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Sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte, Sez. II, n. 23 dell’11 gennaio 2003


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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – 2^ Sezione – ha pronunciato la seguente

Sent. n.   23

Anno      2003

R.g. n.    928

Anno      2002

SENTENZA

sul ricorso n. 928/02 proposto da Poste Italiane s.p.a., in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati Angelo Clarizia, Andrea Sandulli, Marco Filippetto e Rossana Castaldi ed elettivamente domiciliata presso quest’ultima, presso la Sezione Affari Legali della società, in Torino, via Alfieri n. 10;

contro

 

il Comune di Torino, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli Avvocati Anna Maria Arnone e Marialaura Piovano ed elettivamente domiciliato in Torino, presso gli Uffici dell’Avvocatura Comunale, Piazza Palazzo di Città n. 1;

nonché nei confronti di

Agenzia Defendini s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati Vittorio Barosio e Bruno Sarzotti ed elettivamente domiciliata in Torino, corso Galileo Ferraris n. 120, presso lo studio dell’Avvocato Vittorio Barosio;

per l’annullamento, previa sospensione,

 

-     del bando di gara n. 38/2002 adottato dal Comune di Torino in data 29.1.2002, avente ad oggetto trattativa privata (procedura negoziata) per l’affidamento del servizio di notificazione dei verbali di violazione del Codice della Strada relativamente al Comune di Torino ed ai Comuni limitrofi, da effettuarsi secondo le modalità indicate in Capitolato Speciale;

-     del summenzionato Capitolato Speciale;

-     dei verbali della Commissione aggiudicatrice in data 27.3.2002, 5.4.2002 e 24.4.2002;

-     di ogni altro atto presupposto, contestuale, successivo o comunque connesso, ivi compresi eventuali atti non cogniti della Commissione aggiudicatrice e la delibera - allo stato non cognita nei contenuti - di indizione della procedura negoziata n. mecc. 200111289/48 del 5.12.2001;

 

nonché per l’annullamento,

 

mediante la proposizione di motivi aggiunti di ricorso,

 

-     della determinazione dirigenziale n. mecc. 200203430/48 n. cronologico 58/2002/48 del 14.5.2002, adottata dal Comune di Torino in data 14.5.2002, avente ad oggetto la determinazione di “approvare l’affidamento in esito a trattativa privata previa pubblicazione di un bando ai sensi dell’art. 7 , lett. b) e c) del D.lgs. 17.3.1995 n. 157 e s.m.i., del servizio triennale di notificazione dei verbali di violazione al Codice della Strada a favore della ditta Defendini s.r.l., con sede in via Bava, 16 – 10124 Torino P.I. 02362940013, alle condizioni previste dal Capitolato Speciale di gara approvato con la determinazione dirigenziale mecc. n. 200111289/48 del 5.12.2001 e divenuta esecutiva il 22.12.2001 e dell’offerta della stessa ditta allegata al presente provvedimento”, con ogni consequenziale statuizione circa l’approvazione della relativa spesa, la consegna anticipata del servizio ed il pagamento delle prestazioni anticipate.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Torino e della Agenzia Defendini s.r.l.;

Visti tutti gli atti di causa;

Relatore il Dott. Paolo Corciulo;

Uditi alla pubblica udienza del 17.12.2002 l’Avvocato Cataldi per la società ricorrente, l’Avvocato Piovano per l’amministrazione resistente e gli Avvocati Barosio e Sarzotti per la società controinteressata;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

 

Con deliberazione n. 75/97 del 3.3.97, su proposta della Giunta, il Consiglio Comunale di Torino procedeva all’approvazione della concessione a terzi del servizio di notificazione dei verbali di violazione del Codice della Strada; le ragioni della decisione consistevano nell’esigenza di riservare maggiori risorse umane dell’ente da destinarsi ad attività più qualificate, nella realizzazione di minori costi di notificazione a carico del contravventore, nonché per creare ulteriori opportunità di lavoro nel settore privato. Il sistema di scelta del concessionario veniva individuato in quello della trattativa privata preceduta da regolare bando, attesa la difficoltà di qualificazione delle caratteristiche del servizio, che avrebbe potuto essere oggetto di affidamento anche in presenza di una sola offerta idonea.

 

Con successiva deliberazione del 15.4.1997 la Giunta Comunale procedeva all’indizione della gara in conformità alle prescrizioni dettate dal Consiglio, nominando la Commissione ed approvando il relativo bando.

 

Esperite le operazioni di gara, all’esito delle quali risultava che era pervenuta unicamente l’offerta dell’Agenzia Defendini s.r.l., dopo averla ritenuta vantaggiosa, su conforme proposta della Commissione, la Giunta, con deliberazione del 2.10.1997, individuava detta impresa quale concessionaria del servizio.

 

Con successiva determinazione dirigenziale del 26.6.1998, il Comandante del Corpo dei V.V.U.U. di Torino affidava il servizio all’Agenzia Defendini s.r.l. per un periodo di tre anni.

Successivamente, l’Amministrazione Comunale, pur avendo concesso all’Agenzia Defendini s.r.l., con determinazione dirigenziale del 3.8.2001, una proroga fino al 31.1.2002, deliberava, con successiva determinazione del 5.12.2001, di non procedere ad una rinnovazione dell’affidamento, atteso che nel frattempo erano sorte sul mercato ulteriori possibilità di miglioramento del servizio, optando quindi per l’indizione di una nuova gara a trattativa privata, da aggiudicarsi secondo il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 7 lett. b) e c) del D.lgs. n. 157/95 e s.m.i., approvando il Capitolato Speciale e riservandosi la facoltà di procedere all’affidamento anche in presenza di una sola offerta valida.

 

Il bando n. 38/2002, avente ad oggetto la trattativa privata in questione, veniva adottato in data 29.1.2002 ed entro il termine stabilito presentavano offerta quattro ditte, ossia la Defendini s.r.l., Poste Italiane s.p.a., Maggioli Service Romagna e la United s.c.a.r.l..

Nella seduta del 27.3.2002, la Commissione procedeva all’esclusione dalla gara della United s.c.a.r.l., della Maggioli Service Romagna e della Poste Italiane s.p.a., quest’ultima per la mancata produzione del deposito cauzionale, della relazione tecnica illustrante il servizio e delle dichiarazioni contrattuali richieste a pena di esclusione; inoltre, tale ultima società veniva estromessa anche perché la sua offerta economica, oltre a mancare dei dati relativi al costo medio garantito, era stata presentata nel medesimo plico contenente l’istanza di partecipazione. Nella stessa seduta, la Commissione, pur avendo ritenuto idonea l’offerta presentata dall’unica ditta rimasta in gara, ossia la Defendini s.r.l., riteneva richiederle ulteriori specificazioni entro il termine dell’8.4.2002.

 

I chiarimenti richiesti pervenivano in data 28.3.2002, per cui la Commissione, nuovamente riunitasi in data 5.4.2002, assegnava alla Defendini s.r.l. per la voce “prezzo” un punteggio pari a quaranta punti, richiedendo tuttavia ulteriori precisazioni sull’offerta, relativamente alle procedure adottate in riferimento ai sistemi di economicità. Ricevute anche in questo caso tempestivamente le delucidazioni richieste, la Commissione si riuniva per l’ultima volta in data 24.4.2002, attribuendo alla Defendini s.r.l., il punteggio definitivo, ossia comprensivo della valutazione afferente sia gli aspetti economici che quelli tecnici dell’offerta, di talché la predetta società risultava aggiudicataria del servizio.

 

I risultati delle operazioni di gara venivano, infine, fatti propri con determinazione dirigenziale del 14.5.2002 di approvazione ed affidamento definitivo in favore della Defendini s.r.l. del servizio di notificazione dei verbali di contravvenzione al Codice della Strada, servizio che, per ragioni di urgenza veniva consegnato anticipatamente rispetto alla stipula del contratto formale.

Avverso il bando di gara n. 38/2002, il Capitolato Speciale, i verbali della Commissione aggiudicatrice, nonché contro la determinazione di indizione della gara del 5.12.2001, proponeva ricorso straordinario al Presidente della Repubblica la società Poste Italiane s.p.a. chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare.

 

Il ricorso era notificato sia al Comune di Torino che alla controinteressata in data 22.5.2002.

L’Amministrazione Comunale, con rituale atto di opposizione ai sensi dell’art.10 del D.P.R. 24.11.1971 n. 1199 chiedeva la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale, di talché Poste Italiane s.p.a., intendendo insistere nell’azione, si costituiva innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale con atto debitamente notificato, consentendo la prosecuzione della controversia in questa sede.

 

La società ricorrente proponeva in un primo momento le censure di seguito specificate.

1)   Violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e 201 del D.Lgs. 30.4.1992 n. 285 (Codice della Strada). Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e segnatamente: sviamento; manifesta illogicità ed irrazionalità dell’azione amministrativa; difetto di presupposti fattuali e giuridici; omessa ponderazione di interessi rilevanti. Carenza assoluta di potere. Violazione dell’art. 10, comma primo della Legge 3.8.1999 n. 265.

Tanto deduceva la ricorrente in riferimento alla possibilità da parte della concessionaria di avvalersi per le notificazioni da eseguirsi entro i confini del territorio comunale del servizio postale o di messi notificatori. Per questi ultimi, l’art. 5, terzo comma del Capitolato Speciale prevedeva che, nell’ipotesi in cui la concessionaria avesse optato per un sistema di notificazione tramite messi notificatori, sarebbe stato concesso un termine di due mesi per la predisposizione del relativo personale che sarebbe stato previamente nominato dall’Amministrazione, previa partecipazione ad un idoneo corso di formazione.

 

Tale regolamentazione, secondo l’opinione della ricorrente, era da ritenersi illegittima, atteso che la qualifica di messo notificatore non avrebbe potuto essere attribuita a soggetti estranei all’Amministrazione, spettando unicamente a quelli contemplati nell’art. 201, terzo comma del D.Lgs. 30.4.1992 n. 258 che rinvia al precedente art. 12 che a sua volta ne contiene un’elencazione da ritenersi tassativa e come tale non integrabile da parte di provvedimenti adottati da singole Amministrazioni.

 

Inoltre, osservava la ricorrente come la caratteristica comune a tutti i soggetti indicati nell’art. 201 fosse quella di essere legati da un rapporto organico con l’Amministrazione, per cui, anche a voler non ritenere tassativa l’elencazione di riferimento, comunque non si sarebbe potuto conferire la qualità di messo notificatore a soggetti esterni, atteso anche il carattere pubblicistico dell’attività esercitata giustificato dalla sua funzione certificativa e fidefacente.

 

Un ulteriore argomento a favore della necessaria natura pubblicistica della figura del messo notificatore la società ricorrente lo traeva dall’art. 10, primo comma della legge 3.8.1999 n. 265 secondo cui, in materia di notificazione di propri atti, le pubbliche amministrazioni possono avvalersi, in alternativa al servizio postale, dei messi comunali, ragion per cui, attesa la particolare delicatezza dell’incarico a questi affidato, non potrebbe loro disconoscersi la qualità di dipendenti comunali o comunque di soggetti legati da un rapporto di lavoro subordinato con l’Amministrazione pubblica.

2)   Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 23 del D.lgs. n. 261/99 e di ogni norma e principio in materia di riserva a Poste Italiane s.p.a. degli invii raccomandati attinenti le procedure amministrative e giudiziarie. Violazione dell’art. 12 della legge 20.11.1982 n. 890, come sostituito dall’art. 10 della Legge 10.8.1999 n. 265. Eccesso di potere per genericità, equivocità, irrazionalità e perplessità della lex specialis.

Sotto tale profilo, veniva richiamato l’art. 23 del D.lgs. 22.7.1999 n. 261, attuativo della direttiva 97/67/CEE in materia di servizi postali comunitari, che aveva individuato all’art. 1 nella società Poste Italiane s.p.a. il fornitore del servizio universale a cui sono affidate in via esclusiva alcuni servizi indicati nel successivo art. 4 che contempla, tra l’altro, gli invii raccomandati attinenti le procedure amministrative e giudiziarie, laddove per le prime si devono intendere quelle riguardanti la pubblica amministrazione.

 

Secondo la ricorrente, pertanto, un bando di gara, come quello oggetto di gravame, che consenta la notificazione di verbali di contravvenzioni stradali ad un soggetto diverso da Poste Italiane s.p.a., violerebbe la predetta riserva, risultando viziato da palese illegittimità, riscontrabile anche per contrasto con la deliberazione del Ministero delle Comunicazioni del 22.12.2000 che sancisce un’analoga riserva in favore della ricorrente per la raccolta,, trasporto, smistamento e distribuzione di corrispondenza interna e transfrontaliera, anche tramite consegna espressa, di prezzo inferiore alle 6.000 lire ed al peso di 350 grammi.

 

Ulteriore profilo di illegittimità si rintraccerebbe, secondo la ricorrente, per il contrasto con l’art. 10 della Legge 10.8.1999 n. 265 che estende l’applicazione delle norme sulla notificazione degli atti a mezzo posta alla notifica degli atti adottati dalle pubbliche amministrazioni, richiamando sul punto una sentenza della Suprema Corte che aveva ritenuto inesistente una notificazione di un provvedimento inerente una violazione al Codice della Strada operata da un’Agenzia privata di recapiti.

 

3)   Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del D.lgs. n. 261/99, nonché dell’art. 6 del D.P.R. n. 156/73 e di ogni norma e principio in materia di responsabilità dell’Amministrazione postale.

La società Poste Italiane s.p.a. lamentava, sotto tale profilo, l’illegittimità dell’art. 7 del Capitolato Speciale che aveva previsto uno specifico regime di penalità per grave inosservanza delle modalità e dei termini di espletamento del servizio, atteso che tale disciplina è espressamente riservata alla legge con riferimento alla fornitura del servizio postale universale e non può dunque essere demandata ad un regime convenzionale.

 

Inoltre, con decreto del Ministero delle Comunicazioni del 9.4.2001 era stata adottata la “Carta della qualità del servizio pubblico postale” che aveva espressamente previsto i casi di indennizzabilità conseguenti a ritardi e disservizi.

 

Si costituivano in giudizio il Comune di Torino e la controinteressata Agenzia Defendini s.r.l..

La difesa dell’Amministrazione chiedeva il rigetto del ricorso nel merito, sollevando altresì due eccezioni per carenza d’interesse; con la prima si osservava che nessun pregiudizio diretto ed attuale discenderebbe per la ricorrente dalle disposizioni del bando, atteso che l’affidabilità o meno dei soggetti notificatori riguarda al limite coloro che si avvalgono di tale attività o che ne sono destinatari; con la seconda si eccepiva, invece, l’intervenuta acquiescenza, avendo la società ricorrente comunque partecipato alla procedura negoziata, a tacere, inoltre, del fatto che nessuna contestazione era stata a suo tempo sollevata in ordine all’analoga procedura indetta con la deliberazione di Giunta del 1997, in occasione dell’istituzione della concessione a terzi del servizio.

L’Agenzia Defendini s.r.l., oltre a sviluppare anch’essa delle argomentazioni di merito, sollevava un’eccezione di inammissibilità del ricorso per assoluta incompatibilità tra processo da celebrarsi nelle forme del rito abbreviato di cui all’art. 23 bis della Legge 6.12.1971 n. 1034 e ricorso straordinario successivamente trasposto in sede giurisdizionale, a cagione dell’inconciliabilità tra le esigenze di accelerazione ed i rapidi tempi di definizione di cui il primo era espressione e la maggiore durata del gravame proposto in sede straordinaria.

 

Alla camera di consiglio del 24.7.2002, fissata per la trattazione della domanda cautelare, ogni decisione veniva rimessa al merito.

 

A seguito del deposito di documentazione agli atti del processo da parte dell’Amministrazione, la società ricorrente veniva a conoscenza di ulteriori atti del procedimento di gara e, con atto notificato al Comune di Torino in data 19.9.2002 ed alla controinteressata in data 18.9.2002, proponeva i seguenti motivi aggiunti di ricorso.

 

1)   Violazione dei principi generali in materia di gare pubbliche e segnatamente del principio di pubblicità, del principio di segretezza delle offerte e della par condicio tra i concorrenti. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Perplessità ed irragionevolezza dell’azione amministrativa.

Sotto tale profilo, la società Poste Italiane s.p.a. lamentava alcuni vizi relativi alla fase di espletamento delle operazioni di gara affidate alla Commissione.

 

In primo luogo, la ricorrente si doleva del fatto che, seppur la gara si fosse tenuta in tre sedute successive, ossia quella del 27.3.2002, del 5.4.2002 e del 24.4.2002, a cagione dell’esigenza di richiedere all’Agenzia Defendini s.r.l. alcuni chiarimenti in ordine alla sua offerta, nessuna cautela era stata adottata, né nei verbali vi era stata riportata alcuna indicazione in tal senso, circa la conservazione di plichi contenenti le offerte, con pregiudizio sia del principio di segretezza delle offerte che di quello di par condicio.

 

Altro aspetto di illegittimità era da ricondursi alla circostanza per cui tutte le operazioni di gara si erano svolte in seduta non pubblica e quindi anche quelle afferenti la verifica della documentazione amministrativa e l’apertura delle offerte economiche e ciò in violazione del principio di pubblicità delle gare, rendendo viziata l’intero procedimento che avrebbe dovuto quindi essere rinnovato ab initio.

 

Infine, secondo quanto asserito dalla stessa Commissione, l’offerta tecnica della controinteressata avrebbe dovuto essere considerata inammissibile e quindi esclusa in quanto incompleta poiché carente sotto il profilo delle indicazioni relative al sistema di archiviazione utilizzato; inoltre, dagli atti di gara alcun chiarimento risulterebbe essere stato richiesto - e nemmeno fornito dalla controinteressata - in ordine ai supposti profili di incompletezza, dal che emergerebbe anche l’intrinseca contraddittorietà del comportamento della Commissione che, da un lato avrebbe asserito la non esaustività dei contenuti descrittivi dell’offerta, per poi ritenerla comunque meritevole di un giudizio finale con relativa assegnazione di punteggio, superando in tal modo senza alcuna motivata ed espressa ragione tutti i dubbi che erano sorti in proposito.

 

2)   Illegittimità derivata del provvedimento di affidamento.Violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e 201 del D.Lgs. 30.4.1992 n. 285 (Codice della Strada). Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e segnatamente: sviamento; manifesta illogicità ed irrazionalità dell’azione amministrativa; difetto di presupposti formali e giuridici; omessa ponderazione di interessi rilevanti. Carenza assoluta di potere. Violazione dell’art. 10, comma primo della Legge 3.8.1999 n. 265.

3)   Illegittimità derivata del provvedimento di affidamento. Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 23 del D.lgs. n. 261/99 e di ogni norma e principio in materia di riserva a Poste Italiane s.p.a. degli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie. Violazione dell’art. 12 della legge 20.11.1982 n. 890, come sostituito dall’art. 10 della Legge 10.8.1999 n. 265. Eccesso di potere per genericità, equivocità, irrazionalità e perplessità della lex specialis.

4)   Illegittimità derivata. Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del D.lgs. n. 261/99, nonché dell’art. 6 del D.P.R. n. 156/73 e di ogni norma e principio in materia di responsabilità dell’Amministrazione postale.

I motivi di censura da ultimo rubricati costituivano la rappresentazione delle medesime censure di cui ai primi tre motivi del ricorso introduttivo, con l’unica differenza che oggetto di impugnazione era il provvedimento conclusivo del procedimento di gara che si asseriva viziato per illegittimità derivata.

 

In vista dell’udienza di discussione, la ricorrente depositava una memoria in cui contestava la fondatezza delle eccezioni di inammissibilità sollevate dall’Amministrazione e dalla controinteressata, soffermandosi altresì sul contenuto del primo motivo di ricorso e ciò in risposta a quanto dedotto dalla difesa della Agenzia Defendini s.r.l. nella memoria depositata in vista della camera di consiglio.

All’udienza di merito del 17.12.2002, in prospettiva della quale anche il Comune di Torino e l’Agenzia Defendini s.r.l. depositavano rispettivamente memorie conclusionali in cui sollevavano eccezioni di inammissibilità dei motivi aggiunti proposti, all’esito della discussione, il Tribunale tratteneva la causa per la decisione.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

La ricorrente società Poste Italiane s.p.a. ha impugnato la determinazione dirigenziale di indizione del 5.12.2001, nonché il successivo bando di gara n. 38/2002 del 29.1.2002, con cui il Comune di Torino ha proceduto alla trattativa privata per l’affidamento del servizio di notificazione dei verbali di violazione del Codice della Strada relativamente allo stesso Comune di Torino ed a quelli limitrofi, oltre al Capitolato Speciale ed ai verbali di gara del 27.3.2002, 4.5.2002 e 24.4.2002, ed ancora la determinazione del 14.5.2002 di approvazione definitiva ed affidamento del servizio all’Agenzia Defendini s.r.l..

 

Ritiene il Collegio di prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controinteressata e dal Comune di Torino, essendo infondati i primi tre motivi di ricorso - a cui corrispondono rispettivamente per il loro contenuto il secondo, il terzo ed il quarto di quelli aggiunti - ed inammissibile il primo di quelli aggiunti.

 

Con il primo motivo di ricorso, ed il secondo dei motivi aggiunti, la società Poste Italiane s.p.a. ha dedotto l’illegittimità del bando e del Capitolato Speciale di appalto con riferimento alle modalità di espletamento del servizio di notificazione tramite messi notificatori che può avere luogo entro i confini del territorio comunale in alternativa al servizio postale.

Il Capitolato Speciale, infatti, all’art. 5, terzo comma aveva previsto che, laddove la concessionaria avesse prescelto un sistema di notifiche attraverso messi notificatori, sarebbe stato fissato un termine di due mesi per la predisposizione del relativo personale il quale, dopo avere partecipato ad un idoneo corso di formazione, sarebbe stato previamente nominato dall’Amministrazione.

Con tale meccanismo, secondo la ricorrente, veniva a determinarsi l’illegittima formazione di nuove figure di messi notificatori individuati in soggetti dipendenti della concessionaria e comunque non legati da un rapporto di lavoro subordinato con il Comune.

 

Infatti, secondo la concessionaria la funzione di messo notificatore è espressamente attribuita dalla legge a determinati soggetti e non può essere assegnata dall’Amministrazione ad altri secondo le proprie esigenze, essendo detta attività, con riferimento alla notificazione dei verbali di violazione al Codice della Strada, riconosciuta unicamente ai soggetti individuati dall’art. 201 del D.lgs. 30.4.1992 n. 285 che fa espresso rinvio al precedente art. 12; si tratterebbe di un’elencazione tassativa di figure il cui elemento comune è costituito dall’essere legate da un rapporto di dipendenza con la Pubblica Amministrazione, a riprova del fatto che giammai un soggetto privato potrebbe rivestire tale ruolo, anche tenuto conto della necessaria caratura pubblicistica dell’attività di notificazione.

 

Ulteriore norma che si assumerebbe violata sarebbe, ad opinione della ricorrente, quella di cui all’art. 10, primo comma della Legge 3.8.1999 n. 265, che, in tema di notificazione dei propri atti, prevede che le pubbliche amministrazioni possano avvalersi dei messi comunali laddove non sia possibile fare uso del servizio postale e di altre forme previste dalla legge.

 

La difesa del Comune ha osservato che se anche l’art. 201 del D.Lgs. 30.4.1992 n. 285 prevede che la notificazione debba essere curata dai soggetti di cui al precedente art. 12 - il che è anche logico in quanto si tratta proprio degli organi accertatori - tuttavia, tale norma fa espresso riferimento anche ai messi comunali, per cui, mentre per i primi è logico che si tratti di una elencazione tassativa, attesa la specificità delle funzioni da loro esercitate, per i messi comunali non vi è alcuna norma che imponga espressamente né un limite alla possibilità di affidamento in concessione della loro attività ai sensi dell’art. 113, primo comma lett. b) del D.Lgs. n. 267/2000, né la loro necessaria condizione di dipendenti dell’Amministrazione.

 

Inoltre, secondo il Comune di Torino, il personale prescelto risulterebbe comunque formato a seguito di uno specifico corso di formazione e quindi sarebbe pienamente idoneo allo svolgimento dell’attività di notificazione oggetto del servizio.

 

Ancora, è stato rilevato che se si attribuisse a Poste italiane s.p.a. tutta l’attività che esula dalla notifica vera e propria (di cui tale società è comunque riservataria), si creerebbe un’ingiustificata situazione di monopolio che rischierebbe di danneggiare l’Amministrazione richiedente con riferimento alla concreta capacità di effettuazione del servizio da parte del monopolista in relazione alla ragionevole non sostenibilità da parte di quest’ultimo dell’attività nel suo complesso.

Per quanto concerne l’aspetto della necessaria caratura pubblicistica dell’attività di notificazione, la difesa dell’Amministrazione ha osservato che questa non sussisterebbe nemmeno con riferimento a Poste Italiane s.p.a. che è infatti una società privata.

 

In ordine alla richiamata sentenza della Cassazione, l’Amministrazione ne ha dedotto la non pertinenza rispetto all’oggetto della presente controversia, in quanto detta pronuncia faceva riferimento al diverso caso di una agenzia di recapiti che non si era avvalsa del servizio postale ma della consegna diretta al destinatario - quindi in modo alternativo al sistema postale - della raccomandata relativa ad un verbale di violazione al Codice della Strada.

 

Con riferimento a tali motivi di censura la controinteressata ne ha dedotto invece l’inammissibilità per carenza di interesse, in quanto la notificazione tramite messo o può avvenire ad opera del messo comunale (inteso come dipendente del Comune, secondo la prospettazione della ricorrente) oppure ad opera di dipendenti del concessionario (nell’ipotesi, invece, da questa denegata), ma comunque tale attività mai potrebbe essere svolta in via riservata da Poste Italiane s.p.a. che dovrebbe avere anzi proprio l’interesse di sottrarla all’esclusiva dei Comuni al fine di allargare il relativo settore di mercato. La sussistenza di un interesse ad una puntuale e soddisfacente attività di notificazione, secondo la controinteressata, potrebbe semmai essere riconosciuta solo in capo ai soggetti che se ne avvalgono oppure a coloro che ne sono destinatari.

 

Nella sua memoria conclusionale la ricorrente ha precisato che il suo interesse a ricorrere, non è quello di non vedersi sottratta un’attività ritenuta riservata in presenza di una deroga, come avviene nell’ipotesi di notificazione operata a cura del messo comunale, ma quello di evitare la possibilità di creazione di una terza strada per la notificazione, alternativa sia al servizio postale che a quella affidata al messo comunale tipicamente inteso: in altri termini, la ricorrente ha specificato che il Capitolato Speciale, e segnatamente l’art. 5, terzo comma, avrebbe previsto una figura di messo notificatore diverso da quello comunale, questo da intendersi necessariamente come un dipendente del Comune, individuandone invece un altro tipo, costituito da personale dipendente della società concessionaria, abilitato ad hoc ad eseguire le notificazioni dei verbali di violazioni al Codice della Strada nell’ambito della prestazione del servizio oggetto di affidamento.

Sotto tale profilo, è preliminare ritenere infondata l’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso in esame per carenza di interesse sollevata dalla controinteressata.

 

Infatti, la ricorrente, sotto tale profilo, si assume lesa non da una violazione della riserva di attività di cui è esclusivista, ma dal fatto che la creazione di sistemi di notificazione ulteriori e diversi rispetto a quelli di cui all’art. 201 del D.lgs. 30.4.1992 n. 258 e segnatamente attraverso la individuazione di una figura “atipica” di messo comunale possa ridurre la possibilità di utilizzo del sistema postale, anche tenuto conto che la cd. quarta via di notificazione avverrebbe proprio a mezzo di personale dipendente della concessionaria del servizio.

Il motivo è comunque infondato.

 

La questione centrale da risolvere è quella di verificare se il messo comunale debba essere necessariamente un soggetto dipendente dell’Amministrazione comunale oppure se possa trattarsi anche di un estraneo.

 

Infatti, nella prima ipotesi, l’art. 5, terzo comma del Capitolato, che ipotizza espressamente l’attribuzione della funzione di messo a personale esterno all’Amministrazione, presumibilmente dipendente della concessionaria, sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 201 del D.Lgs. 30.4.1992 n. 285, atteso che avrebbe previsto un quarto sistema di notificazione (oltre quelli a mezzo dei soggetti di cui all’art. 12, dei funzionari accertatori e dei messi comunali, intesi nel senso indicato dalla ricorrente), in violazione della tassatività dell’elencazione dei soggetti notificatori; diversamente, riconoscere tale qualità anche a soggetti esterni, ossia non legati all’Amministrazione da uno specifico rapporto di dipendenza, consentirebbe al Comune di nominare messi comunali anche i soggetti di cui al richiamato art. 5 del Capitolato Speciale, di talché, rientrando questi a pieno titolo nella categoria di messi di cui all’art. 201 del D.lgs. 30.4.1992 n. 285, non sussisterebbe la violazione di legge prospettata dalla società ricorrente.

 

Ritiene il Collegio che, allo stato della normativa attuale, non necessariamente il messo notificatore debba essere un dipendente dell’ente locale di riferimento, potendo il relativo rapporto anche essere instaurato prescindendo dall’immissione nei ruoli dell’Amministrazione, restando in tal modo il soggetto in questione a questa estranea.

 

In effetti, ad una tale conclusione si può giungere proprio in considerazione della evoluzione raggiunta dalla materia del pubblico impiego il cui processo di “privatizzazione” ha fatto in modo che molti istituti previsti per il settore privato fossero estesi - ed in particolare per effetto della contrattazione collettiva - anche ai rapporti di lavoro con l’Amministrazione, dando vita ad un totale rinnovamento dei principi generali in materia.

 

Il processo di osmosi che ha riguardato due settori molto diversi per i principi generali che li caratterizzano - e che in passato avevano spesso costretto la giurisprudenza a faticosi interventi nel tentativo di conciliare la natura pubblicistica del rapporto di pubblico impiego con le esigenze di parità di trattamento rispetto ai lavoratori del settore privato - ha condotto, infatti, all’applicazione al pubblico impiego di istituti del diritto di lavoro privato il cui recepimento non ha potuto non incidere in modo profondo su aspetti finora ritenuti fondamentali ed immutabili dell’assetto organizzativo dell’Amministrazione.

 

Si pensi, ai fini che qui interessano, all’estensione alle Regioni ed alle Autonomie Locali del contratto di fornitura di lavoro temporaneo di cui alla legge 24.6.1997 n. 196, avvenuto ad opera dell’art. 2 del C.C.N.L. per il personale di detti enti, successivo a quello del 1° aprile 1999.

Tale norma ha, infatti, previsto la possibilità da parte degli enti di avvalersi, in qualità di impresa utilizzatrice, in presenza di alcune particolari condizioni indicate nella stessa disposizione contrattuale ed in altre contenute nella stessa legge 24.6.1997 n. 196, della prestazione di lavoratori dipendenti di un’impresa fornitrice.

 

E’ noto che tale legge introduce un particolare rapporto di lavoro articolato su due distinti contratti; da un lato vi è un rapporto di fornitura (“contratto di lavoro temporaneo”, come definito dall’art. 1) che si instaura tra un’ impresa che fornisce lavoratori - che sono a tutti gli effetti suoi dipendenti - ed un’altra che fruisce delle relative prestazioni, pagando il corrispettivo alla prima; dall’altro, vi è un contratto di lavoro che intercorre tra l’impresa fornitrice ed il lavoratore (definito espressamente contratto di lavoro per prestazioni di lavoro temporaneo” ai sensi dell’art. 3) a cui resta estranea l’utilizzatrice che avrà nei confronti del secondo unicamente degli obblighi di garanzia con riferimento alla sicurezza dei luoghi di lavoro, all’esercizio delle libertà sindacali ed alla fruizione dei servizi sociali ed assistenziali (artt. 6 e 7 della legge).

 

La caratteristica essenziale di tale istituto giuslavoristico è che tra l’impresa utilizzatrice ed il lavoratore non si costituisce alcun rapporto di lavoro, se non in via eventuale e successivamente alla scadenza del contratto di lavoro temporaneo (ai sensi dell’art.1, sesto comma ed art. 3, sesto comma della legge in questione).

 

La trasposizione di tale istituto sinteticamente descritto nell’ambito del settore del pubblico impiego comporta rilevanti conseguenze, ascrivibili proprio allo schema particolare che concerne tale rapporto di lavoro, ossia la possibilità che un terzo dipendente di un’altra società possa prestare la propria attività lavorativa presso un ente pubblico, senza tuttavia esserne dipendente.

Va detto che l’istituto del contratto di fornitura di lavoro temporaneo assume portata generale, atteso che la norma di contrattazione collettiva che l’ha introdotto nel settore del pubblico impiego, ossia l’art. 2, pone specifiche eccezioni solo per le categorie di lavoratori di cui al quarto comma (tra cui lavoratori di cui alla Categoria A, quelli dell’area di vigilanza, il personale educativo e docente degli asili nido, scuole materne ed elementari), categorie in cui non rientra - ai fini che qui interessano- il messo comunale.

 

Infatti, tale figura, per le caratteristiche della sua attività, nonché per la natura ed i contenuti delle mansioni da svolgere, così come individuati nelle declaratorie allegate al CCNL, appartiene senz’altro alla categoria B.

 

Inoltre, originariamente, l’Allegato A al D.P.R. 25.6.1983 aveva compreso espressamente l’attività di notificazione nella quarta qualifica funzionale; in seguito, il CCNL del Comparto Regioni ed Autonomie Locali del 31.3.1999, nell’introdurre all’art. 3 il nuovo sistema di classificazione del personale, aveva articolato quattro distinte categorie - denominate rispettivamente con le lettere A, B, C e D - mentre l’allegata tabella C, nell’individuare le corrispondenze tra le ex qualifiche funzionali e le nuove categorie, espressamente aveva equiparato la quarta q.f. (e quindi anche la figura dl messo comunale ) alla categoria B.

 

Si potrebbe obiettare che, nel caso di specie, la società Agenzia Defendini s.r.l. non svolge affatto l’attività di società di intermediazione di cui alla L. 24.6.1997 n. 196, essendo queste le uniche a poter fornire lavoro temporaneo ai sensi dell’art. 2 di tale legge, trattandosi piuttosto un’impresa che si occupa dell’attività di spedizioni e recapiti, per cui non potrebbe ritenersi che il personale notificatore di cui all’art. 5, terzo comma del Capitolato Speciale, possa essere assunto con contratto di lavoro interinale.

 

Osserva il Collegio che, a parte che la predetta disposizione del Capitolato Speciale non fa affatto riferimento a personale notificatore inteso come lavoratori già dipendenti della concessionaria del servizio o comunque come prestatori di cui avvalersi tramite contratto di fornitura di lavoro temporaneo, in ogni caso, si può senz’altro ritenere che l’applicazione della legge 24.6.1997 n. 196 al settore del pubblico impiego, lungi dal costituire un’eccezione a principi generali - atteso che la sua applicazione non è elusiva della regola del pubblico concorso, in quanto il lavoratore non diventa in alcun modo un pubblico dipendente - costituisce essa stessa espressione di un principio generale secondo cui per l’Amministrazione è possibile avvalersi della prestazione lavorativa di soggetti esterni, ancorché entro limiti temporali circoscritti - come quelli di cui al caso di specie di durata triennale - e con riferimento alle sole categorie per cui è ammesso il lavoro interinale.

Infatti, se, allo stato della normativa, è possibile ritenere che le Amministrazioni possano servirsi, per l’espletamento di alcuni propri compiti istituzionali come quello delle notificazioni a mezzo messo, della prestazione lavorativa temporanea di soggetti che non siano loro dipendenti - e ciò come principio generale - non vi è ragione di limitare tale possibilità alle sole fattispecie di fornitura di lavoro ai sensi della Legge 24.6.1997 n. 196, ben potendo trattarsi anche di lavoratori di provenienza diversa, come ad esempio dipendenti di una ditta appaltatrice.

Va, infine, rilevato che priva di pregio appare la considerazione espressa dalla ricorrente con riferimento alla necessaria sussistenza di un rapporto di pubblico impiego tra messo comunale ed amministrazione di riferimento, attese le connotazioni pubblicistiche della attività di notificazione a quest’ultimo demandata.

 

Si deve osservare, infatti, come con riferimento allo stesso servizio postale e segnatamente nell’ambito delle notificazioni eseguite a mezzo posta ai sensi della legge 20.11.1982 n. 890, la parte più rilevante dell’attività di notifica, ossia quella di consegna del plico al destinatario, sia affidata all’agente postale che, proprio con riferimento alla natura giuridica formalmente privata della società Poste Italiane s.p.a., non assume di certo la qualifica di pubblico dipendente.

Ne discende la piena legittimità dell’art. 5, terzo comma del Capitolato Speciale di appalto che non ha creato in alcun modo una quarta figura di soggetto notificatore, atteso che quelli oggetto di formazione e di nomina saranno pur sempre messi comunali a tutti gli effetti, anche se nominati secondo i principi innovatori sinora esposti.

 

Con il secondo motivo di ricorso ed il terzo dei motivi aggiunti è stata dedotta la violazione dell’art. 4, ultimo comma del D.lgs. 22.7.1999 n. 261 che ha riservato alla ricorrente Poste Italiane s.p.a. in qualità di fornitore del servizio universale ai sensi dell’art. 1, indipendentemente dai limiti di prezzo e di peso, gli invii raccomandati attinenti le procedure amministrative e giudiziarie, ossia riferibili all’attività della pubblica amministrazione ed alle gare ad evidenza pubblica; avendo il bando ed il capitolato previsto la possibilità di espletamento di tale attività anche da parte di imprese diverse da Poste Italiane s.p.a., tali atti sarebbero stati pertanto viziati per violazione delle predette disposizioni di legge, oltre che della deliberazione del Ministero delle Comunicazioni del 22.12.2000 che aveva previsto analoga riserva in favore della ricorrente, nonché dell’art. 12, primo comma della Legge 20.11.1982 n. 890 e s.m.i. che avrebbe imposto l’applicazione delle norme relative alla notificazione degli atti giudiziari a mezzo del servizio postale alle notifiche degli atti delle pubbliche amministrazione e quindi anche ai Comuni.

 

Il motivo è infondato.

L’art. 23, secondo comma del D.lgs. 22.7.1999 n. 261 affida alla società Poste Italiane s.p.a. il servizio postale universale che comprende ai sensi dell’art. 3 la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg e dei pacchi postali fino a 20 kg, oltre ai servizi relativi agli invii raccomandati ed assicurati; inoltre, l’art. 4, quinto comma riserva al fornitore del servizio universale, indipendentemente dai limiti di prezzo e di peso, gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie, laddove per procedure amministrative sono intese quelle riguardanti l'attività della pubblica amministrazione e le gare ad evidenza pubblica. L’invio raccomandato è definito dall’art. 1, lettera i) come quel servizio che consiste nel garantire forfettariamente contro i rischi di smarrimento, furto o danneggiamento e che fornisce al mittente una prova del deposito dell'invio postale e, a sua richiesta, dell’avvenuta consegna al destinatario.

Ritiene il Collegio che trattandosi di un attività riservata ad uno specifico soggetto, e ciò per garantirne un standard qualitativo determinato e per fornire permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale un servizio a prezzi accessibili a tutti gli utenti, la portata della norma deve comunque essere tassativa, nel senso che non può esserne ammessa un’ estensione ad ambiti e settori liberi di mercato in cui il legislatore non ha ritenuto cautelarsi mediante la concessione di una esclusiva in favore della società Poste Italiane s.p.a..

L’attività relativa all’invio raccomandato, oggetto di riserva ai sensi dell’art. 4, deve quindi essere limitata a quella di invii postali aventi specifiche caratteristiche di garanzia contro smarrimenti, furti e danneggiamenti e di attestazione di avvenuta ricezione e consegna del plico di cui alla lettera i) dell’art. 1 del D.lgs. 22.7.99 n. 261, invii che costituiscono solo un momento - ancorché di rilevanza centrale - della più complessa attività di notificazione e che non è stata, nella sua globalità, certamente oggetto di riserva piena in favore della società ricorrente come affidataria del servizio universale.

Tanto premesso, occorre verificare il contenuto del bando di gara e del Capitolato Speciale, al fine di accertare se sia stata effettivamente lesa la riserva in favore della società ricorrente entro i limiti finora specificati.

Al quesito occorre fornire risposta negativa.

L’oggetto del servizio affidato alla concessionaria non si limita alla notificazione degli atti di contravvenzione ma comprende anche alcune attività precedenti ed altre successive alla notificazione medesima, compiti che, non rientrano nella riserva di cui al D.lgs. 22.7.1999 n. 261, attesa la sua natura tassativa, limitata cioè alle sole attività di cui all’art. 4, ultimo comma ed al più a quelle di cui al primo comma, concernente la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii raccomandati.

La concessionaria deve, infatti, occuparsi, oltre che della notificazione, anche dell’attività di predisposizione dei dati (comprendente la loro ricezione, la stampa dei verbali, la preparazione dei moduli di cui alla legge 20.11.1982 n. 890 ed eventuali accertamenti anagrafici), nonché della loro certificazione ed archiviazione.

Osserva il Collegio che sia l’art. 2.2. del Capitolato che il successivo art. 2.6. impongono espressamente alla concessionaria l’osservanza della riserva di cui all’art. 4 del D.Lgs. 22.7.1999 n. 261 in favore della ricorrente e cioè tutte le volte in cui, conformemente a quanto previsto dall’art. 201 del D.lgs. 30.4.1992 n. 285, essa decida di avvalersi per la notificazione dei verbali di contravvenzione al Codice della Strada del sistema postale.

Oltre a tale ambito, rispetto al quale il Capitolato ne impone alla concessionaria la rigorosa osservanza, alcuna ulteriore riserva può essere riconosciuta alla società ricorrente, trattandosi di attività che possono essere oggetto di libero esercizio anche da parte di altre imprese del settore.

Con il terzo motivo di ricorso e quarto dei motivi aggiunti, la società ricorrente ha lamentato la violazione da parte dell’art. 7 del Capitolato Speciale dell’art. 19 del D.Lgs. 22.7.1999 n. 261, che stabilisce che la disciplina della responsabilità per la fornitura del servizio universale è fissata dall'articolo 6 del Codice Postale e delle Telecomunicazioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, ragion per cui non è possibile che tale regime sia contenuto in una fonte convenzionale come appunto un capitolato speciale d’appalto.

Il motivo è infondato.

 

Osserva il Collegio che la portata applicativa dell’art. 7 deve essere riferita all’oggetto del contratto così come inteso nell’art. 2 Capitolato il quale, come visto, ha fatto espressamente salva la riserva in favore di Poste Italiane s.p.a. delle attività di cui all’art. 4 del D.Lgs. 22.7.1999 n. 261, riserva che comprenderà, quindi anche la relativa disciplina sanzionatoria di cui all’art. 19 del predetto decreto, limitando invece la portata applicativa del regime convenzionale alle sole attività non riservate.

 

Ne discende che nessuna violazione della riserva in relazione all’attività del fornitore del servizio universale - neanche sotto il profilo della responsabilità - è riscontrabile nel Capitolato Speciale, atteso che vi sarà una responsabilità ai sensi dell’art. 19 del D.lgs. 22.7.1999 n. 261 di Poste Italiane s.p.a. con esclusivo riferimento al servizio oggetto di riserva ed una responsabilità della concessionaria per tutte le attività oggetto del servizio non rientranti nella riserva medesima.

Con il primo dei motivi aggiunti la ricorrente ha lamentato alcuni vizi relativi alle modalità di svolgimento della procedura di gara.

 

In primo luogo, partendo dal presupposto per cui le operazioni affidate alla Commissione si erano svolte nell’arco di tre sedute (27.3.2002; 5.4.2002; 24.4.2002) veniva contestata la mancata adozione delle necessarie cautele per la conservazione dei plichi contenenti le offerte e la documentazione amministrativa a tutela del principio di trasparenza delle gare pubbliche; inoltre, la ricorrente lamentava che la fase di verifica della documentazione amministrativa e quella di apertura delle offerte economiche era avvenuta non in seduta pubblica e quindi in violazione del generale principio di trasparenza e par condicio, così come ritenuto dalla ormai prevalente giurisprudenza amministrativa; infine, veniva dedotto l’illegittimo comportamento della Commissione che nel corso di una stessa seduta, in occasione dell’esame dell’offerta tecnica della controinteressata, ne aveva contestualmente verificato l’incompletezza (e quindi la inammissibilità) per poi, senza chiedere né ricevere alcun chiarimento, in modo del tutto apodittico e contraddittorio, attribuirle uno specifico punteggio, decisivo ai fini dell’aggiudicazione della gara.

Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.

 

Osserva il Collegio che la società ricorrente aveva partecipato alla gara presentando la propria offerta, offerta che, unitamente a quella di altre due concorrenti, era stata esclusa, nella seduta di gara del 27.3.2002, per mancata produzione del deposito cauzionale, della relazione tecnica illustrante il servizio e delle dichiarazioni contrattuali richieste a pena di esclusione; inoltre, l’estromissione era stata sancita anche perché l’offerta economica, oltre ad essere priva dei dati relativi al costo medio garantito, era stata presentata nel medesimo plico contenente l’istanza di partecipazione.

 

Il provvedimento di esclusione non risulta essere stato oggetto di specifico gravame da parte della società ricorrente.

 

Osserva il Collegio che costituisce consolidato orientamento in giurisprudenza quello secondo cui l’impresa legittimamente esclusa dalla gara non ha interesse ad insorgere avverso gli atti della procedura successivi alla sua estromissione e quindi né contro le specifiche operazioni di gara né contro l’aggiudicazione finale.

 

Le ragioni di tale orientamento - condiviso anche da questo Tribunale - risiedono nella circostanza per cui l’esclusione dalla gara, che non sia stata contestata o che comunque sia stata ritenuta legittima, pone l’impresa estromessa nelle stessa condizione giuridica del soggetto non partecipante che quindi resta del tutto estraneo al procedimento rispetto alle cui operazioni ed al cui esito può essere al più titolare di un interesse di mero fatto (Consiglio di Stato, V Sezione, 17.4.2002, n. 2017; Consiglio di Stato, V Sezione, 6.6.2001, n. 3079; Consiglio di Stato, V Sezione, 4.11.1996, n. 1309; Consiglio di Stato, V Sezione, 21.6.2002, n. 3391; Consiglio di Stato, V Sezione, 26 maggio 1997, n. 554; T.A.R. Liguria, II Sezione, 30 dicembre 1992, n. 390; T.A.R. Liguria, II Sezione, 22 ottobre 1998, n. 719; T.A.R. Sardegna, 20 dicembre 1995, n. 1990; T.A.R. Piemonte, Sezione II, 10.3.2001, n. 562; T.A.R. Piemonte, II Sezione, 15 giugno 2000, n. 735; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 27.3.1987, n. 128).

 

Nel caso di specie, come visto, la società Poste italiane s.p.a. era stata esclusa dalla gara a cui aveva comunque partecipato presentando la propria offerta con uno specifico provvedimento della Commissione, atto che non risulta essere stato impugnato, per cui con riferimento alla sua posizione di impresa concorrente e quindi interessata all’aggiudicazione, ogni censura relativa alle fasi della gara successive alla sua estromissione deve essere ritenuta inammissibile per carenza di interesse, attesa l’impossibilità di una sua possibile aggiudicazione, anche a seguito di rinnovazione, ferma restando la dequalificazione del suo interesse a ricorrere ad interesse di fatto per effetto dell’incontestabilità dell’atto di esclusione adottato nei suoi confronti.

 

Alla luce di tutte le considerazioni ed argomentazioni espresse il ricorso deve essere in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile, con integrale compensazione tra le parti delle spese processuali, attesa la complessità delle questioni esaminate.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - Seconda Sezione -

in parte respinge ed in parte dichiara inammissibile il ricorso.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Torino, nella Camera di Consiglio del 17.12.2002, dai Magistrati:

Giuseppe Calvo    Presidente

Bernardo Massari Primo Referendario

Paolo Corciulo Referendario, estensore

Il Presidente                                               L’Estensore

f.to Calvo                                                  f.to Corciulo

Il Direttore di Segreteria        

Depositata in Segreteria a sensi di Legge il 11 gennaio 2003

                                                                  Il Direttore della Sezione