto
luogo quasi un mese prima della formazione del ricorso, sicchè nella relata,
dove si legge "13/2/99", deve leggersi in realtà "13/3/99",
come si desume anche dalle annotazioni esistenti sulla prima pagina del ricorso
stesso. Sempre dalla relazione di notifica, poi, si trae l'eseguita affissione
dell'avviso del deposito e la spedizione della raccomandata con avviso di
ricevimento prevista dall'ultima parte del citato art. 140 (spedizione avvenuta
il 15 marzo 1999). Detto avviso, però, non si trova allegato al ricorso, nè
risulta comunque prodotto, mentre l'intimato (come sopra si è detto) non ha
svolto in questa sede attività difensiva.
2.
Muovendo da tali rilievi (e richiamando la sentenza della Corte costituzionale
n. 477 del 2002) l'ordinanza della quinta sezione civile di questa Corte ha
ravvisato un contrasto di giurisprudenza, ecomunque una questione di massima di
particolare importanza, in ordine agli effetti collegabili alla mancata
produzione in giudizio dell'avviso di ricevimento della raccomandata con la
quale l'ufficiale giudiziario da notizia al destinatario della notificazione,
eseguita con le modalità di cui al citato art. 140.
Più
esattamente, la questione rimessa all'esame delle sezioni unite può essere
riassunta nei seguenti termini, se, in caso di notifica del ricorso per
Cassazione ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civ. eseguita con il compimento
delle formalità prescritte (deposito della copia dell'atto nella casa comunale,
affissione dell'avviso di deposito - ora in busta chiusa e sigillata: art. 174
d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 - alla porta dell'abitazione o dell'ufficio
odell'azienda del destinatario, spedizione della raccomandata con avviso di
ricevimento), la mancata allegazione di tale avviso determini l'inesistenza o la
nullità della notificazione; e se sulla risposta a tale quesito influisca la
sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002, la quale ha anticipato per
il notificante il perfezionamento della notificazione, eseguita col mezzo della
posta, alla data di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, facendo salvo
per il destinatario il perfezionamento della notifica alla data della ricezione
dell'atto stesso.
3.
Il contrasto di giurisprudenza segnalato dall'ordinanza di rimessione in effetti
non è ravvisabile, perchè i due orientamenti ipotizzati in conflitto
riguardano due modalità diverse di notificazione: il primo orientamento (cui si
riferiscono le sentenze, richiamate nella suddetta ordinanza, n. 8403 del 1999,
n. 965 del 1999, n. 6599 del 1995, n. 2419 del 1995, n. 338 del 1995) concernele
notificazioni degli atti eseguite mediante il servizio postale ( art. 149 cod.
proc. civ. e legge 20 novembre 1982, n. 890); il secondo (cui si riferiscono le
sentenze n. 4307 del 1999, n. 6060 del 1997, n. 6187 del 1994, n. 5825/SU del
1981 e Corte cost. 28 novembre 1986, n. 250) attiene alle notificazioni
effettuate ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civile. Il primo tipo di
procedimento notificatorio vede come centrale, nella sua struttura complessiva,
l'attività affidata all'agente postale, mentre nel secondo la notificazione è
eseguita direttamente dall'ufficiale giudiziario e si perfeziona con la
spedizione (ad opera dello stesso ufficiale giudiziario) della raccomandata con
avviso di ricevimento. La diversità esistente tra i due procedimenti (e, in
particolare, lacircostanza che, nella notifica a mezzo posta, l'avviso di
ricevimento costituisce prova dell'eseguita notificazione) giustifica i
differenti approdi ermeneutici cui la giurisprudenza era pervenuta (salvi gli
effetti dei recenti interventi della Corte costituzionale), sicchè non può
ravvisarsi in proposito alcun contrasto.
Il
caso in esame riguarda la notifica di un ricorso eseguita ai sensi dell'art. 140
cod. proc. civile. In ordine a tale norma, ed all'interpretazione finora data ad
essa dalla giurisprudenza, ad avviso del collegio una nuova riflessione si rende
necessaria, nel quadro delle considerazioni che seguono.
4.
Da lungo tempo nella giurisprudenza di questa Corte è stato affermato il
principio secondo cui la notificazione, eseguita ai sensi dell'art. 140 cod.
proc. civ., si perfeziona - dopo il deposito dell'atto nella casa comunale
(costituente il momento essenziale di o quello specifico procedimento
notificatorio) e l'affissione dell'avviso del deposito alla porta
dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda del destinatario - con la
spedizione a quest'ultimo della raccomandata con avviso di ricevimento, senza
che assumano rilevanza, ai fini del perfezionamento della notifica, nè la
consegna della raccomandata al destinatario nè l'allegazione dell'avviso di
ricevimento all'originale dell'atto notificato (ex multis e tra le più recenti:
Cass., 20 febbraio 2004, n. 3389; 20 novembre 2000, n. 14986; 29 aprile 1999, n.
4307; 5 luglio 1997 n. 6060).
Sul
punto questa Corte ebbe a pronunziarsi anche a sezioni unite (sentenza 5
novembre 1981, n. 5825, seguita anche da altre pronunzie), ribadendo il
principio che la notificazione effettuata aisensi dell'art. 140 cod. proc. civ.
si perfeziona, dopo il deposito della copia dell'atto nella casa comunale e
l'affissione dell'avviso alla porta dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda
del destinatario, con la spedizione a quest'ultimo di raccomandata con avviso di
ricevimento, contenente notizia del detto deposito, mentre resta a tal fine
irrilevante l'effettiva consegna della raccomandata al destinatario, ovvero
l'allegazione dell'avviso di ricevimento sottoscritto dallo stesso o da altra
persona legittimata (principio ritenuto conforme agli artt. 3 e 24 della
Costituzione, sul presupposto che le menzionate formalità fossero idonee a
porre l'atto nella sfera di conoscibilità del destinatario, senza a alcun
pregiudizio per il suo diritto di difesa e per il principio di uguaglianza).
Anche
la Corte delle leggi si è collocata nella stessa prospettiva (Corte cost.,
sentenza n. 213 del 1975, ordinanza n. 76 del 1976, sentenza n. 250 del 1986, e,
sia pure incidenter tantum. ordinanza n. 97 del 2004, in motivazione).
5.
Peraltro la stessa Corte costituzionale, con sentenza n. 477 del 26 novembre
2002, relativa alle notificazioni degli atti a mezzo posta e alle comunicazioni
a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziali, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 149 cod. proc.
civ. e dell'art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 90, nella
parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante,
alla data di ricezione dell'atto da parte del destinatario anzichè a quella,
antecedente, di consegna dell'attoall'ufficiale giudiziario. La Corte delle
leggi, dopo aver posto in luce che, in forza degli artt. 3 e 24 Cost., le
garanzie di conoscibilità dell'atto, da parte del destinatario, devono
coordinarsi con l'interesse del notificante a non vedersi addebitato l'esito
intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi
poteri d'impulso (principio di portata generale), ha affermato che gli effetti
della notificazione a mezzo posta devono essere ricollegati - per quanto
riguarda il notificante - al solo compimento delle formalità a lui direttamente
imposte dalla legge, ossia alla consegna dell'atto da notificare all'ufficiale
giudiziario (essendo la successiva attività di quest'ultimo e dei suoi
ausiliari, come l'agente postale, sottratta in toto al controllo e alla sfera di
disponibilità del medesimo notificante), fermo restando per il destinatario il
principio del perfezionamento della notificazione soltanto alla data di
ricezione dell'atto, attestata dall'avviso di ricevimento, con la conseguente
decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario
medesimo.
Con
successiva pronuncia (n. 28 del 2004) la Corte costituzionale ha affermato che -
per effetto della citata sentenza n. 477 del 2002 - "risulta ormai presente
nell'ordinamento processuale civile, tra le norme generali sulle notificazioni
degli atti, principio secondo il quale - relativamente alla funzione che sul
piano processuale cioè come atto della sequenza del processo, la notificazione
è destinata a svolgere per il notificante - il momento in cui la notifica si
deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui
essa si perfeziona per il destinatario". Per conseguenza, alla luce di tale
principio le norme in tema di notificazioni di atti processuali - compreso
l'art. 140 cod. proc. civ. (ord. n. 97 del 12 marzo 2004, cit.) - vanno
interpretate, senza necessità di ulteriori interventi da parte del giudice
delle leggi, nel senso che la notificazione si perfezione nei confronti del
notificante, al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario.
6.
Ne deriva che l'orientamento di questa Corte, sopra richiamato, non può più
trovare conferma nella parte in cui affermava che la notifica eseguita ai sensi
dell'art. 140 cod. proc. civ. si perfezionava, dopo il deposito della copia
dell'atto e l'affissione dell'avviso relativo al deposito stesso, con la
spedizione ai destinatario della raccomandala con avviso di ricevimento. A
seguito delle menzionate pronunzie della Corte costituzionale il principio è
che, anche per le notificazioni eseguite ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civ.,
al fine del rispetto di un termine pendente a carico del notificante (nella
specie, termine d'impugnazione con ricorso per Cassazione) è sufficiente che
l'atto, notificato con il rito di cui alla citata norma, sia stato consegnato
all'ufficiale giudiziario entro il predetto termine, mentre le formalità
previste dal detto art. 140 possono essere eseguite anche in un momento
successivo (in tali sensi, peraltro, questa Corte si è già espressa: Cass., 4
maggio 2004, n. 8447). Il consolidamento di tale effetto - che può definirsi
provvisorio o anticipato - a vantaggio del notificante dipende comunque dal
perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario,
perfezionamento che resta ancorato al momento in cui l'atto è ricevuto dal
destinatario o perviene nella sua sfera di conoscibilità.
In
questo quadro si può aggiungere (per completezza d'indagine) che l'effetto
anticipato a vantaggio del notificante riguarda il termine pendente al momento
in cui l'atto è consegnato all'ufficiale giudiziario per la notifica. Tale
effetto, invero, è correlato all'esigenza di tutelare, nell'ambito applicativo
degli artt. 3 e 24 della Costituzione, il diritto di difesa del notificante,
anche sotto il profilo del principio di ragionevolezza, nonchè l'interesse del
medesimo notificante a non vedersi addebitato l'esito intempestivo di un
procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri d'impulso (v.
Corte cost., sentenze n. 477 del 2002 e, prima ancora, n. 69 del 1994). Ragioni
analoghe, invece, non sussistono quando il momento in cui la notifica si
perfeziona sia rilevante non per l'osservanza di un termine pendente nei
confronti del notificante, bensì per stabilire il dies a quo relativo alla
decorrenza di un termine successivo del processo (o del grado o della fase
processuale). In tali casi (e, più in generale, a fini diversi dall'osservanza
di un termine pendente) il dies a quo prende a decorrere dal momento in cui il
procedimento notificatorio si perfeziona anche per il destinatario dell'atto.
Così sembra orientata anche la Corte delle leggi, secondo la quale, poichè la
notificazione si perfeziona per il notificante con la consegna dell'atto
all'ufficiale giudiziario, da quel momento possono essere compiute dal medesimo
notificante le attività che presuppongono la notificazione dell'atto
introduttivo del giudizio, ferma restando, in ogni caso, la decorrenza del
termine finale dalla consegna al destinatario (cfr. Corte cost., 2 aprile 2004,
n. 107).
In
altre parole, dal momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario il
notificante può compiere le attività che presuppongono la notificazione
dell'atto stesso, ma la scadenza del termine finale per il compimento di queste
attività si continua a calcolare a far tempo dal perfezionamento della
notificazione nei confronti del destinatario.
Ne
segue che il termine di venti giorni per il deposito del ricorso per Cassazione
(termine stabilito a pena d'improcedibilità e decorrente, ai sensi dell'art.
369, primo comma, cod. proc. civ., dall'ultima notificazione alle parti contro
le quali il ricorso stesso è proposto) continua ad avere come dies a quo quello
della notificazione perfezionata nei confronti del destinatario (o dei
destinatari) dell'atto.
7.
Si deve ora verificare se, ed eventualmente con quali integrazioni,
l'orientamento seguito da questa Corte circa il momento perfezionativo del
procedimento notificatorio disciplinato dall'art. 140 cod. proc. civ., nei
confronti del destinatario della notificazione, debba trovare conferma. E tale
indagine richiede alcune considerazioni preliminari. L'intero sistema delle
notificazioni, nella diversità di procedimenti in cui si articola, si fonda su
ragionevoli presunzioni di conoscenza dell'atto da parte del soggetto al quale
la notifica è rivolta, non essendo esigibile che quest'ultimo ne abbia sempre
una conoscenza concreta (realizzabile soltanto nell'ipotesi di notificazione in
mani proprie:
art.
138 cod. proc. civ.), perchè il perseguimento di un tale risultato finirebbe
per rendere troppo difficile l'esercizio del diritto costituzionale di agire in
giudizio e si porrebbe, quindi, incontrasto con l'art. 24, primo comma, della
Costituzione.
Ma
anche il diritto di resistere ad una pretesa è espressione di una situazione
giuridica costituzionalmente tutelata, in quanto costituente esercizio del
diritto di difesa ( art. 24, comma secondo, Cost.), che postula un'effettiva
instaurazione del contraddittorio, indispensabile per garantire il giusto
processo (art. 111, primo e secondo comma, Cost.).
Pertanto,
in un equo bilanciamento delle posizioni del notificante e del destinatario
della notificazione, un'interpretazione costituzionalmente orientata della
normativa al riguardo impone che le garanzie di conoscibilità dell'atto da
parte del destinatario medesimo siano ispirate ad un criterio di effettività,
come effettiva (e non soltanto formale) deve essere la tutela del
contraddittorio. E ciò vuoi dire che devono essere valorizzati tutti gli
elementi idonei a perseguire il detto criterio di effettività.
Ciò
posto, e venendo all'esame dell'art. 140 cod. proc. civ., si osserva che nel
procedimento disciplinato da detta norma la consegna della copia conforme
dell'atto - rivelatasi impossibile nella residenza, nella dimora o nel domicilio
del destinatario (localizzati nella casa di abitazione di quest'ultimo, o nel
luogo in cui egli ha l'ufficio o esercita l'industria o il commercio: così Cass.,
s. u., 5 novembre 1981, n. 5825), per irreperibilità, incapacità o rifiuto
delle persone indicate nell'art. 139 - viene eseguita dall'ufficiale giudiziario
mediante deposito nella casa del comune in cui la notificazione deve avere
luogo. Tale deposito, pur costituendo formalità essenziale del procedimento de
quo. non è idoneo da solo a porre la copia dell'atto nella sfera di
conoscibilità del destinatario, che non ha modo di essere informato del detto
adempimento. Perciò la norma stabilisce una prima formalità integrativa,
costituita dall'affissione - alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o
dell'azienda del destinatario - ad opera dell'ufficiale giudiziario di un avviso
dell'avvenuto deposito, contenente gli elementi di cui all'art. 48 disp. att.
cod. proc. civile. Ma anche questo secondo adempimento non è ritenuto dalla
legge sufficiente, stante la sua precarietà che può tradursi nella sottrazione
o, comunque, nella dispersione dell'avviso. Pertanto la norma richiede una
formalità ulteriore e cioè la "notizia" (dell'avvenuto deposito) che
l'ufficiale giudiziario deve dare al destinatario mediante raccomandata con
avviso di ricevimento.
Il
dettato della norma realmente impone di ritenere che, con il compimento del
terzo adempimento (e quindi con la spedizione della raccomandata), la
notificazione debba considerarsi perfezionata nei confronti del destinatario
dell'atto. E ciò non soltanto perchè in tal senso orientano il tenore testuale
della disposizione e la struttura del procedimento in essa contemplato ma anche
perchè, essendo essa diretta a disciplinare un effetto legale tipico (di
conoscibilità), sul piano logico è ragionevole ritenere che il legislatore
abbia inteso ancorare tale effetto ad una data certa qua è quella derivante
dalla spedizione della raccomandata stessa.
Da
questo risultato ermeneutico, tuttavia, ad avviso del collegio non può
desumersi - come, invece, l'orientamento fin qui seguito ha affermato - che
l'allegazione dell'avviso di ricevimento all'originale dell'atto sia adempimento
privo di rilevanza. In primo luogo, se il legislatore avesse considerato ravviso
di ricevimento privo di rilevanza, non avrebbe richiesto che la raccomandata di
cui all'art. 140 cod. proc. civ. ne fosse corredata. E non a caso, quando la
legge, in base ad una scelta operata nell'ambito della discrezionalità
legislativa, ha ritenuto sufficiente che la notizia di una avvenuta
notificazione fosse data a mezzo di raccomandata semplice, ha disposto in tal
senso (v. art. 139, comma terzo, cod. proc. civ., in caso di consegna della
copia a mani del portiere o del vicino di casa, che è formalità ben più
affidabile dell'affissione di un avviso alla porta, onde si spiega il minor
rigore della modalità di trasmissione della "notizia"). Non giova
addurre che, nel caso di notificazione a mezzo del servizio postale,
l'allegazione all'originale dell'avviso di ricevimento è espressamente
prevista(art. 149, comma secondo, ult. parte, cod. proc. civ. e art. 5, primo
comma, legge n. 890 del 1982). In tali casi, invero, il detto avviso costituisce
prova dell'eseguita notificazione (nei confronti del destinatario dell'atto,
dopo Corte cost., n. 477 del 2002), dunque è parte integrante della relazione
di notifica e perciò ben si spiega l'espressa previsione normativa.
Nel
procedimento disciplinato dall'art. 140, invece, la notificazione si compie con
la spedizione della raccomandata, che come atto della sequenza del processo
perfeziona l'effetto di conoscibilità legale nei confronti del destinatario.
Tuttavia, non diversamente da quanto avviene per il perfezionamento della
notificazione nei confronti del notificante, anche per il destinatario si tratta
di un effetto provvisorio o anticipato, destinato a consolidarsi con
l'allegazione,all'originale dell'atto, dell'avviso di ricevimento le cui
risultanze possono confermare o smentire che la notifica abbia raggiunto lo
scopo cui era destinata. Al riguardo occorre considerare che la notificazione
eseguita ai sensi dell'art. 140 ora citato postula che sia stato esattamente
individuato il luogo di residenza, dimora o domicilio del destinatario stesso e
che la copia da notificare non sia stata consegnata per difficoltà di ordine
materiale, quali la momentanea assenza, l'incapacità o il rifiuto delle persone
indicate nell'art. 139 del codice di rito (così Cass., 16 luglio 2004, n.
13183). Dall'avviso di ricevimento, e dalle annotazioni che l'agente postale
appone su di esso quando lo restituisce al mittente, può emergere che la
raccomandata non è stata consegnata perchè il destinatario risulta trasferito
(è il caso preso in esame dalla sentenza ora richiamata) oppure deceduto o,
ancora, per altre ragioni le quali comunque rivelano che l'atto in realtà non
è pervenutonella sfera di conoscibilità dell'interessato e che, dunque,
l'effetto legale tipico, a tale evento ancorato, non si è prodotto.
In
tali ipotesi sembra palese che la notifica debba essere considerata nulla (non
inesistente, a meno che l'atto non sia stato indirizzato verso un luogo privo di
qualsiasi collegamento con il destinatario) e che, quindi, debba essere
rinnovata ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civile. Infatti, le suddette
risultanze rendono quanto meno incerto, e possono addirittura escludere, che il
luogo in cui l'ufficiale giudiziario ha svolto l'attività prevista dall'art.
140 cod. proc. civ. sia quello di effettiva ed attuale residenza, dimora o
domicilio del destinatario, con i conseguenti riflessi sulla validità della
notifica effettuata. Si tratta,dunque, di una verifica necessaria, postulata del
resto dalla stessa previsione normativa nel momento in cui richiede che la
spedizione della raccomandata abbia luogo con avviso di ricevimento. Ne consegue
che quest'ultimo deve essere allegato all'originale dell'atto e che la sua
mancanza, rendendo impossibile il suddetto controllo, determina la nullità
della notificazione, peraltro sanabile con la costituzione dell'intimato oppure
con la rinnovazione della notifica stessa ai sensi dell'art. 291 cod. proc.
civile.
8.
Conclusivamente, devono essere affermati i seguenti principi di diritto:
"Qualora
il ricorso per Cassazione sia stato notificato ai sensi dell'art. 140 cod. proc.
civ., al fine del rispetto del termine d'impugnazione è sufficiente che il
ricorso stesso sia stato consegnato all'ufficiale giudiziario entro il predetto
termine, fermo restando che il consolidamento di tale effetto anticipato per il
notificante dipende dal perfezionamento del procedimento notificatorio) nei
confronti del destinatario, procedimento che, nei casi disciplinati dall'art.
140 cod. proc. civ., prevede il compimento degli adempimenti da tale norma
stabiliti (deposito della copia dell'atto nella casa del comune dove la
notificazione deve eseguirsi, affissione dell'avviso del deposito in busta
chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del
destinatario, notizia del deposito al destinatario mediante raccomandata con
avviso di ricevimento).
Nei
casi di cui sopra, il termine per il deposito del ricorso, stabilito a pena d'improcedibilità
dall'art. 369, primo comma, cod.proc. civ., decorre dal perfezionamento della
notifica per il destinatario.
Nei
casi suddetti la notificazione nei confronti del destinatario dell'atto si ha
per eseguita con il compimento dell'ultimo degli adempimenti prescritti
(spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento). Tuttavia, poichè
tale adempimento persegue lo scopo di consentire la verifica che l'atto sia
pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, l'avviso di
ricevimento deve essere allegato all'atto notificato e la sua mancanza provoca
la nullità della notificazione, che resta sanata dalla costituzione
dell'intimato o dalla rinnovazione della notifica ai sensi dell'art. 291 cod.
proc. civile".
Nel
caso in esame, pur risultando compiute le formalità di cui al citato art. 140,
l'avviso di ricevimento del plico raccomandato (inviato al contribuente il 15
marzo 1999) non si trova allegato al ricorso nè si rinviene negli atti, mentre
l'intimato non ha svolto difese in questa sede.
Pertanto
deve essere disposta la nuova notifica del ricorso per Cassazione all'intimato,
nei sensi di cui al dispositivo.
P.Q.M.
La Corte ordina la nuova notificazione del ricorso per Cassazione all'intimato, entro il termine di giorni sessanta dalla comunicazione della presente ordinanza, e rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così
deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte
Suprema di Cassazione, il 21 ottobre 2004.
Depositato
in Cancelleria il 13 gennaio 2005.