Con la circolare n. 181 del 1 dicembre 2003 l'Inps fornisce alcuni chiarimenti in merito alla nuova disciplina dell'orario di lavoro introdotta con il Dlgs 66/2003.
INPS - CIRCOLARE N. 181 del 01.12.2003
PREMESSA
Il decreto legislativo 8.4.2003, n. 66, pubblicato
in Supplemento Ordinario n. 61 alla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 14.4.2003 ed
entrato in vigore il 29.4.2003, dà attuazione alle direttive n. 93/104/Ce e
2000/34/Ce e regola i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi
all’organizzazione dell’orario di lavoro, al fine di realizzare un adeguato
livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
RIEPILOGO DELLE PRINCIPALI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ORGANIZZAZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO
Ambito di applicazione
Le norme del D.Lgs. n. 66/2003 trovano
applicazione, in base all’art. 2, co. 1, a tutti i settori pubblici e privati,
ad eccezione del lavoro della gente di mare, del personale di volo
dell’aviazione civile e dei lavoratori mobili (con riferimento ai profili di
cui alla direttiva 2002/15/Ce)(1). Il co. 4 dell’art. 2 dispone inoltre che la
nuova disciplina si applica anche agli apprendisti maggiorenni, per i quali, in
precedenza, l’art. 11, co. 1, della legge n. 25/1955 conteneva specifiche
disposizioni. Per effetto di tale previsione si ha la piena equiparazione di
tali soggetti, nella materia trattata dal decreto in oggetto, alla generalità
dei lavoratori.
Definizione di orario di lavoro
In base all’art. 2, co. 1, lett. a) del D.Lgs. n.
66/2003, costituisce orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia
al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua
attività o delle sue funzioni.
Orario normale di lavoro
L’art. 3 dispone che l’orario normale di lavoro
è fissato in 40 ore settimanali e che i contratti collettivi possono stabilire
una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle
prestazioni di lavoro in un periodo non superiore all’anno.Viene quindi
confermato il meccanismo di determinazione dell’orario normale di lavoro
previsto dall’art. 13 della legge n. 196/1997. La norma non contiene più,
tuttavia, la previsione secondo la quale la possibilità di definizione
dell’orario su base plurimensile é attribuita ai soli contratti collettivi
nazionali, cosicché devono ritenersi abilitate in tal senso le fonti collettive
di qualsiasi livello.
Durata massima dell’orario di lavoro
Il D.Lgs. n. 66/2003 non stabilisce un limite
legale giornaliero di durata dell’orario di lavoro, definendo, per converso,
soltanto il diritto al riposo giornaliero del lavoratore, che non può essere
inferiore, ai sensi dell’art. 7, co. 1, alle undici ore di riposo consecutivo
ogni ventiquattro ore.
L’art. 4, co. 1, introduce inoltre un limite di
durata massima settimanale dell’orario di lavoro. Tale limite legale viene
individuato con riferimento ad un periodo di sette giorni ed include le ore di
lavoro straordinario. Pertanto la durata massima dell’orario di lavoro
stabilita dai contratti collettivi ai sensi del co. 1 dell’art. 4 non può
comunque superare, ai sensi del successivo co. 2, le 48 ore per ogni periodo di
sette giorni, comprese le ore di lavoro straordinario.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha
precisato con lettera circolare n. 5/27373/70 dell’ 11.9.2003 (relativa
all’adempimento degli obblighi di comunicazione connessi al superamento delle
48 ore settimanali attraverso prestazioni di lavoro straordinario) che non può
darsi della settimana lavorativa una definizione rigida. Si può quindi
considerare tale ogni periodo di sette giorni, con la conseguente possibilità
per i datori di lavoro di far decorrere la settimana di riferimento a partire da
qualsiasi giorno, ovvero in alternativa di ritenere quale settimana quella
prevista dal calendario (dal lunedì alla domenica).
Ai fini dell’applicazione in materia di durata
massima settimanale dell’orario di lavoro, il co. 3 dell’art. 4 precisa che
la durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento ad
un periodo non superiore a 4 mesi.
Con circolare n. 27 del 30.7.2003 lo stesso Ministero
del lavoro e delle politiche sociali ha identificato quale termine iniziale per
la decorrenza del criterio legale di computo della media settimanale il
30.4.2003.
Ciò anche con riferimento ai casi di cui al successivo
co. 4, in base al quale i contratti collettivi possono elevare il limite di cui
al co. 3 fino a 6 ovvero fino a 12 mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche
o inerenti all’organizzazione del lavoro, che siano specificate negli stessi
contratti collettivi. Il periodo di riferimento ai fini del calcolo della durata
massima media dell’orario settimanale può essere individuato, oltre che
secondo il criterio fisso indicato dalla legge (cioè a partire dal 30.4.2003)
anche diversamente, essendo necessaria ai fini della verifica del rispetto della
media settimanale soltanto la predeterminazione, e quindi la certezza, dei
termini iniziale e finale del periodo stesso nonché della collocazione dei
sette giorni di riferimento. Il superamento dei limiti settimanali può essere
individuato solo a consuntivo, cioè al termine del periodo di riferimento
legale di 4 mesi a decorrere dal 30 aprile 2003 ovvero di quello indicato dalla
contrattazione collettiva. Ai fini della verifica del rispetto o meno dei
termini di riferimento faranno fede, in caso di determinazione contrattuale del
periodo di riferimento, le indicazioni contenute nella comunicazione alla
Direzione provinciale del lavoro.
Dal computo della media settimanale di cui all’art. 4
devono essere esclusi, per espressa disposizione dell’art. 6 del D.Lgs. n.
66/2003, i periodi di ferie annue e i periodi di assenza per malattia.
Le stesse ore di straordinario prestate non si
computano ai fini della media settimanale nell’ipotesi in cui il lavoratore
fruisca di riposi compensativi in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione
retributiva dovuta per lavoro straordinario, in base a quanto precisato dal co.
2 dello stesso articolo.
Il lavoro straordinario
L’art. 1, co.2, lett. c) del D.Lgs. n. 66/2003
definisce quale lavoro straordinario quello prestato oltre il normale orario di
lavoro, così come definito dall’art. 3, quindi quello prestato oltre la
quarantesima ora, ovvero oltre la minore durata stabilita dai contratti
collettivi ai sensi dell’art. 3, co. 2.
Premessa l’enunciazione di principio che il ricorso
al lavoro straordinario deve essere contenuto, l’art. 5 del D.Lgs. n. 66/2003
dispone che i contratti collettivi regolamentano le modalità di esecuzione del
lavoro straordinario nel rispetto dei limiti di durata massima dell’orario di
lavoro.
L’art. 4, co. 2, del D.Lgs. n. 66/2003, nel disporre
che la durata media dell’orario di lavoro non può superare le 48 ore per un
periodo di 7 giorni, comprese le ore di lavoro straordinario definisce nuovi
limiti di ricorso al lavoro straordinario.
In difetto di una disciplina collettiva applicabile, il
ricorso al lavoro straordinario è ammesso solo previo accordo tra datore di
lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore
annuali. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il ricorso al
lavoro straordinario è inoltre ammesso in relazione alle particolari
fattispecie indicate al co. 4 dell’art. 5 del D.Lgs. n. 66/2003 (3). Gli
stessi contratti collettivi possono consentire che, in alternativa o in aggiunta
alla maggiorazione retributiva prevista dall’art. 5, co. 5, i lavoratori
fruiscano di riposi compensativi.
In tal caso le ore di lavoro straordinario prestate non
si computano, come sopra indicato, ai fini della media settimanale di cui
all’art. 4.
CONTRIBUTO AGGIUNTIVO SUL LAVORO
STRAORDINARIO
Le disposizioni del D.Lgs. n. 66/2003 regolano, per
espressa indicazione dell’art. 1, i profili di disciplina del rapporto di
lavoro connessi all’organizzazione dell’orario di lavoro e non determinano
alcuna modifica in materia di disciplina del contributo aggiuntivo sul lavoro
straordinario.
La legge n. 549/1995, quale apposita fonte normativa di
disciplina di tale contribuzione, ha dettato al co. 18 dell’art. 2 una
definizione di lavoro straordinario ai soli fini dell’applicazione della
contribuzione da essa prevista, a conferma della autonomia delle disposizioni in
materia contributiva rispetto a quelle in materia organizzativa dell’orario di
lavoro, nozione e disciplina che rimangono integralmente in vigore, e per
l’applicazione delle quali si rimanda alle circolari emanate nel tempo (4).
Superamento del limite settimanale
L’introduzione
del limite massimo delle 48 ore su sette giorni non incide sulla previsione del
versamento di una contribuzione pari al 15% sul lavoro straordinario prestato
oltre la 48esima ora per le aziende industriali ovvero pari al 5% per le imprese
diverse da quelle industriali.
Come sopra è stato precisato, le disposizioni del
D.Lgs. n. 66/2003 non modificano la materia del versamento della contribuzione
aggiuntiva sul lavoro straordinario, quale disciplinata dall’art.2 della legge
n. 549/1995. Non è inoltre sanzionata la violazione del limite settimanale di
svolgimento del lavoro straordinario. Ne consegue che detto contributo rimane in
vigore ed è dovuto ogni qualvolta si verifichi a consuntivo del periodo
individuato ai fini del calcolo della media settimanale il superamento del
limite massimo delle 48 ore di lavoro, fermo restando il versamento della
contribuzione pari al 5% per le ore di straordinario svolte dalla quarantesima
ora fino alla quarantottesima, elevato al 10% per le imprese industriali con più
di 15 dipendenti per le ore successive alla quarantaquattresima.
Esclusioni
Tenuto conto della definizione orario di lavoro
contenuta nell’art. 2, co. 1, lett. a), quale “qualsiasi periodo in cui il
lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio
della sua attività e delle sue funzioni”, si osserva che l’art. 16, co. 1,
lettere da a) a p) del decreto n. 66/2003 elenca una serie di attività che sono
escluse dall’ambito di applicazione della disciplina della sola durata
settimanale dell’orario dettata dall’art. 3 dello stesso (che individua
quale orario normale di lavoro quello delle 40 ore settimanali) e non anche
dall’applicazione dell’art. 4, che individua la durata massima dell’orario
di lavoro, fissata in 48 ore per un periodo di 7 giorni (come sopra illustrato);
ne consegue che anche le attività indicate nelle lettere da a) a p) del co. 1
dell’art. 16 sono soggette ai limiti di durata massima settimanale
dell’orario di lavoro indicati del decreto n. 66/2003 (5).
Pertanto anche in tali settori l’eventuale
superamento del limite delle 48 ore settimanali, in caso di superamento dei
limiti multiperiodali, comporta il versamento del contributo aggiuntivo sul
lavoro straordinario, a decorrere dalla verifica a consuntivo del superamento
del limite. Sono inoltre fatte salve le condizioni di miglior favore stabilite
dai contratti collettivi nazionali.
Per quanto attiene, invece il lavoro straordinario
prestato tra la quarantesima e la quarantottesima ora in questi stessi settori
(che rimangono esclusi dal limite di durata settimanale di cui all’art. 3 del
D.Lgs. n. 66/2003), sono stati richiesti chiarimenti al Ministero del Lavoro e
delle politiche sociali circa la perdurante applicabilità delle istruzioni di
cui alla circolare n. 100 del 1996, attesa la provvisorietà delle stesse nonché
la rinnovata nozione di orario di lavoro contenuta nel D.Lgs. n. 66/2003. Nelle
more delle indicazioni ministeriali continuano a trovare applicazione le
disposizioni di cui alla circolare dell’Istituto n. 174 del 1996 per le
attività indicate nelle lettere da a) a n) dell’art. 16, co. 1, del D.Lgs. n.
66 del 2003 . Per le attività indicate alle lettere o) e p) di quest’ultima
norma, invece, il versamento del contributo aggiuntivo sul lavoro straordinario
è comunque dovuto anche per le ore dalla quarantesima alla quarantottesima, in
quanto non contemplate nell’elenco contenuto nella circolare n. 100 del 1996
del Ministero del lavoro.
Deroghe
L’art. 17 del D.Lgs. n. 66/2003 prevede alcune
deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno
e durata massima settimanale dell’orario di lavoro. Riveste interesse ai fini
della presente circolare quanto disposto dal comma 5 della norma che stabilisce,
tra l’altro, che le disposizioni di cui agli articoli 3 e 4 dello stesso
decreto legislativo non si applicano ai lavoratori la cui durata dell’orario
di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è
misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e in
particolare, quando si tratta di: dirigenti, personale direttivo delle aziende o
di altre persone aventi potere di decisione autonomo, manodopera familiare,
lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose,
prestazioni rese nell’ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro.
A causa della particolare natura dei rapporti di lavoro e le particolari modalità
di esecuzione della prestazione di lavoro, per il personale dirigenziale e con
funzioni direttive e per i lavoratori a domicilio non è dovuto, come noto, il
versamento del contributo aggiuntivo sul lavoro straordinario. Per quanto
attiene, invece, alle prestazioni rese nell’ambito dei rapporti di telelavoro,
lo stesso contributo aggiuntivo deve essere versato in assenza di esplicite
previsioni normative di esonero.
Apprendisti maggiorenni
La piena equiparazione degli apprendisti
maggiorenni agli altri lavoratori disposta dall’art. 2, co. 4, del D.Lgs. n.
66/2003 comporta l’assoggettamento al contributo aggiuntivo sul lavoro
straordinario delle ore prestate in eccedenza fino alla soglia massima delle 44
ore settimanali pari al 5%.
NOTE
1) Il co. 2 dell’articolo 2 rimanda, per le particolari categorie di personale
in esso elencate, all’emanazione di un decreto del Ministro competente, di
concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, e della salute,
economia e delle finanze e per la funzione pubblica, da adottare entro 120
giorni dall’entrata in vigore del decreto.
2) Cfr. circolare INPS n. 15 del 24.01.1998.
3) Il testo dell’art. 5, co. 4 è il seguente: “Salvo diversa disposizione
dei contratti collettivi il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è
inoltre ammesso in relazione a :
a) casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di
impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori;
b) casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di
prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo ad un pericolo grave ed
immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
c) eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni
collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli
o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici
competenti ai sensi dell’articolo 19 della legge 7.8.1990, n. 241, come
sostituito dall’art. 2, comma 10, della legge 24.12.1993, n. 537, e in tempo
utile alle rappresentanze sindacali aziendali.
4) Cfr. Circolari n. 40 del 20.2.1996, n. 174 28.8.1996, n. 246 del 10.12.1996,
n. 264 del 30.12.1996, n. 13 del 23.1.1997, n. 247 del 29.11.1997.
5) Le deroghe alle nuove disposizioni sono indicate agli articoli 16 (relativo
alle deroghe alla disciplina della durata settimanale dell’orario) e 17
(relativo alle deroghe in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno,
durata massima settimanale) del D.Lgs. n. 66/2003.