Ill.mo Onorevole Diliberto,

 chi scrive ha avuto l’onore, un anno fa, di essere ricevuto nella sua stanza, insieme con una delegazione internazionale, per capire la reale volontà politica in merito all’istituzione della figura libero professionale dell’ufficiale giudiziario, in conformità a quella europea.

 Le sue belle parole entusiasmarono tutti quanti noi, quando promise che entro il mese di settembre 1999, il disegno di legge delega sarebbe stato presentato al consiglio dei ministri. Tal entusiasmo era tanto forte quanto forte oggi è la delusione di aver costatato il valore di una stretta di mano di un Ministro.

 Lei è stata la mia più grande delusione, ed il mio errore è stato quello di aver avuto fiducia nella sua persona e creduto che tale promessa rappresentava anche per Lei un impegno di grande prestigio per la nazione e per l’Europa.

 La mia rabbia nasce anche da una umiliazione “interiore” che ho provato ad Atene, a fine maggio, in occasione del congresso dell’Unione internazionale in cui rappresentavo l’Italia, insieme ad altri 54 paesi.

 Si avvertiva nell’aria che il nostro paese era considerato inaffidabile per la mancata presentazione del progetto di legge. Il confronto con molti paesi europei, era inevitabile,  compresi quelli dell’est nonché i paesi africani, i quali erano riusciti a sensibilizzare i lori governi ad attuare tale riforma importante e determinante per l’economia stessa di ogni nazione ed a costi zero.

 Mi sono giustificato affermando che sensibilizzare tre governi in tre anni non è facile per nessuna associazione.

Non potevo dire, per una questione di immagine, che il Ministro Diliberto non ha mantenuto la parola data e che si è nascosto dietro le deleghe date ai sottosegretari Scoca e Maggi.

Non potevo certo dire che il Ministro non ha avuto la forza di imporre la volontà politica, ma ha ascoltato, riascoltato, e fatto riascoltare i sindacati, divisi sulla proposta, e quindi l’unico compromesso possibile era quello di annunciare la riforma, allungare i tempi di presentazione al consiglio dei ministri, e ovviamente, attendere la fine della legislatura o dell’incarico.

 Non potevo certo dire che trovo assurdo che un ministro si faccia influenzare da un sindacato, che come tale ha solo lo scopo di tutelare i lavoratori e non di influenzare scelte politiche, tra l’altro facente parte di un programma elettorale premiato dai cittadini.

 Non potevo certo dire che l’Italia sta svendendo attività pubbliche a dei privati e che stante l’inefficienza della giustizia, lo Stato sta incrementando il sorgere di agenzie di recupero crediti, che rappresentano un vero pericolo per l’Europa,  per la circolazione del titolo esecutivo, e per il cittadino stesso.

 Quello che mi auguro, anche se in cuor mio so che non lo ha fatto, è che alla consegna della poltrona ministeriale abbia provveduto a relazionare il nuovo ministro sulle iniziative da lei intraprese ed ereditate dal predecessore Flick.

E’ solo un augurio, perché il nostro incontro di giugno con un responsabile dell’ufficio del sottosegretario Li Calzi, ci ha messo di fronte ad una inaccettabile realtà: non sapevano nulla del disegno di legge delega ed era incomprensibile il motivo per cui la delega degli ufficiali giudiziari è stata tolta all’onorevole Maggi, che per ragioni di continuità ed in considerazione del tempo mancante non aveva motivo di rifiutare.

Quello che mi dispiace, è che ho fatto perdere tempo ad un amico comune, il prof. ……. di Cesena - vero galantuomo della situazione, che ha cercato con tutte le sue forze di aiutarmi a realizzare questo ideale, oggi diventata una riforma di interesse nazionale - al Presidente dell’internazionale, che si è esposto annunciando in tutti i paesi europei che l’Italia era pronta ad entrare nella grande famiglia degli Huissiers des Justice, ed al collega Giovanni, che al mio fianco ha lottato duramente e sperava prima di chiudere gli occhi di veder realizzata la riforma.

Non ho altro da scrivere, anche se avrei tanto da dire, ma il resto non conta, anche se sarei disponibile ad un nuovo incontro per sentire le Sue giustificazioni politiche, istituzionali, ma non sarò certamente io a fare il primo passo.

Mi è ancora rimasta una dignità e ho un grosso difetto che si chiama orgoglio.

Non cestini questo scritto, perché è stato scritto da un cittadino italiano, ma lo utilizzi per il suo prossimo incarico. Ogni cittadino non è importante solo quando ha una scheda in mano, ma anche nello spazio di tempo successivo, quando deve valutare o rivalutare la sua opinione su una persona, o su un partito, ed oggi lei rappresenta un partito.

Distinti saluti

  Arcangelo D’Aurora

Ufficiale giudiziario Dirigente Tribunale di Cesena.

EMILIA ROMAGNA