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La Corte Costituzionale, con
sentenza n. 202 dell'11 giugno 2003 ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art. 8, lettera b), della Tariffa, parte prima, allegata al
d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione delle disposizioni concernenti
l'imposta di registro).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, lettera b) della
Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione
delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), promosso con ordinanza
del 29 marzo 2002 dalla Commissione tributaria provinciale di Pordenone sul
ricorso proposto da Comelli Simona c/ l’Ufficio delle entrate di Pordenone,
iscritta al n. 385 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Visto l’atto di costituzione di Comelli Simona;
Udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 2003 il Giudice relatore Alfio
Finocchiaro.
Ritenuto in fatto
1. - La Commissione tributaria provinciale di Pordenone, nel ricorso proposto da
Simona Comelli avverso l'avviso di liquidazione della imposta di registro e di
bollo di complessive L. 2.004.000, notificatole dal locale Ufficio delle
entrate, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, della
Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione
delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), in riferimento all'art. 3
della Costituzione, laddove è "interpretata in modo da comprendere nella
tassazione i provvedimenti giudiziari emessi in applicazione dell'articolo 148
del codice civile, nell'ambito dei rapporti tra genitori e figli", per
disparità di trattamento rispetto agli stessi provvedimenti adottati
nell'ambito dei procedimenti di separazione e divorzio.
L'avviso di liquidazione riguardava la registrazione di sentenza emessa dal
Tribunale di Pordenone, in accoglimento della domanda proposta dalla Comelli, a
norma dell'art. 148 del codice civile, di condanna di Eliko Joao Godardo, a
corrisponderle la somma mensile di L. 350.000, per concorso al mantenimento del
figlio naturale Eliko Julien, riconosciuto dal padre e affidato alla madre.
La Commissione, non ritenendo la sussistenza nell'ordinamento di un principio
generale di esenzione fiscale per gli atti giudiziari attinenti al rapporto
genitori-figli, e constatando l'esistenza di un regime di esenzione per gli atti
giudiziari nelle procedure di divorzio e separazione (l'assoggettamento a
tassazione in misura fissa non è più in vigore, in seguito all'entrata in
vigore della legge 6 marzo 1987, n. 74, sul divorzio, efficace, per effetto di
sentenza della Corte costituzionale n. 154 del 1999, anche nel procedimento di
separazione) e per quelli relativi alle procedure di adozione e affiliazione
(art. 82 della legge 4 maggio 1983, n. 184), non dubita che oggetto di tali
esenzioni siano anche i provvedimenti di condanna al pagamento di assegni di
mantenimento a favore dei figli, nell'ambito di quelle procedure. E,
argomentando che la finalità dell'esenzione non sia tanto lo snellimento di
quelle procedure, quanto evitare ostacoli alla migliore disciplina dei rapporti,
di rilievo pubblico, quali quelli fondati sui doveri dei genitori, ritiene privo
di ragionevolezza che dal beneficio vengano esclusi i provvedimenti del medesimo
contenuto e della stessa funzione adottati al di fuori delle procedure di
divorzio e separazione, il che porterebbe a privilegiare la posizione dei figli
legittimi su quella dei figli naturali.
Sulla rilevanza il rimettente argomenta che la pretesa oggetto di ricorso si
fonda sulla norma denunciata.
2. - Nel giudizio si è costituita tardivamente Comelli Simona, la quale chiede
che venga dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma denunciata.
Considerato in diritto
1. - Il giudice rimettente dubita della legittimità costituzionale, in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 8, lettera b), della
Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione
delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), nella parte in cui
assoggetta all'imposta di registro, nella misura del 3%, gli atti dell'autorità
giudiziaria ordinaria e speciale, in materia di controversie civili che
definiscono, anche parzialmente, il giudizio, recanti condanna al pagamento di
somme o valori, interpretata in modo da comprendere nella tassazione anche i
provvedimenti giudiziari emessi in applicazione dell'art. 148 cod. civ.
nell'ambito dei rapporti fra genitori e figli.
1.1. - La questione è fondata.
L'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi
di scioglimento del matrimonio) stabilisce che "tutti gli atti, i documenti
ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento o di cessazione
degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e
cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di
cui agli artt. 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi
di scioglimento del matrimonio), sono esenti dall'imposta di bollo, di registro
e da ogni altra tassa".
Questa norma ha parzialmente abrogato l'art. 8, lettera f), della Tariffa
allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, che prevedeva la sottoposizione ad
imposta fissa di registro degli atti dell'autorità giudiziaria ordinaria e
speciale in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente,
il giudizio, aventi ad oggetto lo scioglimento o la cessazione degli effetti
civili del matrimonio o la separazione personale, ancorché recanti condanne al
pagamento di assegni o attribuzione di beni patrimoniali già facenti parte di
comunione fra i coniugi.
Su questa disposizione è poi intervenuta la sentenza n. 154 del 1999, che ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 19 della legge 6 marzo
1987, n. 74, nella parte in cui non estende l'esenzione in esso prevista a tutti
gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione
personale dei coniugi.
Nel motivare la decisione questa Corte - richiamando la sentenza n. 176 del 1992
che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 19 della citata
legge n. 74 del 1987 nella parte in cui non comprende nell'esenzione dal tributo
anche le iscrizioni di ipoteca effettuate a garanzia delle obbligazioni assunte
dal coniuge nel giudizio di separazione - ha testualmente affermato che "il
parallelismo, le analogie e la complementarità funzionale dei procedimenti di
scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e del
procedimento di separazione dei coniugi sotto i profili che rilevano ai presenti
fini, già sottolineati da questa Corte nella decisione richiamata, portano
anche in questo caso a concludere che il profilo tributario non può
ragionevolmente riflettere un momento di diversificazione delle due procedure,
atteso che l'esigenza di agevolare l'accesso alla tutela giurisdizionale, che
motiva e giustifica il beneficio fiscale con riguardo agli atti del giudizio
divorzile, è con ancor più accentuata evidenza presente nel giudizio di
separazione", anche "in considerazione dell'esigenza di agevolare, e
promuovere, nel più breve tempo, una soluzione idonea a garantire l'adempimento
delle obbligazioni che gravano, ad esempio, sul coniuge non affidatario della
prole".
L'esenzione tributaria disposta in tema di atti recanti condanna al pagamento di
somme in materia di procedimenti relativi ai giudizi di separazione e divorzio
ricomprende anche i provvedimenti relativi alla prole, come è dimostrato dal
richiamo, nell'art. 19 della legge n. 74 del 1987, all'art. 6 della legge n. 898
del 1970, e da ciò deriva che è irragionevole la mancata estensione di tale
esenzione anche ai provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 148 cod. civ., in
tema di determinazione del contributo di mantenimento fissato a carico del
genitore naturale obbligato ed a favore del genitore affidatario.
La mancanza del rapporto di coniugio fra le parti non può giustificare la
diversità di disciplina tributaria del provvedimento di condanna, in quanto ciò
che rileva è che si è in presenza di identico provvedimento di quantificazione
del contributo di mantenimento a favore della prole, in relazione al quale
ricorrono le stesse considerazioni che militano a favore dell'esenzione
tributaria qualora lo stesso sia assunto in tema di separazione e di divorzio.
La circostanza che tale provvedimento è stato adottato, in un caso, in costanza
di un rapporto di coniugio esistente o esistito e, nell'altro, in mancanza di
tale rapporto, non giustifica in alcun modo la diversità di disciplina fiscale.
Si deve, poi, rilevare che, in caso di divorzio e di separazione, l'esenzione è
prevista anche con riferimento ai provvedimenti di revisione degli assegni e,
cioè, in relazione ad ipotesi in cui il rapporto di coniugio non viene in
considerazione.
L'esenzione, seppure posta a favore del destinatario delle somme, in realtà
tutela il figlio minore per il cui mantenimento è disposta, con la conseguenza
che la sua omessa previsione, quando si è in presenza di prole naturale, oltre
ad essere irragionevole, con violazione dell'art. 3 della Costituzione, si
risolve in un trattamento deteriore dei figli naturali rispetto ai figli
legittimi, come esattamente rilevato dal giudice rimettente, in contrasto con
l'art. 30 della Costituzione.
Né in senso contrario può invocarsi la giurisprudenza secondo cui le
disposizioni legislative concernenti agevolazioni e benefici tributari di
qualsiasi specie, quali che ne siano le finalità, costituiscono il frutto di
scelte discrezionali del legislatore, sicché la Corte non può estenderne
l'ambito di applicazione, dal momento che la stessa giurisprudenza riconosce che
tale estensione è consentita quando lo esiga - come nel caso di specie - la
ratio dei benefici stessi (v. sentenza n. 431 del 1997 e n. 86 del 1985;
ordinanze n. 27 del 2001 e n. 10 del 1999).
2.2. - L'art. 8, lettera b), della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26
aprile 1986, n. 131, nella parte in cui non esenta dall'imposta ivi prevista i
provvedimenti emessi in applicazione dell'art. 148 cod. civ. nell'ambito dei
rapporti fra genitori e figli, non può, pertanto, ritenersi conforme all'art. 3
della Costituzione, sotto il profilo del principio di uguaglianza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, lettera b), della Tariffa,
parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione delle
disposizioni concernenti l'imposta di registro), nella parte in cui non esenta
dall'imposta ivi prevista i provvedimenti emessi in applicazione dell'art. 148
cod. civ. nell'ambito dei rapporti fra genitori e figli.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 3 giugno 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria l'11 giugno 2003.
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