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Responsabilità civile: danno all'immagine se la cambiale va in protesto.
Il protesto cambiario, conferendo pubblicità ipso facto all'insolvenza del debitore, non è destinato ad assumere rilevanza soltanto in un'ottica commerciale-imprenditoriale, ma si risolve in una più complessa vicenda, di indubitabile discredito, tanto personale quanto patrimoniale, così che, ove illegittimamente sollevato ed ove privo di una conseguente, efficace rettifica, esso deve ritenersi del tutto idoneo a provocare un danno patrimoniale anche sotto il profilo della lesione dell'onore e della reputazione del protestato come persona, al di là ed a prescindere dai suoi eventuali interessi commerciali; onde, qualora l'illegittimo protesto venga riconosciuto lesivo di diritti della persona, il danno, da ritenersi in re ipsa, andrà senz'altro risarcito, non incombendo sul danneggiato l'onere di fornire la prova della sua esistenza ed essendo quindi il medesimo danneggiato legittimato ad invocare in proprio favore l'uso, da parte del giudice, del relativo potere di liquidazione equitativa.
Corte di cassazione> Sezione I civile < Sentenza 28 giugno 2006, n. 14977.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con
atto di citazione notificato il 12 marzo 1997, Nunzio D. conveniva davanti al
Pretore di Trani, presso la sezione distaccata di Corato, Anna Antonia S., in
proprio e quale esercente la potestà sui figli minori Attilio e Daniele P.,
nonché Giovanni P., tutti in qualità di eredi di Ilarione P., chiedendone la
condanna al pagamento della somma di lire 15.000.000, a titolo di danni
materiali e di danno all'immagine subiti da esso D.
Assumeva quest'ultimo di avere rilasciato al dante causa dei convenuti dieci
cambiali di favore da un milione cadauna e che il defunto P. si era obbligato a
risarcire i danni, da mancato pagamento o da protesti, che fossero derivati
all'istante dall'utilizzo delle cambiali medesime, come da dichiarazione di
responsabilità sottoscritta dal de cuius in data 29 luglio 1996.
In contumacia dei convenuti, il Pretore adito, con sentenza del 7 luglio 1998,
rigettava la domanda ritenendo di non chiaro contenuto la dichiarazione di
responsabilità sopraindicata e lo stesso comportamento dell'attore, il quale
avrebbe potuto evitare danni e protesti.
Avverso la decisione, proponeva appello il D., chiedendone la riforma sul
rilievo della ammissibilità del rilascio di cambiali a titolo di favore e della
possibilità di ricollegare ad esso eventuali responsabilità del favorito.
Resistevano nel grado gli appellati, domandando il rigetto del gravame, che il
Tribunale di Trani, con sentenza del 16 maggio 2000-25 febbraio 2002, in effetti
respingeva, assumendo: a) che non fossero dubbie la legittimità di cambiali
rilasciate a titolo di favore e le eventuali responsabilità del favorito nei
confronti del favorente; b) che il problema fosse tuttavia quello della
interpretazione della dichiarazione di responsabilità sottoscritta dal P., al
fine di stabilire la sussistenza di simili responsabilità; c) che, al riguardo,
restassero sicuramente incomprensibili le modalità di attuazione ed esecuzione
degli obblighi, peraltro non specificati, assunti dal P., potendo semplicemente
ipotizzarsi o che le parti avessero stabilito che le cambiali fossero di volta
in volta pagate dal D., alle rispettive scadenze, per essere poi, quietanzate, a
lui rimborsate, o che le parti medesime avessero convenuto che a pagare fosse
direttamente il P., tempestivamente informato dal D. dell'avviso pervenuto dalla
Banca, con successiva consegna allo stesso D. del titolo quietanzato; d) che
altro motivo di rigetto della domanda fosse da ravvisare nella genericità di
questa circa l'ammontare del danno, richiesto in lire 15.000.000, atteso che, se
il danno all'immagine non poteva essere liquidato se non in via equitativa, il
danno materiale derivato dall'inadempimento contrattuale doveva essere
quantificato o sulla base di una esplicita previsione contenuta nel documento o
sulla base di una prova offerta in ordine a quello in concreto subito.
Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione il D., deducendo due motivi di
gravame ai quali resistono con controricorso Anna Antonia S., in proprio e quale
esercente la potestà sul figlio minore Daniele P., nonché Attilio P. e
Giovanni P.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con
il primo motivo di impugnazione, lamenta il ricorrente violazione o falsa
applicazione degli articoli 1362, 1363 ss. c.c., nonché omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa alcuni punti decisivi della controversia (art.
360, nn. 3 e 5, c.p.c.), in relazione all'interpretazione della dichiarazione di
responsabilità sottoscritta dal P. ovvero del sinallagma contrattuale
intervenuto tra le parti ed in relazione ai documenti prodotti dal D.,
deducendo: a) che il Tribunale ha male interpretato la dichiarazione di
responsabilità del 29 luglio 1996 sottoscritta dal defunto P. Ilarione; b) che
le norme di ermeneutica contrattuale, e segnatamente gli artt. 1362 e 1363 c.c.,
escludono la possibilità di interpretare la dichiarazione anzidetta nei diversi
sensi indicati dal Giudice di appello; c) che, avendo le parti convenuto
espressamente che le cambiali emesse dal D. Nunzio in favore del P. Ilarione
erano cambiali di favore, le stesse si sono rifatte alla disciplina tipica di
tali cambiali, onde era il P. obbligato al relativo pagamento di queste con
conseguente consegna al D. dei titoli quietanzati; d) che non è plausibile,
inoltre, che il D. abbia fatto protestare a suo danno la prima cambiale, a
scadenza 31 agosto 1996, laddove le cambiali successive sono state regolarmente
pagate dal P.; e) che il tenore letterale della dichiarazione in argomento,
ulteriormente avvalorato dai facta concludentia innanzi riportati, testimonia
l'impegno assunto dal favorito P. a tenere indenne l'odierno ricorrente da
qualsiasi pagamento o protesto, là dove è certo e non contestato da parte
avversa che la seconda e la terza cambiale sono state regolarmente pagate dal
medesimo P. e, quindi, restituite al D. così come pattuito.
Il motivo è fondato.
Giova, al riguardo, premettere come la c.d. cambiale di comodo o di favore,
caratterizzata dalla convenzione sulla cui base il favorente assume la veste di
emittente con il patto (rappresentativo di un naturale negotii della convenzione
stessa) che il prenditore non ne pretenderà l'adempimento e lo terrà indenne
da ogni pagamento che fosse costretto ad effettuare, escluda l'esistenza di un
rapporto sottostante tra favorito e favorente, nel senso che il secondo, con la
creazione di essa, non intende assumere un'obbligazione verso il primo, ma verso
i terzi, presso i quali il favorito, grazie alla firma del favorente, può
trovare facilmente credito attraverso operazioni di sconto del titolo (Cass.,
1717/1979; 1187/1981; 1036/1983; 8712/1998).
Tanto premesso, si osserva che il ricorrente ha analiticamente riportato, in
sede di illustrazione del motivo in esame, il tenore della dichiarazione di
responsabilità sottoscritta in data 29 luglio 1996 dal P. Ilarione, la quale
recita «Io sottoscritto, P. Ilarione, nel dichiarare che gli effetti dico
cambiali da lire 1.000.000 (un milione) cadauno rilasciatomi dal Sig. D. Nunzio
- sono di favore - e pertanto ne rispondo pienamente in forma civile e penale
per qualsiasi danno ne potrebbe derivare al Sig. D. quali mancato pagamento e
protesti. Detti effetti hanno scadenza mensile continuata dalla fine di Agosto
1996 alla fine di Maggio 1997 e saranno resi mensilmente al Sig. D. ad ogni
pagamento avvenuto. Gli effetti di cui sopra sono stati rilasciati in data
odierna».
Tale essendo il contenuto della dichiarazione in argomento, si osserva come il
Giudice di appello abbia affermato al riguardo: a) che "nessun dubbio può
sussistere sulla legittimità di cambiali rilasciate a titolo di favore e di
eventuali responsabilità del favorito nei confronti del favorente"; b) che
"il problema è quello della interpretazione della dichiarazione di
responsabilità sottoscritta dal P. al fine di stabilire eventuali inadempienze
in concreto a lui riferibili"; c) che "sicuramente incomprensibili
sono le modalità di attuazione ed esecuzione degli obblighi, peraltro non
specificato dal P.", ... (atteso) che diverse potevano essere le modalità
esecutive del giro: ad esempio le parti avrebbero potuto stabilire che le
cambiali fossero di volta in volta alle rispettive scadenze pagate dal D. e poi,
quietanzate, rimborsate a lui dal P. ... altra ipotesi (essendo) che le parti
avessero convenuto che a pagare fosse direttamente il P., informato e
tempestivamente dal D. dell'avviso pervenuto dalla banca, con conseguente
consegna al D. del titolo quietanzato"; d) che "tutto ciò non (è)
chiaro. E chiarezza sarebbe stata necessaria".
Così argomentando, detto Giudice è, innanzi tutto, incorso nella violazione
del criterio ermeneutico che si fonda sul "senso letterale delle
"parole" (art. 1362, comma 1, c.c.), avendo trascurato di considerare
che la dichiarazione sottoscritta dal P. reca vuoi l'espresso riconoscimento che
"gli effetti dico cambiali da lire 1.000.000 (un milione) cadauno
rilasciatomi dal Sig. D. Nunzio - sono di favore" vuoi l'espressa
assunzione della relativa responsabilità, là dove recita "... e pertanto
ne rispondo pienamente in forma civile e penale per qualsiasi danno ne potrebbe
derivare al Sig. D. quali mancato pagamento e protesti".
Secondariamente, il medesimo Giudice, così contravvenendo altresì
all'ulteriore criterio ermeneutico che impone, "per determinare la comune
intenzione delle parti, (di) valutare il loro comportamento complessivo anche
posteriore alla conclusione del contratto" (art. 1362, comma 2, c.c.), ha
omesso di apprezzare la circostanza, specificatamente dedotta dall'odierno
ricorrente, che, dopo il protesto (in data 4 settembre 1996) della prima
cambiale con scadenza 31 agosto 1996, la seconda e la terza sono state
regolarmente pagate dal P. e, quindi, restituite al medesimo ricorrente, laddove
tale circostanza si palesa idonea, onde la sua decisività, a costituire un
utile strumento interpretativo circa le "modalità di attuazione ed
esecuzione degli obblighi" assunti dal P. sulla base del tenore letterale
della dichiarazione sopra riportata, le quali, quindi, ove pure non specificate
nella dichiarazione stessa, a torto sono state ritenute dal Tribunale, giusta
quanto precede, "sicuramente incomprensibili".
Con il secondo motivo di impugnazione, lamenta il ricorrente violazione e falsa
applicazione delle norme relative al risarcimento del danno all'immagine in capo
al D. Nunzio, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto
decisivo della controversia, in riferimento alla richiesta di risarcimento del
danno anzidetto, deducendo:
a) che, a causa dell'inadempimento della convenzione intervenuta tra le parti il
29 luglio 1996 ad opera del P. Ilarione prima e dei suoi eredi poi, il D. Nunzio
è stato protestato ed il suo nome è apparso sul Bollettino dei protesti,
secondo quanto comprovato per tabulas;
b) che il danno all'immagine subito dal medesimo D. è, perciò, eziologicamente
ricollegabile all'inadempimento di cui sopra;
c) che appare contraddittorio il ragionamento seguito dal Tribunale, il quale,
da un lato, afferma la possibilità di liquidare in via equitativa il danno
all'immagine, laddove, dall'altro, rigetta la domanda risarcitoria proposta
siccome generica nell'ammontare richiesto.
Il motivo è fondato.
Il Giudice di secondo grado, in effetti, ha rigettato la domanda del D. (e,
quindi, l'appello proposto da quest'ultimo, così confermando, per l'effetto,
l'impugnata sentenza di prima istanza) altresì sotto il profilo che attiene
alla "genericità della stessa sull'ammontare del danno richiesto in
15.000.000 di lire" e, segnatamente, "in quanto, se appare chiaro che
il danno all'immagine non può essere liquidato che in via equitativa, è
altrettanto chiaro che il danno materiale consistente e derivato
dall'inadempimento contrattuale doveva essere quantificato, su base concreta
consistente o nella previsione esplicita nel documento (danni transattivamente
previsti e liquidati ab inizio) ove non facilmente liquidabili, o provando
quelli materialmente e in concreto subiti".
Orbene, premesso che il mancato riconoscimento del "danno materiale
consistente e derivato dall'inadempimento contrattuale" non ha formato
oggetto di specifica censura in questa sede, si osserva che il rigetto della
domanda di risarcimento del "danno all'immagine" poggia sopra una
motivazione del tutto insufficiente e contraddittoria, avendo il Tribunale, come
riferito, espressamente affermato che quest'ultimo genere di danno "non può
essere liquidato che in via equitativa", onde detto Giudice, lungi dal
rigettare sic et simpliciter la domanda di cui trattasi, avrebbe dovuto appunto
procedere ad una simile liquidazione, in applicazione, peraltro, del principio
secondo cui il protesto cambiario, conferendo pubblicità ipso facto
all'insolvenza del debitore, non è destinato ad assumere rilevanza soltanto in
un'ottica commerciale-imprenditoriale, ma si risolve in una più complessa
vicenda, di indubitabile discredito, tanto personale quanto patrimoniale, così
che, ove illegittimamente sollevato ed ove privo di una conseguente, efficace
rettifica, esso deve ritenersi del tutto idoneo a provocare un danno
patrimoniale anche sotto il profilo della lesione dell'onore e della reputazione
del protestato come persona, al di là ed a prescindere dai suoi eventuali
interessi commerciali, onde, qualora l'illegittimo protesto venga riconosciuto
lesivo di diritti della persona, come quelli sopraindicati, il danno, da
ritenersi in re ipsa, andrà senz'altro risarcito, non incombendo sul
danneggiato l'onere di fornire la prova della sua esistenza (Cass., 11103/1998)
ed essendo, quindi, il medesimo danneggiato legittimato ad invocare in proprio
favore l'uso, da parte del giudice, del relativo potere di liquidazione
equitativa.
Il ricorso, pertanto, merita accoglimento, laddove la sentenza impugnata deve
essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche ai fini delle
spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Bari.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche ai fini delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Bari.